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Il confronto geopolitico e tecnologico tra Stati Uniti e Cina attorno al caso Huawei ha portato all’emersione l’importanza della posta in palio nella battaglia per la dominazione delle reti 5G in via di costruzione in tutto il mondo. Battaglia che si inserisce in un contesto più ampio di “guerra totale” sulla tecnologia tra le due superpotenze e in una vera e propria rivoluzione globale che sta portando con sè un rafforzamento dell’importanza di tecnologie di frontiera come la blockchain, un nuovo ruolo per l’intelligenza artificiale, il fronte sempre più promettente dell’Internet delle cose (IoT) e, in prospettiva, sviluppi ancor più avveniristici come il computer quantistico. Ma meglio non correre troppo oltre: la frontiera, in molti casi, è già realtà e questo vale soprattutto per il 5G. Rivoluzione tecnologica che impatterà sulla comunicazione quotidiana e sull’attività economica in tutto il mondo, ponendo il tema del controllo delle reti e delle infrastrutture di telecomunicazione al centro dei dilemmi securitari delle potenze. Il 5G si annuncia come una vera rivoluzione dell’economia tecnologica globale.

Tutte le potenzialità del 5G.
La fase che stiamo vivendo è il passaggio tra la rete 4G che finora ha fatto da supporto alla telefonia mobile, a quella 5G: un potenziamento poderoso della velocità di trasmissione dei dati, e della riduzione dei tempi necessari per accedere a quelli memorizzati. “Una volta installato (tra il 2019 e il 2022 per una piena diffusione nei principali Paesi avanzati) lo standard 5G permetterà di rinnovare l’ intero pacchetto commerciale degli smartphone oggi in circolazione, e di realizzare il mitico Internet delle cose, una società assistita e fondamentalmente amministrata dai logaritmi del web: dall’ autopilota all’ automatizzazione dei processi lavorativi”, scrive Il Messaggero. Huawei fa paura agli Usa perché è un precursore nella corsa globale alla nuova tecnologia, di cui detiene il 12% dei brevetti già depositati. Per Washington, il fatto che gli apparati di potere di Pechino possano controllare le immense moli di dati trasportate dall’infrastruttura 5G è inaccettabile. Non si tratta affatto di ipocrisia, dato che gli Stati Uniti sono stati i primi a pensare il mondo del big tech come parte sostanziale della loro grande strategia (basti pensare alla sinergia tra colossi come Amazon e gli apparati di Difesa e intelligence), ma di pura logica di potenza. Presupposto per far valere ai clientes dell’egemone statunitense la logica della scelta di campo: Nuova Zelanda, Regno Unito, Canada, Australia (i Paesi del “patto delle anglospie”), Polonia e Giappone hanno già seguito la linea americana, la Germania si incammina nella stessa direzione e l’Italia, per ora, non prende posizione ma cerca di ottenere più rendite possibili.

Le conseguenze economiche del 5G.
La posta in gioco è senza precedenti. “L’avvento del 5G ci appare come il più recente stadio evolutivo di un cammino, quello della digitalizzazione, che ebbe inizio con l’avvento del computer e con il parallelo dispiegamento di quelle reti di telecomunicazione che permettevano alle macchine di realizzare la trasmissione e lo scambio dell’informazione, ossia della materia prima di cui si alimenta l’odierna Società dell’informazione”, scrive StartMag. “Con l’entrata in scena del 5G, le reti diventeranno artefici e protagoniste di un salto drammatico, in termini di velocità e capillarità, della capacità di uomini e macchine di connettersi. Quando il 5G sarà entrato a far parte della vita di tutti i giorni dei cittadini europei, niente sarà più come prima”. E permettere alla Repubblica Popolare, nuovo rivale strategico per eccellenza di Washington, di entrare nel 5G come socio alla pari è dal punto di vista statunitense semplicemente inaccettabile.

Il 5G in Italia.
Lo stesso processo di realizzazione della banda ultralarga di fibra ottica necessaria alle veloci comunicazioni 5G sta rivelandosi un affare redditizio, dettato dalla necessità di sfruttare frequenze di comunicazione molteplici: le frequenze più basse contribuiscono all’ampliamento del raggio d’azione, quelle più alte alla velocità della rete. Come scritto da Stefano Pileri per l’Ispi, nella sola Italia abbiamo di recente “assistito alla gara governativa per l’assegnazione delle frequenze 5G che ha garantito un ricavo incredibilmente significativo per lo Stato, pari a 6,5 miliardi di euro”. Ciò, secondo Pileri, dimostra “il potenziale dello sviluppo di reti d’ultima generazione. La quinta generazione di reti moltiplicherà di dieci volte il numero di antenne installate, combinando le macrocelle attualmente in uso a celle più piccole sparse capillarmente sul territorio. Per il solo territorio italiano, saranno necessarie secondo le stime circa un milione di antenne. Le celle più piccole saranno connesse tramite fibra ottica”, fatto che per il sistema Paese rende necessario una strategia nazionale per il cablaggio di quest’ultima.

Una sfida globale.
Le cifre in ballo per il nostro Paese aiutano, già prese singolarmente, a far capire la portata epocale della sfida. Siamo di fronte a una situazione di transizione di notevole importanza ed è fondamentale per le grandi potenze mettere in campo tutti gli strumenti possibili per tenerla sotto controllo. La trappola di Tucidide, la dinamica di scontro tra Stati Uniti e Cina, tra l’egemone e la potenza sfidante in rapida ascesa, di fatto nel campo della tecnologia e del 5G è già realtà.

Fonte: http://www.occhidellaguerra.it

 

 

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