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Open Source non significa non – profit. Un assunto che, a quanto pare, non è (ancora) dato per scontato neppure negli Stati Uniti. Tanto che John Mark Walker , Open Source Ecosystems Manager per Red Hat, ha appena scritto su Linux.com un articolo in proposito.

 

 

Potete leggere l’originale in Inglese: "How to Make Money from Open Source Platforms" ; oppure, qua sotto, la traduzione.






Non avrei mai pensato di dover scrivere un articolo del genere nel 2015.

Pensavo che ormai fosse chiaro come, dall’uso di piattaforme software Open Source, si generi profitto.

Ma a quanto pare mi sbagliavo.

Nonostante il fatto che il successo dell’Open Source non abbia pari e dòmini l’industria mondiale del software, ci sono ancora tante – troppe – startup che continuano a ripetere lo stesso errore di migliaia che le hanno precedute.

E ci sono ancora troppe grandi aziende che, semplicemente, non capiscono che cosa significhi partecipare, e ancor meno guidare, una comunità Opensource.

Sono passati ormai diciassette anni da quando l’espressione “Open Source” è stata coniata per rimpiazzare la terminologia “free software”, a quanto pare troppo temuta dai tanti Pointy-Haired Boss del settore:

"Libero? Bleah! Usiamo Open Source, invece!"

Da allora, l’innovazione in tutte le aree dell’informatica è stata dominata dalle piattaforme Open Source.

È molto probabile che le innovazioni che si stanno sviluppando adesso, dai sistemi operativi alla virtualizzazione alla gestione dei repository di big data, alle applicazioni cloud e mobile, siano fondate su piattaforme Open Source.

La portata degli ecosistemi Open Source è tale da poter far affermare che praticamente l’intera economia mondiale dipende dal software Open Source.

E stento a immaginare che cosa potrebbe accadere all’economia mondiale se, improvvisamente, il software Open Source divenisse indisponibile (qualcosa come una catastrofe economica e sociale di proporzioni bibliche).

Ma, nonostante l’enorme successo, qualcosa manca al mondo Open Source: aziende Open Source altrettanto di successo.

Come in “Tale of Two Cities” bei tempi e tempi duri si fondono. Le startup Open Source “di successo” degli ultimi dieci anni sono aziende che sono state acquisite da aziende più grandi.

Per quanto attraessero grandi comunità di sviluppatori e utilizzatori, non erano sostenibili in termini di profittabilità. Sono in molti i vendor ad aver dichiarato che è impossibile creare un business di successo con un approccio Open Source puro, e che è impossibile monetizzare l’opensource.





Il modello Open Core.

Molte aziende hanno adottato uno specifico modello per lo sviluppo e la vendita di software Open Source : creare una piattaforma Open Source di base e vendere software proprietario che si integra con tale sottostante piattaforma.

In questo caso la piattaforma è sempre “Free”, sempre gratuita, e ciò che viene venduto è il software. È il modello “Open Core”, e quello più diffuso per l’approccio allo sviluppo Open Source da parte di aziende venture-capital-backed.

Nei fatti, fino a ora c’è stata una sola azienda che abbia sviluppato un modello di business sostenibile dalla vendita di software esclusivamente Open Source: Red Hat.

Con questo, fine dei giochi? Semplicemente, nessuno può creare un’altra storia di successo fondata sull’Open Source puro?

Io credo che chi lo afferma sia nel torto. Di per sé l’Open Core non è un approccio di successo. La ragione per cui le aziende lo usano è che possono marginare di più e più velocemente.

Ma gran parte del valore di questo modello risiede nella piattaforma stessa, e trattarla come un oggetto senza valore mentre si cerca di vendere il software che la usa significa un gioco al ribasso che non può produrre i margini sperati dai vendor.

Inoltre, questo approccio porta alle opposte battaglie del quanto ancora posso limitare la piattaforma per far aumentare la vendita del software proprietario e del come posso migliorare – ma non troppo – la piattaforma Open Source per aumentarne l’adozione.

Non ci sono infatti software proprietari che abbiano stravinto la battaglia per l’occupazione dei moderni data center, forse con l’eccezione di VMware, che utilizza una versione ridotta di Linux per il suo ESX hypervisor. E comunque, in questo caso, la piattaforma Linux rappresenta una minima parte del softwareVMware.

Sembra piuttosto che i prodotti Open Source “di successo” siano quelli in cui il software proprietario è parte integrante della piattaforma stessa, là dove i “pezzi” Open Source sembrano soltanto accessori per tenere insieme il tutto.





L’avversione al rischio degli investitori.

Ma intanto, sistemi genuinamente Open Source si diffondono in tutto il mondo e nei settori più disparati.

La lista di piattaforme Open Source di successo aumenta ogni giorno. Ma che ne è della monetizzazione? E come si spiega il successo stesso, quando i vendor proclamano che non può esserci un business di successo e “veramente” Open Source?

Ma è il problema a essere mal posto, e non consiste nell’impossibilità di guadagnare dai prodotti Open Source.

Da una parte, è sbagliato l’approccio: il software non può essere creato solo da chi deve venderlo. Il quadro è molto più vasto, tra consulenti, systems integrator, sviluppatori interni, provider di hosting cloud che, tutti, vendono, comprano, usano Open Source.

La questione non è tanto che non si fanno soldi vendendo l’Open Source, quanto il cambiamento del modello di business.

Nel “vecchio” mondo del software proprietario la gran parte del profitto andava ai vendor di software “puri”, adesso invece a un ben più ampio spettro di soggetti: mentre molta gente viene pagata per lavorare con l’Open Source, sempre meno gente lavora per i vendor di software.

E anche l’attuale modello di investimento è coinvolto nelle problematiche dell’Open Source. La maggior parte degli investitori, soprattutto nella Silicon Valley, hanno un approccio decisamente di avversione al rischio e, dal loro punto di vista, i prodotti Open Source non rappresentano un investimento ideale.

Per garantire i fondi necessari alla scalabilità di una azienda gli investitori richiedono alle startup di inserire elementi di software proprietario per aumentare profitto e margini.

I due fattori: ricerca del profitto e investitori con l’avversione al rischio, si combinano nel dare una falsa impressione e contribuiscono alla difficoltà da parte di progetti Open Source “puri” di trovare fondi.

Monetizzare l’opensource è dunque possibile? E in che modo?

A partire da questo articolo indagherò sui diversi modelli di business Open Source, su come alcuni siano più vantaggiosi di altri.

Analizzerò il rapporto tra sviluppo del software e progetti Open Source: un rapporto più semplice e complesso al tempo stesso di quanto si possa immaginare.

John Mark Walker.

Fonte: http://www.lpi-italia.org

 


 

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