. . .

Nel rapporto, relativo al 2014, emergono segnali di miglioramento: negli ultimi 5 anni le violenze fisiche o sessuali sono diminuite dal 13,3% all'11,3%, ma crescono dal 26,3% al 40,2% quelle più gravi che provocano ferite. Secondo il dossier di We World Onlus il 25% dei giovani giustifica i maschi violenti e ActionAid denuncia la poca trasparenza nell'utilizzo dei fondi stanziati grazie alla legge sul femminicidio.

Non solo 25 novembre. La violenza sulle donne si consuma ogni giorno: sono quasi 7 milioni – secondo i dati dell’ultimo rapporto Istat – le vittime che hanno subìto qualche forma di abuso nel corso della propria vita. Mentre secondo quanto emerge nel dossier “Rosa Shocking 2″ dell’associazione We World Onlus per un under 30 su tre gli episodi di violenza domestica vanno affrontati dentro le mura di casa. Tra dati allarmanti, app per difendersi sempre più diffuse e polemiche su quanto effettivamente si fa per combattere il fenomeno, l’ultima denuncia arriva da ActionAid e riguarda la mancanza di trasparenza sull’utilizzo dei fondi ad hoc da parte delle amministrazioni pubbliche.

UNA DONNA SU TRE HA SUBITO VIOLENZA – Secondo i dati dell’Istat (aggiornati al giugno scorso e relativi al 2014), sono 6 milioni e 788mila le donne che hanno subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale, il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni. Praticamente una donna su tre. Il 20,2% è stata vittima di violenza fisica, il 21% di violenza sessuale, il 5,4% di forme più gravi di abusi come stupri (si parla di 652mila casi) e tentati stupri (746mila). Mentre a rendersi responsabili delle molestie sono nella maggior parte dei casi (il 76,8%) degli sconosciuti, il 62,7% degli stupri è commesso da un partner attuale o precedente. Il 10,6% delle donne ha subìto violenze sessuali prima dei 16 anni. Aumenta la percentuale dei bambini che hanno assistito ad episodi di violenza sulla propria madre (si è passati dal 60,3% del 2006 al 65,2% del 2014).

LA MAGGIORE CONSAPEVOLEZZA – Nel rapporto Istat emergono segnali di miglioramento: negli ultimi 5 anni le violenze fisiche o sessuali sono passate dal 13,3% all’11,3%, rispetto ai 5 anni precedenti il 2006. Un calo dovuto soprattutto a una maggiore consapevolezza delle donne, che riescono con maggiore frequenza a prevenire situazioni di pericolo e a uscire da relazioni a rischio. Più spesso considerano la violenza subìta un reato (dal 14,3% al 29,6%) e la denunciano di più alle forze dell’ordine (dal 6,7% all’11,8%). Nessun segno di miglioramento per quanto riguarda gli stupri e i tentati stupri (1,2% sia per il 2006 sia per il 2014). Le violenze sono più gravi: aumentano quelle che hanno causato ferite (dal 26,3% al 40,2% da partner) e il numero di donne che hanno temuto per la propria vita (dal 18,8% del 2006 al 34,5% del 2014).

L’INDULGENZA DEGLI UNDER 30 – Ai dati Istat vanno incrociati con quelli del rapporto “Rosa Shocking 2. Violenza e stereotipi di genere: generazioni a confronto e prevenzione“, che l’associazione We World Onlus ha condotto insieme a Ipsos Italia. Secondo il dossier il 32% dei ragazzi tra i 18 e i 29 anni afferma che gli episodi di violenza vanno affrontati all’interno della mura domestiche. Non solo. Per il 25% (un giovane su 4) la violenza sulle donne è giustificato dal troppo amore oppure al livello di esasperazione al quale gli uomini sarebbero condotti da determinati atteggiamenti delle donne.

POCA TRASPARENZA NELL’UTILIZZO DEI FONDI – L’ultima denuncia sul fenomeno arriva da ActionAid, i centri antiviolenza della rete Dire e Wister. Le associazioni si sono riunite per presentare la mappatura delle risorse stanziate grazie alla legge sul femminicidio 119/2013 e finora spese. “Per il piano antiviolenza 2013/2014 sono stati stanziati 16 milioni e 400mila euro, ma solo 6 milioni sono arrivati nelle case rifugio” segnala ActionAid. Che chiede l’elaborazione di una mappa dei centri antiviolenza e più trasparenza nella gestione dei fondi da parte delle amministrazioni. Per monitorare la destinazione delle risorse si sono potuti raccogliere i dati di sole sette amministrazioni. Solo per dieci Regioni si può consultare la lista delle strutture che hanno beneficiato dei fondi statali e solo in cinque – Piemonte, Veneto, Puglia, Sicilia e Sardegna – sono stati pubblicati online i nomi di ciascun centro con le risorse ricevute. Dall’analisi delle delibere regionali, poi, “è emerso che non sempre i dati relativi al numero dei centri antiviolenza – come ha evidenziato il monitoraggio – combaciano con quelli del documento di riparto della Conferenza Stato-Regioni“.

LA TECNOLOGIA CHE SALVA LE DONNE – Sono sempre più numerose, invece, le App che aiutano le donne vittime di violenza, come Shaw, acronimo di Soroptimist Help Application Women. L’App connette l’utente al 112 per richiedere aiuto in situazioni di emergenza e fornisce anche informazioni legali su violenza e stalking mettendo in contatto la vittima con il centro antiviolenza più vicino. A Milano, la Asl e l’associazione Telefono Donna hanno lanciato l’applicazione gratuita “Stop Stalking” in cinque lingue diverse: italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo. Si possono memorizzare su un diario episodi preoccupanti, dagli appostamenti alle percosse per poi inviare le informazioni allo sportello stalking di Telefono Donna, aperto 24 ore su 24. Si chiama, invece, “Save the Woman” un’altra applicazione – studiata per prevenire gli abusi – lanciata dalla società Smartland e dalla criminologa Roberta Bruzzone. Attraverso un test si stabilisce il livello del rischio di violenza da parte del proprio partner, superato il quale la App consiglia di rivolgersi a un centro antiviolenza.

Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it

 

 

In Italia quasi sette milioni di donne hanno subìto violenza fisica o sessuale almeno una volta nella vita. Praticamente una su tre nella fascia tra i 16 e i 70 anni. Solo nei primi sei mesi di quest’anno 74 donne sono state uccise da uomini con cui avevano una relazione affettiva o familiare e ci sono state più di 5mila denunce di atti persecutori. E i dati non contemplano le violenze psicologiche, come lo stalking o le minacce. Per questo, purtroppo, è ancora necessaria una giornata per dire basta: il 25 novembre, in ricordo del brutale assassinio, nel 1960, delle tre sorelle Mirabal, simbolo internazionale di donne rivoluzionarie per il loro impegno contro la dittatura di Trujillo nella Repubblica Dominicana.

Oggi nel nostro Paese la violenza ha un volto quotidiano. Come quello di Giulia Galiotto che l’11 febbraio 2009, all’età di 30 anni, venne assassinata a colpi di pietra dal marito. La sua storia, raccontata dalla madre Giovanna, insieme al calvario di altre due donne che dopo anni di sofferenza sono riuscite a spezzare la catena di torture con cui i coniugi le tenevano imprigionate, è diventata un documentario: Donne dentro di Marzia Pellegrini verrà presentato alla Casa delle Donne di Milano sabato 21 novembre. «La violenza può essere scatenata da una pastasciutta scotta, da una maglia piegata male, da un brutto voto dei figli a scuola» racconta la regista. «Ma in quelle situazioni tutte le energie sono concentrate sulla sopravvivenza: per questo per arrivare a una denuncia ci vogliono anche 20 anni, talvolta sono le figlie stesse che aiutano le madri a reagire. Liberarsi è difficilissimo, è una battaglia personale. Io ho cercato di riportare il dramma senza filtri, superando il pudore del racconto. Perché non c’è niente di cui queste donne debbano vergognarsi».

La misura cautelare: l’allontanamenteo del coniuge da casa.
Il percorso per sconfiggere la violenza può cominciare da una semplice chat su Facebook: Alessia Sorgato, avvocato penalista (autrice di Giù le mani dalle donne, Mondadori) ha fondato con alcune amiche psicologhe e assistenti sociali la pagina Donne che imparano a difendersi attraverso la quale «diamo una prima consulenza gratuita online per indirizzare le persone agli esperti. Si pensa per esempio che di fronte alla violenza domestica la donna non abbia altre alternative alla fuga prima di denunciare, ma non è così: quando la polizia interviene, anche su denuncia di un vicino di casa che sente le urla, e constata la violenza può chiedere i via d’urgenza una misura cautelare di allontanamento del coniuge dalla casa familiare, con divieto di avvicinamento e persino di comunicazione. All’interno del pacchetto cautelare si può richiedere anche un assegno di mantenimento, che il datore di lavoro invia direttamente alla famiglia detraendo l’importo dallo stipendio. In questo modo si impedisce il “ricatto” sui figli».

«Le violenze non sono mai fini, ma strumenti di asservimento fisico e psicologico della donna all’uomo» spiega la dottoressa Elvira Reale, psicologa e autrice di due libri su Maltrattamento e violenza sulle donne (Franco Angeli). «Chi per mandato sociale, culturale ed economico, ha maggiore potere adotta delle vere e proprie tattiche intimidatorie per limitare la libertà dell’altro. Per esempio il binomio premio-punizione: ti insulto, ti do uno schiaffo, poi ti abbraccio e ti dico che ti amo. Il carnefice non è mai inconsapevole o sopraffatto da un’aggressività che non sa governare. Quando si tratta di un marito violento entra poi in gioco la costrittività ambientale: l’uomo sa che la moglie non può fuggire perché dipende economicamente da lui o perché ha dei bambini piccoli che hanno bisogno del padre. Non a caso molte situazioni di violenza iniziano o si aggravano con la nascita del primo figlio».

La checklist della violenza.
I dati forniti dalla dottoressa Reale, referente rete antiviolenza ASL Napoli 1, evidenziano come nel 71 per cento dei casi alle percosse si affianchino le violenze psicologiche e nel 21 per cento ci troviamo di fronte a sole aggressioni psicologiche: ingiurie verbali, diffamazioni, persecuzioni post separazione, intimidazioni di sottrarre i figli alla madre o addirittura minacce di morte. Per questo è fondamentale che lo sportello anti-violenza degli ospedali San Paolo e Cardarelli di Napoli (situato all’interno del pronto soccorso) abbia introdotto, caso unico in Italia, il referto psicologico. «Normalmente i medici si limitano a registrare, accanto ai traumi fisici, un generico “stato d’ansia”. Noi invece sottoponiamo la donna a una visita psicologica completa, chiedendole informazioni su tutti i maltrattamenti subiti nell’ultimo anno con una “checklist della violenza”, e nel caso si configuri il caso di violenza assistita da minori coinvolgiamo un pediatra. Il risultato è appunto un referto che viene poi inviato all’autorità giudiziaria e costituisce notizia di reato».

Le straniere in Italia sono le più esposte alle violenze
I dati Istat fotografano una situazione particolarmente grave per le donne straniere residenti nel nostro Paese, più soggette in particolare a stupri e tentati stupri (7,7 per cento dei casi contro 5,1 per cento). Le più esposte sono moldave, rumene e ucraine. Quello che le statistiche ufficiali non vedono però è ancora più grave: Alessandra Scotti, volontaria del Naga, associazione milanese che fornisce gratuitamente assistenza sanitaria, sociale e legale ai cittadini stranieri, spiega quanto sia difficile per le donne irregolari difendersi dai soprusi. «Al nostro ambulatorio si rivolgono soprattutto donne sudamericane e dell’Europa dell’est, cittadine neocomunitarie che però non hanno i mezzi per accedere al servizio sanitario nazionale. Noi forniamo una prima assistenza medica, poi le indirizziamo ai nostri psicologi e, per chi accetta, anche ai consulenti dello sportello legale che le aiutano a trovare un avvocato che si occupi del loro caso con un patrocinio gratuito». Queste donne oltre alla normale paura, devono così fare i conti con una lingua e un sistema legale diverso da quello d’origine, chiedendo oltretutto protezione a uno Stato per cui loro nemmeno esistono.

Un dato positivo: è in calo la violenza fisica e sessuale nei confronti delle ragazze più giovani. Passa dal 17,1 all’11,9% quella da parte dell’ex partner e dal 5,3 al 2,4% da parte del partner. Sperando che le nostre figlie non abbiamo più bisogno di una giornata contro la violenza sulle donne.

Fonte: http://www.iodonna.it

 


 

Segnala questa pagina web in rete.

 

Disclaimer: questo sito ("Ogigia, l'isola incantata dei navigatori del web") NON rappresenta una testata giornalistica in quanto viene aggiornato senza alcuna periodicità su vari argomenti, tra cui Linux, geopolitica, metodi di auto-costruzione di risorse, elettronica, segreti, informatica ed altri campi. Non può pertanto considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge n. 62 del 07/03/2001. Il Webmaster inoltre dichiara di NON essere responsabile per i commenti inseriti nei post. Ogni informazione circa la salute o l'alimentazione sono solo a carattere informativo, e NON siamo responsabili di qualsiasi conseguenza negativa se qualcuno vuole improvvisarsi medico oppure dietologo; si consiglia sempre di rivolgersi a medici ed esperti qualificati. Eventuali commenti dei lettori, lesivi dell'immagine o dell'onorabilità di persone terze NON sono da attribuirsi al Webmaster, che provvederà alla loro cancellazione una volta venuto a conoscenza di un ipotetico problema. Eventuali ritardi nella cancellazione di quanto sgradito non sono imputabili a nessuno. Si declina ogni responsabilità sull'utilizzo da parte di terzi delle informazioni qui riportate. Le immagini pubblicate su questo sito, salvo diversa indicazione, sono state reperite su Internet, principalmente tramite ricerca libera con vari motori. In ogni caso si precisa che se qualcuno (potendo vantare diritti su immagini qui pubblicate, oppure su contenuti ed articoli, o per violazioni involontarie di copyright) avesse qualcosa da rimproverare o lamentare può scriverci attraverso la sezione per i contatti .