Boom di riso invenduto, 50mila tonnellate nei silos. L’importazione dalla Cambogia senza dazio mette in crisi le aziende italiane. Gli agricoltori: «Così e' impossibile competere, l’Europa deve ripristinare la tassa»
MORTARA. Nei silos italiani rimangono ancora 50mila tonnellate di riso Indica. Nel 2013-2014, secondo l’ultima rilevazione dell’Ente nazionale risi, sono state vendute 441mila tonnellate di risone su 491mila disponibili, cioè l’89%. Nella precedente campagna agraria, sempre a inizio agosto, la percentuale era pari al 96%: 423mila su 437mila. E’ il risultato diretto dell’importazione di riso Indica dalla Cambogia a dazio zero. A detta delle organizzazioni agricole, «questo mette a rischio migliaia di imprese agricole lombarde e piemontesi». La situazione delle vendite e delle rimanenze dei produttori aggiornata all’altro ieri parla chiaro: il riso Lungo B, detto anche Indica da esportazione, è rimasto nei magazzini molto più del Lungo A, gruppo che comprende i risi Japonica più pregiati come Carnaroli, Arborio, Roma e Baldo.
Quest’ultimo è stato venduto praticamente tutto: 528mila tonnellate su 531mila. Bene anche i risi Tondi, venduti per il 95%, mentre i risi Medi, comunque poco coltivati in Lomellina, fanno registrare una percentuale vicina al Lungo B (87%). I dati diffusi dall’Ente nazionale risi non fanno sorridere il migliaio di risicoltori lomellini, che hanno destinato agli Indica 18.300 dei 58mila ettari coltivati a risaia. Prima di loro in Italia e in Europa ci sono solamente i vercellesi con 30mila ettari. Se per la Lomellina s’ipotizza una resa media di 6 tonnellate per ettaro, la produzione annua di riso Indica raggiunge le 110mila tonnellate: più di un quinto del totale nazionale, che da qualche mese soffre a causa della concorrenza del riso asiatico. «Se si permette alla Cambogia di esportare riso a dazio zero nell’Unione europea, sarà la fine non solo della risicoltura italiana, la più importante in Europa, ma di tutto il riso comunitario – ha commentano Luciano Nieto ed Elena Vercesi, direttori di Confagricoltura e Cia Pavia – Non c’è un Paese europeo produttore di riso in grado di competere con il prezzo di arrivo dell’Indica cambogiano. Questo perché il Lungo B Indica prodotto in Italia, che costa mediamente 55 euro al quintale, dovrebbe costare non più di 43 euro per reggere la concorrenza del corrispondente riso cambogiano».
Ora gli occhi dei risicoltori italiani sono rivolti a Bruxelles, che deve decidere sulla richiesta di applicare la clausola di salvaguardia all’importazione di riso dalla Cambogia. Con questa iniziativa l’Italia punta a ottenere il ripristino immediato del dazio ordinario di 175 euro su ogni tonnellata di riso lavorato importato dalla Cambogia, per un periodo di un anno.
Umberto De Agostino
Fonte: http://laprovinciapavese.gelocal.it