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Il governo di Tokyo nel 2014 prese unilateralmente il controllo di 280 isole senza chiedere il permesso di nessuno, provocando un peggioramento della tensione internazionale. Che fosse per la ricerca di petrolio, per delle risorse, per avere del terreno meno contaminato dalle radiazioni di Fukushima (cosi' da spostarvi centinaia di migliaia di persone) e' un brutto segnale.

 

 

Le autorità del Giappone hanno intenzione di reclamare 280 isole situate nelle acque del Paese o nella sua zona economica speciale. Il governo prima deve esaminare le isole e dichiarare sue quelle che non hanno un proprietario riconoscibile. Secondo le parole dei rappresentanti ufficiali, il controllo sarà svolto nell'ambito del programma approvato 5 anni fa. Da quel tempo la sovranità è stata dichiarata su 99 isole, i cui i proprietari non sono stati accertati. Secondo gli esperti, questo passo potrà complicare i rapporti tra Tokyo, Pechino e Seoul, con i quali rimangono aperte alcune dispute territoriali.

Fonte: http://italian.ruvr.ru





GIAPPONE - Verso la nazionalizzazione di 280 isole

Il Giappone intende accelerare la nazionalizzazione di 280 isole disabitate nel tentativo di rafforzare il proprio controllo territoriale sul mare in un periodo di continue tensioni territoriali, scrive oggi il South China Morning Post. Il ministro per le politiche oceaniche e le questioni territoriali Ichita Yamamoto ha spiegato alla stampa che procederà al più presto alla registrazione formale come “proprietà dello stato” di quasi trecento isole, attualmente non oggetto di disputa con i vicini asiatici e, al contrario delle Senkaku o Diaoyu, senza proprietà. Sempre nella giornata di ieri, il primo ministro giapponese Shinzo Abe ha ufficialmente inaugurato l'ufficio del Consiglio di sicurezza nazionale che garantirà al capo del governo di Tokyo un controllo più stretto sulle questioni relative alla difesa. Le due mosse hanno comunque suscitato reazioni critiche soprattutto da parte della Cina. Alcuni studiosi, in particolare Da Zhigang dell'Accademia di scienze sociali dello Heilongjiang, raggiunto ancora dal quotidiano di Hong Kong, ritengono che i tempi siano “sospetti” e che gli indizi portino tutti a un tentativo di riarmo da parte del Giappone.

Fonte: http://www.china-files.com





Il Giappone allunga le mani su 280 isolotti remoti. Tensione con la Cina e la Corea del Sud.

Il Paese del Sol Levante li mette “sotto controllo amministrativo”.

La Guardia Costiera del Giappone ha messo in guardia la Cina, dopo che i membri dell’equipaggio di una nave pattuglia cinese sono saliti a bordo di un peschereccio (sempre cinese) vicino alle isole Senkaku, rivendicate con il nome di Diaoyu da Cina e Taiwan.

Secondo la radio-televisione giapponese Nhk «l’incidente è avvenuto nella Zona economica esclusiva (Zee) del Giappone». Gli uomini della Guardia costiera giapponese hanno visto 2 militari cinesi salire sul peschereccio ieri pomeriggio a circa 8 Km a nord-ovest della Zee del Giappone che la Cina ritiene la sua Zee.

Che lo scontro sia sulle risorse di idrocarburi e pesce dell’area lo si evince anche dalla nota di protesta del Giappone pubblicata da Nhk: «Secondo il diritto internazionale, il Giappone ha sovranità economica sulla zona ed ha l’autorità per gestire le sue risorse». Inoltre la Guardia costiera ha avvertito che «Il Giappone non riconosce l’applicazione di normative straniere sulla pesca nella sua Zona economica esclusiva».

Quello dei militari cinesi sembra un gesto provocatorio, visto che i due marinai in divisa sono tornati sulla loro motovedetta solo mezz’ora dopo e si tratta probabilmente di un avvertimento dopo che il governo di centro-destra del Giappone ha annunciato che pensa di inserire tra le proprietà dello Stato circa 280 isolotti e scogli in mare aperto che considera come facenti parte delle sue acque territoriali.

Tanto per chiarire la cosa, il ministro della politica oceanica e delle questioni territoriali de Giappone, Ichita Yamamoto, ha convocato una conferenza stampa per spiegare che «Il governo giapponese conta di registrare le isole remote come proprietà dello Stato per rafforzare la loro gestione».

Le isole fanno parte di 400 isole sperse nell’Oceano Pacifico, nel Mar Cinese Orientale e nello Stretto di Corea, molte delle quali non hanno nemmeno un nome giapponese anche se sono considerate da Tokyo territorio nazionale

Ichita, forse il ministro più inviso a sudcoreani, cinesi e russi che hanno diversi contenziosi insulari/territoriali aperti con il Giappone, ha spiegato che «Un centinaio di queste isole sono già state registrate come proprietà dello Stato perché formano quel che il Giappone considera come la sua Zona economica esclusiva allargata». Una zona nella quale il Giappone già oggi conduce esplorazioni marine (anche alla ricerca di idrocarburi e materie prime) ed altre attività di ricerca. Ichita ha però ammesso che molte di queste isole sono praticamente sconosciute e non si capisce se gli appetiti territoriali giapponesi si spingeranno fino ad includere qualche atollo dimenticato ai confini con i suoi possedimenti in Oceania pre-seconda guerra mondiale.

L’agenzia ufficiale cinese Xinhua non nasconde l’irritazione di Pechino per questo nuovo capitolo della politica nazionalista ed espansionista di Tokyo e sottolinea che «Questo annuncio interviene mentre il Giappone è già in conflitto territoriale con i Paesi vicini come la Cina e la Corea del sud. Le tensioni sono aumentate e le relazioni diplomatiche sono calate tra Tokio e Pechino, così come tra Tokyo e Seoul. Nel settembre 2012, il Giappone ha unilateralmente “nazionalizzato” tre delle isole Diaoyu rivendicate dalla Cina nel Mar Cinese Orientale, provocando importanti manifestazioni in Cina».

Si tratta delle stesse isole dove ogni giorno si rischia un incidente tra le flotte schierate di Cina e Giappone e la decisione del governo di Tokyo di esportare una situazione così rischiosa ad altri scogli sembra preoccupare anche gli alleati americani che cominciano ad innervosirsi per le continue provocazioni nazionaliste del premier Abe.

Di Umberto Mazzantini

Fonte: http://www.greenreport.it

 


 

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