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Una morte da spia, dopo aver negato per tutta la vita di essere stato un agente al servizio del Kgb. Una morte da film, che potrebbe anche far sospettare qualcosa. Ma Edward Lee Howard, ex agente della Cia, «ospite di Stato» a Mosca dal 1985 dopo una fuga rocambolesca dagli Stati Uniti, era da tempo fuori dal giro. E beveva. Come aveva bevuto anche quando era in servizio presso l' Agenzia di spionaggio americano. L'alcool è quasi certamente alla base del suo allontanamento dalla Cia e del suo successivo passaggio al servizio dei sovietici.

E l'alcool è probabilmente all'origine della sua rovinosa caduta per le scale della dacia che lo stato russo gli ha continuato a pagare anche dopo il crollo dell'Urss per gli altissimi servigi resi alla ex patria del socialismo. La notizia della caduta e della morte per la rottura dell'osso del collo è stata data ieri dal Washington Post che l'ha attribuita a un amico di famiglia. Il cinquantenne Howard è morto il 12 luglio e anche alla Cia sarebbe giunta una voce non confermata sull' incidente. Con lui se ne va il primo americano ad aver passato le linee per raggiungere a Mosca la nutrita colonia degli agenti passati all' Urss (per denaro o per ideologia) guidata dal famoso Kim Philby, l' agente britannico che assieme ad altri intellettuali del «gruppo di Cambridge» aveva passato all' Unione Sovietica segreti importantissimi. Howard in realtà non riuscì a passare all' Urss notizie fondamentali, ma fece un danno enorme alla Cia perché involontariamente con il suo tradimento subito scoperto fornì una eccellente copertura ad altri due agenti che poterono continuare a passare a Mosca notizie assai rilevanti. Il primo è Aldrich Ames, addetto al controspionaggio, scoperto nel 1994 e il secondo è Robert Hanssen, agente dell' FBI che ha continuato a lavorare fino al 2001. La storia di Howard è quella dei fallimenti e della leggerezza della Cia. Arruolato e addestrato, doveva essere mandato a Mosca nel 1983 assieme alla moglie Mary, anche lei agente della Cia. All'ultimo momento l' Agenzia si rese conto che Howard non poteva andare. Tra l'altro per il suo problema col whisky. La Cia pensò allora di riciclarlo con un' altra agenzia governativa a Santa Fe, nel New Mexico. Ma anche lì Howard iniziò ad avere problemi, di alcool e di soldi. Durante un viaggio a Vienna nel 1984, Howard venne reclutato dal Kgb. Rivelò quello che gli era stato incautamente comunicato durante l'addestramento: i nomi di un agente della Cia a Mosca (poi espulso) e quello di uno scienziato russo che lavorava per gli Usa (catturato e giustiziato nella Russia di Gorbaciov e della perestroika). Howard fu tradito da un russo che passò agli americani, Vitalij Yurtchenko, il quale raccontò dell' informatore «Robert» (come veniva indicato in codice dal Kgb) a Ames il quale, a sua volta, informò subito i russi che il loro uomo era «bruciato». Sotto stretta sorveglianza, Howard scappò. Uscì in auto con la moglie e con un manichino nel cofano, poi a una curva balzò giù dall' auto e la moglie tornò a casa col manichino. Per sviare i sospetti lei fece sentire al telefono una registrazione del marito che fissava un appuntamento per la mattina successiva. L' Fbi era tranquillo e Howard partì per Helsinki e poi passò a Mosca. Negli anni successivi i russi uccisero almeno dieci agenti che lavoravano per gli americani. La Cia pensò che la colpa fosse di Howard e smise di cercare la vera talpa. Così Ames che aveva passato i nomi al Kgb potè rimanere tranquillo. E dopo di lui anche Hanssen.
Fabrizio Dragosei

(22 luglio 2002) - Corriere della Sera

Fonte: http://archiviostorico.corriere.it

 

 

Edward Lee Howard era la «spia venuta dal freddo», ma la sua vita e la sua carriera da agente segreto sarebbero piaciute più alla penna alcoolica di Charles Bukowsky che a quella spionistica di John Le Carré. Howard è morto a cinquant'anni lo scorso 12 luglio nella sua dacia in Russia, dopo una vita passata tra spionaggio e controspionaggio. La sua morte, ancora non confermata dai servizi segreti americani, sarebbe avvenuta per una banale caduta dalle scale, come ha raccontato un suo amico al giornale statunitense «Washington Post». Ma la «spia venuta dal freddo», secondo quanto ricordano i suoi ex-colleghi, si preparava a morire da anni, almeno da quando, nel 1981, provò a entrare nella ristretta élite degli agenti segreti della Cia. «Beve come se volesse uccidersi», furono le poche parole che a Howard dedicò l'ex generale del Kgb sovietico Oleg Kalugin, nel suo libro pubblicato negli Usa nel ‘94. E allora, quel nomignolo da libro di suspence diplomatica - l'«uomo venuto dal freddo» - non riguarda tanto il suo cambio di bandiera (dai servizi segreti americani a quelli sovietici), ma dal suo continuo ricorso al frigorifero, suo fido alleato, per prendersi una bottiglia di vodka. Quando, nel 1981, Edward Lee Howard provò a entrare nella Cia, dopo un periodo di due anni passati tra estenuanti corsi di formazione e di addestramento, fu scartato per il suo primo incarico importante: trasferirsi a Mosca, con la moglie Mary, anche lei agente segreto alle dipendenze dell'intelligence Usa. Fu scartato, come ricorda il «Washington Post», perché non riuscì a superare il test della macchina della verità, una sorta di prova di resistenza per ogni buon agente segreto. I selezionatori della Cia iniziarono a tenerlo d'occhio, per capire i motivi di questo suo cedimento davanti all'odiata-amata macchinetta segnala bugie, e scoprirono il suo tarlo. Quello che sarebbe piaciuto allo scrittore Bukowsky: Howard era un alcoolizzato. Fu allora che la sua breve carriera si spezzò. Sfumato il suo trasferimento nella capitale sovietica, gli uomini in nero della Cia lo spediscono a Santa Fé, nel Nuovo Messico. Che, per un provetto agente segreto, deve tanto assomigliare a un purgatorio. Ma, come in tutte le storie di spionaggio e controspionaggio, un agente scartato da una parte trova immediatamente un lavoro dall'altra parte. Nel 1984, durante un viaggio in Europa, Howard viene contattato dai sovietici, interessati al suo lavoro. Inizia la sua collaborazione col Kgb, dopo essere riuscito a scappare da Santa Fé. La sua attività di spia per i servizi dell'Urss portò alle rivelazioni degli ultimi studi americani sullo Stealth, l'aereo invisibile, e alla scoperta del doppio gioco di molti altri agenti russi che passavano informazioni ai rivali americani. Tra miti e leggende, l'unica cosa sicura è che dal 1985 fino a tutti gli anni ‘90, il Kgb riuscì a vincere la guerra silenziosa del controspionaggio con gli Usa. In molti avevano additato l'attività di Howard come l'elemento in più nelle mani di Mosca. Adesso è morto, cadendo dalle scale di quella dacia che proprio il governo sovietico gli aveva regalato. Per i suoi servigi.

L'Unita', 22 luglio 2002, pubblicato nell'edizione Nazionale (pagina 11) nella sezione "Esteri".

Fonte: http://cerca.unita.it

 

 

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