La NATO durante la guerra fredda aveva preparato un "piano folle" per contrastare i sottomarini sovietici, secondo i media americani. Secondo la rivista militare americana The National Interest la NATO durante la guerra fredda voleva bombardare i sottomarini sovietici con magneti. La rivista rileva che al culmine della Guerra Fredda, l'alleanza non riusciva a tenere il passo con l'URSS: l'Unione Sovietica aveva circa 300 sottomarini diesel-elettrici e nucleari. Pertanto, gli strateghi della NATO temevano che "il problema potesse essere risolto solo con mezzi nucleari", ovvero lanciare attacchi nucleari contro le basi sottomarine lungo la costa sovietica. Vi erano proposte più realistiche, ad esempio un sistema di sorveglianza sonora con una serie di microfoni sottomarini per rilevare i sottomarini, soluzione oltretutto che continua a funzionare finora. Tuttavia, scrive la rivista, altre idee erano "comiche" e folli. È stato proposto, in particolare, di bombardare i sottomarini con dei magneti, che, se attaccati allo scafo di un sottomarino, causerebbe rumore svelando la posizione del sottomarino. Inoltre, al fine di rimuovere questi magneti da un sottomarino, gli equipaggi avrebbero dovuto rivelare la propria posizione riducendo la prontezza al combattimento della flotta sottomarina sovietica.
La NATO decise di testare questa idea.
Dunque gli alleati nel 1962 decisero di testare il sistema su uno dei propri sottomarini. Il prescelto fu un vecchio sottomarino britannico del 1945, l’HMS Auriga. Il sottomarino fu portato in immersione e un aereo sganciò in corrispondenza dell’imbarcazione subacquea centinaia di piccoli magneti. Ed effettivamente il sistema si rivelò efficace. Sugli scafi di diversi sottomarini sovietici allora furono attaccati questi magneti flessibili, che impedivano le attività del sottomarino al punto di annullare le loro missioni e tornare al porto, invece di continuare la propria rotta. Il sistema era talmente efficace che quando il sottomarino riemergeva i magneti si infilavano nei bocchettoni e nei canali dello scafo progettati per far defluire l'acqua. Dunque il sottomarino britannico fu spostato in un cantiere navale per le operazioni di rimozione.
Un successo?
In realtà il problema si rivelò il test stesso perché, se la Marina dell'URSS poteva tranquillamente permettersi di mandare temporaneamente "in vacanza" un paio di sottomarini, la NATO in quel momento non era in grado di correre questo rischio. I magneti funzionavano esattamente come previsto, ma erano semplicemente troppo problematici per addestrarsi e per essere pratici su larga scala. Sembra che la NATO li abbia dispiegati solo poche volte. Un esperto russo intervistato da Sputnik, Vladimir Karyakin, ha definito il piano “un mito, una favola”, sostenendo che i magneti avrebbero avuto poco successo per il semplice fatto che la maggior parte degli scafi dei sottomarini sovietici erano di titanio, metallo non magnetico, e che quelli in acciaio venivano comunque ricoperti con un materiale fonoassorbente.
Fonte: https://it.sputniknews.com