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Vi ricordate quel capolavoro di film che è “Caccia a Ottobre Rosso”? Vi ricordate il segreto, quel terribile segreto che avvolgeva quest’unità, la sua propulsione silenziosa? Nel film era tutta finzione, ma gli esperti militari inglesi non sono proprio di quest’idea… Ma partiamo dall’inizio.

Nel 1978 in Russia cominciò la produzione dei sottomarini nucleari d’attacco (SSN) classe Victor III. Questo tipo di classe Victor era sostanzialmente uguale ai gemelli della classe I e II, differiva solo per alcuni aspetti. Era più grande di una decina di metri, più pesante di 2000 ton circa, montava tubi lanciasiluri da 650 mm oltre i normali da 533, ovviamente migliorato in tutta la componente elettronica e poi… Fece la sua comparsa su questo tipo di unità uno strano “pod”, una struttura a forma di goccia montata proprio sul timone verticale, a poppa. Poi nel 1981-1982 cominciò anche la produzione degli SSN classe Sierra ed Akula, rispettivamente. Ed anche questi montavano il pod ogivale già visto sui Victor III. A questo punto gli osservatori militari occidentali cominciarono a chiedersi cosa potesse essere. E qui si crearono due filoni di pensiero. Gli americani pensano si tratti di un alloggiamento per un sensore passivo ad elementi lineari rimorchiati. Quando serve da questo pod esce la sonda sonar rimorchiabile per poi venir recuperato. Ma a noi interessa di più la versione degli inglesi…

Secondo gli esperti della Royal Navy il pod è la parte finale di un nuovo sistema di propulsione chiamata, guardate un po’…, Magnetoidrodinamica, MHD in “gergo”, proprio come quello dell’Ottobre Rosso. Questo sistema propulsivo sfrutta il principio dell’azione combinata di un campo magnetico unitamente con un campo elettrico, attraverso il quale passa un liquido conduttore - l’acqua - il cui risultato è un getto propulsivo. Tutto questo è coadiuvato dalla superconduttività dei materiali impiegati. Il sistema di raffreddamento dovrebbe essere affidato ad un impianto criogenico.

 

Il misterioso pod, oggetto di questo articolo.



Ma questa strampalata teoria trova un certo riscontro nella realtà. E’ stato infatti osservato un Akula durante la navigazione a bassa velocità ed è stato notato che il battello non emetteva alcuna scia. Questo vuol dire che l’elica non era in funzione, ma il battello si muoveva ugualmente. Questa ipotesi è avvalorata anche dal fatto che è stato osservato, sempre su un Akula, dopo l’emersione, l’estremità del pod ricoperta di ghiaccio. Ciò fa pensare all’impianto criogenico in funzione per dissipare l’energia termica generata dal sistema di propulsione silenziosa durante il funzionamento.

Un altro elemento da cui si può dedurre la presenza di questa propulsione ausiliaria è il fatto che su battelli come i Sierra, per esempio, relativamente piccoli (7.800 tonnellate in immersione), siano stati montati due reattori nucleari, soluzione adottata su battelli molto più grandi, tipo i classe Typhoon, Oscar I e II. Inoltre nei Sierra i reattori danno potenza ad un unico asse, proprio per mancanza di spazio all’interno dello scafo resistente, a differenza dei battelli più grandi sopracitati i cui reattori trasferiscono energia a due assi. Questo si pensa sia dovuto al fatto che la propulsione silenziosa assorba moltissima energia (si pensa circa 4 MW per 3-4 nodi di velocità). Da qui la necessità di avere una riserva di energia più consistente.

Oltre questi elementi gli osservatori portano come argomentazione il fatto che in Unione Sovietica gli studi sulla magnetoidrodinamica e sulla superconduttività di certi materiali sono molti avanzati.

Il sistema servirebbe per missioni delicate, tipo pattugliamento in acque nemiche o altre dove la carta vincente sia l’invisibilità. E’ qui che il sistema di propulsione darebbe i migliori risultati. Infatti non garantisce un’elevata velocità, ma un’elevata copertura, fattore fondamentale dell’arma subacquea.

In definitiva è una teoria secondo molti poco credibile, da fantascienza, o meglio, da film. Secondo gli esperti della Royal Navy non è così. In effetti se si pensa all’incredibile evoluzione dell’arma subacquea sovietica, culminata con la costruzione del più grande mezzo subacqueo che l’uomo abbia mai realizzato, il Typhoon, potrebbe non essere una teoria così campata per aria.
Speriamo, in un certo senso, di non scoprirlo mai…

Fonte: http://alfazulu.altervista.org

 

 

 

 

 

 

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