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La speranza abita qui, in un borgo di 508 abitanti a 20 chilometri da Catanzaro, un mucchio di case medievali aggrappate vertiginosamente su due colline di 300 e 600 metri. Abita a Sellia, con i vecchi che non se ne sono voluti andare, con i diciotto bambini dalla materna alle medie che ogni mattina prendono il pullman per andare a scuola nel paese vicino di Simeri Crichi, perché qui la scuola l’hanno chiusa per penuria di alunni. Abita con un sindaco, Davide Zicchinella, da otto anni al timone dell’amministrazione, pediatra appassionato di filosofia, che ha realizzato otto musei, facendo di questo puntino sulla carta geografica tra lo Ionio e la Sila il paese con la maggiore densità culturale di tutta Europa. C’è un museo ogni 63,5 abitanti, «e l’altro ieri abbiamo deliberato l’istituzione di un altro polo dedicato al modellismo, saranno nove», dice. E così ce ne sarà uno ogni 45, 3 abitanti.

 

Il museo dei Bambini, agricoltura e ambiente ha spazi e percorsi didattici per l’infanzia. Giocando, i bambini possono imparare, ad esempio, come si faceva l’olio di oliva.



Per tutte le passioni.
C’è il Museo del fumetto, realizzato con i diecimila fascicoli donati da Pier Luigi Bonizzi, un collezionista che viveva a Crema e che si è trasferito in una di queste antiche case. C’è il Museo terrestre ed extraterrestre dove è esposto il patrimonio di Nicola Cardaci, ex professore di Fisica, tremila campioni di sabbie provenienti dai mari e dai deserti, frammenti di meteoriti, resti fossili di dinosauri. C’è l’Ecomuseo, che si sviluppa all’aperto su una balconata realizzata negli anni Trenta dopo uno smottamento, con otto grandi riproduzioni di opere dei Macchiaioli che raccontano momenti della vita contadina. E c’è il Museba, il Museo dei bambini, il primo della Calabria, realizzato con 180 mila euro erogati dalla Regione attraverso un bando, dove sciamano comitive di piccoletti che arrivano da tutta la provincia, 8 euro il biglietto, divertendosi con la riproduzione di un grande albero d’olivo - il totem di questo paese, dove fino a mezzo secolo fa esistevano 12 frantoi - e percorsi tra scienza e natura. È stato inaugurato il 17 agosto scorso per la sagra dell’olio: 1.200 visitatori in un solo giorno. Poi ci sono due antichi forni e due storici frantoi diventati musei di se stessi.

Ma i turisti arrivano? Museo dei bambini a parte, molto frequentato, la risposta (e la scommessa) sta nella prossima inaugurazione a giugno del primo borgo-avventura d’Italia, che dovrebbe trascinare con sé l’intero sistema museale, con un biglietto integrato.

«Abbiamo trasformato la conformazione del nostro territorio da punto di debolezza a punto di forza - aggiunge il sindaco - realizzando una teleferica che da una delle colline porta dritto nel borgo, 500 metri di lunghezza, duecento di altezza dal suolo. È costata 150 mila euro, fondi che abbiamo avuto con un mutuo della Cassa depositi e prestiti». Questo seme ha fatto germogliare il progetto del borgo-avventura, che Zicchinella - evidentemente appassionato di primati - è convinto trasformerà Sellia nel «paese più adrenalinico d’Europa». Proprio l’Europa ci ha creduto, sborsando su due diverse misure – quella sullo spopolamento e quella sul turismo - un milione di euro per realizzare a corredo della teleferica una sorta di torre dalla quale ci si potrà lanciare con un salto da bungee jumping, un ponte tibetano lungo 110 metri e alto 20, un parco-avventura con ponti sospesi di diverse altezze. Tutto affacciato sul panorama mozzafiato del paese, tra il mare e il verde cupo della Sila.



L’occupazione.
«Qui a Sellia ci sono 30 disoccupati. A giugno troveranno lavoro i primi 10 ragazzi, presto contiamo di inserire nell’indotto gli altri 20». Negli ultimi anni sono nati due bar e una pizzeria, un maneggio di cavalli per offrire ai turisti l’esperienza di un giro sulla Sila. Un imprenditore di Varese, Claudio Rebusco, ha comprato e ristrutturato case diroccate, per realizzare un albergo diffuso. Zicchinella quasi si commuove pensando che tra qualche mese si potrà dormire nelle case abbandonate dagli emigrati, vuote dopo la morte dei vecchi. «Eravamo mille agli inizi del secolo scorso, ora siamo la metà: mi sono candidato la prima volta perché il paese moriva sotto i miei occhi. Torneremo a prosperare. Torneranno a nascere i nostri bambini. D’altronde, sono un pediatra».

Fonte: http://www.lastampa.it

 


 

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