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Ai primi di ottobre nelle librerie italiane sarà in vendita il libro-inchiesta del giornalista italiano Luca Ribustini "Il mistero della corazzata russa. Fuoco, fango e sangue" (edito da Luigi Pellegrini). Nello studio di 150 pagine Ribustini cerca di rispondere alla domanda su quale sia stata la vera ragione per cui la notte del 28 e 29 ottobre 1955, al porto di Sebastopoli affondò la più grande nave da guerra sovietica, la "Novorossijsk".

 

 

Il libro di Ribustini è il primo tentativo da parte italiana di analizzare i fattori che potrebbero aver portato alla tragedia che causò la morte di 600 marinai. L’edizione include nuovi documenti, testimonianze inedite e fotografie. In un'intervista a "La Voce della Russia" l'autore ha raccontato che cosa lo ha portato a questa indagine, quasi 60 anni dopo il tragico incidente:

- Il punto di partenza per la mia indagine è stata un'intervista a Ugo Esposito, un veterano dei sommozzatori militari "Gamma" della Decima Flottiglia MAS, le forze speciali militari italiane durante la Seconda Guerra Mondiale. Ho incontrato Esposito per conoscere le cause della morte misteriosa e sospetta del comandante del Borghese che si è verificata in Spagna nel 1974. Esposito conosceva bene Borghese ed io ero certo che avrebbe condiviso con me maggiori informazioni. Durante la nostra conversazione ho fatto una domanda sulla fine della corazzata "Novorossijsk" che una volta si chiamava "Giulio Cesare". Ed Esposito mi ha detto che i militari italiani erano coinvolti nell’affondamento della nave sovietica. Dopo queste parole è iniziata la mia indagine, il cui scopo era quello di garantire la veridicità di questa sensazionale affermazione. -



- Come si può spiegare il fatto che nessuno in Italia osi far luce su questa delicata storia? -

- Il fatto è che stiamo parlando di una storia molto sensibile per l'Italia. In questa storia vi è un luogo, una cospirazione (alcuni gruppi all'interno delle forze armate d'Italia hanno fatto un accordo segreto con le organizzazioni di estrema destra) e una deviazione dal corso previsto. Diciamo allora che il mondo ha le proprie caratteristiche distintive. Su questo episodio si è parlato molto sul momento, però nessuno dei giornalisti italiani ha voluto trattarlo da vicino e nessuno ha voluto rimanere coinvolto nella storia. Credo che su questo silenzio abbia giocato un ruolo, da un lato un evidente imbarazzo e dall'altro un atteggiamento non abbastanza serio nei confronti di tutta la vicenda. -



- Su quali fonti si è basata la sua indagine? E che cosa ha trovato in particolare? -

- La mia indagine si è basata su testimonianze e documenti d'archivio. Ho svolto un lavoro di ricerca notevole nell'Archivio centrale di Stato, negli archivi della CIA, negli archivi romani della città, negli archivi della Marina Militare Italiana, nell'archivio degli uffici costieri in alcune città del sud Italia: Brindisi, Bari, Taranto, Napoli e Civitavecchia. Lì ho trovato tantissimi documenti che dimostrano che negli anni '50, l'Italia era uno Stato con tutto il necessario per portare avanti una tale operazione. In particolare, in questa storia ha preso parte l’equipaggio militare della divisione del Decima Flottiglia MAS che era in piena prontezza operativa. Inoltre, vi era una disposizione dei Servizi Segreti, della Marina Militare Italiana e probabilmente alcuni dei politici che hanno sostenuto questa operazione. In quei giorni, secondo i documenti che ho trovato, c'è stata una vera e propria "organizzazione" il cui scopo era quello di distruggere la "Novorossijsk". Nel gennaio 2014 l'indagine ha preso una piega inaspettata: mi sono imbattuto su alcuni documenti molto importanti che attestano che nel 1955 nelle acque territoriali sovietiche nel Mar Nero tra Sebastopoli e Odessa una nave mercantile italiana più volte illegalmente ha trasportato a bordo una missione segreta di rappresentanti della Marina Militare Italiana con potenti apparecchiature di trasmissione per quei tempi. Non si esclude che essi stessero preparando così un sabotaggio sul "Novorossijsk". I ricercatori russi hanno notato ripetutamente che le navi mercantili italiane hanno contribuito all'attacco alla corazzata sovietica con la Decima Flottiglia MAS. Anche se io personalmente sono riuscito a trovare dei documenti dove si dice che vi fu una sola nave. -



- Dato che in tutti questi anni in Italia non si è stati troppo ansiosi di ricordare questo tragico episodio, che reazione si aspetta dai suoi connazionali per la pubblicazione di questo libro? -

- Onestamente non lo so. Sono stato messo in completo silenzio dal caos che regnava in Italia in relazione a questa storia. Prima di scrivere il libro, ho condotto una lunga indagine, che per tutto questo tempo è stata seguita solo dai media russi, inclusa la stampa in Crimea. Dopo il completamento delle indagini in Italia ho trovato solo un giornalista di TGCOM24 che ha deciso di far luce su questa storia. Nessun altro ha mostrato alcun tipo di iniziativa. Pertanto, trovo difficile prevedere quale sarà la reazione che il mio libro causerà in Italia. Credo che vi sarà molto interesse per il lettore russo, per la semplice ragione che il libro racconta la storia della tragica fine della corazzata sovietica dal punto di vista italiano. Tutti gli studi russi che sono stato in grado di leggere, guardano l'episodio dal punto di vista russo. La verità è che gli scienziati russi non hanno accesso alla vasta riserva di documentazione che ho trovato. Pertanto, considero questo libro come il mio contributo alla vera interpretazione dei fatti. -



- Oggi viviamo in un mondo molto instabile ed "esplosivo". Lei pensa che una storia simile potrebbe ripetersi ai giorni nostri? -

- In questo modo, no... Non credo poiché, grazie a Dio, l'Italia è cambiata molto come Paese e le nostre forze armate oggi sono basate su valori democratici e ambiscono solo alla pace. Voglio escludere completamente un tale scenario.

Fonte: http://italian.ruvr.ru

 


 

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