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WASHINGTON - Le rivelazioni di Mitrokhin sullo spionaggio sovietico in Italia rappresentano solo la punta dell' iceberg perche' Mitrokhin lavorava all' Archivio centrale del Kgb, e vedeva solo i dossier dei casi ordinari, spesso con un ritardo di anni; la documentazione sulle maggiori operazioni dell'ex polizia politica di Mosca nel nostro Paese e' ancora negli archivi dei suoi Direttorati o e' stata distrutta. A meno che Mitrokhin non aiuti gli inquirenti, inoltre, sara' difficile decifrare i nomi in codice delle presunte spie italiane non ancora identificate, perche' essi venivano scelti "a caso". Per ultimo, Mitrokhin, anche se involontariamente, avalla il falso su episodi clamorosi, a esempio l'attentato al Papa "che fu ordinato personalmente da Yuri Andropov", il capo del Kgb, il successore di Breznev.

 

 

Lo afferma l' ex "troubleshooter" dello stesso Kgb - l'uomo che ne risolveva i problemi - per l'Ottavo Direttorato, quello dei codici e dei telegrammi cifrati, il colonnello Victor Sheymov, fuggito in America nell' 80, durante una missione in Polonia. Sheymov, oggi un esperto della sicurezza dei computer e un consulente del Congresso Usa, protesse per un decennio i codici e le comunicazioni cifrate del Kgb in Russia e all'estero dallo spionaggio non soltanto nemico cioe' quello americano ma anche amico come quello cinese. Nel corso della carriera, apprese i peggiori segreti della polizia politica sovietica, "la cosa - dichiara - che mi spinse a chiedere asilo negli Usa". Non opero' mai in Italia, "talune intercettazioni telefoniche a parte" precisa, ma sa tutto sui metodi del Kgb. Conobbe Mitrokhin? "Mi sembra di averlo incontrato, credo che fosse un maggiore. Ma devo dire subito che l'Archivio centrale, dove lavorava, non e' il depositario delle attivita' clandestine del Kgb. C'erano diversi livelli di sicurezza e le iniziative piu' importanti, una volta portate a termine, venivano tutte archiviate nei Direttorati competenti. Se non era piu' necessario tenerle segrete, i dossier venivano mandati all' Archivio centrale, ma dopo parecchi anni. Nei casi piu' delicati, i dossier venivano distrutti. Mitrokhin non puo' avere visto molto". Parliamo dei nomi in codice. Come venivano scelti? "A casaccio. Di regola si virgolettava il nome del cittadino straniero reclutato come spia, e non si virgolettava quello del cittadino sovietico all' estero sotto falsa identita' , detto in gergo "l'illegale". Invece, se si trattava di un funzionario del Kgb, il nome in codice era accompagnato dal termine "compagno". Chi sceglieva il nome? "L'agente del Kgb sul posto. Ma il Direttorato lo cambiava se quel nome era gia' stato assegnato a un' altra spia. Bisognava evitare i doppioni e coordinare i compiti. Comunicavamo con telegrammi cifrati. Comunque, non c'era un sistema all'americana, cioe' un registro o un computer coi nomi di tutti i Direttorati, ogni Direttorato era a se". Quali erano i criteri della scelta? "Intanto si adopravano quasi sempre nomi maschili per gli uomini e nomi femminili per le donne, non mi e' mai capitato il contrario. Poi si evitava di fornire il minimo indizio sull' identita' della spia. Secondo me, il nome Venetsianka fatto da Mitrokhin, a esempio, non indica affatto una donna di origine veneta, chissa' da dove viene. Di piu' : la qualifica "scienziato" o "militare" poteva nascondere un altro lavoro, costituire un depistaggio. E comunque i nomi in codice delle principali spie erano noti soltanto ai vertici dei Direttorati". Quindi l' Archivio Centrale era la memoria storica del Kgb... "Si', ed era limitata. L'Archivio Centrale non sapeva nulla delle varie operazioni clandestine in corso, ne' sapeva chi erano gli agenti che le svolgevano. Certe pratiche, come le chiamavamo noi, le piu' compromettenti o pericolose, erano di esclusiva competenza del Primo Direttorato. Non penso che le cose siano cambiate dopo il crollo dell'Urss". Lei ha mai distrutto dei dossier? "Si'. Nel mio settore, decidevo quali mandare all' Archivio Centrale, quali tenere noi e quali eliminare: su questi ultimi scrivevo "Distruggere". I nomi delle nostre maggiori spie non uscivano dai nostri uffici". Qual e' il caso piu' clamoroso con cui lei ebbe a che fare in Italia? "Io ho scritto un libro, "Tower of secret", La torre dei segreti, dove tra le altre cose ho raccontato come il Kgb infiltro' la Chiesa ortodossa russa e concepi' l'attentato al Papa. Lo scoprii nel corso del mio lavoro, ma non svolsi nessun ruolo in quelle vicende". Secondo Mitrokhin, il Kgb fu estraneo all'attentato al Papa. "Mitrokhin parla di un tentativo del Kgb d'infiltrare il Vaticano. Io conoscevo un canale di comunicazione speciale tra l' Urss e la Bulgaria e posso dirle che l'ordine di assassinare il Papa parti' dal capo del Kgb Yuri Andropov. Giovanni Paolo II era una spina nel fianco sovietico, i bulgari non avevano nulla contro di lui". Ma la polizia segreta bulgara aveva compiuto incredibili attentati. "Lei allude all'assassinio di Markov a Londra, un suo ex agente che aveva tradito: lo uccisero col puntale di un ombrello avvelenato. Ripeto, la Bulgaria fu soltanto l'esecutrice e la coordinatrice del piano contro il Papa. La Bulgaria ha stretti legami con certi circoli turchi, e li sfrutto' : furono dei turchi a sparare al Papa su suo mandato". Che cosa sa' dello spionaggio russo in Italia oggi? "Poco o nulla. Sono passati quasi vent' anni dalla mia defezione. Adesso m'interesso della sicurezza dei computers, non piu' dei servizi segreti. So ancora qualcosa dei Paesi dove sono stato per il Kgb, ma sempre per periodi brevi, da una settimana a sei mesi. La Cina, lo Yemen, la Polonia e altri. L'Italia non e' tra di essi". Ennio Caretto

Caretto Ennio - 16 ottobre 1999

Fonte: http://archiviostorico.corriere.it

 


 

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