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Commentando la prevista revisione della politica difensiva del Giappone il ministro della difesa nipponico, Itsunori Onodera, ha rilevato che il Giappone cercherà di acquistare il know how che permetta al paese di contenere la minaccia missilistica e di sferrare attacchi di ritorsione. Il Giappone dispone di tutto il necessario per diventare una potenza militare di prima classe nell’arco di alcuni anni.

Il Giappone sta per abolire il divieto, in vigore da alcuni decenni, delle esportazioni dei propri prodotti militari. In ultima analisi, l’attuale governo nipponico intende apportare modifiche agli articoli della costituzione che riguardano le forze armate affinché il paese abbia un esercito efficiente.

Se i piani del governo nipponico saranno realizzati, possono avvenire cambiamenti rilevanti della situazione politico-militare in Asia ed anche nel commercio mondiale delle armi. Sebbene la possibilità di cambiare i principi della politica militare del Giappone sia apparsa solo adesso, le condizioni tecniche per questo sono state create lungo molti decenni.

Il Giappone ha speso immensi mezzi per creare un complesso industrtiale per la difesa di prima classe. Per molto tempo ha condotto la politica di “appoggio sulle proprie forze” nell’industria della difesa. Già adesso le esigenze delle forze armate giapponesi vengono soddisfatte prevalentemente grazie ai sistemi di armamenti studiati o fabbricati completamente in Giappone o prodotti in Giappone su licenze americane.

I sistemi di armamenti realizzati in Giappone, tra cui gli aerei da combattimento, missili aeroportati, sommergibili, sistemi di armamenti navali e carri armati, corrispondono al livello mondiale moderno. Per decenni il Giappone ha sostenuto grandi spese finanziarie per sviluppare la propria industria della difesa. Viste le modeste dimensioni delle forze di autodifesa giapponesi e la rinuncia del paese alle esportazioni, i sistemi di armi giapponesi venivano prodotti in piccole serie.

Il prezzo per unità degli armamenti di produzione giapponese era talora due o tre volte maggiore rispetto agli analoghi americani, e ciò con caratteristiche uguali o persino inferiori. Così, un caccia giapponese F-2 costa circa 120 milioni di dollari, ossia quasi due volte di più rispetto alla versione moderna del caccia F-16 sulla base del quale è stato sviluppato questo caccia nipponico.

Negli anni 2000 la stasi prolungata dell’economia giapponese ha portato all’arresto della crescita del budget militare e gli acquisti dei nuovi armamenti si sono andati riducendo. Molte aziende dell’industria di difesa giapponese hanno affrontato serie difficoltà finanziarie. Adesso è apparsa la possibilità di cambiare la situazione.

Le aziende giapponesi del settore della difesa possono innanzitutto aumentare drasticamente la propria partecipazione ai progetti realizzati da produttori di armamenti americani ed europei. Sarà infatti molto richiesta l’esperienza unica accumulata dai giapponesi nell’industria elettronica, nella costruzione dei motori e nella produzione dei materiali moderni. Le società giapponesi occuperanno un posto importante nella sistema di divisione internazionale del lavoro nella sfera dell’industria della difesa.

Il Giappone può indubbiamente cercare di avviare il proprio export autonomo dei sistemi di armamenti. Visto l’alto costo di produzione degli armamenti nel territorio giapponese, la cooperazione del Giappone con altri paesi assumerà spesso la forma di creazione di joint ventures con un livello rilevante di localizzazione della produzione nel territorio del paese partner. Possono essere considerati partner promettenti del Giappone nella sfera della cooperazione tecnico-militare i paesi asiatici che cercano di sviluppare proprie industrie della difesa e che sono preoccupati dal rafforzamento della Cina. Si tratta di paesi come l’Indonesia, Thailandia ed India. L’attivo inserimento dell’industria della difesa del Giappone nella cooperazione internazionale in combinazione con il crescente interesse del suo governo verso le questioni militari creano le condizioni per il riarmo e per l’aumento del potenziale combattivo delle forze armate giapponesi.

Probabilmente, i primi sistemi d’assalto giapponesi, destinati a contenere la Corea del Nord e in parte la Cina, saranno i missili alati di media gittata studiati con l’impiego delle tecnologie usate in Giappone per la produzione dei missili alati antinave, ad esempio dei missili SSM-1. Proprio questa era la strada seguita in passato da Taiwan che realizzò missili alati sulla base dei missili antinave Sjun Feng. Nello stesso tempo l’esperienza accumulata dal Giappone nella realizzazione del proprio programma spaziale e l’alto potenziale tecnologico consentono al paese di creare in futuro propri missili balistici.

Il Giappone possiede tutte le possibilità tecniche ed economiche per diventare nell’arco di alcuni anni una potenza militare di prima classe. Unico bastone fra le ruote potrebbero essere gli umori pacifisti di una rilevante parte della società giapponese e l’opposizione da parte degli USA. Ma gli umori della società giapponese stanno cambiando, mente gli USA, in seguito al ridimensionamento delle proprie risorse, saranno costretti a poggiare sempre di più la propria politica su alleati regionali forti.

Fonte: http://italian.ruvr.ru

 

 

Il ministero della difesa del Giappone ha iniziato l’esame della questione dello studio dei propri missili balistici con un raggio d’azione di 400-500 chilometri. Questi missili sono necessari per prevenire l’eventuale intervento nelle isole Senkaku alle quali pretende anche la Cina.

Stando al giornale Sankei, il piano dettagliato del progetto deve essere presentato in giugno nell’ambito della revisione del programma di sicurezza nazionale a lungo termine. Se sarà approvato dal parlamento, lo sviluppo dei nuovi missili balistici può essere avviato già nel prossimo anno.

Si prevede di schierare questi missili ad Okinawa. Il volo del missile da Okinawa a Senkaku sarà di circa 5 minuti. Se il progetto sarà realizzato, sarà il primo caso quando le forze di autodifesa nipponiche saranno dotate di armi offensive di grande raggio d’azione.

L’esperto russo Dmitrij Strelćov non vede in questo passo del governo giapponese niente di inaspettatato e sorprendente:

La decisione del governo del Giappone sull’avvio dello studio dei missili balistici di media gittata è un passo atteso e del tutto logico che corrisponde alla politica, da tempo realizzata dal governo, di accrescimento del potenziale militare del paese. È emblematico che a partire dall’anno scorso sia stata proclamata la necessità di mantenere un potenziale militare sufficiente per l’attacco contro basi dell’avversario situate fuori dei confini giapponesi. Si tratta innanzitutto di bersagli militari nel territorio della Repubblica Popolare Cinese. Ma questo compito può essere interpretato anche in modo più largo, e cioè il Giappone passa da una dottrina esclusivamente difensiva a quella preventiva ed offensiva. È una svolta qualititativa nella politica difensiva del Giappone. Evidentemente, questa politica sarà continuata anche in futuro.

Dmitrij Strelćov è convinto che il progetto sarà appoggiato dal parlamento. Il Partito liberaldemocratico al governo riuscirà a convincere il suo alleato, il partito Komeito di tendenze pacifiste, della necessità di approvare la decisione sulla produzione di propri missili di media gittata. Gli argomenti sono evidenti: inasprimento della situazione nel Nord-Esr asiatico sia a causa dei programmi militari della Corea del Sud, sia in seguito all’attivizzazione della Cina che chiede la restituzione delle isole Diaoyo Dao.

Ovviamente, il Giappone cerca di creare i propri missili di media gittata non per lanciarli alla prima occasione contro la Cina. Si tratta, in primo luogo, di un mezzo di contenimento, ritiene Strelćov. L’esperto non vede motivi per temere che lo sviluppo dei missili balistici possa spingere il Giappone alla creazione della propria arma nucleare. Anche se il Giappone si attiene da tempo alla tattica di mantenimento di un potenziale tecnico-scientifico sufficiente per la realizzazione della bomba nucleare e dispone di materiali fissili sufficeinti per questo, in un futuro prevedibile la questione del possesso dell’arma nucleare non sarà all’ordine del giorno nel paese. Tant è vero che gli USA sono contro la trasformazione del Giappone in una potenza nucleare. Gli esperti sperano che la Cina reagirà in modo abbastastanza tranquillo all’apparizione in Giappone di nuovi missili balistici. Nondimento non è da escludere che la Cina possa adottare passi di risposta.

Fonte: http://italian.ruvr.ru

 

 

La recente decisione del ministero della Difesa del Giappone di richiedere per il prossimo anno il finanziamento per la progettazione del prototipo dell'autonomo caccia ATD-X può diventare un altro passo verso la trasformazione del paese in un forza militare completamente autonoma. La formazione come una tale forza autonoma in futuro può ridurre notevolmente il bisogno del Giappone di servizi americani nell'ambito di garanzie della sicurezza, ritengono gli esperti russi.

Durante la storia del dopoguerra il Giappone stava gradualmente ripristinando il suo potenziali bellico-industriale. La sua propria industria bellica si stava sviluppando anche nelle condizioni quando ciò non aveva alcuna ragione economica. Fino a poco tempo fa il Giappone osservava gli obblighi di non esportare gli armamenti. Le dimensioni modeste delle forze di autodifesa significavano che i mezzi tecnologici si fabbricavano in serie abbastanza limitata e avevano enormi costi.

Ciononostante il Giappone è riuscito a raggiungere il livello elevato di autoapprovvigionamento nel settore dell'industria bellica. Il paese fabbricava e progettava la maggioranza dei tipi degli armamenti e dei mezzi tecnologici per le truppe di terra e per la Marina Militare. Nello stesso tempo i tentativi di sviluppare l'industria aeronautica autonoma si sono sempre scontrati con la contrapposizione politica degli USA. Ricordando grandi successi dell'industria aeronautica giapponese degli anni 1930 – 1940 e il potenziale tecnologico generale giapponese, allora si può ipotizzare che la progettazione nel paese dei propri aerei da combattimento ha delle buone prospettive.

Tuttavia a causa delle pressioni esercitate dagli USA il Giappone è stato costretto a concentrarsi su progetti su scala limitata. Sulla fabbricazione, ad esempio, dei caccia F-1 e F-2 che si è svolta con la partecipazione americana. Inoltre il paese fabbricava aerei militari da addestramento e aerei da trasporto, idrovolanti e caccia americani su licenza. In tutti i casi è stata conservata una notevole dipendenza tecnologica dagli USA.

Il superamento di una tale dipendenza in combinazione con la rinuncia alla politica di autoimposta limitazione nelle esportazioni delle armi apre di fronte al Giappone nuove prospettive. Si tratta anche dello sviluppo della cooperazione tecnico-militare con gli stati esteri, ma anche dell'attuazione di una politica indipendente nel campo della sicurezza.

L'acquisizione dell'autonomia non sarà un compito facile. Perfino il progetto più semplice di un aereo civile regionale Mitsubishi Regional Jet si scontra con continui problemi. Ciononostante i crescenti dubbi nell'efficienza delle garanzie da parte degli USA nelle condizioni di un prezzo crescente di queste garanzie rendono invitabile l'ulteriore corso verso l'indipendenza tecnico-militare del paese.

Per quanto si sa i piani del Giappone sono abbastanza ambiziosi e presuppongono la costruzione di un caccia a pieno titolo delle quinta generazione con il propulsore generale giapponese. Sarà dotato di una stazione radar con la griglia di antenne a schiera fasata, sistema di gestione ottico - elettronico e sistema automatico di diagnostica di danneggiamenti nei combattimenti. Quest'ultimo permetterà di correggere il sistema di guida del velivolo. L'intera esperienza della progettualità dei velivoli della quinta generazione nel mondo indica grandi rischi tecnici e praticamente inevitabile inadempienza rispetto ai tempi della realizzazione del progetto inizialmente indicati. Tuttavia a Tokyo, a quanto sembra, si ritiene che un possibile vantaggio politico giustifichi tali rischi.

Fonte: http://italian.ruvr.ru

 

 

Le logore relazioni con Cina e Russia, l'onnipresente minaccia rappresentata dalle armi nucleari della Corea del Nord, e un riesame del trattato di sicurezza nippo-americano del 1960, formalmente conosciuto come il Trattato di Mutua Cooperazione per la Sicurezza tra Stati Uniti e Giappone, ha portato alcune persone tra il governo giapponese e tra i militari a considerare ciò che sarebbe stato impensabile solo pochi anni fa, che il Giappone entri nel club delle nazioni in possesso di armi nucleari.

Dal momento che il Giappone è stato l'unica nazione ad aver subito l'uso bellico di armi nucleari - il lancio nell'agosto 1945 delle bombe atomiche americane su Hiroshima e Nagasaki - vi è un forte sentimento anti-nucleare tra il popolo giapponese. Ma è degno di nota che il Giappone durante la Seconda Guerra Mondiale avesse in corso due programmi per costruire una bomba atomica, il progetto Ni-Go dell'esercito e il programma F-Go della Marina. Nel 1960, l'amministrazione di Lyndon Johnson fece pressioni sul governo Eisaku Sato affinché firmasse il trattato di non proliferazione nucleare nel timore che Sato stesse perseguendo una capacità di armi nucleari giapponesi per contrastare quella della Cina.

Il trattato di sicurezza prevede che gli Stati Uniti debbano intervenire in aiuto del Giappone in difesa da un attacco armato contro i territori sotto amministrazione giapponese. Tuttavia, WMR ha appreso da fonti giapponesi informate che in un allegato segreto il trattato non prevede che gli Stati Uniti si debbano impegnare per la difesa di due territori contestati: le isole Senkaku, che sono rivendicate dalla Cina (che le chiama isole Diaoyu), e che sono state la causa dei recenti incidenti navali tra Giappone e Cina, e quattro isole Curili meridionali che fanno parte della catena di isole occupate dall'Unione Sovietica negli ultimi giorni della seconda guerra mondiale tuttora occupate dalla Russia.

Le Senkaku furono occupate dagli Stati nella seconda guerra mondiale dalle sue forze militari di stanza ad Okinawa, ma, secondo fonti giapponesi, un allegato al trattato segreto USA-Giappone escluse le isole dall'ombrello della difesa americana sul Giappone. Allo stesso modo, l'allegato non riconosce la sovranità giapponese sulle isole Curili meridionali di Habomai, Shikotan, Etorofu e Kunashir. Un altro protocollo segreto del trattato tra USA e Giappone ha consentito agli Stati Uniti di stazionare armi nucleari sul suolo giapponese.

Con gli Stati Uniti visti sempre più sia dai militari che dai diplomatici giapponesi come una superpotenza sovra-estesa e debole, alcuni elementi del governo giapponese e di esperti stanno pensando che l'unico modo per garantire al Giappone la sicurezza del paese consista nel modificare la sua costituzione e le leggi per consentire l'accesso alle armi nucleari da parte delle forze di difesa giapponesi.

Anche la recente retrocessione nella classifica mondiale del Giappone a terza potenza economica dopo la Cina ha convinto alcuni giapponesi che il Paese deve guardare oltre la sua alleanza sulla sicurezza con gli Stati Uniti e provvedere alla propria difesa che, nel clima geo-politico attuale, richiede l'acquisizione di armi nucleari.

WMR ha appreso da fonti giapponesi che, dal momento in cui il governo darà il via, al Giappone ci vorranno solo tre mesi per sviluppare e distribuire le testate nucleari alle sue forze armate. Il Giappone mantiene una capacità indipendente di arricchimento dell'uranio ed è in grado di utilizzare la propria tecnologia missilistica per sviluppare un sistema di lancio di missili balistici intercontinentali. Poiché si suppone che il Giappone già possieda i dettagli dei piani di costruzione delle armi nucleari, esso sarebbe anche in grado di passare con facilità alla produzione di armi. Il Giappone è già il terzo produttore mondiale di energia nucleare dopo Stati Uniti e Francia, entrambi potenze che possiedono armi nucleari.

La recente scaramuccia tra navi della Guardia Costiera Giapponese e una barca da pesca cinese nelle contestate acque di Senkaku e il fermo rifiuto russo di negoziati con il Giappone riguardo al futuro delle controverse isole Curili del sud che rimangono a un "punto morto", hanno rinnovato l’interesse da parte di Tokyo verso una politica militare giapponese più indipendente, che vede il possesso di una propria forza nucleare come opzione definitiva. A questo si aggiunge la frustrazione giapponese per il rifiuto degli Stati Uniti di lasciare la sua impopolare presenza militare a Okinawa, un fattore che ha contribuito a far cadere il governo del primo ministro, Yukio Hatoyama.

Nel 1968, il governo di Sato aveva ridefinito la sua politica pacifica riguardo all’energia nucleare e al suo impegno di non proliferazione modificandola per dare la possibilità di costruire armi nucleari se l'ombrello nucleare degli Stati Uniti si fosse rivelato inaffidabile. Dopo che si è palesato che gli Stati Uniti hanno escluso sia Senkaku che le Curili meridionali da quello che è considerato territorio giapponese, la clausola di Sato viene ora presa seriamente in considerazione. Nel 1994, il ministro degli Esteri Yohei Kono ha rivelato l'esistenza di un documento segreto giapponese del 1969 del Ministero degli Esteri che invitava il Paese a mantenere la propria capacità di sviluppare armi nucleari.

Nel 2005, il ministro degli Esteri giapponese Taro Aso ha riferito che il vice presidente Dick Cheney a Washington gli ha detto che "l'India, il Pakistan e la Corea del Nord possiedono tutte armi nucleari. Se la Corea del Nord continua a sviluppare armi nucleari, anche il Giappone dovrà armarsi con armi nucleari". Nel 2008, Aso è diventato primo ministro del Giappone. Nel 2006, l'ex primo ministro Yasuhiro Nakasone ha lanciato l'idea che il Giappone debba costruirsi le proprie armi nucleari.

Proprio perché la Cina ha sempre insistito che il Giappone non debba sviluppare armi nucleari, esiste una potente fazione dell’establishment militare e politico giapponese che vuole fare esattamente ciò che la Cina non vuole come modo per gettare il guanto di sfida alle aspirazioni di Pechino di un ampliamento di influenza nell’Asia.

La sensazione da Tokyo è che non è più questione se il Giappone debba sviluppare o meno la propria capacità di costruzione di armi nucleari, ma il quando. E quel "quando" sembrerebbe ora essere molto vicino.

Se il Giappone sceglierà di abbandonare il regime di TNP (non proliferazione nucleare, ndt) e di possedere armi nucleari, ci sarà un effetto domino in Asia. È noto che mentre tutto il mondo era concentrato sul programma nucleare nordcoreano, la Corea del Sud ha tranquillamente avviato un proprio programma nucleare segreto di acquisizione di queste armi. Nel 2004, venne rivelato che Seul sin dal 1980 aveva mantenuto un programma segreto di produzione di uranio arricchito in strutture di ricerca della Corea del Sud e che il programma ha coinvolto l'arricchimento dell'uranio e la produzione di plutonio. Il Canada è indagato in quanto uno dei suoi reattori nucleari Candu che ha venduto alla Corea del Sud è coinvolto nel programma clandestino.

Si ritiene inoltre che Taiwan abbia acquisito armi nucleari come risultato di un'alleanza segreta tra il Sud Africa dell'apartheid, Israele e Taiwan. Il Sud Africa ha dato le sue armi nucleari quando ha raggiunto una maggioranza nera nel 1994. Ci sono anche segnalazioni di un segreto coinvolgimento di Israele al programma di armi nucleari della Corea del Nord. Perfino la Birmania è sospettata di avere in programma l’acquisizione di armi nucleari clandestine.

Wayne Madsen
Fonte estera: http://onlinejournal.com/artman/publish/article_6429.shtml
8.10.2010

Scelto e tradotto per www.comedonchisciotte.org a cura di E.T.

Fonte italiana: https://comedonchisciotte.org

 

 

Quando si pensa al nord-est asiatico e ai suoi attori politici, in genere non si pensa alla Russia nonostante il Paese occupi una quota enorme delle coste del Pacifico e confini con Cina, Corea democratico e Giappone (confine marittimo). Ciò è in gran parte attribuibile alla mancanza di attenzione ai vicini orientali dalla fine della Guerra Fredda. Tuttavia, ciò che è iniziato come graduale svolta a Est, pochi anni fa, ora ha assunto nuovo slancio nel contesto della recente aggressione economica e politica dell’occidente alla Russia. Di conseguenza, le ultime mosse della Russia possono essere viste come perno sull’Asia. Anche se la relazione strategica dal 1996 con la Cina è alla base di tutto, non si dovrebbe presumerlo come intero pivot. Piuttosto, la Russia ha un forte interesse a collaborare con il Giappone (come il Giappone con la Russia), ma la controversia sulle Isole Curili, fabbricata dagli Stati Uniti, è stata strategicamente utilizzata per ritardare il riavvicinamento bilaterale dalla fine della Seconda guerra mondiale. Se il Giappone ha il coraggio di tranciare le catene politiche gli Stati Uniti e cedere le pretese sulle Curili del Sud, potrà liberarsi dall’ordine mondiale unipolare, anacronistico e soffocante, ed iniziare a inserirsi nella dinamica multipolare.


Breve excursus.
La saga delle Isole Curili inizia nel 1855 quando Russia e Giappone firmarono il trattato di Shimoda, che concesse il controllo al Giappone delle quattro isole attualmente contese, mentre la Russia legittimava il suo controllo sul resto. Si divisero anche l’isola di Sakhalin. Questa disposizione fu cambiata in base al trattato di San Pietroburgo del 1875, quando alla Russia fu concessa tutta Sakhalin in cambio della cessione delle Curili al Giappone. 30 anni dopo, il trattato di Portsmouth del 1905, che pose fine alla guerra russo-giapponese, ancora una volta concesse la metà meridionale di Sakhalin al Giappone, a cui rimase fino alla fine della Seconda guerra mondiale. Nei giorni crepuscolari della guerra, secondo l’accordo di Jalta raggiunto dai Tre Grandi nel febbraio 1945, l’Unione Sovietica dichiarò guerra al Giappone e inviò le sue forze a riprendersi l’intero arcipelago delle Curili. E qui è il pomo della discordia, il Giappone ha dichiarato che le quattro isole in questione non fanno parte delle Curili e che l’URSS non avrebbe dovuto prenderne il controllo. Gli Stati Uniti, essendo l’occupante nel dopoguerra del Giappone ed esercitandovi la sovranità, ovviamente influenzarono la posizione di Tokyo nel suo atteggiamento politico regionale nella Guerra Fredda. Il fallimento dell’URSS (e ora Russia) e del Giappone nel firmare un trattato di pace formale ne ostacola i rapporti e da allora ciò è d’ostacolo ad una maggiore interazione post-Guerra Fredda.

Piccole isole, grande importanza.
Russia: Quelle che possono sembrare isolette per la maggioranza delle persone sono in realtà dei pezzi molto importanti per i geostrateghi. Per i sovietici, la Curili forniscono una posizione difensiva contro il partner della mutua sicurezza del Giappone, gli USA, così impedendo a tale banda di controllare l’accesso al Mare di Okhotsk. Dopo la Guerra Fredda, tuttavia, divenne importante parte integrante dello Stato russo, che ormai affrontava minacce all’integrità territoriale nel Caucaso settentrionale. Per via delle guerre secessioniste in Cecenia, lo Stato russo è irremovibile nel proteggere tutti i territori da esso amministrati, comprese le Curili. Nel caso in questione, Medvedev visitò Kunashir, una delle isole rivendicate dal Giappone, nel 2012 e disse che l’intero arcipelago delle Curili è “parte importante della regione di Sakhalin e del territorio russo“.

Giappone: vede ancora le quattro isole Curili del Sud come parte dei suoi ‘Territori del Nord’ illegalmente occupate dalla Russia, una visione che gli Stati Uniti appoggiano. Per un Giappone in cui si risveglia il latente sentimento nazionalista, la questione delle Isole Curili può galvanizzare il pubblico nazionale e distrarlo dall’amara realtà economica. Il Giappone promuove la ‘Giornata dei Territori del Nord’ e inoltre recentemente ha istituito l’Ufficio di Pianificazione e Coordinamento della sovranità territoriale, mostrando così l’importanza che l’élite politica giapponese assegna alle diverse dispute territoriali di Tokyo con i suoi vicini, anche con la Russia.

Due sono una coppia, tre una folla.
Se lasciati da soli, senza l’ostruzione di terze parti, Russia e Giappone avrebbero probabilmente già risolto la questione, ma gli Stati Uniti hanno interesse affinché ciò non accada. Si capisce che più il Giappone si comporta da attore indipendente seguendo politiche basate sui propri interessi, tanto meno gli Stati Uniti potranno influenzare la loro “portaerei inaffondabile” e quindi la regione nel complesso. Il riavvicinamento tra Russia e Giappone e la paralizzante influenza statunitense in Asia orientale, è uno degli incubi della politica estera statunitense in Eurasia, quindi, usa la sua influenza per fare sì che l’élite politica filo-statunitense del Giappone continui, e occasionalmente infiammi, la questione delle Curili per evitarli.

 

 

Gas per gli investimenti.
Russia e Giappone in realtà hanno condivisi interessi nazionali su crescenti relazioni, così da rendere ancora più innaturale la questione delle Curili che si trascina da tempo, dimostrando il forte grado d’influenza degli Stati Uniti nel processo. Il Giappone consuma enormi quantità di risorse naturali, quasi tutte importate dall’estero, ed è il primo importatore di GNL del mondo. La domanda globale di gas naturale dovrebbe aumentare più velocemente di qualsiasi altra risorsa naturale, aumentando del 64% tra il 2010 e il 2040, e il Giappone sicuramente rimarrà tra i primi consumatori. Questo è ancor più vero ora che l’industria nucleare, già predominante, ha subito un’importante battuta d’arresto con il disastro di Fukushima, anche se il Giappone flirta con l’idea di riattivare i suoi reattori. La Russia, gigante mondiale del gas, può facilmente soddisfare il crescente fabbisogno energetico del Giappone senza grandi sforzi. Oltre ad inviare GNL, potrebbe più convenientemente costruire un oleodotto direttamente da Sakhalin a Hokkaido. In cambio di una tale manna gasifera dalla Russia, il Giappone potrebbe essere allettato nel sviluppare la stagnante economia nell’Estremo Oriente russo, la cui crescita tramite l’aiuto degli Stati dell’Asia orientale è una delle priorità nazionali russe. Visto attraverso questo prisma reciprocamente vantaggioso, aumentare i legami russo-giapponesu è vantaggioso per entrambe le parti ed è nell’interesse logico di ogni attore.

Etero-dirigere l’Asia nordorientale.
La strategia primaria degli Stati Uniti per impedire che Russia e Giappone approfondiscano la loro cooperazione energetica è cooptare il Paese con fantocci eterodiretti (LFB). Si pretende che il Giappone prenda l’iniziativa di adempiere agli obiettivi geopolitici statunitensi, cui le sue élite sono indotte erroneamente a credere vantaggiose anche per esse. Parte integrante di tale approccio è creare una strategia della tensione tra Giappone, Russia e (soprattutto!) Cina, infiammata dalla recentemente rinnovata insistenza di Tokyo sulle rivendicazioni territoriali di entrambi gli Stati. Non sono Russia e Cina a voler cambiare la mappa dell’Asia nordorientale, ma il Giappone, spinto dagli Stati Uniti al fine di compensare entrambi questi titani e impedirne legami costruttivi con la loro “portaerei inaffondabile”. Il Giappone condivide anche certe somiglianze con la Turchia, il modello degli Stati Uniti di partner eterodiretto. Turchia e Giappone sono potenze regionali dai pruriti egemonici e d’influenza sulle loro ex-sfere, e i loro leader hanno una visione specifica di come trasformare i loro Paesi. Mentre Erdogan spera di consolidare il potere cambiando la costituzione e promuovendo il neo-ottomanismo, Abe reinterpreta la costituzione per rimilitarizzare il Giappone ed s’è appassionato al controverso revisionismo storico del Giappone imperiale. Mentre apparentemente intraprendono delle trasformazioni per rafforzare l”indipendenza’ dei loro Paesi, in sostanza tutto ciò che fanno li rende vassalli dell’unipolarismo statunitense che incespica sul mondo multipolare, perseguendo il vantaggio dei loro patrocinatori.

Lo spauracchio russo.
Gli Stati Uniti hanno cercato di spaventare il Giappone facendogli pensare che una maggiore cooperazione energetica con la Russia consentirebbe a Mosca d’influenzare le politiche di Tokyo. Non solo ciò è ipocrita, detto dagli Stati Uniti (che ancora è la guida ufficiosa degli affari esteri del Giappone), ma è anche palesemente falso. La guerra delle sanzioni dell’UE contro la Russia dimostra che i Paesi clienti possono ancora provare ad influenzare una politica contraria ai loro partner, a prescindere dalle conseguenze economiche, se ideologicamente motivati. In ogni caso, non è previsto che il Giappone nemmeno si muova in tale direzione e presto, perché ha già aderito al carro delle sanzioni contro la Russia, su istigazione degli Stati Uniti. Inoltre presumibilmente esigerebbe anche che la questione delle isole Curili sia risolta in suo favore, prima di perseguire qualsiasi approfondimento delle relazioni, cose che, come le recenti esercitazioni militari russe suggeriscono, non accadrà.

Conclusione.
Gli Stati Uniti da tempo sabotano la possibilità di un riavvicinamento sovietico/russo-giapponese post-seconda guerra mondiale, fabbricando appositamente la controversia sulle Isole Curili, il primo e più lungo dei ‘conflitti congelati’ post-Seconda guerra mondiale, per respingere tale prospettiva. Come si vede, cooptando il Giappone e la sua leadership nel quadro della LFB dispiegato in tutto il mondo, gli Stati Uniti hanno ora incaricato i loro ascari d’attivare controversie destabilizzanti con Russia e Cina, anche se contrari agli interessi nazionali del Paese. Con un Abe filo-statunitense e revisionista a governare la “portaerei inaffondabile”, il Giappone non potrà mai raggiungere l’inevitabile destinazione multipolare, poiché per farlo per prima cosa dovrà rinunciare irrevocabilmente alle pretese sulle Curili senza precondizioni, e cooperare strategicamente, ad alto livello, con il motore dell’ordine mondiale in evoluzione, la Russia.

 

Andrew Korybko è corrispondente politico statunitense di La Voce della Russia, ed attualmente vive e studia a Mosca, in esclusiva per Oriental Review .

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

Fonte: http://aurorasito.wordpress.com

 

 

 

 

 

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