L’acqua di mare diluita contiene quasi la medesima concentrazione di minerali ed elementi in traccia del plasma sanguigno, mentre il suo contenuto di sodio equivale a quello del sangue. È stata utilizzata con successo in test animali come sostituto nelle trasfusioni di sangue, tuttavia i test su umani sono attesi da lungo tempo.

 

 

Acqua di mare. Un sostituto sicuro del plasma sanguigno?

di Dianne Jacobs Thompson © 2006

Nel corso degli anni la mia atavica paura di sottopormi ad una trasfusione di sangue o all’iniezione di qualsiasi altra cosa direttamente nel mio flusso sanguigno indifeso è cresciuta in misura sempre maggiore. Non si tratta di una questione di carattere religioso, piuttosto di un rischio professionale. Dato che sono una ricercatrice che si occupa di tematiche sanitarie, sono ossessionata da terribili visioni di quello che potrebbe andare storto – e ne ho ben donde. Mi sento come l’ispettore addetto alle carni che diventa vegetariano. Sono a conoscenza di cose che hanno distrutto per sempre la mia innocente fiducia in tutte le cose di ambito medico. Non venero più “la Chiesa della Medicina Moderna”, né mi assoggetto volontariamente ai suoi pseudo-dèi. “Loro”, gli specialisti dell’industria della salute (leggi malattia), di questi tempi controllano il sangue con maggiore cura, onde poter mettere le mani su scorte di plasma non sicure contaminate da HIV, epatite o altri agenti patologici tuttavia, anche con le moderne tecnologie, i prodotti ematici non sono ancora completamente sicuri. Non riescono a sterilizzare il sangue più di quanto non riescano a sterilizzare i vaccini per eliminare tutti i “germi” senza distruggere la natura di questi prodotti. Controllano il sangue e ne separano i componenti tramite azione centrifuga ed altri metodi volti a purificare tali sostanze il più possibile, nondimeno risulta impossibile promettere o consegnare prodotto ematico completamente sicuro. Il sangue è “vivo”: non è possibile sterilizzarlo o renderlo antisettico. Esistono innumerevoli raccapriccianti resoconti di trasfusioni, risalenti a decenni or sono, ma di rado ne veniamo a conoscenza. Ad esempio, all’incirca quattro anni fa una mia vicina di casa ha perso il marito; costui era malato di cancro, ma rimase colpito da un’infezione di epatite virale contratta a causa di una trasfusione e morì per il collasso del fegato, non per il cancro. Molti conoscono qualcuno che abbia subìto gli effetti di una trasfusione di sangue mal riuscita; si tratta di un aspetto della vita, nonché di uno dei rischi chirurgici noti, non importa se di minore entità.



I pericoli latenti nei vaccini.
Malauguratamente mi sono imbattuta in fin troppe vicende di questo tipo. Ho dedicato la maggior parte della mia vita da adulta a svolgere ricerche e a scrivere nell’ambito della medicina alternativa ( http://www.truthquest2.com ), con iniziale accento sulle patologie virali e batteriche, nonché sui problemi causati dai vaccini, alcuni dei quali vengono ancora derivati da prodotti ematici umani mischiati assieme o con virus di vaccini “attenuati” creati da “passaggio seriale” attraverso colture cellulari animali. Questo significa che prendono virus umani e li collocano ripetutamente in strati di cellule animali, il che li costringe ad adattarsi alle cellule estranee per sopravvivere. Tale “adattamento” richiede uno scambio di materiale genetico fra il virus e la cellula ospite. Quando si utilizzano cellule di scimmia, lo scambio di materiale genetico che interviene costringe il virus umano a diventare un po’ “scimmiesco”, presumibilmente in modo che non possa dare origine ad una malattia conclamata – il che non sempre funziona. Nel processo, i virus originari della scimmia diventano un po’ “umani”, il che conferisce loro maggiore compatibilità con le cellule umane. Questo potrebbe essere il caso del virus di Epstein-Barr, cui si fa riferimento come virus umano – anche se molti scienziati ritengono che abbia avuto origine nelle scimmie, sia arrivato ad infettare gli esseri umani tramite vaccini contaminati in forma mutata e quindi sia divenuto associato alla sindrome da affaticamento cronico e ad altre malattie. Ma allora, rispetto ad altri animali, quando si tratta di scimmie vi è una inferiore barriera di specie, che ci fornisce minore protezione dai loro agenti patogeni. I pericoli biologici rappresentati dai virus delle scimmie sono ben conosciuti in determinati circoli scientifici, ma poco noti al grande pubblico. Nel corso delle mie ricerche, sono giunta a studiare l’argomento della virologia ricombinante: la combinazione di virus dissimili in nuove “tribù”, solitamente contraddistinte da caratteristiche più pericolose rispetto ai virus “genitori”, il tutto ad opera di uomini in camice bianco che giocano a fare gli dèi. Episodi di ricombinazione possono avvenire anche in natura a determinate condizioni, in particolare se agevolati da cattiva scienza. Ad esempio, si è scoperto che un virus della scimmia denominato SV-40 (virus della scimmia 40, dopo essere diventato il quarantesimo virus reperito nei tessuti di scimmia), ha delle caratteristiche uniche. Questo “virus nudo” è in grado di penetrare qualsiasi tipo di cellula senza il problema di una “barriera di specie”, e consente a virus dissimili di attaccarsi ad esso e di andare a cavalluccio entro il materiale genetico di una cellula, dove possono impadronirsi del “meccanismo” e replicare nuovi virus ricombinati per conto proprio. La scoperta di questo virus ha dato origine al campo della virologia ricombinante, con molte conseguenze spaventose. L’SV-40 è diventato un ben documentato ma non pubblicizzato agente contaminante presente nei vaccini antipolio (prodotti con l’impiego di colture cellulari di rene di scimmia) quando, fra il 1955 e il 1963, venne somministrato a 95 milioni di soggetti ignari. La prima dichiarazione ufficiale fu che i virus SV-40 “non hanno alcuna rilevanza nella sicurezza od efficacia dei vaccini antipolio”; ma quando il vaccino venne testato su cavie per la prima volta dopo la sua scoperta, gli animali svilupparono tumori della ghiandola salivare e sintomi di immunodeficienza. Negli esseri umani l’organo corrispondente era il pancreas; da allora il cancro mortale al pancreas ha assunto proporzioni epidemiche. L’SV-40 viene ora associato a numerosi tipi di cancro umano, mesoteliomi, osteosarcomi, tumori cerebrali, ependimomi, tumori dei plessi coroidei ed altri. Queste stesse colture cellulari di scimmia, impiegate per produrre vaccini, contenevano altri virus come il SIV (virus di immunodeficienza della scimmia), che compare in maniera preponderante nella formazione di un altro virus ricombinante a noi noto come HIV. A livello pubblico non è stata avanzata alcuna prova del fatto che l’HIV sia derivato da un episodio di ricombinazione verificatosi in natura, mentre la raffinatezza di questo virus ed alcune documentate richieste governative volte alla creazione di una simile arma biologica suggeriscono altrimenti. Comunque sia uno studio, avviato su richiesta dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS-WHO) e successivamente soppresso, nel quale si metteva in relazione l’AIDS che imperversa in Africa con le campagne dell’OMS a favore della vaccinazione contro vaiolo, polio ed altre malattie, avanzava l’ipotesi che vaccini virali “attivassero” virus quiescenti; quindi questa è una possibilità a favore di una ricombinazione naturale – a meno che l’HIV non sia stato aggiunto deliberatamente a determinati vaccini. L’11 maggio 1986 il Times di Londra pubblicò un articolo su questa vicenda, la quale venne tuttavia sottaciuta dai media statunitensi; nel mio paese notizie di questo genere arrivano di rado alla conoscenza del pubblico. Lo stesso è accaduto quando fu messo a tacere uno dei più spaventosi “errori” scientifici mai commessi. L’episodio implicava le “cellule HeLa” – le più aggressive colture cellulari cancerogene note – che arrivarono nei laboratori scientifici di tutto il mondo a scopi di ricerca e in seguito contaminarono – per caso – numerose colture cellulari utilizzate per i vaccini. Provate a immaginare virus di vaccini umani che vengono coltivati in cellule cancerose e che scambiano informazioni genetiche con le cellule cancerose ospiti prima di essere iniettate a milioni di vittime ignare!



Problemi derivanti dalle trasfusioni di sangue
Quello che segue rappresenta soltanto una parte di quanto un individuo si trova potenzialmente ad affrontare quando riceve il sangue di una o più persone colpite da un’infezione non individuata. Sam Biser, ricercatore nel campo della medicina alternativa, ha intervistato il Dr. William Donald Kelly, DDS, MS, il quale ha riferito una conversazione con il Dr. Friedman ed il Dr. Burton dell’ex Immunological Center di Great Neck, New York. A quanto risulta la loro ricerca indicava che vi è la possibilità che una trasfusione di sangue distrugga la vostra resistenza al cancro. Come molti gruppi religiosi, il Dr. Burton riteneva che, per così dire, le trasfusioni possono provocare il cancro e sosteneva che un tumore, onde sopravvivere, secerne composti denominati “fattori bloccanti”, che lo proteggono dal naturale sistema di difesa dell’organismo; egli era convinto che una trasfusione avrebbe fatto sì che questi fattori bloccanti venissero trasmessi da un donatore e sarebbero stati in grado di sopprimere il sistema immunitario del ricevente abbastanza da consentire la crescita di un tumore, il quale a sua volta avrebbe creato i propri fattori bloccanti. Il cancro non verrebbe trasmesso per via diretta ma, in tal modo, una trasfusione di sangue potrebbe aumentare la suscettibilità di un individuo a tale patologia. Anche se i “fattori bloccanti” e la contaminazione derivata da microbi umani ed animali presenti nelle scorte di plasma mi inquietano alquanto, vi sono altri fattori che mi tolgono il sonno… Un mio conoscente del college si trovò incidentalmente a dire che una trasfusione di sangue gli aveva cambiato la vita. Costui descrisse di essere uscito da una sala operatoria in seguito ad un incidente, risvegliandosi con una personalità modificata; ascrisse tale evento alla trasfusione cui era stato sottoposto. Dato che ebbi modo di conoscerlo soltanto dopo tale episodio, non sono in grado di affermare se il cambiamento sia stato in meglio o in peggio, ma chi può desiderare che gli accada una cosa del genere mentre si trova sotto anestesia? Tuttavia, nel 1981, qualcosa di ben peggiore di un cambiamento di personalità influì sulle mie opinioni. Quell’anno, in Alaska, diedi alla luce il mio unico figlio – un evento assai atteso da me, allora trentaquattrenne, e dalla nonna del bimbo, Ceci Clark, artista e gallerista di un certo prestigio in quel paese. Ceci sviluppò un cancro osseo, che non venne diagnosticato immediatamente; prima che ciò accadesse, subì un intervento chirurgico per altri motivi, nonché un trasfusione di sangue. Quando si risvegliò il suo cervello era, per così dire, “rimescolato”; mi riconobbe ma pensò che fossi sua sorella, diventando sempre più confusa nel tentativo di immaginare da dove fosse arrivato quel neonato. Alla fine scoprirono il cancro; Ceci morì poco dopo.



La talassoterapia.
Negli anni seguenti le mie ricerche si indirizzarono verso le cure alternative per il cancro e per le malattie degenerative croniche, in particolar modo dopo essermi ammalata gravemente ed aver ristabilito il mio stato di salute, nonché quello di altri membri della famiglia, senza farmaci o interventi chirurgici, grazie all’opera di un eccentrico medico naturopata di Spokane, Washington: il compianto Dr. Harold Dick, ND. Le sue straordinarie competenze diagnostiche e curative sono state assimilate e perfezionate dalla figlia, la D.ssa Letitia Dick-Watrous, ND, la quale trascorse un internato di tre anni con lui, diventò la sua collaboratrice e, dopo la sua morte, rilevò la sua attività. Il Dr. Dick non solo ripristinò la mia salute con uno “strumento” diagnostico poco conosciuto ed un metodo di cura aggiornato che affondava le sue radici nella vecchia “cura dell’acqua” del celebre padre tedesco Sebastian Kneipp, nel Test di Intolleranza Alimentare di O. G. Carroll e nell’idroterapia ricostituente, ma mi fece da mentore ed accese in me un inestinguibile entusiasmo per la ricerca – successivamente alimentato dalla D.ssa Dick-Watrous. Nel corso delle mie ricerche sui metodi naturali mi sono registrata presso un sito web che ospitava misconosciute cure alternative per cancro ed infezioni, fra cui la “Talassoterapia”, basata sul lavoro del biologo/fisiologo francese René Quinton; egli dimostrò che l’acqua di mare, adeguatamente formulata e in determinate condizioni, è virtualmente identica al plasma sanguigno dei mammiferi. Con l’assistenza di molti eminenti medici, agli inizi del ’900 egli impiegò con successo l’acqua di mare come agente di guarigione su pazienti in Francia e in Egitto. A quei tempi il cancro era pressoché sconosciuto, tuttavia molte altre patologie reagivano alle iniezioni di acqua di mare diluita – un vero e proprio “plasma marino” in grado di rimineralizzare un organismo malato, normalizzarne il livello di pH (acido-alcalino) e bilanciarne gli elettroliti, correggendo in tal modo la causa prima di molte patologie rigenerando il “terreno interno”, come lo definiva Quinton. Il rapporto comprendeva fotografie dei pazienti prima e dopo il trattamento. Come per la maggior parte delle persone, inizialmente la mia attenzione fu catturata dalle foto vecchie di un secolo, mentre l’aspetto scientifico si attestò in un secondo momento. Bambini strappati ad una morte ormai prossima per colera ed altre cause; corpi cadaverici ricondotti ad una sana prosperosità; superfici cutanee escoriate ed essudanti a causa di eczemi rese lisce ed esenti da lesioni… tutto grazie al potere dell’acqua di mare; questo straordinario plasma marino si dimostrò capace di guarire molti flagelli dell’inizio del ventesimo secolo, come ad esempio la tubercolosi. Storicamente l’acqua dell’oceano (plasma) ha avuto numerose applicazioni, basate sul concetto di rinnovamento, purificazione e rigenerazione dell’ambiente dei fluidi interni, nonché sul mantenimento dell’equilibrio dell’organismo. Si è dimostrato un elemento di sostegno e rigenerazione delle funzioni cellulari. Che importanza ha l’equilibrio dei minerali, ordinari e in traccia, all’interno dell’organismo? Molti ricercatori, fra cui il Dr. Joel Wallach, autore dell'audio-nastro di successo Dead Doctors Don’t Lie, sostengono che l’assenza di un singolo minerale necessario all’organismo può determinare sino a 10 diversi sintomi patologici. Naturalmente per la maggioranza delle patologie umane gran parte della medicina moderna ascrive ancora la responsabilità ai germi e alla genetica, cosicché la teoria della “carenza di minerali” viene solitamente trascurata. Tuttavia il Dr. Wallach ritiene che una comune patologia cardiaca, la cardiomiopatia – la quale ha provocato il decesso di innumerevoli soggetti, compresi atleti professionisti ed esperti di cardiologia, o li ha costretti a mettersi in lista d’attesa per un trapianto cardiaco – è provocata da nient’altro che una carenza del minerale in traccia selenio, e può essere curata o prevenuta investendo pochi centesimi al giorno in integratori di tale elemento. Annotate l’acqua di mare – l’anello mancante della nutrizione elementare carente! Contiene ogni minerale noto, ordinario e in traccia, in forma organica e secondo le adeguate proporzioni necessarie ai tessuti umani – agente curativo e rivitalizzante, si trova lì in bella vista da sempre. Anche se il sito web in cui ho reperito per la prima volta le informazioni sulla Talassoterapia ospitava un valido rapporto e delle fotografie notevoli, all’epoca sull’argomento era in allestimento un sito web più completo. Lì, sul suo sito web accademico www.oceanplasma.org , ho scoperto che il Dr. Juergen Buche, ND, era in procinto di tradurre dall’originale francese in inglese una gran mole di ricerche sull’acqua oceanica e la relativa documentazione. Quello che trovato su quel sito mi ha colpito così da vicino che sto ancora barcollando! La mia attenzione è caduta su qualcosa che è entrato in risonanza con la mia fobia verso le trasfusioni. Risulta che sono stati condotti test su cani randagi, allo scopo di collaudare plasma oceanico (acqua dell’oceano diluita, filtrata a freddo) come sostitutivo per le trasfusioni. In un esperimento René Quinton e il suo team medico hanno drenato tutto il sangue di un cane, sostituendolo con acqua di mare isotonica (diluita). Ci si immagina che il cane sia morto subito, invece è sopravvissuto. Il secondo giorno dopo la trasfusione il 50 per cento dei componenti del sangue aveva fatto la propria ricomparsa. Il quarto giorno quasi il 100 per cento dei componenti del sangue mancanti era ripristinato in quella che sembrava essere la dimostrazione di una trasmutazione biologica (un cambio da un elemento ad un altro). Non solo il sangue si è completamente rigenerato, ma poco tempo dopo la procedura il cane saltellava di qua e di là come un cucciolo con maggiore vitalità di prima; è vissuto per molti altri anni. Provate solo ad immaginare cosa significherebbe per il mondo un abbondante, sicuro ed efficace sostituto delle trasfusioni di sangue: nessun effetto collaterale, nessuna necessità di compatibilità sanguigna né di screening di elementi patogeni; inoltre sarebbe un vero e proprio plasma dotato di comprovate proprietà terapeutiche! Che ne è dunque stato di questa meravigliosa talassoterapia? La Prima Guerra Mondiale si frappose alla ricerca medica e Quinton venne richiamato alle armi; morì nel 1925. Tali eventi interruppero in qualche modo la persistenza degli ospedali e delle cliniche che praticavano la Talassoterapia, presenti in notevole quantità. Ad ogni modo, la terapia fu portata avanti dai collaboratori medici e dai ferventi seguaci di Quinton e, dopo la Seconda Guerra Mondiale, in molti paesi attraversò un periodo di rinnovata vitalità. Nel 1969 furono replicati degli esperimenti su animali, nei quali si impiegò l’acqua di mare come sostituto nella trasfusione e che determinarono risultati analoghi; tuttavia da allora la “talassoterapia” si utilizza come procedura terapeutica su pazienti, per lo più come trattamento fondamentale per patologie degenerative croniche; inoltre ha acquisito una certa notorietà in veste di integratore liquido completo e prontamente assimilato di minerali ordinari e in traccia, con finalità di rimineralizzazione, disintossicazione, come fonte energetica e di rimedio allo stress. Non sono mai stati tentati esperimenti di trasfusione su esseri umani. Quanto alle proprietà terapeutiche dell’acqua di mare, nell’attuale limitante e restrittiva visione medica si fa riferimento ad essa unicamente come “bibita minerale”. Qualora il termine “cura” venisse pronunciato o scritto in relazione ad una marca commerciale, tale “infrazione” risulterebbe giuridicamente sanzionabile. Solo un farmaco, tossico per sua stessa natura, può essere definito “curativo”. Nessuno studio autorizzato dalla FDA (Ente statunitense preposto al controllo alimentare e farmacologico, ndt) sull’efficacia del trattamento con acqua di mare per le malattie verrà mai finanziato o pubblicato in quanto, come stabilisce l’agenzia governativa, un integratore può essere studiato unicamente in relazione al proprio fattore di “riduzione del rischio” di contrarre un patologia e non come cura per la patologia effettiva. Per quale motivo non abbiamo sentito parlare di René Quinton e della sua talassoterapia?



Un sistema sanitario malato.
Gli Stati Uniti hanno il peggior sistema sanitario nazionale di tutti i paesi industrializzati – nonostante gli ingenti stanziamenti destinati alla ricerca ed alla assistenza di ambito sanitario. Questo paese resta tristemente indietro in molte aree della scienza medica, in particolar modo quando coloro che traggono profitto dalla cattiva scienza vengono chiamati a tutelare sé stessi, minacciati da cure e metodi più sicuri, efficaci e meno costosi, quali la umile ma vitale acqua oceanica di Quinton. Prendete in considerazione l’industria farmaceutica internazionale. Dispone di un tale potere e di una tale ricchezza che controlla non solo la FDA, ma anche le leggi e le politiche legate alla sanità. Prendete, ad esempio, il caso della ‘capriola’ del “colesterolo”. In passato, le direttive federali per la gestione del colesterolo erano le seguenti: si riteneva che un individuo con 300 mg di colesterolo dietetico al giorno, con un livello sanguigno di HDL (colesterolo buono) pari a 35 mg per decilitro (dL), presentasse livelli inaccettabili e necessitasse di cure. Ad ogni modo, sotto la “guida” della potente industria farmaceutica, quelle direttive federali sono state di recente modificate. Ora, meno di 200 mg di colesterolo dietetico al giorno vengono considerati “accettabili” ed un livello di HDL (colesterolo buono) comunque inferiore a 40 mg/dL viene ora ritenuto inaccettabile (JAMA 2001; 285:2486-2497). Traduzione: in base alle vecchie direttive, 13 milioni di persone sono state indotte ad usare farmaci ipocolesterolemizzanti; in base alle nuove direttive, 36 milioni di persone stanno attualmente acquistando tali farmaci, il che significa miliardi di dollari di introiti supplementari a beneficio delle aziende farmaceutiche. Allo stesso tempo, questi produttori di farmaci si sono dimostrati particolarmente riluttanti a pubblicare alcunché in merito agli effetti del basso colesterolo farmaco-indotto che, stando a certi studi, possono includere depressione, comportamenti violenti, suicidio, aggressività, aumentato rischio di colpo apoplettico e scarsa funzionalità del sistema immunitario. Sembra come se un qualche genere di mitologia del farmaco ci sottoponga ad un lavaggio del cervello, inducendoci a credere che le malattie vengono provocate da una carenza di farmaci e che possono essere curate unicamente tramite un accresciuto e costoso consumo di farmaci. Cosa accadrebbe a questi cartelli internazionali se un’effettiva cura per il cancro giungesse improvvisamente sul mercato, al di fuori del loro controllo? Dato che sotto il profilo finanziario costoro esistono più che altro solo per la “cura dei sintomi” (gestione della malattia), la nostra intera infrastruttura medico/finanziaria potrebbe collassare di conseguenza. Gli azionisti delle aziende farmaceutiche vogliono profitti, non una cura che ponga termine alle miserie umane e blocchi il flusso degli introiti. Veniamo a conoscenza di storie analoghe in relazione ai sostituti dei combustibili fossili e ad altre scoperte ed invenzioni radicalmente innovative, mai arrivate sul mercato a causa dell’intervento della competizione commerciale. Analogamente, un sostituto sicuro delle trasfusioni di sangue potrebbe rivelarsi minaccioso per troppi potenti e lucrosi settori del mercato, al punto di vedersi relegato per sempre nell’oscurità… tuttavia è possibile prefigurare le possibilità. Comunque, secondo il Dr. Buche, “la visione senza azione resta solo un sogno”. Considerate il presente articolo l’inizio dell’azione – forse la vostra azione!



Prelevare la soluzione vivente.
Si può assumere l’acqua di mare per via orale o tramite iniezione. Tuttavia procurarsi tale elemento non è semplice; sono richieste competenze, cautela e attrezzature apposite. L’acqua di mare presenta diversi tipi di composizione, a seconda della distanza dalla costa, del clima e della vegetazione marina, e non può essere prelevata a caso. Nel corso dell’intero processo dall’oceano alla bottiglia l’acqua di mare non può venire a contatto con metallo; deve essere preservata fredda, poiché il calore ne vanifica le corroboranti proprietà viventi. Deve essere trasportata e conservata in contenitori di vetro o di plastica per uso alimentare; quindi deve essere controllata e purificata a freddo, secondo una modalità che la protegga da alterazione e mantenga il suo stato di soluzione viva. (Per ulteriori dettagli sull’argomento, vedere la pagina web http://www.truthquest2.com ). Nel suo stato originario e primitivo l’acqua di mare presentava solo un terzo del contenuto salino attuale, un aspetto tuttora rispecchiato dal contenuto salino di sangue e lacrime. Nel corso del tempo gli oceani sono diventati più concentrati ed ora le loro acque sono troppo salate per essere ingerite in grandi quantitativi. Per utilizzare l’acqua oceanica come plasma sanguigno essa deve essere diluita con acqua ultra-pura sino a raggiungere la medesima concentrazione del plasma stesso: nello specifico, nove grammi di sali per litro. Posto che i fruitori non presentino sensibilità al sodio, come perfetto integratore di minerali può essere consumata oralmente in forma diluita o concentrata – ma solo in piccole quantità, ad esempio un’oncia [0,03 litri] alla volta, se necessario più volte al giorno. Ad ogni modo, è estremamente importante diluirla con pura acqua sorgiva ad uso domestico, dato che, in base a determinati studi, l’acqua additivata con cloro ha sull’acqua oceanica il medesimo effetto dannoso che ha sull’organismo umano. I francesi seguono la prassi corretta: invece di aggiungere alla loro acqua potabile additivi (di scarsa qualità), la integrano con ozono. Per la scienza moderna le precise proprietà dell’acqua di mare restano un mistero. Nonostante la nostra grande competenza tecnica, la natura complessiva dell’acqua di mare sfugge all’analisi. Essa presenta alcune qualità viventi che superano la somma delle sue parti; non è possibile prosciugarla e ricostituirla o sintetizzarla in un laboratorio chimico. Il grande scienziato francese Antoine Béchamp considerava il sangue come una sorta di tessuto fluido piuttosto che un semplice elemento liquido. Inoltre l’acqua di mare ha qualcosa che la rende superiore alla “semplice acqua”. Sostiene la vita, come ha dimostrato il premio Nobel Alexis Carroll, il quale per oltre 26 anni ha tenuto in vita immerso in acqua di mare un pezzo di cuore di pollo, con l’unico accorgimento di sostituire quotidianamente il liquido per eliminare le scorie metaboliche. In realtà, si potrebbe di fatto affermare che abbiamo interiorizzato l’oceano dentro di noi e che questo medium ricco di sostanze nutritive è la sorgente della vita; ogni cellula dell’organismo è immersa e si alimenta in essa. L’acqua raccoglie e porta via i prodotti di scarto del metabolismo cellulare; ha una forza vitale – diversa da quella della soluzione salina presente negli appositi sacchetti degli ospedali, la quale non è altro che una soluzione di sale alimentare da tavola e semplice acqua. Il sale da tavola raffinato ha ben poche corrispondenze con il sale marino grezzo, non raffinato e ricco dei minerali che dovremmo utilizzare, e il nostro organismo ne paga le conseguenze. Se dovessi sottopormi ad un intervento chirurgico, prima di addormentarmi vorrei vedere sopra la mia testa un sacchetto che rilascia “plasma oceanico”. Il mondo ha bisogno di qualcuno dotato di coraggio ed inventiva, disposto ad avviare i primi test di trasfusione di acqua di mare su esseri umani; qualcuno disposto ad ampliare i test di René Quinton sugli animali e a compiere quel balzo nel futuro che contraddistingue il reale progresso.



Nota del Direttore:
A causa di limiti di spazio, non ci è possibile pubblicare le note e i riferimenti inerenti al presente articolo. Se desiderate consultarli, visitate il nostro sito web (australiano) presso http://www.nexusmagazine.com oppure la pagina web dell’autrice presso http://www.truthquest2.com .

A proposito dell’Autrice:
Dianne Jacobs Thompson si è laureata nel 1976 in lettere, presso quella che oggi è la Western Washington State University, dopo di che ha conseguito titoli per l’insegnamento delle lettere e una specializzazione in giornalismo presso la Central Washington State University. Negli ultimi due decenni ha alternativamente insegnato a tempo parziale nella scuola pubblica e, dal 1981, svolge ricerche e scrive nell’ambito della medicina alternativa. Gli articoli e i rapporti erano per la maggior parte di natura troppo controversa – solitamente trattavano dei pericoli della medicina convenzionale e delle terapie alternative – per essere pubblicati in tempi passati, ma Internet ha rimosso innumerevoli ostacoli che in precedenza impedivano la divulgazione di tali informazioni sui principali media, consentendo a molti di questi viaggiatori l’accesso alla “superstrada dell’informazione”.
Il sito web di Dianne si trova presso http://www.truthquest2.com . Contatti via email presso Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. .

Autore: Dianne Jacobs Thompson

Articolo pubblicato originariamente sul n. 67 di NEXUS New Times (aprile - maggio 2007)
La ripubblicazione dell'articolo è gradita con citazione della fonte e del link originario.

Fonte: http://www.nexusedizioni.it

 


 

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