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Uno dei meccanismi principali che regola l'evoluzione è la pressione che un ecosistema, il clima, o una specifica creatura esercitano sul ciclo vitale di un organismo. L'essere umano, ad esempio, si è trovato spesso in passato nelle condizioni di subire pressioni: il clima glaciale e desertico, o i grandi predatori e le prede di grossa taglia hanno costretto i nostri antenati a spremere le meningi e a sviluppare un ingegno del tutto unico nel regno animale.

Pare tuttavia che la stessa pressione che ha contribuito a sviluppare il nostro cervello stia progressivamente sparendo, facendoci diventare sempre meno intelligenti (definizione grossolana, lo so bene).

Questa ipotesi è stata recentemente proposta da una ricerca, pubblicata sulla rivista Trend in Genetics, in cui si sostiene che la pressione evolutiva sull'essere umano si sia fatta sempre più lieve a partire dai primi insediamenti agricoli risalenti a migliaia di anni fa.

“Lo sviluppo delle nostre abilità intellettive e l'ottimizzazione di migliaia di geni coinvolti nell'intelligenza si è probabilmente verificata in gruppi dispersi di individui prima che i nostri antenati emergessero dall'Africa” spiega Gerald Crabtree, membro del team di ricerca della Stanford University.

Quando vagavano liberi per le savane africane alla ricerca di un pasto facile, i nostro progenitori erano dotati di un bagaglio di abilità nato dalle necessità di sopravvivenza: modificare una pietra o un pezzo di legno, ad esempio, poteva garantire un vantaggio di importanza vitale contro uno dei grossi predatori africani del tempo, o un utilissimo supporto per la cattura di grosse prede ad alto contenuto proteico.

Dopo la diffusione dell'agricoltura, secondo Crabtree, i nostri antenati hanno iniziato a vivere in aree densamente popolate da agricoltori, iniziando a perdere molte delle capacità che possedevano durante la loro fase di cacciatori-raccoglitori.

Queste abilità, non più richieste in una vita sedentaria, fecero posto ad altre capacità la cui importanza a fini evolutivi è decisamente meno rilevante: in un insediamento urbano non ha alcun senso di preoccuparsi costantemente di ogni fase della semina e del raccolto, dato che ci sono pochi membri della comunità altamente specializzati che se ne occupano; lo stesso discorso vale per ogni altro aspetto della vita di comunità, e consente ad interi gruppi di individui di non dover necessariamente ingegnarsi per trovare una soluzione utile a sopravvivere.

“Un cacciatore-raccoglitore che non escogitava una soluzione efficace per ottenere cibo o riparo probabilmente moriva, e con lui tutta la sua progenie, mentre oggi un dirigente di Wall Street che compie un errore concettualmente simile riceve un bonus cospicuo e risulta un partner più attraente. È chiaro che la selezione estrema è ormai una cosa del passato”.

La conclusione dei ricercatori sembra in contrasto con i dati sul quoziente intellettivo medio degli ultimi 100 anni: la media si è alzata sensibilmente rispetto ai secoli passati (Effetto Flynn), ma i dati potrebbero essere viziati da altri elementi, a partire dal fatto che il calcolo del quoziente intellettivo non tiene in considerazione le diverse tipologie di intelligenza, limitandosi a quella logico-matematica.

Secondo Crabtree, entro 120 generazioni (circa 3.000 anni), l'intera popolazione umana sentirà gli effetti di almeno due mutazioni dannose per le nostre capacità intellettive o emotive. Queste alterazioni saranno lente ma progressive: “Credo che in futuro conosceremo ciascuna delle milioni di mutazioni umane che possono compromettere le nostre funzioni intellettive, e come queste mutazioni interagiscano con altri processi e con le influenze ambientali” sostiene Crabtree. “In quel momento, forse saremo capaci di correggere magicamente ogni mutazione avvenuta in ogni cellula di ogni organismo in qualunque delle sue fasi di sviluppo. A quel punto, il brutale processo di selezione naturale non sarà più necessario”.

Non molti ricercatori condividono i risultati di Crabtree: il fatto che ci siano mutazioni nei geni coinvolti nell'intelligenza non significa che stiamo diventando più stupidi. La diversificazione del nostro corredo genetico ha infatti contribuito a creare una popolazione eterogenea anche nelle capacità intellettive.

“Non c'era uno Stephen Hawking 200.000 anni fa” spiega Thomas Hills, psicologo della University of Warwick. “Ma ora abbiamo persone dotate delle sue capacità che fanno scoperte che non avremmo mai ottenuto continuando a vivere nell'ambiente a cui si erano adattati i nostri antenati”.

Se decine di migliaia di anni fa occorreva il giusto mix di intelligenza visivo/spaziale e cinestetica, il passaggio all'agricoltura ha consentito ad altre intelligenze di emergere e occupare un ruolo predominante all'interno del set di abilità dell'uomo moderno: uccidere un cervo con un preciso colpo di lancia poteva tornare molto utile 40.000 anni fa, ma all'interno di un ufficio moderno (la nostra fonte di sostentamento primaria) è una competenza priva di alcuna utilità.

Fonte originale: http://www.medicalxpress.com
Fonte italiana: http://www.antikitera.net

 

 

L’umanità diventa sempre più stupida! Lo aveva già profetizzato uno spassosissimo film del 2006, “Idiocracy“, nel quale si descrive l’umanità del 27° secolo dove l’intelligenza ha ceduto il posto alla stupidità più bieca. Ora la conferma arriva da una teoria provocatoria elaborata da un genetista della Stanford University, secondo la quale l’uomo sta perdendo le sue capacità intellettuali ed emotive, dato che la rete di geni che conferisce il potere al nostro cervello è particolarmente vulnerabile alle mutazioni ambientali e sociali.

Nella società che abbiamo creato, non c’è più bisogno di creatività e ragionamenti per sopravvivere, quindi l’intelligenza potrebbe diventare qualcosa che inevitabilmente potremmo perdere!

Nonostante le scoperte scientifiche e gli avanzamenti tecnologici, l’uomo di duemila anni fa era molto più intelligente di oggi e, almeno da un punto di vista evoluzionistico, sarebbe ormai sul viale del tramonto.

A dirlo è Gerald Crabtree, genetista alla Stanford University (California) che ha condotto uno studio pubblicato dalla rivista Trends in Genetics su come si sia modificato il patrimonio genetico e intellettivo del genere umano. Il responso non è confortante: i nostri giorni migliori sarebbero già passati.

Alla base del pensiero di Crabtree, racconta il Guardian, c’è un’idea molto semplice. Ancora prima dell’invenzione dell’agricoltura e della scrittura, quando l’uomo viveva ancora di ciò che riusciva a cacciare, chi compiva un passo falso semplicemente soccombeva alle dure leggi della natura.

Ad andare avanti e a riprodursi erano i più forti e più intelligenti. Oggi però non è più così. Con tutta probabilità, la nostra forza intellettuale ha cominciato a calare proprio con l’invenzione dell’agricoltura e con il sorgere delle prime comunità stanziali.

Spiega Crabtree: “Un cacciatore che non riusciva a procacciarsi il cibo o un rifugio moriva insieme alla sua progenie, mentre oggi un funzionario di Wall Street che commette un errore concettualmente simile riceverà comunque un bonus finanziario e probabilmente verrà considerato un potenziale partner da più donne. La selezione estrema è una cosa che appartiene al passato”.

E quindi, in quale tempo si colloca l’apice dell’umanità? Crabtree non ha dubbi: dopo aver studiato il corredo genetico degli uomini nelle varie epoche, è emerso che l’uomo avrebbe subito numerose variazioni negli ultimi 3.000 anni: una spirale discendente che ha portato l’umanità verso un progressivo e ineluttabile istupidimento genetico nell’arco di 120 generazioni.

Non a caso, infatti, la storia incorona il tempo della Grecia classica come uno dei periodi più intellettualmente fecondi della storia dell’umanità, secoli che hanno fissato i cardini delle società occidentali moderne, fondamenti che si sono tramandati fino ai nostri giorni.

“Siamo una specie sorprendentemente fragile dal punto di vista intellettuale”, continua Crabtree, ”e probabilmente abbiamo raggiunto il nostro picco di intelligenza tra i 6.000 e i 2.000 anni fa. È sufficiente che la selezione naturale diventi meno severa che subito il nostro patrimonio intellettuale si indebolisce”.

La tesi dello scienziato californiano potrebbe essere presto confutata da altri studi, tuttavia Crabtree chiude la ricerca con una nota positiva: anche se il nostre genoma sembra diventare ogni giorno più fragile, la nostra società può contare su un forte sistema di trasmissione delle conoscenze che, diversamente rispetto al passato, riesce a diffondere la cultura velocemente e in modo capillare.

“Entro 3000 anni da oggi, è probabile che tutti gli esseri umani saranno stati sottoposti almeno a due ulteriori mutazioni genetiche che ridurranno la stabilità intellettuale ed emotiva, ma è molto probabile che la scienza progredirà a tal punto da essere in grado di risolvere il problema”, ha puntualizzato il prof.

“Non c’è bisogno di immaginare un giorno in cui non potremo più comprendere il problema, o contrastare la lenta decadenza nei geni alla base del nostro benessere intellettuale, o di avere visioni della popolazione mondiale guardando tranquillamente le repliche su televisori che non si potranno più costruire”.

Il Prof. Robin Dunbar, antropologo dell’Università di Oxford, afferma: “Il Prof Crabtree, parte dal presupposto che la nostra intelligenza è progettata per consentire di costruire case e gettare lance dritte ai maiali nella boscaglia, ma non è quello il vero metro di giudizio del cervello”.

“In realtà, ciò che ha guidato l’evoluzione del cervello umano e dei primati è la complessità del nostro mondo sociale e quel mondo complesso non sta smantellandosi. Fare le cose che decideremo di fare per il nostro partner o il modo migliore per allevare i nostri figli saranno sempre e comunque con noi”.

“Personalmente non sono sicuro che in un prossimo futuro ci sarà qualche ragione per essere tutti colti dal panico. Il tasso di evoluzione delle cose richiede decine di migliaia di anni e senza dubbio l’ingegno della scienza troverà soluzioni a tale circostanza, se non saltiamo in aria prima”, conclude il Prof Dunbar.

Fonte: http://www.ilnavigatorecurioso.it

 

 

La gente è più stupida di una volta? Le generazioni precedenti erano più acute di noi? Forse è da un po’ che sospettate che la gente stia diventando più stupida, ma ora in effetti abbiamo prove scientifiche che dimostrano che è proprio così.

Di Michael Snyder

Come leggerete di seguito, i quozienti intellettivi medi stanno diminuendo in tutto il mondo, i punteggi dei test scolastici statunitensi sono in declino da decenni, e gli scienziati hanno perfino scoperto che i nostri cervelli nel tempo sono diventati più piccoli. Perciò se in alcuni giorni vi sembra di svegliarvi nel bel mezzo del film “Idiocrazia”, forse non siete molto lontani dalla realtà. Molti ingredienti del nostro cibo-spazzatura non beneficiano lo sviluppo celebrale, il nostro sistema educativo è una barzelletta totale, e la maggioranza degli americani sono assolutamente dipendenti da fatui intrattenimenti.

Per fortuna ai nostri giorni abbiamo un sacco di tecnologia che pensa al posto nostro, perché se dovessimo dipendere dalle nostre capacità mentali saremmo quasi tutti nei guai.

Purtroppo sembra che si tratti di un fenomeno in corso in tutto il pianeta. Come spiegato recentemente da un articolo del Daily Mail, i quozienti intellettivi stanno calando in un paese dopo l’altro:
“Richard Lynn, psicologo alla University of Ulster, ha calcolato il declino del potenziale genetico umano. Ha usato i dati sui quozienti medi di tutto il mondo dal 1950 al 2000, e scoperto che la nostra intelligenza collettiva è scesa di un punto. Il dr. Lynn prevede che, se la tendenza continua, potremmo perdere altri 1,3 punti di QI entro il 2050.”

Un punto di QI non sembra molto, ma quando si torna ancora più indietro nel tempo il declino diventa molto più consistente. Per esempio, un professore di psicologia all’Università di Amsterdam, Jan te Nijenhuis, ha calcolato che dall’epoca vittoriana abbiamo perso in media 14 punti di QI.
E non abbiamo bisogno che ce lo dica un professore. Basta andarsi a leggere un po’ di letteratura di allora. Essa è per lo più di un livello così alto che io faccio perfino fatica a capirla.

Ci sono anche altre prove che dimostrano come la gente stia diventando più stupida. Ad esempio i punteggi dei test scolastici (SAT) negli Stati Uniti, che negli ultimi anni sono scesi considerevolmente:
“Pare ci sia una tendenza preoccupante nelle scuole superiori americane. Se valutiamo la qualità dell’insegnamento dai punteggi che gli studenti ottengono nei loro SAT, sembra che le cose stiano peggiorando. Dal 2006, i punteggi medi dei SAT sono diminuiti di 20 punti, da 1518 a 1498 nel 2012. I punteggi sono calati anche in ciascuna delle tre categorie testate, ovvero la lettura è calata di 9 punti, la matematica di 4 e la scrittura di 9. Si può supporre che gli studenti non stiano diventando meno intelligenti, quindi cosa sta succedendo esattamente?

E questo calo nei punteggi SAT non è solo rispetto a qualche anno fa. Come illustrato da un grafico di zerohedge, è invece in corso da decenni.

Ci sono perfino alcuni scienziati convinti che questo declino nelle facoltà mentali umane stia avvenendo da millenni. Alcuni danno la colpa alle mutazioni genetiche , altri lo attribuiscono al fatto che i nostri cervelli si sono progressivamente rimpiccioliti. Per esempio, sentite cos’ha concluso uno studio condotto dalla Cambridge University:
“Il genere umano si sta considerevolmente rimpicciolendo. Gli esperti affermano che gli esseri umani hanno superato il picco di dimensioni, e che quelli odierni sono il 10% più piccoli e bassi dei nostri antenati cacciatori-raccoglitori. Anche i nostri cervelli sono più piccoli. I risultati dello studio ribaltano il luogo comune secondo cui gli umani sarebbero diventati più alti e grandi, una credenza basata sugli sviluppi fisici più recenti. Il declino, affermano gli scienziati, è avvenuto nel corso degli ultimi 10.000 anni. Ne attribuiscono la causa all’agricoltura, che, per via della dieta ristretta e dell’urbanizzazione, avrebbe aumentato le malattie.”

La maggioranza di noi oggi crede che la gente sia più intelligente che mai, guarda con senso di superiorità ai nostri antenati e li prende in giro per essere così primitivi. Ma la verità è che, se dovessimo confrontarci con loro in sfide mentali, potremmo venirne fuori alquanto umiliati. Alla fine di questo articolo ho pubblicato un esame di 8° anno (13-14 anni -ndt) del 1912, donato al museo di storia della Bullitt County in Kentucky. Ebbene, è di gran lunga più difficile di qualsiasi cosa gli studenti dell’8° anno debbano fare oggi. Di fatto, gran parte degli odierni studenti dell’8° anno vengono ben valutati se sanno indicare gli Stati Uniti su di una mappa del mondo, e se sanno mettere qualche frase insieme. Questo lo so per certo, visto che per un periodo ho insegnato agli studenti di quell’anno. Perciò, quando ho visto l’esame del 1912 sono rimasto stupefatto per quanto era difficile. Voi lo passereste, un esame così? Non so nemmeno se lo passerei io. Ma questo è il tipo di domande a cui ci si aspettava che gli studenti dell’8° anno fossero in grado di rispondere, nel 1912:

“Quali acque dovrebbe attraversare un vascello se andasse dall’Inghilterra a Manila attraverso il Canale di Suez?
Che dimensioni ha il fegato, rispetto ad altre ghiandole del corpo umano?
Comparate arterie e vene in base alla loro funzione. Dove viene portato il sangue per essere purificato?
Durante quali guerre vennero combattute le seguenti battaglie: Brandywine, Great Meadows, Lundy’s Lane, Antietam, Buena Vista?
Calcolate l’ammontare di $50 dollari per 3 anni, 3 mesi e 3 giorni all’8%.
Nominate 3 diritti che la Costituzione assegna al Congresso, e 3 diritti che ad esso nega.”

Che ne pensate?

Fonte estera: http://endoftheamericandream.com

Traduzione: Anacronista

Fonte: http://www.controinformazione.info

 

 

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