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L’espansione aggressiva della Cina nel mondo interferisce con gli interessi di Paesi chiave, come la Francia. Nell’ultimo decennio, il “soft power” cinese è solidamente orientato verso il possedimento geostrategico preferito della Francia nel Pacifico, la Polinesia francese, meglio conosciuta come Tahiti (dal nome dell’isola principale). Questo territorio si estende per oltre 4.000 kmq e dispone di ricche risorse ittiche (su 5 milioni di kmq), Cinque volte più grande della madrepatria continentale.

 

 

Tahiti è stata visitata non solo da carismatici rappresentanti francesi come Paul Gauguin, ma dall’esploratore inglese James Cook, dallo scrittore scozzese Robert Louis Stevenson, dall’etnografo russo N. Mikluho-Maclay, dall’esploratore norvegese Thor Heyerdahl, dal pittore russo delle Vanuatu N. Mishutushkin e anche dal popolare attore e cantante sovietico Vladimir Vysotskij. Alla fine degli anni ’80, Tahiti era governata dal nipote di un generale russo bianco in esilio, Alexandre Leontieff. Purtroppo, nel 1991, fu posto agli arresti domiciliari, sospettato di corruzione e appropriazione indebita di fondi pubblici. Questo territorio francese, nel “cuore” del Pacifico, ospita il poligono ormai non più operativo per i test nucleari. Qui, 192 test furono condotti dalla Francia nel 1966-1996. Dopo la fine forzata dei programmi nucleari, il presidente francese J. Chirac promise che il finanziamento alla Polinesia francese sarebbe continuato (1996-2006). Attivisti locali, a loro volta, in lotta per l’indipendenza dal 1970, vogliono la fine del dominio francese giusto al termine del periodo dei pagamenti delle compensazioni. Tuttavia, nel 2000, nessuno prevedeva la crisi finanziaria del 2008. Ciò costrinse i combattenti per la libertà di Tahiti a ripensare i loro piani. In primo luogo, chiesero a Parigi il risarcimento dei danni causati dai test nucleari (che, per inciso, sono considerati più morali che fisici). Poi stabilirono stretti rapporti economici con un nuovo forte attore nel Pacifico, la Cina. Lo “tsunami” d’immigrati cinesi, allargatosi sulle isole dell’Oceania a metà degli anni 2000, coprì anche Tahiti. Gli Huaqiao (cinesi d’oltremare) rappresentano il 12% dei quasi 300.000 abitanti di tale possedimento francese. Qui i cinesi hanno monopolizzato il commercio al dettaglio, e ora i tahitiani (per l’80% nativi) invece di dire “fare shopping”, dicono “andare in Cina” (à travers la Chine). E’ necessario sottolineare che il capitale cinese ha contribuito alla nascita di una potente lobby pro-Cina nel governo locale. Uno dei primi pupilli cinesi è un vecchio sostenitore dell’indipendenza di Tahiti, Oscar Temaru, che nel 2004 dicendo che aveva radici cinesi da parte della madre, andò al potere tanto atteso. Il primo passo di Tahiti verso l’indipendenza fu il tentativo di compensare le sovvenzioni annuali francesi, di circa 1 miliardo di dollari (non meno del 20% del PIL della Polinesia francese), con l’introduzione o l’aumento delle tasse per la popolazione locale. La gente non sopportò tale aumento per più di sei mesi, quindi Gaston Floss divenne presidente e subito annullò le tasse. G. Floss ha governato Tahiti quasi ininterrottamente dal 1984, “legandosi” a Jacques Chirac. Quest’ultimo è il padrino del suo ultimogenito ed ha sempre sostenuto l’idea di Tahiti parte della Francia. Tuttavia, la gente di Tahiti lo rispettava perché, essendo in rapporti amichevoli con il presidente francese, poteva avere la massima autonomia per la Polinesia francese. Qui possiamo citare il titolo di “presidente” per il capo di Tahiti, il diritto di gestire autonomamente alcuni aspetti delle politiche nazionali e regionali, senza interferenze da Parigi, nonché il riconoscimento dello status ufficiale della lingua tahitiana (anche se ci sono alcuni problemi con la Costituzione francese). Tuttavia, O. Temaru non si arrese facilmente, e nei successivi due anni i due avversari si avvicendarono ogni sei mesi. Infine, Gaston Tong Sang, rappresentante della comunità cinese, divenne presidente di Tahiti. Tuttavia, un anno più tardi, fu accusato da alcuni rappresentanti dei mass media di difendere gli interessi di “una certa minoranza”. Quindi, tre candidati lottarono per la carica di presidente, O. Temaru, G. Floss e H. Tong Sang, indicati come la Trinità dalla comunità internazionale. Intanto Pechino approcciò ciascuno della Trinità: in questi ultimi anni, ognuno dei leader è stato accusato di aver accettato tangenti (indirettamente, capitale cinese). Il presidente G. Floss, dopo aver visitato la Cina all’inizio di gennaio, è stato accusato di corruzione nel 2014 (non ufficialmente, firmando accordi sul debito con Pechino considerati dannosi per Tahiti). A proposito, dopo la visita , G. Floss semplificò il regime dei visti con la Cina, al fine di rafforzare il flusso di turisti e lavoratori a contratto dalla Cina. Negli ultimi dieci anni, le relazioni commerciali della Cina con la Polinesia francese si sono rafforzate, tanto che quasi tutta l’esportazione di perle nere, l’unico settore redditizio dell’economia di Tahiti, è diretta verso il Celeste Impero. Dopo la crisi finanziaria globale nel 2008-2010, la Francia subì la valutazione economica del 2012, passando da AAA a AA + da parte delle agenzie Fitch e Standard&Poor. Tuttavia, Parigi continua a inviare la stessa quantità di fondi per impedire che Tahiti abbia l’indipendenza economica e abbandoni la sovranità francese. Nel 2013 il capitale cinese nell’economia di Tahiti era stimato in 5 miliardi di dollari, una somma maggiore degli investimenti francesi. Infine, all’inizio del 2013, Pechino passò all’attacco decidendo di sostenere O. Temaru, salito al potere a Tahiti per ottenere l’indipendenza e la ridenominazione del Paese in Maohi Nui. Pechino ha fatto pressioni per l’introduzione della Polinesia francese nella lista dei Territori Non Autonomi nel comitato speciale sulla Decolonizzazione delle Nazioni Unite. Poiché la Cina ha bisogno del maggior numero possibile di sostenitori nelle varie organizzazioni internazionali, comprese le Nazioni Unite, ottenendo l’indipendenza, questo Stato sarebbe grato alla Cina votando per Pechino quando richiesto, nonostante il ragionamento critico del rappresentante del Cile presso il Comitato speciale delle Nazioni Unite sulla Decolonizzazione, al vertice del giugno 2013, che dichiarò che “le supreme autorità locali (Polinesia Francese) hanno meno poteri rispetto a un qualsiasi misero sindaco del mio Paese [1]. Se la Polinesia francese avrà l’indipendenza, tale tattica verrebbe applicata con successo nell’isola di Pasqua, che appartiene al Cile ma da cui vuole separarsi. Poi vi sono Guam e Samoa, che non vogliono appartenere agli Stati Uniti, l’isola ribelle di Pitcairn, parte del Regno Unito, i territori australiani e neozelandesi nel Pacifico (ovviamente, con assai minori, ma ancora possibili, probabilità). Non sorprende che Francia, Australia, Stati Uniti e Regno Unito non abbiano partecipato alla decisione sull’introduzione della Polinesia francese nella lista dei Territori Non Autonomi (a proposito, la Russia ha sostenuto la decisione delle Nazioni Unite). Oggi il futuro della Francia e dei suoi possedimenti nel Sud Pacifico dipende dalla volontà politica del presidente F. Hollande, consentendo o meno il referendum sull’indipendenza Tahiti nel 2014. La Trinità vuole un referendum: G. Floss, per dimostrare che il 60% dei tahitiani voterà contro la separazione dalla “madre patria”, G. Tong Sang è d’accordo con G. Floss, mentre O. Temaru al contrario ritiene che più della metà dei tahitiani voterà per l’indipendenza. La già scarsa popolarità di F. Hollande colerà a picco nel caso in cui il referendum si svolga a Tahiti e le speranze della Cina di chiamare questo nuovo Stato Maohi Nui saranno adempiute. In tale caso, Parigi affronterebbe enormi difficoltà, sia nel Paese che fuori. I francesi non perdonano ai loro presidenti neanche i piccoli passi falsi, basti ricordare la “Giornata della rabbia” del 27 gennaio 2014. È possibile vedervi la perdita del “cuore” del Sud Pacifico della Francia. Inoltre, la Cina, che ha offerto alla Polinesia Francese prestiti favorevoli, progetti di infrastrutture e flussi di turisti dalla Cina, continuerà tali politiche nei confronti di altri Stati. Inoltre, a quanto pare, l’obiettivo di Pechino nel Pacifico meridionale è la “liberazione” dei territori degli Stati Uniti.

Sofia Pale, PhD, ricercatrice del Centro su Sud-Est asiatico, Australia e Oceania, Istituto di Studi Orientali dell’Accademia Russa delle Scienze, in esclusiva per la rivista online New Oriental Outlook: http://journal-neo.org

 

 

[1] Come conclude la sessione, Commissione speciale sulla decolonizzazione riafferma il diritto inalienabile dei popoli della Polinesia francese all’autodeterminazione. Commissione speciale sulla Decolonizzazione, 9° Vertice dell’Assemblea Generale COL/3258, 21 giugno 2013: http://un.org

 


Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

Fonte: http://aurorasito.wordpress.com

 

 

 

 

 

 

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