Prendete una banda di sette ragazzi assai diversi tra loro, ma accomunati dallo spirito di aggregazione di un campo di vacanze, mettete fra di loro una ragazzina bionda dagli affascinanti occhi azzurri, fateli vivere in un’avventura mozzafiato in uno scenario fantastico, sulle tracce di un antico tesoro dei templari che si rivela essere invece il ricco bottino di una moderna rapina, immergete la storia in un momento di folclore popolare et voilà! Ecco servita sul filo della memoria di tanti adolescenti degli anni Settanta una serie televisiva in otto puntate che spopolò tra il giovane pubblico e divenne un vero e proprio cult, atteso per anni con ansia nella più volte annunciata versione prima in VHS e poi in dvd.

 

 

Sto parlando de "Il tesoro del castello senza nome", titolo originale "Les Galapiats", scritto e diretto dal regista francese Pierre Gaspard Huit, una produzione belga del 1969, a colori, che arrivò in Italia, in bianco e nero, nel 1972 e ottenne uno strepitoso successo. La trama sembrerebbe abbastanza ovvia: Jean Loup e' un ragazzo parigino di famiglia benestante che viene spedito in vacanza a Camp Vert, nelle Ardenne belghe, e subito si sconta con l’ostilità dei nuovi compagni. Ben presto però si guadagna la fiducia del carismatico Bruno, detto Cowboy, capo indiscusso del gruppo "I Cinghiali delle Ardenne", entrandone a pieno titolo dopo aver superato le rituali prove d’iniziazione. Gli altri membri del gruppo sono il pacioccone e sempre affamato Lustucru, e il suo amico Byloke. Ben presto a loro si uniscono il tedesco Franz, Patrick e la splendida canadese Marion.

 

 

Sono tutti sulle tracce di un antico tesoro templare, guidati dalle informazioni dello storico locale, il professor Carteret, e ben presto i sette intrepidi ragazzi si troveranno invece coinvolti in un’avventura più grande di loro, nella quale arriveranno a scontrasi con una banda di rapinatori che tiene in ostaggio una bambina, la figlia del direttore della banca londinese che hanno svaligiato. Come mai la serie televisiva divenne un successo tanto clamoroso? Semplicemente perché miscelava con sapienza tutti gli ingredienti più adatti a far colpo sulla fantasia e sui sentimenti degli adolescenti. C’erano i contrasti con gli adulti e le incomprensioni, la sfida tra coetanei e lo spirito di gruppo, l’avventura ambientata in paesaggi affascinanti, e soprattutto l’amore, rappresentato dalla bella Marion, che si manifestava con tutti i segni della tipica “cotta” adolescenziale: sorrisi, sguardi e mani che si cercano e si sfuggono, fugaci momenti d’intesa e di condivisione.

 

 

Questo sceneggiato belga fu la prima produzione di una società, la "Art & Cinema", specializzata in documentari d’arte e fu creato con il chiaro intento di rivolgersi ai ragazzi. La sceneggiatura e la regia furono affidati a Pierre Gaspard Huit, che aveva già una notevole esperienza come regista cinematografico, ma anche televisivo e si ispirò a un fatto realmente accaduto per l’abilità con cui due ragazzini smascherarono una banda di ladri. Interamente ambientato in Belgio, in località abbastanza distanti tra loro (ma vicine nella finzione scenica), lo sceneggiato contribuì a diffondere anche la conoscenza di bellissimi luoghi assai poco noti al grande pubblico.

 

Villers-de-la-Ville, con le rovine dell’abbazia, ambientazione per Camp Vert.

 

Celles con il magnifico castello de Veves, il mitico castello senza nome del titolo.

 

Le grotte di Remouchamps, nei cui cuinicoli si avventurano i protagonisti.

 

Baraque Michel, antica postazione geodesica oggi sparita, utilizzata per la scena del lancio di un piccolo aereo teleguidato.

 

Le Hautes-Fagnes, con i grandi spazi, i silenzi e le paludi in cui s’impantana uno dei cattivi e Stavelot, la cittadina presso la quale nella finzione sorge Camp Vert.

 

In particolare di Stavelot divennero famosi, grazie a questo sceneggiato, i Blanc Moussis, inquietanti personaggi completamente vestiti di bianco e incappucciati, con un mostruoso naso rosso che compaiono in processione durante l’avventura. La loro origine si perde nei secoli bui e nasce da feste semi pagane dette Laetate, che il principe abate Guillaume de Manderscheidt cercò di sopprimere nei primi anni del sedicesimo secolo, insieme con l’ordine benedettino che aveva fondato l’abbazia di Saint Remacle nel 648. Se ebbe la meglio sui monaci, non altrettanto successo ebbe con le feste e anzi, da quel momento in poi, il popolo incominciò vestire i sai bianchi con la maschera dall’enorme naso in segno di scherno. Dopo una breve sospensione nel periodo post bellico, la tradizione dei Blanc Moussis riprese con vigore e la Confraternita si esibisce tuttora anche all’estero.

 

Un rapido giro in Internet mi ha fatto scoprire un grandissimo numero di appassionati di questo sceneggiato, e io che credevo di essere l’unica a ricordarlo! Conoscendo la mia fissazione, mio figlio mi ha preso il dvd, convinto di avermi fatto un piccolo dono senza molta importanza. In realtà mi ha restituito il sapore di quell’estate oramai lontana, nella quale aspettavo con ansia il pomeriggio e le avvincenti puntate, rinunciando a qualsiasi altro svago. E come me tanti altri dunque hanno sognato sulle note della mitica sigla e sulle immagini dell’avventura, che per tutti noi, adolescenti degli anni Settanta, resterà sempre legata a quegli anni. E nella nostra memoria i protagonisti sono sempre giovani, come una parte di noi.

Anna Rita Verzola

Fonte: http://annaritaverzola.wordpress.com

 

 

 

Commento del Webmaster del portale Ogigia:
le intenzioni del regista francese (anche se la produzione e' belga), nel produrre questa vicenda per ragazzi, possono essere state molteplici. In seguito alla Seconda Guerra Mondiale nel 1969 l'odio contro la Germania era ancora molto forte, ed in questa storia vediamo appunto un giovanissimo tedesco integrato in un gruppo di coetanei di altri paesi, favorendo l'allentamento del rancore in milioni di telespettatori. Inoltre le nazionalita' degli appartenenti ai "Cinghiali" spaziano dalla Francia agli Usa, dall'Italia al Canada fino ad altri stati occidentali, come se il loro gruppetto fosse una parafrasi della Nato. Di certo il telefilm ha funto da pubblicita' occulta su milioni di giovani europei, nell'accettarsi nell'operare a livello internazionale, favorendo l'Unione Europea ma anche l'Alleanza Atlantica. I due "Cinghiali" piu' tosti contro il "nemico" sono "l'americanizzato" Bruno (soprannominato Cowboy) ed il francese, come se il regista volesse suggerire in modo subliminale che Usa e Francia devono guidare la Nato contro il "comun nemico", avversario che forse non e' soltanto l'Unione Sovietica (visto che i criminali vengono dalla Gran Bretagna). Sembra tanto uno sceneggiato francese-centrico per immettere inconsciamente dei messaggi nei giovanissimi, casualmente a favore della Francia e della Nato. Piccola ciliegina sulla torta:
il ragazzino che si dimostra piu' determinante nella vicenda ambientata in Belgio viene, guarda caso, da Parigi. Complimenti per la glorificazione della Francia.

 

 

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