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I palazzinari cinesi si stanno dando molto da fare in Africa. Nova Cidade de Kalimba è una moderna città africana costruita da investitori cinesi in Angola e composta da circa 750 edifici di otto piani. Nei progetti degli investitori, la città doveva raccogliere circa 500 mila abitanti, ma un inquietante filmato mostra come la selvaggia urbanizzazione cinese rischia di creare la prima “città fantasma” dell’Africa. Il costo dell’operazione si aggira sui 2,5 miliardi di euro, ma si tratta solo di una frazione del fiume di denaro che la Cina sta investendo in Africa.

 

 

Costruita alla periferia di Luanda, la capitale angolana, Nova Cidade de Kalimba, oltre ai 750 blocchi di appartamenti, conta una dozzina di scuole e più di 100 locali commerciali, ma non ci sono abitanti! Come mai? Pare che il prezzo di un appartamento si aggiri sui 90 mila euro, una cifra esorbitante rispetto al magro reddito medio della popolazione locale che ancora vive nelle baraccopoli.

Come riporta il Daily Mail, numerose “Chinatown” stanno nascendo in tutta l’Africa, dalla Nigeria alla Guinea equatoriale, nel Ciad, nel Sudan, ma anche in Zambia, Zimbawe e Mozambico. Insomma, la Cina considera il continente nero un investimento cruciale per il futuro, stringendo una vera e propria morsa sul continente dal sapore neo coloniale che in futuro potrebbe fare dell’Africa un continente satellite.

 

 

“I cinesi sono dappertutto”, dice Trevor Ncube, un importante uomo d’affari africano con interessi editoriali di tutto il continente. “Se in passato gli inglesi sono stati i nostri maestri, oggi i cinesi hanno preso il loro posto”.

A questo punto, è lecito chiedersi se le misteriose città fantasma siano destinate realmente agli africani. Secondo gli analisti internazionali, ormai non è più mistero che i governanti cinesi considerino l’Africa come l’unica soluzione ai problemi di sovrappopolazione e alla imminente scarsità di risorse di risorse naturali.

I cinesi rappresentano un quinto della popolazione terrestre e hanno fame di cibo, terra e energia. Negli ultimi dieci anni, il consumo di petrolio è aumentato di 35 volte e le importazioni di acciaio, rame e alluminio divorano circa l’80% delle forniture mondiali.

La popolazione cinese si è praticamente triplicata negli ultimi cinquant’anni, passando da 500 milioni di individui a 1,3 miliardi. E’ per questo motivo che il governo di Pechino ha lanciato il programma politico “Una sola Cina in Africa”, una sorta di lotteria nazionale per lasciare il paese e stabilirsi in un nuovo continente.

Nella disattenzione totale di tutto il mondo, l’incredibile cifra di 750 mila cinesi si è già trasferita in Africa negli ultimi dieci anni. La strategia è stata accuratamente messa a punto dai funzionari cinesi, i quali hanno stimato che la Cina ha la necessità di inviare in Africa 300 milioni di persone per risolvere i problemi di sovrappopolazione e inquinamento.

 

 

La bandiera rossa cinese avanza.

L’avanzata cinese sembra inarrestabile: ambasciate e nuove rotte commerciali si stanno aprendo tra i due paesi, mentre la nuova elìte cinese stanziatasi in Africa comincia a farsi notare in tutto il mondo, acquistando oggetti preziosi nelle boutique, guidando le loro esclusive BMW e Mercedes e mandando i loro figli in esclusive scuole private.

Le pessime strade africane sono sempre più ingombre di automezzi cinesi che riempiono i mercati africani di prodotti a basso costo. Gli indumenti venduti nei mercati del continente ormai riportano quasi sempre la scritta “Made in China”.

Migliaia di chilometri di ferrovie sono state costruite dai cinesi per il trasporto di miliardi di tonnellate di legname tagliato illegalmente: foreste incontaminate sono state distrutte per coprire il fabbisogno di legname della Cina che equivale al 70% di tutta la produzione Africana. Inoltre, il territori è stato sventrato per l’estrazione di diamanti e oro.

 

 

Le gigantesche miniere cinesi sono piene di “schiavi” africani che estraggono i preziosi minerali a meno di 1 dollaro al giorno. In Angola, il governo ha deciso che il 70 per cento dei lavori pubblici deve andare alle imprese cinesi, la maggior parte delle quali non impiega personale angolano.

Ma la colonizzazione non è solo economica, ma anche culturale: numerosi centri culturali finanziati dallo Stato Cinese, denominati “Istituto Confucio”, stanno sorgendo in tutta l’Africa, con lo scopo di insegnare alla popolazione locale come fare affari in lingua e stile mandarino e cantonese.

 

 

Inoltre, esclusivi ristoranti che servono solo cibo cinese, e dove non sono ammessi i neri, stanno sorgendo in ogni angolo del continente.

 

 

Un prezzo salatissimo per l’Africa

Vi è un aspetto sinistro di questa invasione cinese, un prezzo troppo alto da pagare per la popolazione africana. La Cina ha interesse, tra l’altro, a fomentare le guerre civili tra le popolazioni africane, vendendo così milioni di dollari di armi prodotte dalle aziende cinesi.

Naturalmente, tutto questo avviene in collaborazione con i corrotti leader africani, i quali, dopo aver ottenuto l’indipendenza dalle potenze coloniali dei bianchi, Gran Bretagna, Francia, Belgio e Germania, sono felici di fare affari con la Cina per un semplice scopo: i soldi!

Se i governi democratici dell’occidente sembrano molto più insistenti nel chiedere all’Africa le riforme democratiche e la necessità di più “trasparenza” nell’uso del denaro (termini diplomatici per evitare che i dittatori intaschino i milioni destinati alla popolazione), i cinesi sono molto più rilassati rispetto alla questione, decidendo di chiedere un occhio, a volte anche tutti e due, rispetto al reale utilizzo dei soldi da parte dei governi africani.

Il comportamento della Cina non fa altro che alimentare il cancro della corruzione. Pazienza se si alimenta la povertà in un continente che conta ben 800 milioni di persone che vivono in condizioni estreme di miseria.

Ma i cinesi sono sprezzanti di tali critiche. Per essi, secondo il loro spirito pragmatico da locuste, l’Africa è solo una risorsa da sfruttare finchè dura, e non un luogo dove garantire i diritti umani. Non a caso, questo atteggiamento è accolto con grande favore da parte dei dittatori africani.

Ma quello di cui hanno bisogno gli abitanti di questo meraviglioso continente, dove emersero i primi ominidi dalla Great Rift Valley, è un disperato bisogno di progresso e i cinesi non sono qui per questo. Sono qui per rapinare un paese ricco di spazio e di risorse naturali.

Quando finirà la predazione? Finchè Pechino ne troverà vantaggio: i cinesi non si fermeranno fino a quando in Africa non ci saranno più minerali o petrolio da estrarre. Dopo secoli di dolore, guerra e fame, l’Africa meriterebbe decisamente di meglio.

Fonte: http://www.ilnavigatorecurioso.it

 

 

 

Dal 2012 la Cina sta investendo molto sul settore edilizio in alcune aree africane. Enormi palazzi di frabbricazione cinese emergono in nuove cittadine semi deserte capaci di ospitare mezzo milione di abitanti. Ma se le città risultano almeno per ora quasi del tutto inabitate, per quale motivo la prima potenza economica del mondo sta investendo su questo settore dall’altra parte del mondo, nel continente africano? Stando ad alcune fonti, la Cina avrebbe vinto alcuni appalti per realizzare cittadine a basso costo per la popolazione africana, ma in base ad analisi e reportage giornalistici, si è scoperto che queste risultano troppo costose per i popoli africani, il tutto mentre i governanti cinesi stanno progettando di trasferire 300 milioni di cittadini cinesi in Africa per risolvere il problema della sovrappopolazione e del consumo eccessivo delle risorse nel continente d’origine. Ma andiamo con ordine, passiamo ad un primo articolo pubblicato nel 2012 dalla BBC: http://www.bbc.co.uk

Arroccate in un posto isolato a 30 chilometri (18 miglia) al di fuori della capitale dell’Angola, Luanda, Nova Cidade de Kilamba è un nuovissimo misto sviluppo residenziale di 750 otto piani condomini, una dozzina di scuole e più di 100 unità di vendita al dettaglio.

Progettato per ospitare fino a mezzo milione di persone, quando sarà completata, Kilamba è stata costruita dalla statale China International Trust and Investment Corporation (CITIC) in meno di tre anni ad un costo riportato di 3,5 miliardi di dollari.

5.000 ettari (12.355 acri), lo sviluppo è la più grande delle numerose nuove “città satellite” ad essere costruite da ditte cinesi in giro per l’Angola, e si crede possano essere uno dei più grandi progetti di nuova costruzione sul continente.

“E ‘molto tranquillo, molto più calmo rispetto alle altre città, non c’è criminalità” afferma Sebastiao Antonio, studente a Kilamba.

Dopo la ricostruzione nel dopoguerra dell’Angola, Kilamba è la star del governo con video promozionali lucidi che mostrano famiglie sorridenti che godono di un nuovo stile di vita lontano dalla polvere e dalla confusione del centro di Luanda, dove milioni di persone vivono in baraccopoli tentacolari.

Ma la gente in questi film sono solo gli attori, e nonostante tutto l’hype, quasi un anno da quando il primo lotto di 2.800 appartamenti è andato in vendita, solo 220 sono stati venduti.

Quando si visita Kilamba, non si può fare a meno di chiedersi se anche solo un terzo di questi acquirenti si siano effettivamente trasferiti.

 

 

Il posto è stranamente tranquillo, le voci rimbalzano su tutto il calcestruzzo fresco e sulle strade spalancate ed asfaltate.

Ci sono pochissime auto e ancor meno persone, solo decine di righe ripetitive di palazzi multicolori, le persiane sigillate ed i loro balconi vuoti.

Solo una manciata di unità commerciali sono occupati, per lo più da aziende di servizi pubblici, ma non ci sono negozi reali in loco, e così – con l’eccezione di un nuovo ipermercato situato in una entrata – non c’è posto per comprare il cibo.

Dopo aver guidato per quasi 15 minuti e vedendo nessuno a parte lavoratori cinesi, molti dei quali sembrano vivere in container accanto al sito, i giornalisti della BBC si sono imbattututi in una piccola tasca di vita in una scuola.

Si è aperto sei mesi fa, un centro per giardinieri nelle zone periferiche, perché in questo modo potranno accudirei loro figli.

Uno studente, un ragazzo di 17 anni chiamato Sebastiao Antonio che trascorre quasi tre ore al giorno nel traffico da e per le classi dalla sua casa a 15km ha riferito che la città è molto bella.

“Mi piace molto questo posto – ha molti parcheggi auto, ci sono posti dove giocare a calcio, basket e pallamano. E ‘molto tranquillo, molto più calmo rispetto alle altre città, non c’è criminalità.”

Ma quando gli se lui i è stato chiesto se lui e la sua famiglia si sarebbero trasferiti lì, si è messo a ridere.

“Assolutamente no, non possiamo permetterci questo. ‘Impossibile. E non c’è lavoro per i miei genitori qui,” ha detto.

I suoi sentimenti sono stati ripresi da Jack Francisco, 32 anni, che ha iniziato il lavoro a Kilamba come spazzino quattro mesi fa.

“Sì, è un bel posto per certo”, ha detto.

Ma poi ha sospirato: “Per vivere qui, avrete bisogno di un sacco di soldi, la gente come noi non ha soldi a sufficienza per poter vivere qui.».

Gli appartamenti Kilamba vengono pubblicizzati on line al costo tra i 120.000 e i 200.000 dollari – fuori dalla portata dei circa due terzi di angolani che vivono con meno di 2 dollari al giorno.

Tuttavia, Paulo Cascao, General Manager alle Delta Imobiliaria, l’agenzia immobiliare per la gestione delle vendite, ha detto alla BBC che il problema non è il prezzo, ma la difficoltà di accesso al credito bancario.

 

 

“I prezzi sono corretti per la qualità degli appartamenti e per tutte le condizioni che la città può offrire,” ha detto. In parole povere, c’è difficoltà ad accedere ai mutui.

 

 

“Le vendite stanno andando via lentamente a causa della difficoltà di ottenere mutui.”

Una nuova opera quadro normativa è stato recentemente introdotto per consentire alle banche locali di dare mutui, ma per la maggior parte degli angolani, anche i pochi con lavori d’ufficio ben pagati, non trovano abbastanza denaro per un deposito.

“Il governo deve iniziare a dare la priorità alla costruzione di alloggi a basso costo, perché gran parte della popolazione vive in baracche senza acqua, elettricità e servizi igienici,” afferma alla BBC Elias Isaac, Direttore del paese presso l’Ufficio angolano dell’iniziativa Open Society of Southern Africa ( OSISA).

“Non c’è classe media in Angola, solo i più poveri ed i più ricchi, e quindi non c’è nessuno che compra questi tipi di case.” Secondo il sig Cascao, il governo ha recentemente annunciato che una parte degli appartamenti a Kilamba sarà designato per l’edilizia sociale, così che persone a basso reddito possono noleggiare a lungo termine a prezzi bassi.

Nessuno è abbastanza sicuro di come tale sistema possa funzionare o che sono ammissibili, e cinici hanno respinto come un bravata in vista delle elezioni parlamentari previste per il 31 agosto 2012.

C’è anche la questione di ciò che accadrà a tutti gli appartamenti full-cost se non vendono.

Kilamba è stato finanziato da una linea di credito cinese – che l’Angola sta rimborsando con olio – così è stato tecnicamente pagato.

Ma se le case vanno invendute, allora il governo angolano sarà lasciato con il brodo sulle loro mani e un investimento potenzialmente sprecato.

Manuel Clemente Junior, vice ministro costruzione dell’Angola, strenuamente difeso il regime e ha detto che sarebbe sicuramente un successo – anche se lui sembrava convinto che fosse possibile acquistare un appartamento per 80 mila dollari, molto meno di quanto pubblicizzato.

“E‘ con assoluta certezza, un progetto eccellente”, ha detto alla BBC.

Rispondendo alle lamentele di Kilamba, ha detto: “Ci sono sempre persone che criticano ma grazie alle nuove autostrade che vengono costruite, come un luogo che è solo andare a essere circa 15 a 20 minuti dal centro della città.”

La città di Kilamba è un progetto faro del governo che va in qualche modo ad aiutare il presidente José Eduardo dos Santos compiere il suo famoso impegno elettorale per costruire un milione di case in quattro anni.

Allan Cain, capo della Development Workshop un’organizzazione angolana ma non governativa specializzata nella riduzione della povertà urbana, ha accolto con favore l’investimento, ma: “Quello che abbiamo sostenuto è un programma di potenziamento in situ, dove la gente vive, qualcosa che è considerato essere la migliore prassi internazionale”.

“Non credo che molte comunità al mondo possano permettersi realmente di spostare intere popolazioni delle città.”
(Fonte della BBC: http://www.bbc.co.uk/ ).

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Fonte italiana: http://www.globochannel.com

 

 

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