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Stefano Perri e Paola Treves sono due giovani architetti che vivono a Torino e che condividono lo stesso amore per la montagna. Quell'amore li ha portati in Val d’Ossola, dove hanno deciso di dedicare tempo, energie e passione al recupero della Borgata Coletta, un piccolo nucleo di case in pietra dove si respira ancora la storia di queste valli. Così questo luogo, fatto di silenzio e tradizione, sta riprendendo vita dopo anni di abbandono, testimoniando la forza dei giovani che diventano protagonisti di una rinascita di queste terre per lungo tempo dimenticate.





Verbania - Lontano dai percorsi già tracciati e dalle logiche del turismo alpino c’è una montagna silenziosa, sconosciuta e talvolta dimenticata che sta tornando a vivere. Tra alpeggi, terreni scoscesi o luoghi impervi, sta portando avanti la sua rivoluzione silenziosa: è la montagna dei giovani, quelli che non dimenticano ma che ritornano. Quelli che non prendono ma che restituiscono. Ma soprattutto, quelli che non stanno con le mani in mano ma che con la loro determinazione sanno muovere le montagne. Quella che vi raccontiamo oggi è la storia di due giovani: Stefano Perri e Paola Treves, architetti, e insieme giovane coppia, che a Castiglione d’Ossola, in Valle Anzasca, stanno recuperando una vecchia borgata e le sue tradizionali case in pietra.

Per parlarvi di loro ci dirigiamo nell’alto Piemonte e ci addentriamo nei magici territori della Val d’Ossola, dove abbiamo in programma di incontrarli. Questa valle, con i suoi meravigliosi scorci, gli immensi boschi di pini e un cielo nuvolo che fa presagire tempo di pioggia, ci dà il benvenuto. Il viaggio da Torino dura qualche ora e, quasi giunti a destinazione, prendiamo un piccolo sentiero sterrato. Saliamo, saliamo e tra piccoli nuclei di case tradizionali e una fitta vegetazione arriviamo finalmente in questo luogo affascinante e fuori dal tempo: Borgata Coletta.

Borgata Coletta si trova a circa 900 metri e da qui lo spettacolo è impagabile. La montagna è autentica e la natura che ci circonda è selvaggia. Proprio davanti a noi, in un territorio fortemente terrazzato che storicamente veniva sfruttato per l’agricoltura, domina il panorama un nucleo abitativo che conta quattro case in pietra. Ruderi carichi di storia che grazie a Stefano e Paola stanno lentamente riprendendo vita.

Possiamo dire che da sempre la montagna sia stata parte integrante della loro storia: Stefano conosce la Borgata Coletta da quando era piccolo e passava il tempo libero insieme alla sua famiglia che qui possedeva alcune abitazioni; mentre Paola lo spirito da “montanara” ce l’ha nel sangue e ogni volta che può indossa uno zaino e un paio di scarponi per avventurarsi in queste terre di mezzo.

Come ci raccontano, il loro primo incontro è avvenuto durante un workshop di costruzione architettonica nel villaggio-laboratorio di Ghesc, non molto lontano da qui, dove l’associazione Canova coinvolge studenti da tutto il mondo per recuperare il borgo medievale abbandonato e incastonato in un luogo magico tra i monti. Da quel momento non si sono più separati e, con la loro esperienza come architetti e appassionati di architettura montana, mattone dopo mattone hanno iniziato a costruire il loro sogno, ovvero ridare vita al borgo.

«Fino agli anni ’50 – ricordano – il Comune contava qualche migliaio di abitanti ma poi, con l’arrivo della modernità e dell’industrializzazione, molte persone si sono spostate in fondovalle e hanno cambiato il loro modo di vivere, accentuando lo spopolamento di questi luoghi». Così la borgata che ci troviamo a osservare oggi con i nostri occhi è quasi completamente abbandonata e buona parte della vegetazione si è ripresa i suoi spazi.

«Abbiamo cominciato i lavori quattro anni fa: ogni metro quadrato di muro pulito, ogni muretto scoperto, ogni piccolo angolo ci hanno convinti sempre di più a voler dare un futuro a questo posto. Abbiamo studiato lo stato di conservazione degli edifici, abbiamo disinfestato le strutture esterne dalla vegetazione e dai rovi che le coprivano, abbiamo ripristinato i prati, costruito un sentiero e iniziato a realizzare qualche muretto. È un processo lento e sono ormai tre anni che dedichiamo il nostro tempo libero a questo posto. Alcuni possono considerarla una follia, ma a noi piace considerarci un po’ folli».

Il lavoro di Paola e Stefano non è soltanto quello di recuperare la borgata a livello architettonico, ma anche di fare un salto nel passato ripercorrendo la storia di questo luogo. Dalle vicissitudini della famiglia di Stefano che ha vissuto qui in tempi passati, all’utilizzo degli spazi, fino agli utensili tradizionali di lavoro. Borgata Coletta, come tante altre borgate non tanto lontane da qui, è fatta di case semplici che scandivano una vita semplice. I ragazzi ci portano a visitare gli spazi e, tra le pietre che al nostro passaggio ancora si muovono sotto i piedi e l’odore di fieno, facciamo un salto nel passato, in quel mondo rurale fatto di piccole cose.

 



Ci viene raccontato che lo stile delle abitazioni tipiche di questo territorio ossolano si sviluppa su tre livelli: al pian terreno ci sono la stalla, a seguire il piano dell’abitazione e infine il sottotetto, che in passato era occupato dal fienile. Visitiamo anche gli edifici minori che venivano utilizzati per produrre il formaggio o essiccare le castagne e scopriamo che ogni borgata aveva il forno comunitario che gli abitanti utilizzavano per cuocere il pane e trascorrere momenti conviviali di comunità e felicità.

Stefano e Paola ci mostrano i resti dell’antico forno, che un giorno vorrebbero riportare in vita. «La nostra scelta, quando si presenta un particolare lavoro di restauro e recupero, è affidarci a mani esperte, quindi ad artigiani strettamente locali che ben conoscono il luogo e possono aiutarci a custodire fedelmente la sua storia rispettando le antiche tradizioni».

I nostri protagonisti giungono da Torino tutti i weekend per portare avanti, con impegno e dedizione, i lavori. «Il primo lockdown è stato quello che abbiamo maggiormente sfruttato in termini di tempo. In quei mesi, per tenere lontani i momenti di stress in città, abbiamo dedicato moltissime energie a questo progetto e siamo convinti che non avremmo potuto spendere il nostro tempo in maniera migliore». Ora tutti gli spazi di Borgata Coletta, per lunghi anni scarsamente accessibili, stanno ritornando vivi grazie all’intenso lavoro manuale e al rispetto dei materiali originali, che per Paola e Stefano è un aspetto fondamentale.

Il loro obiettivo è stato iniziare dalle attività a costo zero, come la pulizia e la sentieristica. Oltre ai soldi che in questi anni hanno messo da parte per portare avanti la loro idea di recupero, vorrebbero lanciare una campagna di crowdfunding, perché i lavori necessari sono ancora molti e onerosi. «Le opere di recupero richiedono tempo ed energia e per questo stanno avanzando in modo graduale. Così anche noi, gradualmente, stiamo iniziando a vivere in questo posto. Possiamo dire sia diventata quasi una necessità venire qui, staccare dalla frenesia della città, dal ritmo del lavoro. Poi, man mano che il progetto proseguirà, capiremo come poter vivere in questo posto».

Quando domandiamo che sogni hanno per il futuro, le idee che emergono sono tantissime: «A fianco alle case abbiamo realizzato un piccolo apiario, ci piacerebbe creare un laboratorio e un progetto didattico dove coinvolgere bambini, ragazzi e le loro famiglie. Nella casa dove vorremmo vivere ci piacerebbe costruire una piccola struttura di accoglienza che valorizzi le abitudini rurali e le antiche tradizioni. Avremmo piacere ad ospitare a Borgata Coletta coloro che attraversano il Sentiero GTA – Grande Traversata delle Alpi, che passa per tutta la costa alpina e che si inserisce all’interno del più ampio Sentiero Italia».

Insomma, la strada è ancora lunga, ma Stefano e Paola credono fortemente nella possibilità di far rivivere i territori montani attraverso azioni di cura. Prima di salutare i nostri nuovi amici, Stefano ci racconta: «Per me tornare in montagna è sempre stato importante. Ci sono nato e cresciuto, poi l’ho lasciata per motivi di vita e di lavoro e ora sento di essere tornato a casa. Qui posso immergermi nei suoni, nel silenzio, nel fresco; posso risistemare i pensieri, lavorare con le mani e sentire la fatica. Sono sensazioni diverse rispetto a quelle che stimola la città e per questo è molto profondo in me il bisogno di tornare».

Quando Stefano era solo un bambino veniva spesso in Borgata Coletta con i suoi genitori, la zia e la nonna, che questo luogo lo hanno vissuto per tutta la loro vita e che per lui ha un significato speciale. «L’anno scorso, quando abbiamo terminato i lavori di pulizia rimuovendo la fitta vegetazione che si era totalmente impossessata delle case, mi sono ritrovato ad avere lo stesso sguardo di quando avevo 8 anni ed è stato incredibile. Quando certi luoghi li hai vissuti sin da piccolo, è inevitabile, in qualche modo li vivi per sempre».

Fonte: https://www.italiachecambia.org

 

 

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