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Di fronte ai Mongoli, che da decenni mettono a segno il saccheggio del Sud della Cina, il sentimento di vendetta del popolo cinese cresce giorno dopo giorno. E’ proprio in questa Cina asservita ai Mongoli che Zhu Yuanzhang, figlio di contadini, nasce sotto il segno del dragone il 18 settembre 1328 (Zhu significa “rosso scarlatto”). Cinque anni più tardi Toghan Temur accede al potere, nono e ultimo imperatore della dinastia mongola degli Yuan fondata da Kubilai Khan.

I Cinesi, ridotti in schiavitù dai Mongoli, sono poco più che bestie da soma. Le carestie e le catastrofi naturali si aggiungono alla disperazione della popolazione. Il Fiume Giallo si gonfia d’acqua e gli argini, privi di manutenzione, cedono distruggendo interi villaggi. Salassati dai funzionari che non smettono di aumentare le imposte, ridotti all’indigenza a causa della svalutazione, i signori locali complottano nell’ambito della società segreta del Loto Bianco. Alcuni si riuniscono e organizzano un esercito: i Turbanti Rossi. Nel 1344 Zhu Yaunzhang, seppellisce i suoi genitori e suo fratello, colpiti dal colera: “Essi non avevano alcuna bara, ma ai loro corpi, addobbati di stracci, il Cielo ha offerto una tomba, ricoprendoli di un piccolo strato di terra”. L’orfanello, costretto dalla miseria a fare il pastore, diventa monaco mendicante, in cerca di cibo: “Abbandonato, umiliato, io mi sentivo come un filo d’erba piegato dalla tempesta, debole sballottato dal destino che non si preoccupava per nulla di me”. Ammesso come novizio, egli entra nel monastero del Risveglio Supremo: “i miei genitori morti, i miei fratelli, tutti i membri della mia famiglia … La mia sola compagna è stata la mia ombra. Ogni speranza mi era preclusa. Non conoscevo nulla del mondo …”

 

L'imperatore Hongwu.



Primi passi verso il potere supremo.
Al riparo dalla fame, mosso da una feroce volontà di rivincita, Zhu studia con ardore. Le diatribe piene di speranze del Loto Bianco non lo lasciano indifferente. Impregnato di idee sovversive, il giovane si aggrega a un gruppo di ribelli. Al Sud la rivolta guadagna terreno e assume il controllo delle province fertili dell’impero, privando così di risorse il Nord del paese. Il popolo delle campagne si solleva. Una strofa corre su tutte le labbra: “Gli imperatori mongoli, questi imbroglioni / presso il Fiume Giallo si sono passati la corda al collo / I Turbanti Rossi sono con noi. / Funzionari grassi e corrotti, Vampiri, succhiatori di sangue / Noi non ne vogliamo più”. Le rivolte coinvolgono, ad una ad una, quasi tutte le città. Zhu raduna le truppe della cittadella di Haozhou (1532), si impone su di loro e diventa un capo banda. Il maresciallo Guo Zixing lo nomina capo delle sue guardie del corpo. Il giovane cinese, fine stratega, conduce i soldati di vittoria in vittoria. Nel 1367, alla morte del capo dei Turbanti Rossi che si era proclamato imperatore, Zhu intraprende la conquista della Cina e nel settembre seguente marcia su Pechino.



I Mongoli, “mangiatori di formaggio”.
Una insegna ricamata con lettere d’oro evidenzia le sue intenzioni: “Il Cielo ci ha ordinato di unificare la Cina”. Zhu incontra letterati, abbeverandosi al loro sapere, cita Confucio e studia i classici. Le cronache assicurano che Zhu “è diventato colto e si è dedicato alla composizione di poemi che esprimevano i suoi sentimenti e il suo desiderio di potenza”. Al suo fianco, da qualche tempo c’è una donna, la moglie Ma, figlia adottiva del maresciallo Guo Zixing. Convinto della potenza del linguaggio, Zhu arringa il popolo: “Occorre ristabilire la nazione nella sua grandezza e la pace in tutte le famiglie, restaurare l’impero della Cina e ristabilire l’ordine morale e sociale. La sorte che state subendo mi riempie di dolore. Io che sono, come voi, un uomo del popolo, sono stato costretto a prendere le armi. Ho deciso di inviare le mie truppe verso il Nord per scacciarne i barbari che vi opprimono e vi disprezzano… Voi non avete nulla da temere da parte mia, né dai miei soldati. Sottomettetevi e potremo così vivere insieme in un impero cinese restaurato”. Egli riesce a guadagnare l’adesione dei contadini e dei funzionari. Nel dicembre 1367 Zhu è ormai alle porte di Pechino e Toghan Temur, ultimo degli Yuan, lasciata la capitale nella notte del 28 luglio 1368 decide di fuggire verso l’ovest. Il 2 agosto Pechino si arrende. Una volta sottomessi tutti i suoi rivali, Zhu Yuanzhang stabilisce la capitale a Nanchino (1368), fonda la dinastia Ming (“Grande Luminosità”) e adotta il nome regale di Hongwu (“Immensità marziale”). Nel sacrificio di ringraziamento agli dèi egli lancia questo messaggio: ”Il Cielo mi ha dato i mezzi per vincere gli usurpatori venuti dalle steppe e per ridare la pace a tutti i Cinesi. Il popolo, affermano i miei prossimi, ha bisogno di una guida, tutti mi supplicano di proclamarmi imperatore. Io non mi sento in diritto di sottrarmi all’immenso compito che mi attende”. L’imperatore si dedicherà all’unificazione della Cina, espellendo tutti i “mangiatori di formaggio”, soprannome affibbiato ai Mongoli. Zhu si rivolge anche alle popolazioni: “Garantisco ai Mongoli e ai musulmani, nati sul suolo cinese e che si mostreranno capaci di rispettare i nostri costumi, la stessa protezione e gli stessi diritti dei miei compatrioti. Io sono il nemico solamente dei nemici del mio paese. Che tutti, nella Cina lo sappiano e lo ripetano”.



Il primo imperatore Ming è costretto ad appoggiarsi ad un esercito di mestiere. La funzione di soldato diventerà ormai ereditaria. Tutti gli uomini devono sposarsi e avere dei figli. Se questo non avviene, un giovane della stessa famiglia dovrà loro succedere. La sua politica è chiara: “E’ inutile voler conquistare delle terre al di là dei nostri mari e delle nostre montagne. Vale meglio contentarsi di fare dei paesi tributari, senza cercare di possedere le loro terre e i loro popoli. Se essi non ci aggrediscono, mostriamoci loro pacifici. Che i miei discendenti non si lascino accecare dalla potenza del loro impero. Al contrario, che essi proteggano con la più grande vigilanza le frontiere del Nord”. Questo è ciò che lascia scritto nel Libro degli insegnamenti fondamentali della dinastia dei Ming. Egli offre la sua protezione ai popoli vicini e promette di rispettare la loro indipendenza. I regni di Annam, del Chela (Cambogia), del Laos, del Siam, le isole dell’arcipelago indonesiano e le isole Ryukyu nel sudest, accettano il potere di Zhu. In primo luogo, appare chiara al nuovo imperatore l’esigenza di ricostruire e prolungare la Grande Muraglia: “La frontiera del Nord è minacciata da popoli bellicosi che ci odiano da tempi immemorabili. E’ dal Nord e solo dal Nord che può venire la guerra. Dobbiamo essere sempre pronti a farvi fronte”. Hongwu riorganizza l’impero ed eleva a dogma il nazionalismo cinese. La popolazione viene distinta per categorie ereditarie: i contadini, i soldati e gli artigiani. La coltura delle terre, il rimboschimento, i lavori di irrigazione, il rifornimento delle regioni sinistrate stanno al centro delle preoccupazioni del nuovo imperatore che afferma: “I contadini costituiscono la ricchezza del nostro paese. Dal loro benessere dipende la prosperità della Cina“. L’imperatrice Ma si rivela una efficace consigliera: “Eravamo poveri quando eravamo giovani… Io provo sempre il timore che una vita lussuosa ci conduca all’arroganza. L’imprudenza, anche in una piccola cosa, può condurre alla rovina di uno stato. Io desidero che voi vi circondiate di persone intelligenti e capaci per amministrare gli affari dello Stato.” Vengono nuovamente aperte le scuole dei letterati. “Voi che siete alla testa della letteratura, fate degli sforzi per ridare lustro al buon gusto. Vi potrete arrivare solamente imitando gli antichi… Lo scopo di tutte le loro opere era quello di ispirare la virtù e l’amore del dovere, di far conoscere il merito dei grandi uomini di ogni genere, di fornire i mezzi per facilitare il rispetto delle leggi e delle tradizioni. E’ necessario che anche oggi si continui in questo modo”.

 

I confini sotto la dinastia Ming.



Nel 1369 Hongwu fonda il Collegio Imperiale, una scuola di amministrazione i cui membri vengono reclutati fra i più alti dignitari dello stato. Il corpo dei funzionari viene retto da due grandi censori imperiali (1383): costoro sono alla testa di centodieci controllori, incaricati di sorvegliare i dodici uffici governativi delle province. Risulta altresì necessario organizzare un catasto affinché nessuno sfugga alle imposte, corrispondenti al valore delle terre messe a coltivazione. L’imperatore chiede, nel 1381, un censimento della popolazione e di tutti i sudditi sottoposti a corvée negli hueng (registri gialli). “Per la gente di lavoro e tutti quelli che vengono denominati popolo, occorre che siano ben nutriti e vengano vestiti decentemente. Se essi esagerano nel cibo e nel vestire, essi diventano viziosi e svogliati. Essi cadono rapidamente nella miseria e la miseria li rende capaci di qualsiasi crimine”. Hongwu riorganizza e codifica la società (Codice dei Grandi Ming, Da Ming Lu) e la popolazione viene censita secondo il sistema dei Li e dei Jia. Un Li raggruppa cento famiglie, alla testa delle quali vengono nominati dieci proprietari. Ogni proprietario esercita il suo controllo su dieci famiglie, che costituiscono il Jia, di cui ha la responsabilità amministrativa. Un gruppo di dieci famiglie è assoggettato alla corvée e, per un anno, deve effettuare gratuitamente dei lavori di interesse pubblico. L’imperatrice Ma ricorda al suo sposo: “Lo Stato modifica spesso la legge perché essa è imperfetta. Se la legge è imperfetta, la gente malvagia ne approfitta. Le agitazioni causate dai malfattori perturbano la vita del popolo che in tali condizioni non può condurre una vita felice e pacifica. Questo è il motivo per cui si ribella o si rivolta”. Zhu replica: “Non ho che tre preoccupazioni: non so che cosa mi succederà, ignoro dove si rifugia il principe della dinastia degli Yuan e non sono riuscito a vincere Kuokuozhanmuer.” (un generale mongolo che riesce a resistere a Zhu). L’imperatore consegue l’appoggio dei buddisti e dei taoisti, accogliendo alla corte gli spiriti più brillanti.



L’imperatore, capo supremo degli eserciti, vuole concentrare tutti i poteri. Hongwu, al fine di consolidare la sua potenza, uccide e fa assassinare senza vergogna. Uomo sospettoso, egli mette in opera una rete di spie, la cosiddetta “Guardia dagli abiti di broccato” (1382), incaricata di vigilare sul rispetto delle leggi e delle tradizioni. Sessanta milioni di Cinesi si trasformano in garanti dell’ordine pubblico e, ovviamente, in delatori. “Non esiste nell’Impero nessuno che non sia mio vassallo. Un letterato che rifiuta di rendermi servizio si rende colpevole di fellonia. Orbene come punire un fellone? Uccidendolo”. In definitiva, l’Impero risulta sotto stretta sorveglianza. Zhu inventa anche la carta di residenza che vieta a ogni abitante di allontanarsi dal proprio villaggio; per contro il suo Codice dei Grandi Ming assicura la stessa protezione sia ai soggetti liberi sia agli schiavi. Il suo Gran Libro degli Avvertimenti, elenca la lista delle punizioni e dei supplizi in voga nell’impero. Uno fra i più incredibili risulta quello dei 3.357 colpi di coltello! Ma il libro conta fra le sue punizioni l’immersione delle donne in acqua bollente e stabilisce, con grande meticolosità, lo spessore dei bambù con i quali devono essere inflitti i colpi al condannato. L’imperatore, uomo implacabile e di una feroce violenza, ordina il massacro di migliaia dei suoi sudditi. Il suo amico d’infanzia Xu Da, i suoi compagni della prima ora, i suoi fedeli generale, i suoi mandarini più illustri, entrano a far parte della lista dei suppliziati. Memorabili processi occupano, di conseguenza, le cronache del tempo. Lan Yu, suo compagno della prima ora, arruolato a 15 anni nei Turbanti Rossi, viene accusato di cospirazione a favore del Giappone e conseguentemente giustiziato nel 1393 (dopo essere stato torturato). Il primo ministro (1373) Hu Weiyong, già segretario della Cancelleria imperiale nel 1370, viene implicato in un complotto che aveva per obiettivo il rovesciamento dell’imperatore e nel 1380 viene giustiziato per alto tradimento. L’affare di Hu Weiyong e di Lan Yu comporteranno complessivamente la morte di ben 40 mila persone.

 

L'imperatore in una immagine ufficiale.



Su una montagna di cadaveri.
Nel 1395, Hongwu presenta con molto scalpore il suo Libro degli insegnamenti del fondatore della Dinastia dei Ming. L’opera, iniziata nel 1393, presenta il bilancio di un regno per la gloria dell’imperatore, regno eretto sopra una montagna di cadaveri. “In 30 anni di guerra e di esercizio del potere, mi sono trovato confrontato a tutti i sentimenti umani. Ho conosciuto la virtù e il vizio, la dirittura e la slealtà, la verità e la duplicità; mai ho fatto grazia ai perfidi, ai perversi e agli infami. Ho sempre dato loro delle punizioni ben più crudeli di quelle previste dalla legge, proprio per dimostrare bene a tutti gli altri che cosa avrebbe comportato l’infrangerla. Occorre sempre fare paura alla gente per indurla a obbedire. Ma questa può essere solamente una misura provvisoria e mai un metodo a lungo termine. Io chiedo ai miei successori di non ricorrere mai alla segnatura del viso per mezzo del tatuaggio, all’amputazione dei piedi e delle rotule, alla castrazione o allo scuoiamento.“ Strane raccomandazioni per un personaggio dall’inqualificabile sadismo. Si narra che Hongwu abbia conosciuto, nel 1393, anche il dispiacere, in occasione della morte del suo figlio maggiore e successore. Egli, a quel punto, decide di designare come successore, il nipote Zhu Yunwen, tentando di eliminare tutti quelli che avrebbero potuto minacciare l’autorità del giovane prescelto. Quindi il personaggio piomberà nella demenza totale. Come ultimo atto della sua crudeltà, alla sua morte, tutte le concubine e le sue ancelle verranno immolate e sepolte insieme alle sue spoglie mortali.

di MAX TRIMURTI

Fonte: http://win.storiain.net

 


 

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