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Nei mass-media odierni non tutti i credi religiosi vengono trattati allo stesso modo: se ad esempio in una testata giornalistica si dovrà parlare di Islam, si eviteranno critiche troppo spinte onde evitare ritorsioni di sorta, se si parlerà del Buddismo non si abbandoneranno i toni che descrivono tale culto e i suoi appartenenti come naturalmente portatori di libertà, tolleranza e rispetto della dignità umana.

 

 

Quando infine si parlerà della Chiesa Cattolica tali testate non si faranno problemi a sparare a zero (Inquisizione, processo a Galileo e susseguirsi di leggende nere di sorta), ben consapevoli che dal mondo cattolico non ci sarà nessuna fatwa o aggressione nei loro confronti (al massimo qualche vecchietta pregherà una decina del Rosario per la loro conversione), ma d’altronde eravamo stati avvisati, “Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi.” Con questo articolo, per quanto breve, tenterò di sfatare il mito della tolleranza e pacificità di una delle religioni orientali più stimata e apprezzata dai mass-media e da buona parte della popolazione occidentale, il Buddismo.

Veniamo al dunque: la libertà dei cristiani, sia a livello di culto privato che di evangelizzazione, è rispettata nei paesi a maggioranza buddista o che pongono il Buddismo a fondamento del loro stato? Vedrò ora di citare alcuni casi famosi: Nel Myanmar secondo un reportage di Benedict Rogers del numero di giugno del mensile americano “Crisis” vi è una violenta persecuzione delle minoranze cristiane e musulmane, con tanto di conversioni forzate al Buddismo. Aggiungerei che il buddista Myanmar è classificato dal dipartimento di stato americano tra i sei peggiori oppressori al mondo della libertà religiosa.

In un’altra classifica sulle persecuzioni dei cristiani, curata da Open Doors, figura al terzo posto un altro stato a maggioranza buddista, il Laos: il governo comunista, al potere dal 1975, ha dichiarato espressamente di voler eliminare i cristiani, perché considera il cristianesimo una violazione dei costumi locali e una “religione straniera imperialista” sostenuta da interessi politici occidentali e americani, i cristiani sono quindi considerati sovversivi e nemici dello stato. I cristiani dell’etnia Hmong sono i più colpiti da questa persecuzione. Nel Laos il Buddismo theravada non è la religione di stato, ma è favorita dal governo come elemento di identità nazionale e nello stato laotiano sono sempre più frequenti i rituali buddisti (soprattutto nelle manifestazioni statali), ostacolando di conseguenza l’evangelizzazione operata dai cristiani. Si è arrivati perfino a registrare casi di forzata abiura dalla fede cristiana, con la prigione per chi rifiuta.

Nello Sri Lanka il 70% della popolazione è buddista, e dal 2003 la corte suprema ha stabilito una costituzione che vieta il proselitismo, mentre nel settembre del 2004 il governo ha ordinato di chiudere tutte le scuole cattoliche di formazione superiore. Stando inotre ad un rapporto del 2004 dell’associazione “Aiuto alla Chiesa che Soffre”, la condizione dei cristiani nell’isola sta rapidamente peggiorando. Ricorderei anche che l’ordine dei Gesuiti è bandito dal paese da 30 anni, mentre l’ingresso di pastori e sacerdoti è fortemente ostacolato.

Nel Buthan il buddismo è religione di stato, e di conseguenza culto pubblico, evangelizzazione e proselitismo religioso sono illegali se compiuti da non buddisti. Nelle sue due versioni (Ningmapa e Kagyupa) il Buddismo buthanese modella la politica, per un buddista è considerato un reato convertirsi al Cristianesimo, nel paese possono essere introdotti soltanto testi religiosi buddisti e nessun insegnamento religioso che non sia quello imposto dallo stato è accettato nelle scuole. Uno degli episodi più notevoli è stata l’espulsione di quindicimila induisti dal sud del paese nella confinante India, zona che poi è stata ripopolata dal governo con buthanesi buddisti.

In Mongolia la costituzione garantisce la libertà religiosa ed essa è tendenzialmente rispettata dal governo, ma nonostante ciò gli ostacoli all’evangelizzazione permangono esattamente come le difficoltà legate alla registrazione e all’ottenimento dei permessi per svolgere tale attività. Il Buddismo lamaista tibetano, pur non essendo la religione di stato, viene considerato parte integrante della vita della nazione e conseguentemente ha ottenuto privilegi e supremazia rispetto alle altre religioni.

Gli unici stati a maggioranza buddista che non attuano pressioni o persecuzioni nei confronti delle minoranze cristiane in nome della religione di Buddha sono la Thailandia (in quel paese libertà per tutte le religioni è garantita dalla legge e la sua pratica rispettata) e il Vietnam, in quanto il governo comunista perseguita pressochè tutti i credi religiosi presenti nel territorio.

Per chi volesse approfondire argomenti analoghi a quello da me brevemente esposto consiglio caldamente la lettura del saggio “Contro il Buddismo – Il Volto Oscuro di una Dottrina Arcana” di Roberto Dal Bosco, edizioni Fede & Cultura per la modica somma di 15 euro.

Roberto dal Bosco

Fonte: http://www.radiospada.org

 


 

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