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Nell'Europa centro-orientale gli ultimi mesi del secondo conflitto mondiale e i primi mesi di pace furono caratterizzati da enormi migrazioni ed espulsioni di massa di popolazioni di varie etnie, in particolare tedesche, polacche, ungheresi ed italiane. Allo stesso tempo, numerosi superstiti delle migrazioni forzate volute da Hitler a partire dal 1939 si misero in marcia per tentare un difficile ritorno alle regioni dalle quali erano stati estirpati. Per comprendere le dimensioni del fenomeno, basti pensare che, nell'agosto del 1944, 7,8 milioni di lavoratori forzati, in gran parte sovietici, polacchi, francesi e italiani, erano impiegati nelle fabbriche e nelle campagne del Terzo Reich.

 

 

Tuttavia, le migrazioni e i fenomeni di pulizia etnica più massicci nell'ultimo periodo di guerra e nei primi mesi di pace coinvolsero le popolazioni di etnia tedesca stanziate nei Sudeti e ad est dei fiumi Oder e Neisse, in particolare nelle allora province tedesche della Slesia, Pomerania, Prussia Orientale ed Occidentale. Stando ai dati indicati nella Dokumentation der Vertreibung der Deutschen aus Ost-Mitteleuropa (Documentazione dell'espulsione dei tedeschi dall'Europa centro-orientale), circa 14 milioni di tedeschi fuggirono o furono espulsi dall'Europa centro-orientale; circa 2 milioni di essi morirono durante la fuga a causa dei bombardamenti sovietici ed alleati, delle ritorsioni dell'Armata Rossa e delle precarie condizioni meteorologiche e materiali in cui si svolse la fuga.

L'espulsione della popolazione tedesca da ampie zone dell'Europa centro-orientale va collocata nel contesto delle politiche etniche e razziali del Terzo Reich negli anni che la precedettero. Fu il regime hitleriano che diede inizio ad ampie migrazioni forzate di gruppi etnici nella regione, in particolare a partire dal 1938 con il programma Heim ins Reich ('A casa nel Reich'), che prevedeva il trasferimento nel Reich di migliaia di tedeschi (Volksdeutsche) stanziati al di fuori dei confini della Germania. Con lo scoppio della guerra, l'occupazione della Polonia ed il patto Molotov-Ribbentrop dell'agosto 1939, 'Heim ins Reich' assunse proporzioni ancora più ampie. Centinaia di migliaia di individui di etnia tedesca stanziati in Bucovina, Bessarabia, nelle repubbliche baltiche (regioni che vennero annesse all'Urss in seguito al patto Molotov-Ribbentrop), in Dobrugia e in Jugoslavia furono costretti a migrare nelle province annesse al Terzo Reich dopo l'occupazione della Polonia. Contemporaneamente, i polacchi e gli ebrei che abitavano nelle regioni annesse furono sistematicamente internati in campi di concentramento ed espulsi nel Governatorato Generale, lo stato fantoccio creato dai nazisti nelle province polacche non annesse al Reich. Qui molti di essi vennero sterminati nei campi di Auschwitz-Birkenau, Belzec, Majdanek, Sobibor e Treblinka.

In seguito all'invasione dell'Urss nel giugno del 1941, i piani nazisti di sterminio e ripopolamento con individui di etnia tedesca furono estesi ad ampie aree del territorio sovietico. Il Generalplan Ost (Piano Generale Est), elaborato alla vigilia dell'attacco all'Urss dall' Ufficio Principale per la Sicurezza del Reich (Reichssicherheitshauptamt), prevedeva la riduzione in stato di schiavitù della gran parte della popolazione sovietica e la successiva espulsione a est degli Urali e lo sterminio di quest'ultima. Solo una frazione delle etnie stanziate nell'Urss che, secondo i piani nazisti, erano più adatte alla germanizzazione sarebbero sopravvissute. Ampie aree dell'Europa orientale, in particolare i paesi baltici, l'Ucraina ed il Caucaso fino al Volga, sarebbero diventate terre di insediamento per coloni tedeschi e sottoposte allo sfruttamento economico del “Grande Reich”.

L'esito sfavorevole del conflitto con l'Unione Sovietica impedì la realizzazione del Generalplan Ost, il quale doveva essere portato a compimento nell'arco dei 25-30 anni successivi alla sconfitta militare sull'Urss. Tuttavia, durante la guerra e l'occupazione nazista delle province occidentali dell'Urss alcune fasi preliminari del piano vennero messe in pratica, come dimostrano il trattamento brutale riservato dalla Wehrmacht e le SS ai prigionieri di guerra sovietici ed alla popolazione locale, lo sfruttamento indiscriminato delle risorse economiche delle aree occupate e la deportazione di numerosi cittadini sovietici per lavori forzati o per la loro liquidazione in campi di sterminio. Già nel novembre del 1941, a pochi mesi dall'attacco all'Urss, leaders nazisti quali Hermann Goering pronosticavano l'imminente morte per inedia di milioni di cittadini sovietici e informavano dei loro piani persino alti funzionari dei governi alleati con la Germania, tra cui l'allora ministro degli esteri dell'Italia fascista Galeazzo Ciano.

Dopo aver sventato il piano nazista di conquista militare dell'Unione Sovietica, nell'autunno del 1944 le truppe dell'Armata Rossa raggiunsero i confini orientali del Terzo Reich e si prepararono per l'offensiva finale verso Berlino. La martellante propaganda antisovietica del regime nazista, che descriveva i soldati sovietici come brutali orde asiatiche di “sottouomini” (Untermenschen), incrementò il timore della popolazione tedesca nei confronti della sempre più prossima invasione sovietica del Reich. Le prime efferatezze compiute da truppe dell'Armata Rossa nei confronti di civili tedeschi in Prussia Orientale sembrarono sostanziare le cupe previsioni della propaganda di Goebbels. Per questo motivo, quando l'esercito sovietico lanciò un'offensiva generale nel gennaio del 1945 e fece vacillare l'intero fronte orientale tedesco, gran parte della popolazione tedesca stanziata in Prussia Orientale, Slesia, Pomerania e Posnania fuggì precipitosamente verso ovest, nel disperato tentativo di sottrarsi all'occupazione sovietica.

I drammatici avvenimenti in Prussia Orientale, una provincia del Reich dove nel 1944 si trovavano circa 2,5 milioni di tedeschi, esemplificano il tragico destino a cui andò incontro gran parte della popolazione tedesca stanziata a est dei fiumi Oder e Neisse. La rapida offensiva sovietica accerchiò la provincia in soli dieci giorni, tagliando i collegamenti via terra col resto della Germania.

Alle centinaia di migliaia di civili tedeschi in fuga non restò altro che riversarsi nelle città portuali della provincia, alla ricerca di una nave che li trasportasse ad occidente, oppure tentare di sfuggire all'accerchiamento dell'Armata Rossa a piedi, attraverso la laguna ghiacciata alla foce del fiume Vistola e l'istmo di terra del Frische Nehrung (o 'Mierzeja Wiślana', in polacco). In entrambi i casi, le colonne di profughi erano sottoposte ai bombardamenti dell'aviazione sovietica e al rischio di essere raggiunti dai reparti avanzati dell'Armata Rossa.

Le tormente di neve, con una temperatura che rimase per settimane sotto lo zero, resero la fuga ancora più drammatica. Poiché gran parte degli uomini si trovavano al fronte o in prigionia, furono soprattutto donne, bambini ed anziani a fuggire. La loro fuga fu resa ancora più ardua dalla totale assenza di piani di evacuazione; infatti, benchè conscio dei rischi che incombevano sulla popolazione civile in vista dell'imminente offensiva sovietica, il governo provinciale nazista guidato dal fanatico Erich Koch aveva rifiutato di preparare piani di evacuazione, ritenendoli una manifestazione di disfattismo. Inoltre, l'esercito e la marina tedesca ricevettero ordini di concentrarsi esclusivamente sulle operazioni belliche e di prestare aiuto alle colonne di rifugiati solo qualora tale attività non fosse d'intralcio per il movimento delle truppe. La Wehrmacht si riservò l'uso delle migliori strade e spesso costrinse le colonne di profughi a procedere attraverso i campi ai lati della strada, in modo tale da non rallentare lo spostamento dei mezzi corazzati nei pressi del fronte. Ospedali, mense e i centri allestiti dall'organizzazione di welfare del Reich (Nationalsozialistische Volkswohlfahrt), già messi a dura prova dal costante flusso di feriti dal fronte, furono soverchiati dalla massa di rifugiati.

A causa di queste circostanze, il bilancio umano della fuga fu drammatico. Nella sola Prussia Orientale 300.000 civili tedeschi perirono a causa dei bombardamenti alleati, del freddo e delle precarie condizioni materiali in cui si svolse la fuga. Tuttavia, 650.000 prussiani riuscirono ad imbarcarsi nel piccolo porto di Pillau (oggi Baltyisk, in Russia) e sfuggirono all'accerchiamento sovietico via mare; inoltre, altri 700.000 raggiunsero l'adiacente Pomerania via terra, di cui ben 450,000 attraversando la laguna ghiacciata alla foce della Vistola e il Frische Nehrung. 500.000 tedeschi restarono in Prussia Orientale, ma vennero in gran parte espulsi dopo il termine della guerra.

Pochi mesi dopo gli eventi sopra descritti, nel luglio del 1945 alla Conferenza di Potsdam veniva formalizzata l'espulsione delle popolazioni di etnia tedesca dai Sudeti e dalle province tedesche a est della linea Oder-Neisse. L'articolo XIII dell'accordo di Potsdam, intitolato 'trasferimento regolato delle popolazioni tedesche', recitava: 'I tre governi alleati, avendo preso in considerazione la questione in tutti i suoi aspetti, riconoscono che il trasferimento in Germania delle popolazioni tedesche ed elementi appartenenti ad esse ancora stanziati in Polonia, Cecoslovacchia e Ungheria dovrà essere effettuato. Essi [i governi alleati] concordano che qualsiasi trasferimento debba essere effettuato in modo umano e regolato'.

Tuttavia, i trasferimenti dei civili tedeschi non furono né umani né regolati; spesso si verificarono vere e proprie espulsioni di massa. Inoltre, per volere del dittatore sovietico Josif Stalin sia i confini occidentali che orientali della Polonia vennero tracciati più ad occidente rispetto alle aree realmente abitate dalla popolazione polacca. Di conseguenza, le province tedesche della Slesia, Prussia Occidentale, gran parte della Pomerania e l'intera Posnania furono incorporate nel nuovo stato polacco, che si mise subito all'opera per garantire l'espulsione dei tedeschi superstiti e il ripopolamento di queste aree con cittadini polacchi; l'intera area dei Sudeti venne assegnata alla Cecoslovacchia, dove il governo Beneš procedette all'espulsione di circa 3 milioni di individui di etnia tedesca. La Prussia Orientale venne spartita tra Polonia ed Unione Sovietica e la sua capitale Königsberg venne ripopolata da coloni russi e rinominata Kaliningrad.

di Marco Siddi

Fonte: http://www.instoria.it

 


 

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