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Normalmente, sono le potenze occidentali che vengono ricordate per aver sviluppato alcune delle armi più innovative e concettuali della Seconda Guerra Mondiale. Ma quando si tratta di tecnologie militari sperimentali, il Giappone non soffriva di carenza di idee. Il Giappone emerse potenza mondiale nel 1905 dopo l’umiliante sconfitta della Russia. Sebbene alleato dell’Intesa durante la Prima guerra mondiale, il Giappone imperiale cambiò alleanza dopo essere stato snobbato a Versailles. Negli anni ’30, alleato della Germania nazista, l’impero iniziò una serie di campagne aggressive per affermarsi nella regione del Pacifico. Le sue azioni finirono per metterlo in conflitto cogli Stati Uniti, uno sviluppo che si rivelò essere la sua rovina. Il Giappone dell’era Showa, sapendo di aver contro un nemico superiore per forza industriale e sofisticazione tecnologica, accelerò gli sforzi per mantenere il passo. A tal fine, l’Esercito imperiale giapponese fu equipaggiato con armi convenzionali avanzate, armi specializzate per l’attacco suicida e persino armi per la guerra biologica e chimica. In effetti, i pianificatori militari giapponesi non si preoccuparono molto del protocollo di Ginevra. E in effetti, presumevano che le armi vietate fossero particolarmente efficaci. I giapponesi svilupparono dozzine, se non centinaia, di armi altamente concettuali durante la guerra, tra cui alcune che effettivamente impiegò sul campo di battaglia. Qui 11 che vanno conosciute.



1. Bombe aerostatiche Fu-Go.
Mentre i nazisti lanciavano missili V2 sul Canale della Manica, i giapponesi modellavano le loro “armi della vendetta”. I pianificatori militari, che non poterono sviluppare un missile intercontinentale, ebbero invece l’idea delle bombe su palloni. Per farle funzionare, i giapponesi attaccarono bombe incendiarie su palloni che percorsero 8047 km verso gli Stati Uniti lungo la corrente a getto. L’intenzione era far esplodere gli ordigni sulle regioni boscose del Pacifico nord-occidentale e avviare grandi incendi che avrebbero distratto preziose risorse umane statunitensi. Il geologo e storico J. David Rogers spiega come operavano: “I palloni erano di carta di gelso, incollati con farina di patate e riempiti d’idrogeno espanso. Erano di 10,06 m di diametro e potevano sollevare circa 454 kg, ma la parte mortale del carico era una bomba anti-personale di 15 kg, attaccata a una miccia lunga 30 metri che bruciava per 82 minuti prima di esplodere. I giapponesi programmarono i palloni per rilasciare idrogeno se saliva oltre gli 11.582 m e sganciare coppie di zaini pieni di sabbia se il pallone scendeva sotto i 9144 m, usando un altimetro di bordo. Tre dozzine di sacchi zavorra pieni di sabbia furono appesi a una ruota in alluminio a 4 raggi sospesa sotto il pallone, insieme alla bomba. Ogni zavorra pesava 3 kg. I sacchi dovevano essere rilasciati a coppie sui lati opposti della ruota, in modo che il pallone non s’inclinasse da un lato o l’altro, rilasciando il prezioso idrogeno. In questo modo i palloni si alzavano alla luce del sole ogni giorno della traversata e scendevano ogni sera, fin quando gli zaini della zavorra non si esaurivano, e in quel momento il pallone e il suo contenuto mortale scendevano su qualunque cosa avesse sotto“. I primi palloni furono lanciati alla fine del 1944, approdando negli Stati Uniti il 5 novembre a San Pedro, California. Il giorno seguente atterrarono presso Thermopolis, nel Wyoming. Alcuni addirittura in Canada. In tutto, furono effettuati circa 285 atterraggi e/o avvistamenti confermati. Il 5 marzo 1945, sei statunitensi (un pastore e cinque bambini) furono uccisi da uno dei palloni caduti nell’Oregon mentre tentavano di riportarlo dal bosco al loro accampamento. Il governo degli Stati Uniti imbavagliò i media riguardo ai palloncini per paura d’incoraggiare il nemico. Il pubblico statunitense ne fu infine informato dopo la guerra.



2. Sommergibili Classe Sen Toku
I giapponesi riuscirono a costruire tre di questi colossi durante la guerra, navi che detengono il primato dei più grandi sottomarini convenzionali mai costruiti. Nell’ambito del piano giapponese per dominare l’Oceano Pacifico, comprese le coste occidentali degli Stati Uniti, furono progettati per attaccare il Canale di Panama. I sottomarini erano equipaggiati con tre aerei Aichi M6A1 che potevano trasportare un siluro o 800 kg di bombe. Erano alloggiati in un hangar impermeabile e resistente alla pressione. Gli aerei venivano lanciati da una catapulta situata di fronte alla torre, e tutti e tre potevano essere assemblati, alimentati, armati e lanciati entro 45 minuti dall’emersione. Presentava anche uno snorkel d’ispirazione tedesca rivestito con una sostanza spessa, simile alla gomma, progettata per assorbire i segnali radar e sonar. La guerra finì prima che i giapponesi potessero usarli in combattimento. Nel 1946, l’I-400 fu consegnato agli Stati Uniti e affondato al largo delle Hawaii. I ricercatori l’hanno riscoperto nel 2015.



3. Unità 731 e uso delle armi biologiche.
Dal 1937 fino alla fine della guerra, i giapponesi sperimentarono varie armi biologiche, tra cui la bomba tossica defogliante (precursore dell’Agente Orange) e la bomba delle pulci usata per diffondere la peste bubbonica. La famigerata unità 731 dell’Esercito imperiale giapponese, unità segreta di ricerca e sviluppo della guerra biologica e chimica, eseguì test su soggetti umani per peste bubbonica, colera, vaiolo, botulismo e altre malattie. I soldati giapponesi usarono queste bombe per lanciare attacchi biologici, infettare raccolti, serbatoi, pozzi e altro. Secondo Sheldon H. Harris, storico della California State University di Northridge, più di 200.000 cinesi furono uccisi con esperimenti sul campo della guerra batteriologica. Il suo lavoro mostra anche che animali infetti da peste furono rilasciati verso la fine della guerra, causando “epidemie di peste che uccisero almeno 30.000 persone nella zona di Harbin dal 1946 al 1948″. Alcuni studiosi giapponesi contestano queste cifre, ma probabilmente sono accurate. E come notato dallo storico Antony Beevor, i giapponesi progettarono queste armi contro i soldati statunitensi nel teatro del Pacifico, oltre a lanciare bombe su palloni per diffondere malattie negli Stati Uniti. Avevano persino un piano nell’estate del 1945 per usare piloti kamikaze per lanciare pulci infette da peste su San Diego. Va notato che ai comandanti dell’Unità 731 fu concessa l’immunità in cambio della condivisione dei segreti della guerra biologica con l’esercito statunitense. Analogamente, il Giappone fu l’unico Paese ad utilizzare armi chimiche, come il gas mostarda, durante la Seconda guerra mondiale.



4. Tute d’attacco suicida Fukuryi.
Queste tute subacquee speciali furono progettate per le unità speciali d’attacco giapponesi per respingere l’invasione delle isole domestiche da parte delle forze alleate. Le tute erano armate con una mina contenente 15 kg di esplosivo attaccata ad un palo di bambù lungo 5 metri. I subacquei, appesantiti da 9 kg di piombo, avrebbero camminato sott’acqua per almeno sei ore e a profondità di 5-7 metri. I sommozzatori, dopo aver raggiunto lo scafo di una nave nemica, avrebbero detonato gli esplosivi, uccidendosi. Non è noto se questo sistema sia mai stato usato in combattimento, ma ci sono resoconti di mezzi da sbarco della fanteria americana e un pattugliatore attaccati da palombari suicidi.



5. La macchina crittografica “Viola”.
Le macchine Enigma tedesche sono il dispositivo crittografico più famoso della Seconda Guerra Mondiale, ma non furono affatto le uniche. Nel 1937, i giapponesi sviluppò la “97-shiki O-bun In-ji-ki” o “Macchina da scrivere Alfabetica 97”, denominata dall’anno giapponese 2597. Questo dispositivo era meglio noto col suo nome in codice statunitense: “Viola” (Purple). La macchina consisteva di due macchine da scrivere e un sistema a rotori elettrici con pannello alfabetico di 25 caratteri. Come la macchina Enigma che l’ispirò, un messaggio in chiaro andava inserito manualmente. Ma la principale innovazione fu la seconda macchina da scrivere elettrica, che avrebbe stampato il messaggio criptato su un pezzo di carta (Enigma presentava il testo sotto forma di luci lampeggianti). Quindi, solo una persona era necessaria per gestirla. E poiché i giapponesi cambiavano la chiave ogni giorno, i decifratori non poterono trovare modelli nei messaggi. Come osserva Alberto Perez, “Il centralino conteneva 25 connessioni, che potevano essere disposte in 6 coppie, producendo 70000000000000 possibili combinazione“. Incredibilmente, i decifratori statunitensi trovarono il modo di violare la macchina. Se può sapere di più qui.



6. Aereo Kamikaze Yokosuka MXY-7 Ohka
Mentre la guerra progrediva, e i giapponesi perfezionavano le loro tecniche kamikaze, iniziarono a sviluppare aerei esplicitamente allo scopo. Lo Yokosuka MXY-7 era un velivolo a propulsione a razzo che debuttò nel settembre 1944. Per costruire la macchina, i giapponesi usavano meno materie prime importanti possibili e la costruzione dell’aereo fu estremamente rudimentale. Durante il combattimento, l’Ohka veniva trasportato sotto la fusoliera di un Mitsubishi G4M fino quando l’obiettivo era a breve distanza, e veniva rilasciato. Il pilota avrebbe cercato di planare il più vicino possibile sull’obiettivo prima di accendere ai razzi e colpire il bersaglio. L’arma aveva una testata da 1199 kg. L’alta velocità rendeva praticamente impossibile intercettarlo. Detto questo, insieme al aereo trasportatore, era estremamente vulnerabile durante la fase di planata. Inoltre, era molto difficile guidare una volta accesi i razzi. Nonostante queste limitazioni, almeno un cacciatorpediniere statunitense fu affondato da quest’arma.



7. Intercettore a razzo Mitsubishi J8M (Shushi).
Se pensa che somigli al tedesco Messerschmitt Me 163 Komet, ha ragione. Il J8M1 sarebbe stata una copia su licenza del velivolo nazista avanzato, ma i tedeschi non poterono spedire un esemplare funzionale in Giappone (il sottomarino tedesco con a bordo un vero Komet fu affondato in rotta verso il Giappone). Invece, i progettisti giapponesi dovettero decodificare l’aereo d’attacco avanzato da un manuale di volo e da alcuni progetti. In effetti, i giapponesi volevano costruire l’aereo intercettore considerando la campagna di bombardamenti alleati in Europa. I pianificatori militari temevano che sarebbe stata solo questione di tempo prima che una simile campagna imperversasse sul Giappone. Poiché i B-29 Superfortezze operavano a una quota oltre la portata della maggior parte dei caccia giapponesi, il Me-163 era visto come possibile soluzione al problema. Nonostante non avessero un modello funzionale da cui partire, un prototipo fu testato prima della fine della guerra. Il 7 luglio 1945, il J8M fece il primo volo col Tenente Toyohiko Inuzuka ai comandi. Il volo inaugurale fu breve e disastroso. Il J8M1 decollò, ma il motore si guastò durante la ripida salita, schiantandosi e uccidendo il pilota. Altri sei prototipi furono costruiti, ma alcuno di essi volò prima della fine della guerra. Seguendo queste linee, c’era anche il Mizuno Shinryu, intercettore a propulsione a razzo della seconda guerra mondiale.



8. Carro armato ultra-pesante O-I.
I giapponesi non sono generalmente ricordati per i loro carri armati, anche se ne avevano alcuni abbastanza buoni, come il carro medio Tipo 97 Chi-Ha. Ma alla fine della guerra ebbero l’ambiziosa, se non completamente pazza, idea di costruire carri armati super pesanti ed ultra-pesanti da usare nel teatro del Pacifico. Queste bestie sarebbero state assolutamente massicce, in grado di trasportare un equipaggio di 11 persone nello scafo da 100-120 tonnellate. Il carro super-pesante era caratterizzato tre torrette, una con un grande cannone e due con cannoni più piccoli. Un rapporto non corroborato afferma che uno di questi carri armati fu inviato in Manciuria, ma non si sa se abbia mai combattuto. Il prototipo sperimentale avanzato, l’O-I ultra-pesante, avrebbe avuto quattro torrette.



9. Raggio mortale Ku-Go.
Come molti altri combattenti, i giapponesi stavano attivamente lavorando per sviluppare un raggio mortale, un fascio concentrato di energia che poteva abbattere aerei a centinaia di chilometri di distanza. Secondo i documenti confiscati dalle forze armate statunitensi dopo la guerra, i lavori su un raggio mortale giapponese iniziarono già nel 1939 nei laboratori di Noborito. A tal fine, i ricercatori svilupparono un magnetron ad alta potenza che poteva generare un fascio di radiazioni. La squadra del fisico Sinitiro Tomonaga sviluppò un magnetron del diametro di 20 cm dalla potenza nominale di 100 kW. È dubbio, tuttavia, che tale tecnologia funzionasse come i raggi della morte della fantascienza. I calcoli suggerivano che il raggio, se correttamente messo a fuoco, avrebbe potuto uccidere un coniglio a una distanza di 914 m, ma solo se il coniglio rimaneva perfettamente immobile per almeno 5 minuti.



10. Carri armati volanti.
Uno dei principali problemi affrontati dai militari giapponesi durante la Seconda guerra mondiale fu la sfida di trasportare mezzi pesanti, come carri armati, da un’isola all’altra. Una possibile soluzione fu trovata nei carri armati volanti, o meglio alianti. Questi carri leggeri contenevano ali ed impennaggi (superfici di stabilizzazione all’estremità dell’aereo) e carrelli da decollo staccabili. Ma poiché i cingoli del carro armato non sarebbero mai sopravvissuto a un atterraggio, un paio di sci rimovibili vi furono attaccati. Una volta sganciato dall’aereo, come il bombardiere pesante Mitsubishi Ki-21, si sarebbe diretto verso destinazione come un aliante, e a terra sarebbe passato a veicolo corazzato terrestre. I giapponesi produssero alcuni prototipi di tali carri armati volanti, tra cui il Maeda Ku-6 e lo Special No. 3 o Ku-Ro.



11. Progetto del Superbombardiere Z.
Come il progetto nazista Amerika Bomber, il Giappone imperiale voleva un bombardiere intercontinentale in grado di raggiungere il Nord America. Mentre la guerra progrediva, i giapponesi erano alla disperata ricerca di qualcosa di simile al B-29 Superfortezza volante statunitense. Nel 1941, la Marina Imperiale Giapponese introdusse il bombardiere sperimentale 13-Shi, un bombardiere pesante a lungo raggio quadrimotore. Ma i pianificatori militari volevano qualcosa di considerevolmente più grande, pesante e veloce, capace di volare per 9997 km con un carico di ventidue bombe da 454 kg. I disegni furono presentati all’Esercito imperiale giapponese, inclusi Nakajima G10N e Kawasaki Ki-91, il primo dei quali presentava un’apertura alare 72,24 m e una lunghezza di 43,89 m. Sarebbe stato capace di raggiungere la velocità di 590 km/h a 7620 metri di quota, propulso da sei motori da 5000 cavalli ciascuno; a tal fine, la Nakajima Aircraft Company iniziò a sviluppare motori per l’aereo e propose di raddoppiare i motori Ha-44 (il motore più potente disponibile in Giappone) con un motore a 36 cilindri. Il Progetto Z fu cancellato nel luglio 1944 a causa del deterioramento delle condizioni della guerra. Lo storico Steve Horn afferma che il mostruoso bombardiere Project Z va paragonato in modo diretto al bombardiere Convair Consolidated Peacemaker del dopoguerra per dimensioni, peso e prestazioni, piuttosto che alla Superfortezza del periodo bellico.

Traduzione di Alessandro Lattanzio

Fonte estera: https://www.gizmodo.com.au

Fonte italiana: http://aurorasito.altervista.org

 


 

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