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Pechino ha in serbo un nuovo progetto per tenere sotto controllo il Mar Cinese Meridionale e ogni tipo di spostamento che avviene nelle acque contese: si tratta di una rete di piattaforme radar galleggianti da controllare in remoto.

Il Ministero della Difesa cinese potrebbe scegliere di mettere presto in campo un nuovo tipo di radar militare per contribuire a proteggere le suoi nuovi avamposti  e monitorare le navi e gli aerei che fanno rotta nei tratti di Mar Cinese Meridionale su cui Pechino rivendica il proprio dominio. Le piattaforme, sviluppata dalla China Electronics Technology Group Corporation, impresa statale specializzata in prodotti di difesa e sicurezza ad alta tecnologia, sono state recentemente presentate in due versioni: una piattaforma integrata galleggiante, e un sistema informativo integrato più grande, da stabilire su un’isola o su uno dei tratti di barriera corallina che i cinesi hanno imparato a “cementificare” per raggiungere la superficie.

Secondo i funzionari militari di Pechino, l’integrazione di questi due sistemi permetterebbe una totale “consapevolezza situazionale multidimensionale” di tutte le aree strategiche che necessitano di un alto grado di monitoraggio, fornendo informazioni 24h sulle condizioni meteorologiche; offrendo un monitoraggio ambientale per prevenire fenomeni naturale pericolosi come gli tsunami e potendo dunque lanciare allarmi preventivi; ma soprattutto garantendo la possibilità di “sorvegliare eventuali obiettivi offshore”, divenendo un’ulteriore difesa per le isole militarizzate come le Spratly e le Paracelso. Avamposti sorti proprio su atolli semisommersi al centro delle aree contese con le altre potenze della regione.

La doppia “utilità” di questo nuovo radar sembra voler nascondere dietro l’impiego civile una grande utilità militare, riproponendo la stessa “tattica” impiegata inizialmente per la costruzione di istallazioni nelle Isole Spratly: che dovevano essere “supporti alla navigazione” e per il “salvataggio e ricerca”, e invece sono finite per diventare bunker, batterie missilistiche e piste per elicotteri da combattimento per proiettare la potenza di Pechino in tratti di mare che secondo il diritto internazionale non sono considerati sotto la sua giurisdizione.

Queste piattaforme mobili di concerto con le nuove piattaforme da “installare” su nuove isole artificiali, potrebbero rivelarsi dei complementi importanti da integrare alla rete di sensori e array a lungo raggio che la Cina ha stabilito nei suoi avamposti del Mar Cinese Meridionale. Dando alla Marina cinese non solo la possibilità di seguire e monitorare i “pescatori” che non battono la bandiera rossa, ma anche le navi da guerra impegnate a sorvegliare i tratti di mare contesi per garantire la libertà di navigazione nella regione.

Secondo gli analisti militari statunitensi, gran parte delle unità navali a disposizione della Marina e della Guardia Costiera cinese sono troppo piccole per pattugliare efficacemente il Mar Cinese Meridionale; per questo Pechino è alla ricerca di un escamotage più efficace per monitorare le acque contese e potere inviare le sue navi da guerra dove servono, per far valere i suoi cosiddetti “diritti ancestrali” e proseguire il braccio di ferro con tutte le marine militari, i mercantili, e i pescatori che non le attribuiscono codesto diritto.

Fonte: http://www.occhidellaguerra.it

 

 

 

 

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