Il flusso di polaritoni che incontra un ostacolo nel regime supersonico (sopra) e nel regime superfluido (sotto).
La luce, a certe condizioni, può trasformarsi in un superfluido e scorrere intorno ad un difetto senza attrito, richiudendosi su se stessa senza increspature. Lo ha dimostrato un lavoro guidato da ricercatori dell’istituto Nanotec del Cnr.
Che la luce sia composta di onde è noto. Ma che i fotoni possano comportarsi come un vero e proprio liquido che forma increspature intorno a un ostacolo, come la corrente di un fiume, lo è meno. Che lo possa fare in condizioni date di temperatura e pressione ambientali è la scoperta dei ricercatori dell’Istituto di nanotecnologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Nanotec-Cnr) di Lecce: la luce quando è “vestita di elettroni” può diventare addirittura un superfluido e scorrere intorno a un “difetto” senza attrito, richiudendosi su se stessa senza increspature. I risultati sono stati pubblicati su Nature Physics e sono frutto del lavoro sperimentale effettuato presso i laboratori di Fotonica avanzata del Nanotec-Cnr di Lecce, in collaborazione con il Dipartimento di matematica e fisica ‘Ennio De Giorgi’ dell’Università del Salento, il Polytechnique di Montrèal in Canada, il Centre of Excellence della Aalto University in Finlandia e l’Imperial College di Londra.
«La superfluidità dei cosiddetti condensati di Bose-Einstein (noti anche come “quinto stato della materia”) è un fenomeno affascinante, scoperto già nel secolo scorso nei gas di atomi ultrafreddi (ovvero a temperature prossime allo zero assoluto, -273 gradi Celsius) e studiato in modo più approfondito a cavallo del millennio, grazie alle nuove tecnologie criogeniche ed ottiche in continuo sviluppo» dichiara Giuseppe Gigli, direttore del Nanotec-Cnr e co-autore della ricerca. «La straordinaria osservazione di questo lavoro è che tale proprietà può essere osservata a temperatura ambiente utilizzando particelle molto leggere che si trovano, in certe condizioni, nei semiconduttori, mentre finora tale proprietà era relegata a temperature prossime allo zero assoluto, chiaramente incompatibili con la vita».
«Per ottenere la superfluidità a temperatura ambiente», aggiunge Daniele Sanvitto, primo ricercatore Cnr e coordinatore del team scientifico, «abbiamo utilizzato un fluido ibrido molto speciale, composto di luce e materiale organico. In questo modo, intrappolando la luce tra due specchi altamente riflettenti, siamo riusciti a sfruttare la velocità dei fotoni e la carica degli elettroni, inducendo un flusso di cosiddetti polaritoni (le particelle ibride) e mandandolo ad altissima velocità contro un ostacolo. Mentre in condizioni normali il fluido si comporta come la corrente di un fiume, rimbalzando e facendo delle increspature e dei vortici intorno all’ostacolo, aumentando la sua densità siamo riusciti a sopprimere le turbolenze, inducendo il flusso a richiudersi su se stesso e proseguire la sua corsa senza attrito» prosegue il ricercatore. «In un superconduttore succede qualcosa di simile: gli elettroni, in coppia, condensano dando origine a dei superfluidi che in questo caso conducono anche delle supercorrenti diventando così possibile trasportare elettricità senza perdite».
«Oltre la fisica di base sui condensati interessata in questa ricerca, gli esperimenti di Lecce potrebbero essere utili nel progettare dei dispositivi fotonici in cui le perdite vengano ridotte al minimo grazie al regime superfluido», sottolinea Lorenzo Dominici del team di Lecce. «E magari, proprio nei nuovi computer ottici o quantistici», sul cui fronte sono anche attivi i membri del gruppo di Fotonica avanzata di Nanotec-Cnr.
Articolo: "Room-temperature superfluidity in a polariton condensate" di Giovanni Lerario et al.
Fonte: media.inaf.it