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La Russia sta creando nell’Artico una base militare permanente. Già nell’autunno di quest’anno un gruppo tattico di navi della Flotta del Nord inizierà il servizio permanente presso le isole della Nuova Siberia.

Un gruppo di navi si è diretto verso le isole della Nuova Siberia (arcipelago nel Mar Glaciale Artico appartenente alla Russia, situato tra il Mare di Laptev e il Mare della Siberia orientale). La grande nave antisommergibile "Admiral Levchenko”, le grandi navi da sbarco "Gheorghij Pobedonosets” e “Kondopoda”, la petroliera "Serghej Osipov" ed alcune navi ausiliarie, accompagnate da un rompighiaccio nucleare, trasporteranno sul posto macchine, personale e materiali del gruppo tattico della Flotta del Nord. A partire da settembre il gruppo monterà in servizio permanente nell’Artico.

È già la terza navigazione massiccia di navi della Flotta del Nord nell’Artico negli ultimi anni. Nel 2012, per la prima volta nella storia della Marina da guerra russa, la fanteria marittima ha effettuato uno sbarco sulla costa non attrezzata dell’isola Kotelnyj, la più grande isola dell’arcipelago. Nel 2013 un gruppo di navi con in testa l’incrociatore nucleare portamissili pesante “Petr Velikij”, nave ammiraglia della Flotta del Nord, ha trasportato verso le isole della Nuova Siberia macchine e materiali per la ricostruzione dell’aerodromo locale. Questo aerodromo, come la maggioranza degli altri impianti artici militari della ex Unione Sovietica, fu abbandonato all’inizio del anni ‘90. Ora è venuto il tempo per ritornare nell’Artico, ritiene Mikhail Khodarionok, membro del consiglio degli esperti della Commissione militar-industriale presso il Governo della Russia:

- Dal punto di vista geopolitico questa regione è estremamente importante. L’Artico è ricchissimo di risorse minerarie. Per questo molti paesi cominciano ad accampare pretese sull’Artico. Se non vi stabiliremo la nostra presenza militare, sorgerà il dubbio se abbiamo veramente bisogno di questa regione. La nostra costa, le nostre isole vanno infatti difese. -

Secondo alcune stime, nella zona artica si trova un terzo delle riserve mondiali non esplorate di idrocarburi. Il possesso delle stesse promette grandi vantaggi. Stando alle norme giuridiche vigenti, soltanto i paesi che hanno accesso diretto al Mar Glaciale Artico hanno il diritto di valorizzare la piattaforma artica. Questi paesi sono la Danimarca, Canada, Norvegia, Russia ed USA. Tale stato delle cose non è gradito da molti paesi, tra cui la Cina, Giappone, Svezia e Finlandia.

Ma anche i paesi della regione artica sono impegnati in controversie reciproche. Così, Mosca ed Ottawa avanzano le rispettive pretese sulla dorsale sottomarina di Lomonosov. Sia la Russia che il Canada la considerano una continuazione della propria piattaforma cotinentale. La Russia ha già presentato la relativa richiesta all’ONU e conduce adesso ricerche supplementari.

Quest’anno la Commissione dell’ONU ha soddisfatto l’analoga richiesta della Russia nei confronti dell’enclave del Mare di Okhotsk. Ciò ha arroventato la situazione. In agosto il ministro degli esteri canadese, John Bird, ha dichiarato che Ottawa è allarmata dalle pretese della Russia sui territori artici e, in caso di necessità, è pronta a difendere militarmente la propria sovranità. Per raffreddare il fervore dei vicini che minacciano di difendere i propi interessi con metodi militari anziché scientifici la Russia è costretta ad affermare la propria presenza militare nell’Artico, ribadisce Mikhail Khodarionok:

- Non si tratta di schierare nell’Artico rilevanti unità dell’esercito e della Marina da guerra russe. Saranno piccoli reparti chiamati a denotare la propria presenza e a garantire la possibilità di dispiegare, se sarà necessario, unità più grandi. Gli aerodromi e le banchine d’approdo servono appunto per dispiegare rapidamente unità in caso di complicazione delle situazione militar-politica nella regione. -

Finché la situazione è calma, i militari si occuperanno nell’Artico di altri compiti. Per la regione passa, infatti, la Via Marittima del Nord, ossia la via più corta dall’Europa al Pacific Rim. Nella maggior parte dei mesi dell’anno le condizioni meteorologiche vi sono difficili. Le navi e i proprietari dei carichi si sentiranno quindi molto più tranquilli se sapranno che vicino montano la guardia militari pronti a venire in aiuto in qualsiasi momento.

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Fonte: http://italian.ruvr.ru

 

 

Per la terza volta dal 2012 la flotta del Mare del Nord russa, sta attraversando la cortina di ghiaccio per portare truppe e mezzi nella Nuova Siberia, nell’area artica dell’isola di Boiler, dove però questa volta rimarranno in seduta stabile.

Si tratta della prima forza militare artica russa e mondiale, composta da fanti di marina e truppe d’assalto meccanizzate. Al momento queste risiederanno in rifugi abitativi di emergenza trasportati con la grande nave da carico “George” che oltre a tutta l’attrezzatura per ospitare i militari, trasporta i veicoli di una divisione meccanizzata, veicoli del genio e attrezzature varie, il corpo di spedizione artico comprende tre navi da guerra di cui una antisommergibile, una super spacca ghiaccio, una petroliera militare, due navi trasporto e rifornimento e diversi elicotteri KA-27; non è ben chiaro se sarà costruito un aeroporto militare dove avrà residenza la task force. Maggiori notizie e video su TV Zvezda.

Fonte: http://uvnnews.altervista.org

 

 

La Russia ha iniziato la costruzione di campi militari nell'Artico sull'Isola Wrangel e sul capo Otto Schmidt, dove erano stati consegnati i moduli per la costruzione del complesso.

La struttura è a forma di stella, permettendo così ai soldati di muoversi liberamente e di limitare al massimo la permanenza all'aria aperta con temperature rigide. Nella struttura ci sono dormitori, unità amministrative, sale per lo sport, sauna, palestre e centri ricreativi.

Questo mese è prevista la costruzione di 2 complessi.

La Russia intende rafforzare la sua posizione nella regione artica su tutti i campi: militare, politico, finanziario ed economico. Vladimir Putin aveva dato la disposizione di creare una base unica per le navi e i sottomarini di nuova generazione e di rafforzare la sicurezza dei confini.

Fonte: http://italian.ruvr.ru

 

Le operazioni di sbarco delle truppe polari russe sulla costa dell’isola di Kotelny.

 

Cresce l’interesse della comunità internazionale nei confronti dell’Artico, dovuto al consolidamento dei confini esterni della piattaforma continentale, alle possibilità di transito lungo le rotte dei passaggi marittimi e alle promettenti prospettive di sfruttamento delle risorse naturali.

Il 25 ottobre 2012, per la prima volta nella storia della Marina Militare russa, le truppe costiere della Flotta del Nord, nel corso di una serie di esercitazioni a livello di comando e di equipaggio del Distretto militare occidentale, sono sbarcate sulla costa dell’isola di Kotelny.

“Durante le operazioni di sbarco, sono state studiate nuove rotte di navigazione e possibili punti di attracco in diverse aree della costa artica. È stata condotta un’operazione di ricognizione nei territori delle isole dell’arcipelago di Novosibirsk ed è stato testato l'uso di attrezzature militari e di armamenti nella regione artica”, ha comunicato il primo capitano V. Serga, responsabile dell’ufficio stampa del Distretto militare occidentale della Flotta del Nord.

È la prima volta che, nel corso di questo tipo di esercitazioni militari, vengono condotte operazioni mirate a garantire la sicurezza di strutture civili, quali stazioni scientifiche, piattaforme di perforazione e impianti per la produzione di energia, situati nella regione artica. Nel corso delle esercitazioni, nelle regioni artiche del passaggio a nord-est, si è ricorsi alla grande nave anti-sommergibile “Viceammiraglio Kulakov” e all’incrociatore pesante, lanciamissili, a propulsione nucleare “Pietro il Grande”.

Le esercitazioni a livello di comando e di equipaggio coinvolgono più di 7mila soldati e più di 150 attrezzature militari. Le operazioni si svolgeranno nei poligoni di addestramento militare situati nel Mare di Barents, nelle regioni artiche lungo il passaggio a Nord-Est, nei poligoni costieri del distretto Pechenskij, nella regione di Murmansk, e nelle penisole di Srednij e Rybachij.

La Russia non è il primo Paese ad aver annunciato la creazione di basi militari nell'Artico. All'inizio del 2012, anche il Canada aveva annunciato l’intenzione di costruire una propria base artica sull'isola di Cornwallis. Anche la Danimarca si prepara ad aumentare la propria presenza militare nel Mar Glaciale Artico. Già nel 2009, aveva annunciato la creazione di uno speciale comando militare artico e di una forza di reazione rapida. Un anno dopo, nel 2010, la Norvegia ha trasferito una parte delle proprie truppe nel Circolo Polare Artico e gli Stati Uniti e il Canada hanno già iniziato a condurre, su base regolare, esercitazioni militari.

Una simile attività militare è del tutto comprensibile. La corsa alla conquista del continente bianco, in particolare a seguito del riscaldamento crescente di queste latitudini, si è, negli ultimi tempi, intensificata. Si stima che i giacimenti di idrocarburi nell'Artico costituiscano un quarto di tutte le riserve mondiali tuttora inesplorate.

Nella regione si concentrano gli interessi economici e geopolitici di diversi Paesi e l’Artico sta acquisendo sempre più importanza a livello di regione di transito. Il vicepresidente dell'Accademia dei Problemi geopolitici, Konstantin Sivkov, afferma che: “Nel momento in cui l’asse dello sviluppo economico si sposterà dall'Europa alla regione del Pacific Rim, l'importanza del passaggio a Nord-Est crescerà”.

Inoltre, l'Artico rappresenta il percorso più breve non solo per le imbarcazioni, ma anche per l’aviazione strategica e i missili balistici intercontinentali, spiega Konstantin Sivkov: “La possibilità di distribuire nella regione potenti sistemi di difesa missilistica e sottomarini a propulsione nucleare con missili balistici sarà particolarmente importante per tutti gli attori mondiali. Per quanto ne so, i sottomarini americani pattugliano costantemente le acque del bacino artico, in particolare quelle del Mare di Barents, già dagli anni ‘90”.

È chiaro che il compito principale di difendere le strutture artiche russe spetta alla Marina Militare Russa. Nel programma statale russo di sviluppo degli armamenti fino al 2020 è prevista la creazione di nuove navi destinate proprio alla Flotta del Nord. “In primo luogo, abbiamo bisogno di imbarcazioni che siano in grado di svolgere, nel lungo periodo, operazioni nella regione artica. Esse devono essere a propulsione nucleare ed essere in grado di operare in mezzo ai ghiacci. In secondo luogo, abbiamo bisogno, sempre nella zona artica, di navi da combattimento costiero - in particolare nel Mare di Barents e possibilmente anche nel Mare di Kara - che siano in grado di mantenere delle condizioni operative favorevoli e di garantire la sicurezza delle attività marittime ed economiche”, ha affermato, a metà ottobre 2012, il contrammiraglio Vasilij Ljashok, responsabile del dipartimento di pianificazione e sviluppo della Marina Militare, nonché vice capo di Stato Maggiore della Marina Militare.

Inoltre, secondo le informazioni dei media russi, la Russia intende, fino al 2013, posizionare un gruppo di caccia intercettori a lungo raggio MiG-31 sull'arcipelago di Novaja Zemlja nel Mar Glaciale Artico per difendere i propri territori da possibili attacchi provenienti da Nord.

Sono state intensificate anche le operazioni per il rafforzamento delle infrastrutture polari russe di confine. Nel mese di agosto 2012, il segretario del Consiglio di Sicurezza della Russia, Nikolaj Patrushev, ha dichiarato che si sta progettando la creazione di diverse basi per le imbarcazioni militari e la guardia di frontiera lungo la rotta del passaggio a Nord-Est del Mare del Nord.

Infine, secondo Igor Paluca, capo del Dipartimento della guardia di frontiera, dei Servizi federali per la sicurezza della Federazione Russa, incaricato del pattugliamento delle frontiere marittime, entro il 2021, verranno create 11 nuove stazioni di frontiera. È prevista anche la realizzazione e messa in funzione di porti e aeroporti con duplice finalità.



Il passaggio a Nord-Est

È la tratta marittima più breve che collega la parte europea della Russia con l'Estremo Oriente. Un'alternativa al passaggio a Nord-Est sono le arterie che attraversano i canali di Suez o Panama. Tuttavia, se, ad esempio, il tragitto, percorso dalle navi, dal porto di Murmansk al porto di Yokohama (Giappone), attraverso il Canale di Suez, è di 12.840 miglia nautiche, attraverso il passaggio a Nord-Est esso si riduce a sole 5.770 miglia. Il principale ostacolo al passaggio delle navi rimane il ghiaccio. Ciononostante, le rompighiaccio moderne rendono possibile, se necessario, la navigazione tutto l'anno.

Fonte: http://russiaoggi.it

 

 

Da oltre un anno, gli annunci delle autorità russe sulla politica verso la regione artica hanno una cadenza di tre o quattro al mese. Nodo energetico dai primi anni 2000, l’Artico nel 2013 è diventato un priorità per la sicurezza nazionale della Federazione russa, ripristinando d’urgenza il confronto al confine settentrionale verso l’interferenza della NATO nella regione. Data l’importanza di sforzi e ambizioni, il Nord è oggi la priorità assoluta della geopolitica russa.

 

I. Artico pilastro energetico della Russia.

La situazione strategica russa in una zona che minaccia la guerra.
Una regione straordinariamente ricca di risorse naturali. L’Artico è di nuovo d’interesse strategico dalla fine degli anni ’90, principalmente per lo scioglimento dei ghiacci che apre nuove rotte marittime ed un maggiore sfruttamento delle risorse. Secondo alcune stime, gli idrocarburi situati oltre il Circolo Polare Artico rappresentano un quarto delle riserve mondiali, 90 miliardi di barili di petrolio e il 30% del gas da scoprire nel mondo. Il 27 settembre, la compagnia petrolifera russa Rosneft ha annunciato la scoperta di un giacimento di petrolio nel Mare di Kara che potrebbe contenere 87 miliardi di barili, parte di una zona che potrebbe avere riserve equivalenti a quelle saudite. Eccezionali giacimenti di gas sono stati scoperti anche nel Barents e Kara. I giacimenti di nichel, cobalto, rame, platino, barite e apatite sono notevoli. Infine, quasi il 15% delle risorse ittiche mondiali proviene dall’Artico. Se la ricchezza delle risorse naturali dell’Artico è ambita da tutti i Paesi rivieraschi, così come da molti Paesi non rivieraschi, la regione per la Russia rappresenta molto più di un aumento delle entrate. Riguarda direttamente gli interessi vitali della Federazione russa, dato che solo l’Artico garantisce il 60% della produzione di petrolio, il 95% del gas, oltre il 90% di nichel e cobalto, il 60% del rame, il 96% dei metalli del gruppo del platino, il 100% di barite e apatite, quasi un quarto delle esportazioni ed il 12-15% del PIL. Indipendentemente dalle rivendicazioni territoriali della Russia e dalle risorse aggiuntive che potrebbero essere tratte, l’Artico è già il primo pilastro energetico del Paese. Oltre che per le risorse energetiche e minerarie, l’Artico è di grande interesse commerciale per la Russia. La Rotta del Nord potrebbe diventare, in pochi anni, una grande alternativa ai canali di Suez e Panama per il traffico marittimo tra i porti europei e dell’Estremo Oriente. Quasi due volte più breve della rotta che attraversa Canale di Suez e Oceano Indiano, ma con il vantaggio di essere completamente privo di pirateria, una delle principali minacce globali odierne ai trasporti marittimi, e di non aver limiti su numero e stazza delle navi che possono prendere tale rotta. Anche se è navigabile solo in estate, potrebbe dare notevoli benefici alla Russia che, garantendone la sicurezza, offre alla comunità internazionale un rotta libera dal controllo statunitense. La Cina partecipa attivamente allo sviluppo di questa rotta ed ha recentemente condotto la prima spedizione commerciale da Dalian a Rotterdam attraverso l’Oceano Artico. Islanda e Scozia hanno già previsto la creazione di porti dedicati.
Numerose spedizioni scientifiche del governo russo nell’Artico riflettono il forte interesse per la regione. Tutte coinvolte, in un modo o nell’altro, al consolidamento del Paese nella regione artica tramite quattro missioni principali:
• giustificare scientificamente le rivendicazioni territoriali della regione artica russa presso le Nazioni Unite, fornendo prove scientifiche sull’estensione della piattaforma continentale russa nel Mar Glaciale Artico.
• valutare e individuare le risorse naturali del Mar Glaciale Artico, principalmente idrocarburi e minerali.
• lavorare per il progresso delle conoscenze scientifiche e delle applicazioni tecniche.
• contribuire alla reputazione tecnico-scientifica russa e, più in generale, al prestigio internazionale del Paese.
Nel 2007, due batiscafi Mir raggiunsero le profondità del Polo Nord. I principali obiettivi della spedizione erano definire i limiti della piattaforma continentale russa nella zona che si estende dalle isole della Nuova Siberia al Polo Nord, prelevare campioni dai fondali e piantare una bandiera russa sul fondo del mare. L’evento scatenò le proteste di altri Paesi rivieraschi, in primo luogo gli Stati Uniti, lamentandosi che ci si potesse appropriare simbolicamente del Polo. Si potrebbe pensare che tali proteste, da un Paese che aveva chiesto ai suoi astronauti di piantare la bandiera statunitense sulla Luna, siano effettivamente motivate da assai più gravi preoccupazioni: la prova che le dorsali Lomonosov e Mendeleev, che raggiungono la Groenlandia, siano un’estensione geologica della piattaforma continentale russa permetterebbe alla Russia “di rivendicare diritti di esplorazione su ulteriori 1,2 milioni di chilometri quadrati nella regione artica, evidenziando gli enormi giacimenti di petrolio e gas nel triangolo Chukotka-Murmansk-Polo Nord”. (RIA Novosti, 3 agosto 2007)

 

 

Rivendicazioni territoriali della Russia nell’Artico.
Nel 2001 la Russia sorprese i Paesi rivieraschi presentando una richiesta alle Nazioni Unite per l’impostazione dei confini esterni della sua piattaforma continentale nell’Artico, Bering e Okhotsk, sulla base della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982, ratificata nel 1997. Secondo tale accordo:
• la piattaforma continentale comprende il fondo marino e il sottosuolo “al bordo esterno del margine continentale”, la sua estensione minima è di 200 miglia nautiche dalla costa (articolo 76).
• la piattaforma continentale fa parte del territorio di uno Stato, ma gli Stati costieri hanno diritti sovrani sulla piattaforma continentale a scopo di esplorazione e sfruttamento delle risorse naturali (articolo 77).
“Lo Stato costiero ha diritto esclusivo di autorizzare e regolamentare le perforazioni nella piattaforma continentale a tutti gli effetti” (articolo 81).
• i diritti degli Stati costieri non pregiudicano il regime giuridico delle acque sovrastanti o dello spazio aereo su tali acque e non devono in alcun modo sminuire la navigazione aerea e marittima, o l’installazione di cavi e condutture sottomarine (sezioni 78 e 79).
• raccomandazioni su questioni relative alla definizione dei limiti esterni della piattaforma continentale sono emesse da una commissione sui limiti della piattaforma continentale.
• lo Stato costiero deve presentare domanda entro dieci anni a decorrere dall’entrata in vigore della Convenzione nei suoi confronti (o termine stabilito nel 2009 per la Russia, nel 2013 per il Canada e nel 2014 per la Danimarca).
• Infine, i limiti fissati da uno Stato costiero sulla base di tali raccomandazioni, sono definitivi e vincolanti.
La richiesta da parte russa è stata considerata ricevibile dalla Commissione sui limiti della piattaforma continentale. Tuttavia, considerando che i dati avanzati non erano sufficienti per prendere in considerazione le aree indicate nel Mar Glaciale Artico, nell’ambito della piattaforma continentale russa, ha raccomandato ulteriori studi. Le rivendicazioni sull’Artico russo, per quanto siano importanti, non sono nulla di speciale e sono perfettamente ammissibili ai sensi del diritto internazionale. Con decisione del 14 marzo 2014, la Commissione sui limiti della piattaforma continentale delle Nazioni Unite ha già avuto successo parziale, nel Mare di Okhotsk, riconoscendo 52.000 kmq di estensione della piattaforma continentale russa. Queste affermazioni hanno avuto l’effetto di un terremoto negli Stati Uniti, e ancora di più in Canada. Grazie a basi giuridiche, minaccia seriamente l’egemonia statunitense dall’esclusiva presenza nell’Artico dal crollo dell’Unione Sovietica. Gli Stati Uniti hanno risposto affermando che le acque costiere si estendono fino a 600 miglia (965 km) dall’Alaska, basandosi in particolare sulla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, firmata ma non ratificata dal Paese. Il Canada sceglie di rispondere con scherno e disprezzo facendo dire al suo ministro degli Esteri che la Russia fa ricorso a metodi medievali nel fissare i limiti della piattaforma continentale e che nulla (“nulla” sarebbe la Russia) minaccia la sovranità dell’Artico canadese.
La politica diplomatica e mediatica occidentale da tempo non è altro che uno sprezzante blocco atlantico sicuro della sua forza contro le pretese territoriali di una Russia sicura dei propri diritti. Il discorso ha cominciato a cambiare quando la possibilità che la Russia abbia successo presso le Nazioni Unite è divenuta sempre più probabile. Nel 2003, il Canada decise di ratificare la Convenzione, seguita dalla Danimarca l’anno dopo. Il 27 novembre 2006 la Norvegia, che fa parte della Convenzione dal 1996, presentava la sua richiesta alla Commissione. Lo stesso anno, Canada e Danimarca condussero insieme una spedizione denominata “Determinazione della composizione della Dorsale Lomonosov”, seguita da altre tre spedizioni congiunte tra il 2007 e il 2009. Il 15 maggio 2007, George Bush esortò inutilmente il Senato a ratificare la Convenzione, firmata nel 1994 e mai ratificata. Nell’agosto 2007, un rompighiaccio statunitense arrivò nell’Artico per mappare i fondali al largo delle coste dell’Alaska. Il 9 gennaio 2009, George W. Bush disse chiaramente che l’Artico era una priorità del suo secondo mandato: “Gli Stati Uniti hanno interessi ampi e fondamentali sulla sicurezza nella regione artica e sono pronti ad agire individualmente o in cooperazione con altri Stati per tutelare questi interessi”, (nota inviata agli altri Paesi per proteggere gli interessi statunitensi, senza reciprocità). Il 15 settembre 2010, Norvegia e Russia concordavano il confine marittimo nel Mare di Barents e nel Mar Glaciale Artico. Nel giugno 2012, la Danimarca presentava domanda sulla piattaforma continentale a sud della Groenlandia, la domanda sarà probabilmente ampliata verso nord entro la fine del 2014. Il 10 dicembre 2013 fu finalmente il turno del Canada a presentare una domanda preliminare.

 

 

Lo sfruttamento delle risorse naturali.
Dato il clima e l’abbondanza, lo sfruttamento delle risorse del Grande Nord pone una duplice sfida alla Russia che dovrà condividere un massiccio investimento nel settore delle infrastrutture e dei mezzi di produzione e trasporto, sviluppando le tecnologie essenziali per lo sfruttamento di idrocarburi. Per quanto riguarda gli investimenti necessari, le autorità russe hanno ripetutamente detto di farne una priorità, soprattutto riguardo la costruzione di un’ampia flotta navale per trasportare idrocarburi. Il 20 dicembre, il viceprimo ministro russo incaricato della difesa e dell’industria, Dmitrij Rogozin, è stato particolarmente esplicito in proposito: “Ogni battaglia, per quanto virtuale, coinvolge attori seri (ha luogo in questa regione) dal valore inestimabile e la Russia può finire in un vicolo cieco se perde le sue ambizioni e non riesce a potenziare la cantieristica contemporaneamente. (…) Questo compito non è economico, ma politico e geopolitico. È una questione di sicurezza nazionale per il nostro Paese“. Secondo il governo russo, sarà necessario costruire 2.000 navi, l’80% solo per il trasporto di idrocarburi. Il 30 aprile s’è appreso che i cantieri navali di Crimea potrebbero essere interessati principalmente alla costruzione di gigantesche navi cisterne per petrolio e GNL dell’Artico. La sola compagnia petrolifera Rosneft investirà 400 miliardi di dollari in 20 anni per le operazioni sulla piattaforma continentale artica. L’altra sfida che la Russia deve affrontare è il controllo delle tecnologie specifiche per lo sfruttamento dei giacimenti di idrocarburi e minerali del Mar Glaciale Artico. Fino a poco prima la Russia, che non ha tutte queste tecnologie, aveva una stretta cooperazione con gli Stati Uniti nella produzione di petrolio regionale. si prevede che la situazione cambi in maniera significativa per via delle nuove “sanzioni” adottate unilateralmente dall’Occidente il 12 settembre. Gli Stati Uniti hanno imposto restrizioni alla fornitura di prodotti, servizi e tecnologie a cinque società russe (Rosneft, Gazprom, Gazprom Neft, Lukoil e Surgutneftegaz). Tali misure si concentrano su progetti di esplorazione e sfruttamento dei giacimenti petroliferi di difficile accesso. L’Unione europea è naturalmente allineata al padrone, vietando alle imprese europee di collaborare con società russe nell’esplorazione e produzione di petrolio in acque profonde e sulla piattaforma artica della Russia. Nel breve e medio termine, tali misure colpiranno senza dubbio la Russia e ritarderanno l’attuazione del programma di sviluppo regionale che dovrebbe iniziare nel 2017. Secondo Gennadij Shmal, presidente dell’Unione dei produttori di petrolio e gas russi, le società russe sostituiranno le attrezzature per la perforazione e produzione di petrolio in parte con apparecchiature simili provenienti dall’Asia, in particolare dalla Cina, e in parte con apparecchiature di fabbricazione russa. Ciò viene anche suggerito che Dmitrij Medvedev, che il 18 settembre affermava: “il rafforzamento della cooperazione economica e commerciale (nell’ambito della Shanghai Cooperation Organization) è la migliore risposta a tali misure restrittive“. Possiamo già supporre che la Cina, che ha lo status di osservatore al Consiglio Artico, e la cui prima compagnia petrolifera (CNPC) detiene il 51% della joint venture petrolchimica creata con la Rosneft, Oriente, coglierà l’occasione per rafforzare la cooperazione con la Russia nella zona artica divenendo il maggiore investitore estero nelle infrastrutture russe.

 

 

Il rompighiaccio cinese “Xue Long” (nave commerciale ucraina modernizzata), salpava per la sesta spedizione nella zona artica a luglio. La Cina è il più grande dei molti Paesi non rivieraschi che desiderano le risorse del Nord. Ha lo status di osservatore nel Consiglio Artico dall’estate, e una base sull’isola Spitsbergen, dove affitta un terreno dalla Norvegia. La prima compagnia petrolifera della Cina (CNPC) detiene il 51% della joint venture petrolchimica Oriente con la Rosneft, il 20% di Jamal LNG e potrebbe fare il suo ingresso nel capitale della società petrolchimica Oriente con il 25-30%. Secondo Rosneft, la Cina importerà 270 miliardi di dollari di petrolio russo nei prossimi 25 anni. Ha già investito decine di miliardi di dollari nei progetti infrastrutturali nell’Artico russo.

 

 

II. L’Artico al centro della strategia della Difesa russa
La regione artica è di fatti il confine marittimo tra Stati Uniti e Russia. Degli altri sei Paesi rivieraschi, quattro sono membri della NATO (Canada, Danimarca, Islanda e Norvegia) e due hanno frontiere terrestri e marittime con la Russia (Finlandia e Norvegia). Solo la Svezia non è membro della NATO o confina con la Russia (tranne che per la breve frontiera marittima nella regione di Kaliningrad). Ciò dimostra l’importanza strategica della regione artica per la Russia.

I motivi militari del rinnovato impegno russo nell’Artico.
I leader russi hanno ripetutamente espresso la necessità di ripristinare le strutture militari nella regione del Grande Nord, che ha diverse basi NATO ma dove tutte le strutture militari ex-sovietiche erano finora abbandonate. Le loro successive dichiarazioni sono globalmente convergenti e indicano la necessità di tutelare gli interessi del Paese nella regione. Questo, in sostanza, è ciò che ha detto Vladimir Putin il 10 dicembre 2013: “La Russia è attivamente alla scoperta di questa regione, ristabilendo la sua presenza e avendovi le leve necessarie per difendere la sicurezza e gli interessi nazionali“. Questi commenti riflettono la crescente preoccupazione del governo russo verso le mire di Stati Uniti e NATO sull’Artico. Il primo fattore fu l’avviso della pretesa della NATO d’interessarsi al regolamento delle rivendicazioni territoriali nella regione. Secondo una tattica illustrata oggi in Ucraina, i Paesi rivieraschi membri della NATO pretendono di avere diritto ai regolamenti, mentre l’Alleanza nega sistematicamente di avere delle mire sulla regione artica. Le autorità russe hanno fatto sapere, a più riprese, di avere informazioni secondo cui era netta la volontà della NATO d’interferire nella regione, ma di essere disposte a non militarizzare il confine settentrionale se l’alleanza rinuncia ai suoi piani:
• il 27 marzo 2009, l’ambasciatore presso la NATO Dmitrij Rogozin disse che la NATO non aveva “nulla a che fare” con i Paesi costieri dell’Artico, che possono risolvere i loro problemi.
• lo stesso giorno, il governo russo pensava a una risposta proporzionata lasciando che il portavoce del Consiglio di Sicurezza della Federazione dichiarasse che la Russia ha in programma di creare entro il 2020 un gruppo militare nella regione artica per proteggere gli interessi economici e politici nella regione. Il portavoce è stato attento, però, a ventilare la possibilità di un accordo, affermando che non vi è “alcun motivo di militarizzare l’Artico“.
• il 16 settembre, il ministro degli Esteri Sergej Lavrov ribadiva la posizione russa ricordando alla controparte canadese che non c’era bisogno che la NATO sia il poliziotto nella regione artica.
• il 15 settembre 2010, il Presidente Dmitrij Medvedev disse a una conferenza stampa che il suo Paese seguiva con preoccupazione le attività della NATO nell’Artico e che era a favore della cooperazione non militare nella regione.
• l’8 febbraio 2011, il governo russo rinnovava la proposta a non militarizzare l’Artico, per voce della portavoce del Ministero della Difesa russo Irina Kovalchuk, che disse: “La Russia si oppone alla militarizzazione del Grande Nord e non crede che una qualsiasi presenza militare sia ora necessaria nella regione“.
• Il 6 luglio 2011, l’Ammiraglio Vladimir Visotskij, comandante in capo della marina russa, prese atto del persistente rifiuto della NATO, dicendo: “abbiamo rapporti secondo cui l’Alleanza atlantica considera (sottinteso: sempre) l’Artico come sua area d’interesse“.
Un secondo fattore di preoccupazione, ancora più importante, fu la decisione degli Stati Uniti di rafforzare lo scudo missilistico nell’Artide e in Europa orientale per neutralizzare le capacità di deterrenza nucleare della Russia. L’Artico è al centro di tale dispositivo che minaccia la Russia con un attacco preventivo nucleare:
• Groenlandia, la base di Thule è parte vitale del sistema di difesa antimissile e dell’arco strategico che collega i centri di comando della California ai sistemi marittimi dell’Oceano Pacifico e del Sud-Est asiatico.
• Alaska, il radar Cobra Dane, costruito durante la Guerra Fredda sull’isola Shemya, fa parte dello scudo missilistico. Tra luglio e novembre 2004, i sei primi missili intercettori a lungo raggio furono schierati a Fort Greely, cui si aggiunsero nel 2005 altri 14 e i missili Patriot. Nel 2012 vi erano 26 missili intercettori a lungo raggio schierati in Alaska.
• Canada, il primo ministro del momento, Paul Martin, che l’aveva rifiutava nel 2005, evocava l’adesione allo scudo missilistico degli Stati Uniti: questa era la posizione del primo ministro Stephen Harper, nel 2006.
• La Finlandia, nonostante i suoi impegni internazionali per la neutralità si avvicina alla NATO negli ultimi anni. L’adesione, respinta dalla maggioranza dei finlandesi ma predisposta dal Governo, darebbe agli Stati Uniti un nuovo territorio al confine della Russia per implementare il loro sistema di difesa missilistica.
• sul mare, 26 navi con il sistema di combattimento Aegis sono state schierate nel 2012, di cui 23 possono essere presenti sulle frontiere marittime della Russia (8 della 2.da Flotta, 8 della 3.za Flotta, 2 della 6.ta Flotta e 5 della 7.ma Flotta).

 

 

Il programma di riarmo convenzionale sul confine settentrionale.
Alla fine del 2012, il piano per creare un gruppo di truppe nella regione artica per il 2020 fu annunciato il 27 marzo 2009, non era avanzato. Il 27 febbraio 2013, Vladimir Putin chiese ancora la cooperazione non militare, denunciando il rischio inequivocabile della militarizzazione dell’Artico per l’espansione della NATO e il dispiegamento della difesa missilistica: “sistematici tentativi vengono fatti per distruggere, in un modo o nell’altro, l’equilibrio strategico. In realtà, gli Stati Uniti hanno iniziato la seconda fase di attuazione del sistema di difesa missilistico globale, con l’opportunità di un ulteriore allargamento della NATO ad est. Esiste il rischio di militarizzazione dell’Artico”. L’ultimo avvertimento del comandante delle forze navali, diceva il 20 marzo che il suo Paese “prende in considerazione” l’incremento della capacità di deterrenza nucleare e convenzionale nella regione artica. Fu solo nell’autunno del 2013, quando non era più possibile rinviare ulteriormente, che si ebbe l’introduzione del sistema di difesa che la Russia è determinata a recuperare. Dai primi di ottobre, un mese dopo il caso dei missili statunitensi intercettati dalla flotta russa al largo della Siria, vari comunicati delle autorità russe annunciarono l’intenzione del governo di riarmare il confine settentrionale, e nell’arco di tempo estremamente breve di un anno, fissato da Vladimir Putin al Collegio del Ministero della Difesa, il 10 dicembre: “Dobbiamo completare la formazione di nuovi gruppi e unità militari nel 2014. Vi invito a prestare particolare attenzione allo schieramento di infrastrutture e unità nell’Artico“. Questo termine è sostanzialmente più vicino del 2020 previsto dal programma di modernizzazione delle forze convenzionali russe, e che era anche la data di creazione del gruppo di truppe artiche annunciata nel 2009. La fretta è dovuta principalmente alla minaccia del dispiegamento della difesa missilistica degli Stati Uniti: secondo il Capo di Stato Maggiore russo, potrà influenzare negativamente la capacità di deterrenza nucleare della Russia nel 2015. Tale programma di riarmo, completato a tempo di record, è modesto rispetto alle forze della NATO dispiegate nella regione artica, ma è comunque sufficientemente completo per costituire un dispositivo credibile di protezione dei confini e siti militari nucleari del nord. Tale dispositivo comprende:
1) Una rete di basi e siti militari per garantire la presenza di tutte le armi;
• basi navali, il 10 dicembre 2013, il ministro della Difesa Sergej Shojgu annunciava il ripristino delle basi navali della Terra di Francesco Giuseppe e delle isole della Nuova Siberia. Il 22 aprile Vladimir Putin annunciava la creazione di un sistema unificato di basi navali nell’Artico. Un gruppo tattico della Flotta del Nord russa in autunno sarà schierato permanentemente nelle isole della Nuova Siberia.
• basi aeree, il 10 dicembre 2013, il ministro della Difesa Sergej Shojgu annunciava il ripristino degli aeroporti militari della Terra di Francesco Giuseppe, delle isole della Nuova Siberia, di Tiksi, Narjan-Mar, Alykel, Amderma, Anadyr, Rogachevo e Nagurskaja. L’aeroporto dell’arcipelago della Novaja Zemlja può accogliere velivoli da combattimento da pochi giorni.
• basi della fanteria: il 1 ottobre 2014, il comandante delle truppe di terra Oleg Saljukov annunciava la creazione, nel 2017, del gruppo artico Nord e di due brigate artiche: una di fanteria motorizzata schierata nella regione di Murmansk e una seconda brigata da creare nel 2016 nel distretto autonomo di Jamal-Nenets.
• basi d’intelligence: il reggimento da guerra elettronica della Flotta del Nord è stato schierato a marzo nel villaggio di Alakurtti (regione di Murmansk).
• centri radar fissi: cinque erano in fase di completamento nel luglio 2014 (isola Sredni, Terra di Alessandra, isola Wrangel, isola Juzhnij e Chukotka).
• siti della Difesa aerea: l’infrastruttura della Difesa aerea della zona sarà ripristinata entro ottobre 2015. All’inizio dell’anno, la necessità di adeguare il sistema di difesa aerea a corto raggio Pantsir-S1 al clima artico fu sollevata dal viceprimo ministro Dmitrij Rogozin; prove sono state eseguite con successo a giugno.
2) Un comando strategico unificato tra Flotta del Nord, brigate artiche, unità dell’aeronautica, difesa aerea e centri di controllo sarà operativo entro la fine dell’anno.
3) Una serie di risorse e strutture per rafforzare le truppe operative:
• addestramento: esercitazioni regolari e, spesso improvvise, per integrare i componenti delle forze armate russe, continuano a svolgersi. Il 14 marzo, le truppe aeroportate hanno effettuato il primo lancio di mezzi nella regione artica; l’8 aprile un distaccamento di cinquanta paracadutisti si lanciava sul ghiaccio alla deriva, nell’ambito di un’esercitazione di salvataggio. Dalla fine dell’estate, le esercitazioni si moltiplicano: 15 settembre, la Marina conduceva esercitazioni nella regione artica; il 23, le esercitazioni strategiche Vostok-2014 impegnavano 155.000 uomini, di cui una parte conduceva missioni di combattimento nella regione artica (tra cui il tiro dal vivo dei sistemi missilistici Iskander-M e Pantsir-S); il 30, navi e truppe costiere della Flotta del Nord russa si esercitavano nel Mare di Laptev.
• addestramento, una scuola militare per l’istruzione operativa delle truppe nella regione artica, veniva annunciata dal ministro della Difesa Sergej Shojgu, il 22 maggio.
• ricerca tecnologica: attrezzature specializzate sono programmate, come un diesel speciale operante a -65°C, attivo da febbraio, la progettazione di un elicottero specializzato, annunciato il 22 maggio, l’adattamento dei sottomarini previsto entro il 2015 e l’adozione di navi dallo scafo rinforzato dalla fine del 2013.

 

 

Conclusioni.
Se l’Artico è una questione energetica fondamentale per le grandi potenze e i Paesi vicini, è molto più per la Russia, le principali riserve di idrocarburi e minerali note e da scoprire si trovano oltre il circolo polare. L’Artico è l’assicurazione per la Russia quale potenza energetica mondiale di questo secolo, spiegando i notevoli sforzi compiuti per sviluppare la regione. La questione militare è ancora più significativa, dato che Artico subisce la crescente interferenza della NATO ed è parte essenziale del sistema di difesa missilistico statunitense che potrebbe indebolire nel breve termine il deterrente nucleare russo e spezzare l’equilibrio strategico tra le prime due potenze nucleari. Il confine settentrionale della Russia emerge quale settore in cui la pressione della NATO sarà tale, nei prossimi tre-cinque anni, da minacciare direttamente e più efficacemente di altrove, gli interessi vitali del Paese. La stessa politica occidentale di pressione sulla Russia è in corso nel Nord, anche se molto più discreta che in Europa e nel Caucaso. Senza i mezzi per una eversione o destabilizzazione della regione sotto-popolata, l’arroganza occidentale non può che esprimersi ponendo una minaccia militare diretta alla Russia. Il programma di riarmo russo nell’Estremo Nord è già integrato: il ghiaccio si scioglie e l’estensione dei diritti degli Stati costieri sulla piattaforma continentale, a poco a poco, trasformano l’Artico una zona di potenziale guerra convenzionale, come gli altri oceani.

 

Romaric Thomas - Agoravox

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

Fonte: https://aurorasito.wordpress.com

 

 

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