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Sulla base dei principi dell’agricoltura naturale stilati dall’agronomo giapponese Masanobu Fukuoka, a partire dagli anni ’80 del ‘900 la coltivatrice spagnola Emilia Hazelip ha elaborato un metodo di coltivazione innovativo, adattando tali insegnamenti al clima mediterraneo. Così è nata l’agricoltura sinergica, la forma di coltivazione più naturale in assoluto, che riconosce l’utilità della sola pacciamatura e ripudia l’utilizzo di qualsiasi tipo di ammendante, perché considera che il suolo migliora la sua fertilità se coltivato con la massima densità di piante e trattato correttamente.

 

 

Dall’osservazione di quanto avviene spontaneamente in natura, Fukuoka ha elaborato quattro principi per realizzare la forma di agricoltura più in armonia con la natura e non inquinante. Vediamo quali sono:

1) Nessuna lavorazione del suolo, poiché la terra si lavora da sola attraverso la penetrazione delle radici e l’attività di microrganismi, insetti, lombrichi e altri piccoli animali

2) Nessun concime chimico né composto preparato, poiché il suolo lasciato a se stesso conserva e aumenta la propria fertilità

2) Nessun diserbo, perché le erbe indesiderate vanno solamente controllate ma non eliminate

4) Nessuna dipendenza dai prodotti chimici, poiché se la natura viene lasciata a se stessa resta in perfetto equilibrio.

Sin dagli anni ’30 del ‘900 Fukuoka ha cercato di dimostrare che si può praticare l’agricoltura semplicemente rispettando la dinamica degli organismi viventi che si trovano naturalmente nel suolo, ripudiando il principio dell’agricoltura tradizionale secondo il quale le piante sottraggono fertilità a quest’ultimo, che deve esser quindi reintegrato di quegli elementi utili persi con la raccolta. Al contrario, l’agronomo giapponese ha sempre sostenuto che mentre la terra fa crescere le piante, esse creano suolo fertile attraverso i propri essudati radicali, i residui organici rilasciati e la loro attività chimica, insieme a microrganismi, batteri, funghi e lombrichi. La prima preparazione per l’orto sinergico prevede la realizzazione dei bancali, ossia delle aiuole rialzate con terreno scavato in loco, che non deve esser mai più schiacciato e compattato. I bancali aiutano ad aerare il suolo compattato e possono esser realizzati in diverse forme e dimensioni. Per accedere ad essi si utilizzeranno degli appositi passaggi. La forma dei bancali può essere rettilinea, curva o a mandala. La larghezza ottimale è di 120 centimetri, per la lunghezza non ci sono limiti ma conviene lasciare dei passaggi ogni quattro-otto metri, l’altezza ottimale è di 30-40 centimetri, mentre la larghezza delle zone di passaggio deve essere di almeno 50-60 centimetri, per consentire il passaggio di una carriola.

 

 

I bancali.
Per realizzare i bancali basta una semplice lavorazione a mano con vanghe e badili, mentre per sagomare lo strato superficiale conviene utilizzare un rastrello. Se per il nostro orto sinergico interveniamo su terreni fortemente sfruttati e erosi, è consigliabile ricorrere ad un apporto dall’esterno di terra e di compost o letame già decomposto, avendo l’accortezza di coltivare nel primo anno piante non commestibili o poco esigenti (cicoria, bietola), per accelerare l’evoluzione del terreno. Se invece la superficie in questione era stata precedentemente trattata con prodotti chimici, è bene iniziare con la coltivazione di una o più piante (trifoglio, cicoria, senape), che metabolizzeranno i residui tossici contenuti nel terreno e gli forniranno il primo apporto di sostanza organica. Nel caso di suoli fortemente compattati o colonizzati da rovi, prima delle lavorazioni superficiali bisogna intervenire con un accurato lavoro di scasso e rimozione delle radici.

 

 

Qualora invece la superficie prescelta fosse soggetta a ristagni d’acqua, è buona norma piantare nelle vicinanze salici, ontani e altre specie con effetto drenante. Infine, se siamo in presenza di un terreno incolto o precedentemente trattato come orto biologico, si potrà procedere subito alla semina e al trapianto. Se l’area del vostro orto non è opportunamente protetta da alberi o arbusti intorno, cercate anche di realizzare una siepe tagliavento con specie autoctone. Per quanto riguarda l’irrigazione, il metodo consigliato per l’orto sinergico è quello goccia a goccia, che consente un notevole risparmio idrico ed evita di bagnare la parte aerea delle piante. Per realizzarlo basta utilizzare dei tubi di polietilene da 12 a 16 mm di diametro, fissati al suolo con filo di ferro grosso piegato a U, sotto lo strato di pacciamatura. Nel caso di orti di oltre 100 m2 è consigliabile l’inserimento di appositi gocciolatori nei fori, per garantire un’irrigazione più uniforme. A monte del sistema è bene poi collocare un filtro per prevenire l’ostruzione dei fori.

 

 

Veniamo quindi a un’operazione fondamentale per questo tipo di orticoltura, la pacciamatura dei bancali, che ha la funzione di: proteggere il suolo dal gelo e dal compattamento e dilavamento operato dagli agenti atmosferici; ridurre la perdita di umidità; facilitare la colonizzazione della microfauna e dei microrganismi utili al terreno e, non da ultimo, prevenire lo sviluppo delle erbe infestanti e la diffusione degli agenti patogeni. Per questo procedimento si possono utilizzare la cellulosa della paglia (proveniente da agricoltura biologica) o altri materiali quali foglie (non gli aghi di conifere), residui vegetali di piante erbacee senza semi, scarti di potatura tritati, segatura, cartone per alimenti ecc. La pacciamatura deve essere sempre biodegradabile – per trasformarsi in compost – e interessare anche i passaggi fra i bancali.

 

 

Pacciamatura con paglia.
Prima dell’inizio della coltivazione l’orto sinergico richiede anche l’installazione di tutori permanenti per le piante, costituiti da tondini di ferro da edilizia ritorti (lunghi sei metri e del diametro di 10-12 millimetri), che vanno a formare archi dell’altezza di circa due metri, uniti tra di loro con del fil di ferro. I tutori forniscono supporto alle specie rampicanti, danno sostegno a quelle ad alta densità di fogliame e impediscono alle varietà che si sviluppano in altezza di ingombrare i passaggi, consentendo alla luce e all’aria di filtrare tra le piante. Per il fissaggio di quest’ultime ai tutori si utilizzano cordicelle in materiale biodegradabile (canapa, sisal, ecc.).

 

 

I tutori.
Eccoci quindi alla semina e ai trapianti, che devono essere ben programmati per assicurare la costante copertura dei bancali in ogni periodo dell’anno, con piante destinate all’alimentazione, aromatiche, ornamentali e officinali. Per la sinergia ottimale devono esser presenti almeno tre differenti specie di piante, comprendenti minimo una varietà di leguminose (fagioli, fave, piselli, ceci ecc.), che fissano l’azoto atmosferico al suolo, e una di liliacee (aglio, cipolla, porro ecc.), ottime in funzione antibatterica, da posizionare nelle fasce perimetrali dei bancali. Nello stesso posto vanno collocate le piante aromatiche (salvia, rosmarino, origano, timo ecc.), mentre quelle ornamentali possono esser collocate ovunque, rendendo l’orto più piacevole e profumato. Le erbe spontanee, invece, vanno rimosse a mano e sfoltite solo quando tendono a soffocare le specie coltivate, perché in genere contribuiscono ad assicurare la copertura costante dei bancali, e in alcuni casi possono essere anche commestibili o curative (senape, portulaca, parietaria ecc.). Sempre in merito alla disposizione degli ortaggi, leguminose, pomodori, basilico, zucchine, zucche e melanzane devono esser collocate preferibilmente nella parte piana dei bancali, le patate vanno bene ovunque, mentre le sponde è consigliabile riservarle a carote, insalate, radicchi, cicorie e bietole.

 

 

Alcune raccomandazioni: disegnate ogni anno il progetto del vostro orto, alternate nel tempo piante che non lasciano radici ad altre che rilasciano nel suolo una biomassa sotterranea dopo la raccolta, e raccogliete solo le foglie esterne di cicorie e bietole, per consentire alle piante di continuare a vegetare. A differenza di tutti gli altri orti, quello sinergico permette la convivenza di piante stagionali e piante perenni, così che lo stesso ortaggio può esser presente contemporaneamente a diversi stadi. Questa rivoluzionaria forma di orticoltura crede non solo nella successione delle piante, ma anche nell’importanza della loro vicinanza. Assume quindi grande importanza la consociazione, che permette di occupare meglio lo spazio e di sfruttarlo al massimo (per esempio consociando specie a ciclo breve con altre a ciclo lungo come rispettivamente ravanelli e carote), rendere il terreno più coperto, produttivo e meno soggetto allo sviluppo di erbe spontanee, nonché sfruttare l’effetto preventivo verso le patologie o repulsivo nei confronti di insetti fitofagi (es. carota con porro o cipolla). La raccolta nell’orto sinergico prevede poi di non sradicare mai le piante (ad eccezione di carote, cipolle ecc.), al fine di lasciar decomporre le radici nel terreno. L’agricoltura sinergica si basa sul principio del “vivere senza distruggere” e rifiuta l’utilizzo di erbicidi e pesticidi. Per tenere sotto controllo le specie animali e gli insetti dannosi alle coltivazioni si mettono dunque in pratica strategie di controllo naturale, che cercano di creare condizioni ambientali favorevoli per tutte quelle specie che tengono alla larga quelle nocive.

 

 

Ricci, pipistrelli, molti uccelli, anfibi e rettili svolgono questa positiva funzione: per favorire la loro presenza basta quindi adottare alcuni accorgimenti, quali la conservazione di alberi e arbusti vicino all’orto o la realizzazione di nuove siepi e filari alberati, l’installazione di nidi artificiali per uccelli o bat-box per pipistrelli, la realizzazione di cumuli di pietre, rami e foglie in aree riparate e protette al fine di creare ambienti di rifugio e svernamento per ricci, rospi e rettili, o la creazione di piccoli specchi d’acqua privi di pesci e con vegetazione autoctona per favorire la riproduzione di anfibi e insetti predatori come le libellule. Infine, vi sono anche alcuni ritrovati naturali che permettono di aumentare la resistenza delle colture alle malattie e all’attacco degli insetti dannosi. Provate ad esempio il decotto di menta come repellente contro le formiche, il decotto di bucce di cipolla per combattere gli acari e prevenire le malattie fungine, o il macerato d’ortica per allontanare gli insetti. Insomma, se volete sperimentare un orto ancora più naturale di quello biologico, non vi resta che provare col sinergico!

Marco Grilli

Fonte: www.eticamente.net

 

 

L’agricoltura sinergica è un metodo di coltivazione elaborato dall’agricoltrice spagnola Emilia Hazelip. Si basa sul principio, ampiamente dimostrato dai più aggiornati studi microbiologici, che, mentre la terra fa crescere le piante, le piante creano suolo fertile attraverso i propri “essudati radicali”, i residui organici che lasciano e la loro attività chimica, insieme a microrganismi, batteri, funghi e lombrichi. I prodotti ottenuti con questa pratica hanno una diversa qualità, un diverso sapore, una diversa energia e una maggiore resistenza agli agenti che portano malattie; attraverso questo modo di coltivare viene restituito alla terra, in termini energetici, più di quanto si prende, promuovendo i meccanismi di autofertilità del suolo e facendo dell’agricoltura un’attività umana sostenibile.

L'AGRICOLTURA SINERGICA.
Lo studio dell’agricoltura sinergica, come dell’agricoltura naturale, nasce dall’osservazione dei processi naturali, dalla presa di coscienza che è necessario mantenere l’organismo suolo autonomo in grado di rigenerarsi, mettendo in relazione i diversi elementi in modo che possano essere equilibrati e protetti. É un lavoro che dobbiamo fare tutti, in modo da essere in grado di consigliare altri agricoltori in merito alle tecniche di concimazione verde da adottare , alle sementi, alle strategie di progettazione, ad una produzione vegetale sotenibile perché realmente ecologica, attraverso i processi dell’autofertilità del suolo.
In agricoltura le piante vengono accusate di assorbire elementi fertilizzanti dal suolo, ma com’ è possibile che, se in natura le piante creano il suolo, in agricoltura lo distruggono?
L’arte dell’agricoltura si perderà per colpa d’insegnanti ignoranti, ascientifici e miopi che convinceranno gli agricoltori a riporre tutte le loro speranze in rimedi universali, che non esistono in natura. Seguendo i loro consigli, abbagliati da risultati effimeri, gli agricoltori dimenticheranno il suolo e perderanno di vista il suo valore intrinseco e la sua influenza; la causa reale dell’impoverimento del suolo è data dal modo in cui lo manipoliamo per la produzione, pensando alla “forma del frutto” come unico elemento da salvaguardare.
L’agricoltura naturale, usando la legge della sinergia, rifiuta la prima legge in cui crede l’agricoltura convenzionale, che dice: se una data quantità di elementi si trova in una pianta coltivata e raccolta, la stessa quantità di elementi dovrebbe essere re-introdotta nel suolo. Questo principio non tiene conto della capacità delle piante di sintetizzare e convertire elementi ad esse necessari. Gli elementi nutritivi utili alle piante vengono dal sole, dai gas atmosferici e dall’acqua per il 95% del loro volume, ma viene comunque addebitata a loro la perdita di fertilità del suolo che invece si determina a seguito della sua lavorazione. Le piante prendono dal suolo solo azoto, oligoelementi e minerali, e un suolo destrutturato lo impedisce.
Purtroppo l’idea di dover compensare le perdite di fertilità del suolo continua a determinare i calcoli che si fanno per fertilizzare, per integrare la sua materia organica.
Per praticare quest’agricoltura è necessario sentire prima di tutto un’empatia molto forte con l’organismo terra/suolo. Realizzare la complessità straordinaria d’interrelazione microscopica tra le specie presenti su un suolo selvaggio, vuol dire mantenere un equilibrio di salute; in un suolo non lavorato questo benessere si trasmette alle piante che crescono nel suo seno.
La scoperta del dottor Alan Smith del dipartimento agricolo del New South Wales – Australia (uno specialista della materia), è uno schema complesso di relazioni tra le piante, i microrganismi del suolo e gli elementi nutritivi. Nei suoli naturali (imperturbati), questi processi funzionano in maniera sana e controllano efficacemente l’attività microbica, ivi compresa quella delle popolazioni d’organismi patogeni. Rendono inoltre assimilabili gli elementi nutritivi presenti nel suolo. Nei suoli perturbati da arature, lavori colturali e fertilizzanti con nitrati, questi processi non hanno e non possono avere luogo.
Sebbene le piante abbiano questa capacità unica di trasformare l’energia solare in energia chimica che utilizzano per crescere, metabolizzare e riprodursi, esse hanno anche bisogno d’altri elementi che sono incapaci di produrre direttamente. Per esempio hanno bisogno d’azoto, di fosforo di zolfo di calcio di magnesio, di potassio e di oligo-elementi. Il suolo costituisce una riserva di questi elementi, ma per un approvvigionamento adeguato, le piante devono mobilitare questi elementi alterando il suolo attorno alle loro radici. Un modo per far ciò è stimolare l’attività dei microrganismi che allora accrescono la mobilitazione degli elementi nutritivi.
Gli studi di Alan Smith dimostrano perché sistemi come la coltura senza aratura ottengano un tale successo.
Masanobu Fukuoka, un microbiologo ed agricoltore giapponese, cominciò negli anni ’30 a sperimentare un nuovo metodo di produzione vegetale. La sua sperimentazione ha un significato rivoluzionario perché ha eliminato l’aratro e copre il suolo con una “pacciamatura vivente” permanente durante la crescita delle colture.
Fukuoka ha dimostrato che l’agricoltura, la programmazione delle colture, può essere praticata rispettando la dinamica degli organismi viventi che si trovano naturalmente nel suolo.

Le piante sulla terra e nell’acqua formano la base della piramide energetica e sostengono quasi tutte le altre forme di vita; quindi sono certamente in grado di sviluppare e mantenere la materia organica e le comunità di vita del suolo.
Il lavoro di Emilia consiste principalmente nell’adattamento ai nostri climi ed alla nostra cultura, dei principi che Fukuoka individua per l’agricoltura naturale:
1. Fertilizzazione continua del suolo tramite una copertura organica permanente.
2. Coltivazione di specie annuali in associazione a colture complementari, con l’integrazione d’alberi azoto-fissatori.
3. Assenza d’aratura o di qualsiasi altro tipo di disturbo del suolo: il suolo si lavora da solo.
4. Il suolo sì area da solo se noi evitiamo di provocarne il compattamento.
Capiamo ora, in sintesi, come questi principi possano essere applicati alla realizzazione di un orto di sussistenza; ulteriori approfondimenti si possono trovare nei documenti di archivio.

PREPARAZIONE DEL SUOLO.
Il primo passo per l’agricoltura sinergica è la preparazione del suolo.
Quando instauriamo un sistema di coltivazione che succede ad un sistema presente in un area agricola, sia esso di piante spontanee o coltivate, dobbiamo destrutturare il primo per far sviluppare il secondo.
In suoli destrutturati e impoveriti da colture precedenti o da processi di laterizzazione è necessario, oltre che ripulire il suolo dalle radici di vegetazione spontanea che lo occupa, riattivare un sistema evolutivo con tecniche adeguate.
Un modo per fare questo è la coltura della patata sotto una copertura di cartoni e paglia. Questo sistema integrato di coltivazione e pacciamatura aiuta a mantenere l’umidità del suolo ed attrae i lombrichi, rivitalizzando il suolo e preparandolo al processo di riequilibrio dell’auto-fertilità.

FORMAZIONE DI BANCALI.
Dopo la pulizia del suolo comincia la preparazione dell’orto che avviene scavando e formando le aiuole ed i passaggi. E’ l’ultima volta che il terreno verrà rimosso; è quindi necessario definire con chiarezza quali saranno i luoghi per il passaggio e quelli dove il terreno verrà coltivato: i bancali.
In grande scala questi bancali possono essere fatti con gli aratri, ma la lavorazione a mano è quella più appropriata.
I bancali possono essere realizzati in forme e dimensioni diverse; l’importante è poter arrivare al centro senza rischiare di calpestare l’aiuola. Se si ritiene necessario si può aggiungere materiale organico al momento della realizzazione per compensare al danno fatto con l’aratura. Anche se il “nutrimento forzato” del suolo è normalmente da evitare, quando le circostanze lo richiedono, è consigliabile aggiungere concime ben stagionato, compost, o altro materiale organico.

IRRIGAZIONE E PACCIAMATURA.
Il modo migliore sperimentato per distribuire l’acqua e non viziare le piante è quello d’installare un impianto d’irrigazione a goccia.
Non è necessario comunque acquistare sistemi costosi, il sistema d’irrigazione più semplice funziona con la gravità: l’acqua arriva ai tubi da una vasca posta ad un livello superiore rispetto all’orto.
Dopo aver seminato e trapiantato il suolo viene coperto con uno strato di pacciamatura, ideale la paglia per i bancali e segatura per i passaggi.

TUTORI.
Nella maggior parte dei bancali, si possono installare archi tutori permanenti – usando anche tondini di ferro, tipo quelli usati in edilizia – su cui far arrampicare le piante.
Ogni pianta viene attaccata all’arco o a un ulteriore orditura in filo di ferro, da uno spago teso. I tutori vengono assicurati anche tra loro in modo da formare una rete staticamente resistente.
Questo sistema funziona molto bene per pomodori, cetrioli, piante in seme etc. in quanto lascia passare l’aria tra le foglie, riducendo così i problemi dovuti alle muffe e ai funghi e liberando spazio in basso tenendo i frutti sollevati dal suolo, dove potrebbero essere danneggiati dall’umidità o dagli insetti. Inoltre, i legumi rampicanti e le zucche possono correre sopra i tondini stessi, in modo che possano essere utili come ombreggianti, quando il caldo sole estivo non permetterebbe più di coltivare insalate e piante che soffrono le alte temperature.
Un ulteriore vantaggio di questo sistema è che non c’è pericolo che il vento distrugga il raccolto buttando giù tutto.

SIEPI E PROTEZIONI NATURALI.
Dobbiamo tener conto anche di una siepe tagliavento intorno all’orto, della varietà più idonea secondo il clima e la pluviometria. Possiamo piantare insieme agli alberi e agli arbusti calendule, nasturzi, tageti, ricino, aglio, erba cedrina, tanaceto, lavanda, basilico etc. Queste piante hanno azione insetticida, e più ce ne sono meglio è; infatti con la loro presenza risultano benefiche alle colture proteggendole dai nematodi e da altri insetti nocivi, e sono inoltre utilizzabili per usi culinari e per la preparazione di insetticidi biologici, da usare se necessario.

AGRICOLTURA NEL CAMPO.
La stessa logica si può applicare alle coltivazioni da campo.
Come nell’orto si predilige una pacciamatura morta (paglia, foglie, lana di pecora etc) prendendo esempio dal bosco, così per aree grandi si utilizza una pacciamatura vivente come in natura avviene nella prateria.
La scelta delle colture e delle coperture vegetali varia a seconda dell’area geografica, ma il sistema è sempre lo stesso.
Per le colture in pieno campo, in ambienti siccitosi, si prepara il suolo stabilendovi una copertura vegetale permanente di piante azoto-fissatrici a portamento basso, con massima copertura del suolo, resistenti alla siccità e che si mantengano in vita durante la stagione secca.
Per cominciare, si semina la specie di copertura in tutto il campo, e questa operazione può richiedere un’aratura… sarà l’ultima volta che si disturba il suolo.
Una volta stabilitasi la copertura vegetale, le colture verranno seminate e raccolte senza disturbare il suolo.
Le pratiche agricole non mono-culturali implicano la presenza simultanea nel campo di più di una specie da raccogliere.
Se si vuole coltivare un cereale, esso si seminerà a distanza maggiore rispetto alle colture convenzionali, per permettere alla luce del sole di raggiungere la copertura verde. Quest’ultima deve mantenersi rigogliosa per proteggere il suolo dalle spaccature e dalla compattazione, ed anche per liberare azoto ammoniacale che potrà essere utilizzato dalla nostra coltura.
Si possono piantare leguminose lungo la fila del cereale, in alternanza. Negli spazi lasciati per il passaggio fra i letti di coltura, si può piantare una fila di cucurbitacee. Alberi azoto-fissatori invece, vengono piantati tutto intorno al campo, nelle siepi di contorno, a circa 5 m fra loro. Insieme agli alberi e agli arbusti che formano le siepi, si possono piantare le aromatiche o altre perenni come abbiamo visto per l’orto.
Al momento del raccolto tutte le piante vanno tagliate al livello del terreno, non estirpate. Il suolo ha bisogno di radici in decomposizione. Permettendo alle radici di decomporsi nel suolo, si arricchisce il terreno di biomassa, oltre al generoso ammontare di azoto ammonico lasciato da batteri che lavorano in simbiosi con le radici delle leguminose.
L’anno successivo, senza cambiare la disposizione dei letti di coltura, si sposta la zona seminata in modo da mettere il cereale negli spazi che erano di inter-letto l’anno precedente, le cucurbitacee vengono lasciate nella stessa fila, ma si piantano nel mezzo, fra gli steli del cereale dell’anno precedente.
In questo modo, continuando ad alternare le zone di cultura, varieremo la biomassa radicale lasciata nel suolo, ed i residui lasciati come pacciamatura. Se si desidera cambiare completamente il tipo di coltura nel campo, basta stabilire le distanze di coltura per il nuovo raccolto, tenendo sempre in mente le necessità dì luce della copertura verde, e la necessità del suolo di essere occupato da diverse specie di piante.
Negli spazi lasciati tra i letti di coltura si possono anche coltivare diverse erbe aromatiche, per cui non sono da considerare inutili; anche se da essi non si ottiene direttamente il raccolto della coltura principale, grazie alla loro presenza la qualità e la quantità di tale raccolto migliora. Nelle coltivazioni pluriennali, questi spazi proteggono i letti di coltura dalla compattazione da parte delle macchine, degli animali e dell’uomo; la loro presenza va quindi considerata come essenziale alla produzione generale.
Il campo viene coltivato con questo tipo di rotazione anno dopo anno, senza che la fertilità del suolo si esaurisca, anzi migliorandone la qualità. Questo vale per suoli agricoli di qualsiasi tipo.

Fonte: http://www.agricolturasinergica.it

 

 

di Emilia Hazelip*

L’improvvisa scomparsa di Emilia Hazelip, ha lasciato un vuoto incolmabile nel panorama dell’agricoltura naturale. Pubblichiamo qui di seguito un articolo scritto per la rivista spagnola (?) La Osa per fare conoscere direttamente ai lettori il pensiero dell’instancabile divulgatrice delle tecniche e dei principi dell’agricoltura sinergica.

La specie umana ha sempre saputo adattarsi ai problemi della sopravvivenza a ciò che ha dovuto affrontare dacché abita la Terra. Di nuovo oggi, l’attitudine della cultura occidentale minaccia l’evoluzione naturale del Pianeta e l’esistenza di molte specie. Anche se culturalmente abbiamo perduto lo stato di grazia, come umani possiamo reintegrarlo; lì qui comincia l’ ecologia.

Dimentichiamo che le nostre radici affondano in quei popoli dell’Antichità che praticavano la guerra, il commercio e la schiavitù. E, come se non bastasse, continuiamo disprezzando i valori di altre culture umane considerandole inferiori e giustificando il nostro dominio per il loro bene.

Questo comportamento è così ancorato in noi che, senza accorgercene, perpetuiamo certe credenze; per esempio – ci hanno fatto credere che il Paradiso Terrestre era situato in un luogo concreto e così appartenente al passato che si è perduto nella notte dei tempi…

Ma il Paradiso Terrestre non è altro luogo che il Pianeta in tutta la sua estensione; e quello che per la cultura giudeo-islamica-cristiana è andato perso, per altri gruppi umani con culture ecologiche il Paradiso è il pezzo di pianeta nel quale vivono integrati, il loro biotopo, con economie non predatrici e accettando i suoi limiti.

 


Vivere integrati nella creazione.

Dal punto di vista occidentale, la cultura degli aborigeni dell’Africa Australe, è forse al giorno d’oggi la più sovversiva che esiste.

Questo popolo, che solo fino a 200 anni fa occupava un territorio grande come da Gibilterra alla Siberia, mai ha praticato la guerra. I boscimani non solo non inventarono praticarono il fratricidio ma inventarono una dinamica sociale che oggi nei circoli New Age si considera una speranza evolutiva: decisioni per consenso e eguaglianza tra i sessi, è la forma di vita di questa cultura ancestrale.Chi sono i più evoluti? Quelli che inventarono la ruota e vanno sulle stelle o quelli che restarono nudi e non perdettero l’arte di vivere in armonia con la Creazione?

La cultura occidentale pensa in termini di risorse naturali quando considera le ricchezze del Pianeta. L’acqua e l’aria, elementi che si pensavano beni inesauribili. incominciano ad essere risorse fragili la cui carestia è ben difficile da rimediare. Per questo, quando si analizzano profondamente le conseguenze dell’esplorazione planetaria ci sommerge la tristezza… è come un lutto verso la vita, verso noi stessi e gli esseri cari. La sensazione di impotenza può essere paralizzante… Cosa si può fare? Come essere di nuovo parte integra della vita planetaria? Come uscire da una economia immorale e parassita? Come impedire questo genocidio planetario, questo suicidio collettivo?

Cosa succede oggi nel mondo civilizzato e nelle sue colonie economiche?

Un’economia basata sulla crescita continua non può mantenersi indefinitamente, non è durevole. Ma ammettere questo è come ammettere che il nostro sistema è falso… e, chiaramente, si fa prima ad eliminare le minoranze, iniziare guerre, reprimere, sopprimere popoli interi… che ammettere il nostro errore. Intanto la spirale di causa-effetto segue il suo movimento inesorabile e le conseguenze di questo errore fondamentale continuano a produrre catastrofi; Dognana oggi, Cernobyl ieri….. siamo alla resa dei conti.

 

Permacultura, pensiero globale.

Negli anni ’60, un giovane universitario della Tasmania di nome David Holmgren presentò come tesi per un dottorato di ricerca sul medioambiente una specie di “strumento” ecologico a cui diede il nome di Permacultura (Bill Mollison era il professore relatore di tesi, e come succede a volte nell’ambiente universitario pirateggiò il lavoro dello studente).

David ha diffuso un modello sistematico per organizzare, pianificare e disegnare, in un modo positivo e coerente con gli interessi di altre specie, tutto lo spazio che si trova nella zona rurale, urbana o industriale. Il disegno ecologico in Permacultura tiene in conto quale è il problema per poter proporre soluzioni al parassitismo convenzionale. Il pensiero lineare e riduzionista provoca ingiustizia e sofferenza negando la dinamica dell’Effetto Sinergico che regge la vita. Nel pianeta tutto è interconnesso, anche la Fisica Moderna riconosce l’Effetto Farfalla che sostiene che anche il movimento delle ali di una farfalla può provocare agli antipodi una catastrofe.

L’originalità della Permacultura è che nello stesso tempo che si realizza un disegno pratico nella materia, impariamo a pensare globalmente, a vedere le connessioni. E quando attraversiamo la vertigine iniziale nell’usare la nostra mente in molteplici e simultanee direzioni sentiamo una pace profonda, permettendo al cervello di funzionare con i suoi emisferi complementari, in armonia creativa, manifestandoci qui e ora, senza parassitismo… Per sentirsi bene con noi stessi dobbiamo sentire che anche il pianeta si sente bene, tutto è in tutto e noi non facciamo eccezione; dunque culturalmente abbiamo perduto lo stato di grazia, ma come umani possiamo reintegrarlo e lì inizia l’ecologia.

 


Rimediare all’ipersfruttamento.

Per poter fare un disegno ecologico più semplice è bene seguire un corso pratico in cui si lavora mentre si spiega e si apprende. Conviene anche leggere quello che si può sul disegno ecologico e cercare di fare esercizi mentali relazionando elementi che a prima vista possono sembrare disparati: che vantaggi possono esserci unendo un pollaio a una serra?… E, in quanto a quale tipo di agricoltura possiamo praticare nel nostro orto: la Biologica tradizionale, la Biologica della CEE, la Biodinamica, la Naturale di Fukuoka, la Sinergica…, la Permacultura non ha preso nessuna posizione, solo propone e raccomanda che non si coltivi con prodotti chimici.

Personalmente ritengo che dover destrutturare il suolo e mantenerlo fertile artificialmente aggiungendo concime, compost, etc. è un errore che si va praticando sin dall’inizio dell’agricoltura e che forse è ora di rimediare poiché è responsabile di tantissimi casi di erosione nel pianeta.

L’Agricoltura Sinergica che io pratico si è sviluppata a partire dal lavoro di Fukuoka – agricoltore – microbiologo giapponese precursore della Permacultura – e si tratta di una agricoltura che permette al suolo di mantenersi selvaggio anche essendo coltivato, anche con alcuni adattamenti come può essere l’uso delle macchine. Questa agricoltura ha una sua tecnica e non si può definire come l’agricoltura del “Non Fare” come il metodo di Fukuoka, giacché la Permacultura mantiene una dinamica selvaggia in un suolo coltivato fertile e sano, il che richiede molto calcolo e organizzazione nel lavoro.

La Riforma Agronomica che prevede il lavoro di Fukuoka permetterà di alimentare la popolazione umana in espansione quando il trasporto, il petrolio e i tanti elementi necessari all’agricoltura convenzionale verranno a mancare. Questa agricoltura auto-fertile tarderà ad essere adottata, però sta qui per correre in aiuto alla gente del pianeta.

 


L’agricoltura sinergica.

La Sinergia implica il funzionamento dinamico e concertato di vari organi per realizzare una funzione. Così come nel nostro organismo tutto il sistema e i suoi elementi funzionano interrelazionandosi e con coerenza, questa sinergia è presente tra la terra ed i microrganismi che la abitano – arricchendola – o tra i legumi e i batteri fissatori di azoto atmosferico o nell’ associazione tra piante che si danno mutuo beneficio. Questo sistema di agricoltura naturale, che affonda le sue radici negli insegnamenti di Fukuoka, protegge l’ecosistema del suolo permettendo alla terra di mantenere i suoi propri strati, senza agitarla né rivoltarla, comprendendo che la terra ha capacità di autofertilizzarsi.

Lavorando su bancali (aiuole), di 120 cm di larghezza e 50 di altezza, il suolo si copre con pacciamatura, strato di resti organici che fa da filtro protettore tra la superficie della terra e i gas atmosferici, la forza disseccante del sole e quella compattante ed erosiva della pioggia e il vento. Copertura che diventa anche un concime di superficie che va ad alimentare la terra da sopra a sotto. Così si stabilisce nel suolo un equilibrio stabile tra i suoi abitanti, siano lombrichi lavoratori di profondità, lombrichi rossi del mantello (strato superficiale) o i miliardi di ogni specie di esseri microscopici vegetali o animali che vivono e muoiono nel suo seno. In nessun momento vanno traumatizzati modificando e sconvolgendo il loro habitat.

Imitare ciò che fa la natura implica lasciare la terra sempre coperta con una pacciamatura, aperta solo negli spazi o nelle linee di semina. La pacciamatura si va trasformando in mantello, in humus. Affinché la terra disponga di materia organica dentro di sé, senza la necessità di interrarla, si lasciano sempre dentro le radici, eccetto quelle che si raccolgono per il consumo. Questi resti nutrono la flora intestinale della terra e questa a sua volta permette la nutrizione delle piante. Quando la fertilità della terra non si perde per l’erosione, non sono necessarie costanti compensazioni sotto forma di qualsiasi specie di concime, come lo sterco, e la fertilità si mantiene da sola. Tocca alle persone con spirito pioniere iniziare a praticare e aiutare gli altri a realizzare questa agricoltura del nuovo millennio, essa è gia utilizzata in paesi con elevata densità di popolazione e con scarsità di mezzi.

 

 

L’orto sinergico.

a cura di Fortunato Fabbricini* e Antonio De Falco**

I principi dell’agricoltura sinergica sono pochi e semplici: evitare di rivoltare e compattare il terreno, tenere la superficie del suolo sempre coperta e non usare nessun tipo di fertilizzante. Più impegno richiede la rivalutazione della Terra come organismo vivente, capace di digerire materia organica e dare, sostenere, incrementare e migliorare la vita in uno schema complesso d’interazioni tra piante, microrganismi, elementi nutritivi e l’uomo. Questo nuovo approccio all’agricoltura richiede evidentemente al coltivatore, di privilegiare il proprio atteggiamento di ricercatore rispetto a quello di esecutore, e quindi necessità di una visione globale anziché specialistica e settoriale, da «monocultura». A tale proposito, Emilia Hazelip teneva a differenziare nettamente l’agricoltura sinergica dalla «Permaculture» (che noi preferiamo tradurre con «Permacultura» anziché «Permacoltura»), quest’ultima – affermava – non riguarda solo l’attività agricola, ma è un atteggiamento di pensiero per organizzare un luogo, qualsiasi siano le attività in esso svolte, in maniera ecosostenibile, con il minor spreco e impatto ambientale possibile. La rivoluzione agronomica di Masanobu Fukuoka è un lavoro integrato in Permacultura, che non tutti applicano, cosicché, se quello che c’interessa è la produzione di vegetali, di piante annuali e perenni tramite l’autofertilità del suolo, è più appropriato riferirsi all’agricoltura naturale e all’agricoltura sinergica. In essa, la produzione avviene in spazi strutturati in modo da mantenere il suolo in uno stato «normale», cioè selvaggio, rispettandolo e riconoscendolo come organismo vivente. L’intento di questa rubrica è quello di far conoscere gli aspetti pratici dell’agricoltura sinergica, in modo che ognuno possa applicarli nel proprio piccolo. Cominciamo con alcuni suggerimenti su come avviare l’orto. Oltre l’altitudine e le altre condizioni climatiche che richiedono strategie particolari d’intervento, per gettare le basi dell’orto è importante conoscere la storia dell’area di terreno che si va a coltivare.

 

Campo già coltivato biologicamente.

Se si tratta di terra di buona qualità, dove si praticava già agricoltura biologica è necessario accertarsi che non vi sia una suola di lavorazione, per rimuovere la qual è necessario arare (per l’ultima volta) a 20-30 cm di profondità (tenendo conto che tale operazione «consumerà» sostanza organica). In questo caso, non arare ritarderà l’avviamento del sistema di produzione a causa della suola di lavorazione che impedisce l’approfondimento delle radici. Una volta preparato il terreno, si segnerà con dei paletti e un cordino la disposizione delle aiuole rialzate e

dei passaggi, secondo la forma stabilita. Per fare questo è necessario spostare con una pala, il terriccio dai assaggi ammucchiandola nello spazio stabilito per le aiuole, da una parte e dall’altra di ogni lato. Dove c’è una buona terra non è necessario incorporare compost durante quest’operazione, ma se ve n’è in abbondanza, lo si può mescolare superficialmente. In questo modo si compenserà la sostanza organica consumata durante la preparazione delle aiuole. In nessun caso, comunque, bisogna considerare l’apporto sistematico di compost come una necessità per ottenere buoni raccolti. La forma finale del bancale si rifinisce con il rastrello, in modo che la superficie dell’aiuola rimanga piana e i bordi laterali presentino un’inclinazione di angolo piramidale, che stabilizzi la sua forma, in modo da ottenere alla fine una larghezza di base di 120 cm (fig. 1).

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Fonte: ecovillage.it

 

 

 

 

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