La seconda guerra mondiale in Asia iniziò non a Pearl Harbor, ma dieci anni e tre mesi prima, in Manciuria, a Mukden (oggi Shenyang), nella notte del 18 e 19 settembre 1931. Evento decisivo nella storia del 20° secolo, oggi dimenticato. Eppure impressionò il contemporaneo Hergé, che ne fece il centro dell’intrigo dell’albo di Tintin "Il Loto Blu".

Il piccolo corpo d’armata giapponese, l’armata del Kwantung, deve il suo nome al territorio del Kwantung, o Guandong in cinese moderno, Kanto in giapponese, nella penisola di Lioadong, dove si trova Dalian e un nome noto nei primi anni del 20° secolo: Port Arthur, la base navale russa conquistata dai giapponesi dopo un assedio estenuante nella guerra russo-giapponese (1904-1905). E’ la lontananza dell’arcipelago motivo per cui l’armata del Kwantung, nonostante il piccolo stato maggiore, divenne vivaio di cospiratori e sostenitori del fascismo giapponese.

 

 

Contesto storico.
Il problema che affrontò il Giappone dopo la vittoria sulla Russia nel 1905 fu che la sua presenza nel continente rimase fragile. In virtù del trattato di Portsmouth, il Giappone recuperò solo i diritti acquisiti dalla Russia in Manciuria. Una volta che tali diritti decaddero, nel 1923, il Giappone doveva abbandonare ciò per cui aveva combattuto e vinto al prezzo di 130.000 morti. Posando da protettori della Cina, bloccando ogni tentativo di smembramento coloniale del Regno di Mezzo come fecero gli europei in Africa, gli Stati Uniti furono gli intermediari che a Portsmouth chiesero ed ottennero che il Giappone rinunciasse alle ambizioni in Manciuria. I semi della Guerra del Pacifico vennero gettati. Le tensioni non smisero di crescere tra Giappone e Stati Uniti. La sfida era in Cina. La conclusione del lento cumularsi di risentimenti, sospetti, incomprensioni e rivalità esplose a Pearl Harbour nel dicembre 1941. Ma nel tardo 19° secolo, conquistare il nord della Cina era considerato prioritario dagli strateghi giapponesi. Vedendo nelle province del nord-est della Cina il baluardo necessario per controllate la Corea, il cui possesso bloccava lo stretto di Tsushima e metteva l’arcipelago al riparo dalle invasioni. Nel 1895 questo fu il motivo della prima guerra cino-giapponese. Il Giappone poi conquistò la penisola del Lioadong. Col Trattato di Shimonoseki la Cina cedette territori al Giappone. Ma l’intervento vigoroso della Russia, sostenuta da Germania e Francia, costrinse l’esercito imperiale ad evacuare Port Arthur. Nel 1898, in cambio del sostegno di Mosca, Pechino cedette alla flotta russa la base navale di Port Arthur. Il Giappone ritenne l’alleanza russo-cinese volta a indebolirlo e privarlo dello status di grande potenza per, infine, ridurlo in schiavitù. Come si vide, gli eventi accelerarono di molto. Con ciascuna di tale manovre, come nel gioco del Go, l’Occidente cessò di essere il modello di modernità e divenne l’usurpatore delle vittorie del Giappone. Il timore di vedere l’arcipelago schiacciato arrivò a suscitare una mentalità da assedio. Il primo nemico fu la Russia, da cui la guerra russo-giapponese. E dal 1905 gli Stati Uniti. L’idea di conquistare la Manciuria divenne urgente presso certi ambienti per allentare la pressione. Nel 1915, approfittando degli europei impantanati nella guerra in Europa e dello status di alleato di Francia e Gran Bretagna, il governo conservatore tentò la fortuna con le famose “Ventuno domande” che posero la Cina sotto il protettorato giapponese di fatto. Anche in questo caso gli Stati Uniti s’interposero. Il tentativo di mettere sotto protettorato la Cina fallì. Ma il Giappone non rimase a mani vuote: il contratto di affitto del Kwantung fu esteso fino al 1997. Parziale vittoria per il Giappone? O disastrosa sconfitta come sostennero le fazioni più radicali.

 

 

L’armata del Kwantung.
Nei primi anni ’20 l’armata del Kwantung era una piccola forza. Se la flotta giapponese aveva il diritto di ancorare le navi a Port Arthur, i trattati internazionali limitavano la presenza dei soldati giapponesi a 10.000 uomini. D’altra parte, gli stessi trattati internazionali proibivano le armi offensive: artiglieria pesante, aviazione, blindati… La missione era pattugliare un corridoio di 1 km lungo la ferrovia, la cui concessione fu strappata alla Russia nel 1905, da Port Arthur, a Dalian dopo 40 chilometri per unirsi ad Harbin al ramo manciuriano della Transiberiana. L’armata del Kwantung era quindi una forza di polizia per vigilare sulla sicurezza della rete ferroviaria minacciata dalle bande di saccheggiatori, che sciamavano nell’immensa Manciuria attaccando i convogli. La Manciuria era quindi una sorta di “Wild West” asiatico popolato da nomadi, pastori, banditi, trafficanti di oppio mongoli, manciù e cinesi. Le sue forze erano composte da una divisione di fanteria sostituita ogni quattro anni. Gli ufficiali godevano di condizioni di vita lussuose a Dalian e Port Arthur, in cui aveva sede il quartier generale dell’armata del Kwantung, edificio che esiste ancora. I bilanci erano arrotondati con confortevoli diarie, le più alte dell’esercito imperiale. E soprattutto gli ufficiali avevano una libertà di manovra sconosciuta nelle caserme dell’arcipelago, dove la gerarchia era greve. Nel Kwantung militari e amministratori erano liberi di agire a piacimento. Il cambio del personale permanente ebbe effetti perversi, creando nell’esercito imperiale lo “spirito della Manciuria” che si fuse con la convinzione che la Manciuria andasse conquistata con la forza, bypassando l’accordo di Tokyo.

 

 

La rivolta degli ufficiali.
Due eventi accelerarono la rottura dell’armata del Kwangtung con le autorità del governo civile. Il primo fu la rapida democratizzazione vissuta dal Giappone alla morte dell’imperatore Meiji nel 1912, denominata “democrazia Taisho” dal nome del figlio di Meiji, e padre del futuro imperatore Hirohito. Il riconoscimento dei sindacati, la legalizzazione del Partito Socialista, l’estensione del diritto di voto universale agli uomini, al fine di concedere il diritto di voto alle donne… il Giappone seguiva l’ondata di liberalizzazione nel mondo che usciva dalla Prima Guerra Mondiale. Ma i liberali erano anche i sostenitori del disarmo. Il Giappone era uno dei cinque fondatori della Società delle Nazioni, precursore delle Nazioni Unite, creata dopo la prima guerra mondiale. E per i liberali, la sicurezza del Giappone non passava più attraverso la costituzione di un forte esercito, ossessione di Meiji, ma con la firma di accordi con le maggiori potenze. Già indignato dall’occidentalizzazione dei costumi (in cui vide la rinuncia allo spirito guerriero dei samurai), l’esercito imperiale veniva colpito al cuore con la riduzione degli effettivi. Per motivi di bilancio (la difesa copriva il 30% del bilancio dello Stato) e politico, si avvio' l’allineamento politico con Paesi importanti come Stati Uniti, Francia e Regno Unito che smobilitavano. Ad aggravare il senso di tradimento dell’élite giapponese: la resa dei beni giapponesi in Manciuria fu presa in considerazione a Tokyo per rilassare le relazioni con la Cina, che non riconobbe né il trattato di Portsmouth, né l’accordo Giappone-USA sulle “Ventuno domande”. L’altro evento decisivo fu la scomparsa degli uomini di Meiji a capo delle Forze armate. Obbedienti e spesso giunti ai vertici grazie più alla lealtà che alla competenza, conobbero la guerra civile e le battaglie per la restaurazione Meiji nel 1860-70; ora morivano uno dopo l’altro. L’ultimo a scomparire fu il maresciallo Aritomo Yamagata, il padre dell’esercito Meiji, nel 1922. Questo passaggio di generazioni mutò la presa dei clan vincitori della restaurazione Meiji, i clan di Satsuma e Choshu, e fece avanzare i giovani dei clan sconfitti originari delle provincia a nord di Tokyo, Tohoku. Assai meno rispettosi dell’ordine stabilito, se non addirittura in rivolta verso di esso, da cui si sentivano esclusi poiché il mondo economico gli era precluso, entrarono nell’esercito come cadetti all’età di dodici anni, sul modello dell’esercito di Bismark (riferimento nella costruzione dell’esercito imperiale giapponese). Per Ishiwara e Itagaki, e probabilmente per gli altri ufficiali giapponesi, tale tuffo brutale nell’universo rigidamente disciplinato delle scuole militari segnò la fine dell’infanzia, rimanendo un trauma che non riuscirono a superare completamente, come mostrano i testi che lasciarono. Soprannominati “giovani ufficiali”, perché al massimo erano colonnelli, ebbero dal 1920 responsabilità gerarchiche sempre più importanti. Un primo tentativo di conquistare con le armi la Manciuria si ebbe nel 1928, quando una bomba fu posta sotto il treno di Chang Tso-lin (Zhang Zuolin), il signore della guerra della Manciuria ancora “cliente” del Giappone. Il cervello dell’attentato fu il colonnello Daisaku Komoto. Komoto sperava che per vendicare il padre ucciso dall’esplosione, il figlio di Chang Tso-lin, Chang Hsue-liang (Zhang Xueliang) lanciasse le sue truppe all’assalto del Kwantung, fornendo il pretesto per invasione della Manciuria. Ma quest’ultimo, consapevole della trappola tesa e dell’impreparazione dell’esercito cinese, si limitò alle denunce verbali. Komoto fu sollevato dell’incarico senza essere processato per tale atto di terrorismo. Per paura della reazione ostile dell’esercito imperiale, fu costretto a lasciare l’esercito in sordina.

 

 

I protagonisti.
Una nuova cospirazione fu avviata, più forte. Il cervello del nuovo complotto era il colonnello Tetsuzan Nagata, che raccolse intorno a sé nomi che resteranno nella storia, perché saranno tutti processati e giustiziati dagli Alleati dopo il 1945, Hideki Tojo, Tomoyuki Yamashita che s’illustrerà conquistando Malesia e Singapore nei primi mesi del 1942, Kenji Doihara, uomo dei servizi segreti giapponesi, Seishiro Itagaki e Kanji Ishiwara il cui ruolo fu cruciale per il successo dell’invasione. Tali incontri furono clandestini. Nell’organizzazione politica istituita da Meiji era infatti vietato agli ufficiali incontrarsi per discutere di questioni politiche o militari. Solo i consulenti diretti dell’imperatore avevano tale privilegio. Ma alla fine degli anni ’20, le regole imposte da Meiji furono spazzate via dalla rivolta degli ufficiali, infuriati dal mutare della società giapponese e dalla politica del disarmo. Ishiwara e Itagaki furono inviati da Nagata a sostituire Komoto a Port Arthur. Questo tandem provocò la guerra. Ishiwara fu responsabile della pianificazione dell’invasione. La funzione di Itagaki, teoricamente superiore di Ishiwara, era “politica”: avere contatti nell’esercito imperiale affinché il complotto fosse supportato e si preparasse l’amministrazione della Manciuria, una volta conquistata. Si sa dagli scritti di Ishiwara quali fossero le motivazioni di questi due ufficiali. Avviare la guerra in Manciuria non solo puntava a conquistare lo spazio considerato vitale per la difesa del Giappone, ma anche a fermare il programma del disarmo del Giappone, rovesciare il governo per sostituirlo con uno militare (o almeno influenzato dai militari), e militarizzare la società giapponese per l’obiettivo finale: affrontare con le armi gli Stati Uniti. Quindi fu una vera rivoluzione quella preparata dalla congiura, una rivoluzione paragonabile alla Restaurazione Meiji secondo i suoi fautori.

 

 

L’Incidente di Mukden.
L’operazione scattò nella notte del 18 e 19 settembre 1931, quando una piccola bomba fu collocata dai soldati del Kwantung sotto la ferrovia, appena fuori Mukden. Nelle ore seguenti Mukden fu occupata assieme alle stazioni principali fino al confine settentrionale della concessione ferroviaria giapponese. Rinforzi di stanza in Corea, cinquemila uomini comandati da ufficiali guadagnati alle idee degli ammutinati,violarono l’ordine di non intervenire entrando in Manciuria. L’8 ottobre Ishiwara suscitò un’altra provocazione. Diresse il bombardamento aereo di Jinzhou. L’obiettivo questa volta era la linea ferroviaria gestita dagli inglesi; voleva estendere il conflitto per paralizzare il governo che cedeva alle richieste della SdN di por fine alle ostilità. La provocazione ebbe successo, incapace di trattenere l’armata del Kwantung (temendo che sanzionando i cospiratori avrebbe causato un colpo di Stato militare in Giappone), il governo giapponese non poté che osservare la situazione in Manciuria sfuggirgli completamente. Mentre continuavano gli scontri, una massiccia campagna di disinformazione fu attuata. Tutti i media supportarono l’armata del Kwantung. Ci vorrà la sconfitta del 1945 affinché il pubblico giapponese sapesse che il Giappone non fu vittima di un’aggressione cinese a Mukden, ma che fu una provocazione ordita con freddezza da ufficiali giapponesi. Inebriato dalle vittorie, Ishiwara volle di slancio attaccare i sovietici sempre presenti a nord della Manciuria. Le sue truppe risalirono in treno fino a Tsitsihar. E presso questa città vi fu l’unica battaglia della campagna, nota alla storia come “Incidente Manciuriano”, Manchu Jiken. Ai primi di novembre 1931, a 30 gradi sottozero, le forze giapponesi schiacciarono quelle del generale cinese Ma Chan-shan (Ma Zhanshan), perdendo circa quattrocento uomini, due terzi per il freddo (più di cinquecento feriti per congelamento). I giapponesi presero Tsitsihar (Qiqihar) ma questa volta il più attento Itagaki trattenne l’impetuoso Ishiwara. Quando gli interessi ferroviari (il ramo manciuriano della Transiberiana) furono rispettati, i sovietici osservarono da spettatori i combattimenti. Il 31 dicembre 1931, l’armata del Kwantung entrò a Jinshou. Con 15.000 uomini strapparono a 250.000 soldati cinesi (male addestrati e mal curati, è vero) un territorio grande quattro volte la Francia. Incapace di farli rientrare in caserma, il governo del Giappone fu rovesciato e l’esercito imperiale impose alla guida dello Stato personalità ad esso fedeli. Internazionalmente il Giappone fu isolato. I trattati sul disarmo abrogati e la militarizzazione avviata. Fu aperta la via all’alleanza con Germania nazista e Italia fascista. Nel settembre 1931 il Giappone avviò una guerra lunga quattordici anni, fino all’apocalisse finale di Hiroshima e Nagasaki, nell’agosto 1945.

Bruno Birolli, Fascinant Japon

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

Fonte: https://aurorasito.wordpress.com

 

I due organizzatori dell'attacco Mukden: Ishiwara a sinistra, Itagaki a destra.

 

Ufficiali giapponesi contemplano Port Arthur dopo la capitolazione della base navale russa (nel gennaio 1905).

 

Truppe giapponesi in Manciuria.

 

Dispiegamento dell'esercito Kwantung nel 1931.

 

Dove Chang Tso-lin è stato assassinato.

 

Kanji Ishiwara nel 1932.

 

L'armata del Kwantung nelle steppe della Manciuria (nell'anno 1933 o 1934).

 

 

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