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Le prime emoticons sono comparse nel 1980, diventando molto popolari. Sono considerati divertenti, simpatici e utili. Eppure, secondo uno studio condotto da alcuni scienziati australiani, stanno cambiando il modo in cui funziona il nostro cervello.

 

 

La più antica apparizione di una emoticon risalirebbe al 1862, nientedimeno che all’interno della trascrizione di un discorso del presidente Abraham Lincoln.

Il testo registra la reazione del pubblico ad una battuta del presidente, segnalando ‘applausi e risate’ con il simbolo ;)” .

Tuttavia, l’uso moderno è cominciato a seguito tenutosi alla Carnegie Mellon University, quando uno dei membri della facoltà, Scott E. Fahlman, utilizzò la combinazione :-) come simbolo sottolineare l’ironia del suo intervento.

Successivamente, un artista indipendente chiamato Harbey Ball, progettò la faccina gialla come simbolo da utilizzare su un pulsante per alzare il morale in una società di assicurazioni. Il simbolo, che gli fruttò ben 45 dollari, fu poi adottato dalla cultura hippy e poi dalla cultura rave, cominciando a comparire su magliette e compresse di ectasy.

Ma la consacrazione vera e propria delle emoticons è avvenuta con internet, diventando uno strumento essenziale per aggirare i limiti della comunicazione esclusivamente testuale, tipica delle chat. La parola emoticon deriva dall’unione delle parole inglesi emotion e icon, ovvero una combinazione di punteggiatura che permette di esprimere graficamente l’umore di chi scrive.

Come spiega il sociologo Alberto Abruzzese in una intervista comparsa sul Corriere della Sera nel 2011, le faccine “danno calore ad un tipo di comunicazione, quella on line, che è fortemente verbale. Riscaldare un messaggio professionale non è molto semplice. Diciamo che l’emoticon rende il compito più facile”.

Eppure, secondo una nuova ricerca australiana pubblicata sulla rivista Social Neuroscience, dal punto di vista cognitivo, le faccine sono tutt’altro che innocue. Anzi, il loro uso starebbe cambiano il modo in cui funziona il nostro cervello.

“Le emoticons sono una nuova forma di linguaggio che stiamo creando”, spiega il dottor Owen Churches della scuola di psicologia alla Flinders University di Adelaide, “e per decodificare il nuovo linguaggio abbiamo sviluppato un nuovo modello di attività celebrale”.

Come riporta l’articolo comparso su ABC Science, Churches ritiene che i volti sono molto importanti dal punto di vista psicologico. “La maggior parte di noi presta maggiore attenzione ai volti più di qualsiasi altra cosa. Sappiamo sperimentalmente che le persone rispondono in modo diverso ai volti più di quanto non facciano altre categorie di oggetti”.

Quando guardiamo l’immagine di un volto reale, riconosciamo la posizione della bocca rispetto al naso e agli occhi. Questo processo attiva parti molto specifiche del cervello. L’uso della punteggiatura emoticon attiva parti del cervello solitamente riservate per riconoscere i volti reali, e quando l’immagine è inclinata (90° gradi), si ottiene un altro modello specifico di attività cerebrale.

Fonte: http://www.ilnavigatorecurioso.it

 


 

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