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di Kashmir Hill e Surya Mattu – L’anno scorso, per il mio compleanno mio marito mi ha regalato un Amazon Echo. La cosa mi ha un pò scioccata, perché entrambi lavoriamo nel campo della privacy e della sicurezza. E questo oggetto sarebbe rimasto al centro della nostra casa con un microfono attivo, in costante ascolto.

Secondo un’indagine di NPR ed Edison Research fatta negli USA, 1 americano su 6 possiede uno smart speaker, che vuol dire possedere un’assistente virtuale in casa. Inoltre ci sono luci intelligenti, serrature, bagni e smart toy intelligenti. Giusto per essere sicuri di cosa stiamo parlando, uno strumento è “smart” perché va su internet. Questo vuol dire che può raccogliere dati e può parlare al suo possessore. Ma dopo aver parlato con me, con chi altri lo farà? Lo volevo scoprire, così mi sono impegnata, trasformando il mio monolocale a San Francisco in una casa intelligente. Ho persino collegato il nostro letto a internet. Per quanto ne so, misurava le nostre abitudini di sonno. Ora vi posso dire che l’unica cosa peggiore di non dormire bene la notte, è avere un letto intelligente che il giorno dopo vi dice come avete dormito e se lo avete fatto a sufficienza.

In casa, ho installato in tutto 18 apparecchi collegati a internet. Poi ho monitorato tutto quello che la casa “smart” faceva. Ho costruito un router speciale per osservare l’attività di rete. Potete immaginare il mio router come un addetto alla sicurezza che registrava tutto il flusso di informazioni in entrata e in uscita dalla casa intelligente. Volevamo capire che informazioni fornissero ai loro fabbricanti. Ma volevamo anche capire come questi messaggi digitali apparissero all’internet provider. Vedevamo ciò che il provider poteva vedere, e soprattutto, ciò che poteva vendere.

L’esperimento è durato 2 mesi. In quest’arco di tempo, non c’è stata una sola ora di silenzio digitale in casa, nemmeno quando ci siamo assentati per 7 giorni. In base ai dati, sapevo quando ci svegliavamo e andavamo a letto. Persino quando ci lavavamo i denti o lavoravamo da casa. Quando la TV era accesa e quando la guardavamo. Ovviamente anche cosa guardavamo. Certo non era poi la prima volta che la nostra TV ci spiava. L’azienda che la produce, VIZIO, ha pagato una multa da 2,2 milioni di dollari l’anno scorso, per aver raccolto informazioni secondo dopo secondo su ciò che milioni di persone stavano guardando in TV, e poi aveva venduto quelle informazioni a data broker e inserzionisti.

Siamo di fronte ad una nuova economia, l’economia della sorveglianza.

Abbiamo scoperto che quasi tutti gli apparecchi smart comunicavano coi loro server ogni giorno. Sapete qual era l’apparecchio più “chiacchierone”? Amazon Echo. Si connetteva al server ogni tre minuti, a prescindere che lo stessimo usando o meno. In linea generale, era sconcertante che tutti questi apparecchi comunicassero informazioni per me invisibili. Non lo avrei mai scoperto senza il mio router.

Se comprate un apparecchio smart, dovreste sapere che voi possiederete l’apparecchio, ma l’azienda produttrice possederà i vostri dati. E sapete, forse c’era da aspettarselo, un apparecchio che si connette alla rete, usa internet. Ma è strano avere questi oggetti che si muovono nell’intimità della casa e permettono alle aziende di tracciare le vostre abitudini più normali.

L’economia della sorveglianza può far suo anche il dato più banale. Ad esempio, a chi importa quante volte ti spazzoli i denti? A quanto pare c’è una compagnia assicurativa dentale chiamata Beam. Monitorano gli spazzolini intelligenti dei loro clienti dal 2015 per fare sconti sulle loro polizze, ovviamente.

So a cosa state pensando: è così che funziona il mondo moderno. Si rinuncia a un po’ di privacy, e si ottiene uno sconto o un’offerta vantaggiosa in cambio. Ma non è stato il caso con la mia “smart home”. Quale offerta vantaggiosa ho ricevuto? Lo ammetto, amo il mio aspirapolvere intelligente, ma molte altre cose mi facevano diventare matta. Abbiamo finito le prese elettriche e abbiamo dovuto scaricare una dozzina di app dal cellulare per controllare tutto. E poi ogni apparecchio aveva il suo login, il mio spazzolino aveva persino la password.

E il caffè intelligente, era un incubo. Pensavo che al mattino, appena svegli, avremmo detto, “Alexa, facci il caffè”. Ma non è così che è andata. Dovevamo usare una frase specifica per far funzionare l’apparecchio. Era, “Alexa, chiedi a Behmor di avviare tasto rapido”. Ma la cosa divertente era che è difficile da dire, l’altoparlante accanto al nostro letto non riusciva a capirci. Così in pratica iniziavamo ogni giornata gridando questa frase diverse volte.

Se decidete di avere una “smart home”, dovete sapere che gli apparecchi smart che comprerete verranno probabilmente usati per profilarvi. Dal numero di strumenti smart che avete è possibile prevedere quanto siete ricchi o poveri. Facebook ha creato questa cosa, e l’ha pure brevettata. Tutta l’ansia che provate ogni volta che siete online, sull’essere tracciati, si sta spostando nel vostro salotto. O in camera da letto.

C’è anche un sex toy chiamato We-Vibe. Vi chiederete come mai un sex toy si colleghi in rete, ma è per le coppie che vivono una relazione a distanza, in modo che possano condividere il loro amore da lontano. Alcuni hacker hanno analizzato questo sex toy scoprendo che inviava tante informazioni all’azienda produttrice, quando è stato usato, per quanto tempo, che vibrazioni sono state selezionate, la temperatura raggiunta dal giocattolo. Finiva tutto in un database. Ho contattato l’azienda, e ho chiesto: “Perché raccogliete questi dati così sensibili?” E mi hanno risposto: “È perfetto per le ricerche di mercato”. Stavano ricavando dati sugli orgasmi dei clienti. E senza comunicarglielo.

Ma c’è dell’altro.

Da quando ci sono servizi di email e i social media, abbiamo scoperto che se qualcosa è gratis, siamo noi il prodotto. Ma pare che con l’internet delle cose, anche pagando siete ancora voi il prodotto. Perciò occorre chiedersi: Chi beneficia davvero di una casa intelligente, voi o l’azienda che vi traccia?

Occorre che le aziende riprogettino questi oggetti pensando alla nostra privacy, perché non siamo tutti disposti a partecipare a “ricerche di mercato” solo perché l’oggetto comprato ha la connessione Wi-Fi.

E devo dirvelo, anche quando siete consapevoli di quello che accade, è facile scordarsi che gli elettrodomestici vi stanno spiando. O dimenticare che queste cose vi stanno guardando, perché non sembrano delle telecamere. Potrebbero assomigliare a… Beh, potrebbero assomigliare a un vibratore.

Ted, tradotto da Alessandra Tadiotto.

Fonte: https://www.beppegrillo.it

 

 

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