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Ci sono migliaia di film che raccontano storie di nativi americani generalmente cattivissimi, sempre e comunque sconfitti. Hollywood ha invece sempre censurato la storia dei Seminole anche se ci sarebbe materiale per realizzare 100 film straordinari.

 

 

Iniziai a occuparmi dei Seminole una decina di anni fa, raccogliendo materiali trovati a fatica. Da otto mesi stiamo conducendo una ricerca storica collettiva sul web su questo popolo straordinario che ha saputo resistere. Inizialmente per scrivere un romanzo a più mani. Via via che le informazioni si accumulavano abbiamo scoperto talmente tanti avvenimenti incredibili che abbiamo mandato due ricercatrici, Vania di Febo e Claudia Rordof, in missione in Florida a intervistare storici e esponenti della società seminole. E poi abbiamo deciso di proporre a un gruppo di grandi professionisti della narrazione di unirci e realizzare un’opera multimediale che racconti questi 500 anni di resistenza al colonialismo.

Dall’11 e il 14 novembre ci incontreremo a Alcatraz insieme a Dario, Franca, Stefano Benni, Nando Citarella, Toni Esposito, Sergio Laccone, i Modena City Ramblers, i South Sound System, Imad Zebala, con Milo Manara in collegamento dal Brasile.

Tutti insieme per narrare con teatro, musica, e fumetti una storia che alla fine era proprio giusto raccontare, per rendere onore all’indomabilità di queste genti e anche per trarne una lezione. E lo faremo continuando a coinvolgere, anche in diretta video web chi vorrà partecipare a questo happening.



La storia.

I Seminole non vengono mai piegati ma non sono guerrieri come gli Apache o i Sioux. Sono pacifici pescatori e contadini con una cultura fortemente matriarcale e sono convinti che gli stranieri sono preziosi perché portano nuove idee e soprattutto figli più forti se fanno l’amore con le loro donne. Hanno il culto dell’ospitalità sessuale, qualche cosa di simile a quel che ci racconta il greco Erodoto, cronista del 400 aC quando resta sconvolto visitando Babilonia e scoprendo che le donne, anche le regine, prima di potersi sposare devono assolutamente far l’amore con uno straniero presso il tempio della Dea Madre. Così i Calusa, dai quali i Seminole discendono, accolgono naufraghi, schiavi neri fuggiti, indiani sconfitti e si fanno raccontare tutto.

Quando arriva il primo esercito spagnolo conoscono già i fucili e della doma dei cavalli e non si spaventano. E sanno anche che gli spagnoli sono bugiardi e non credono alle loro promesse di pace. E’ la storia che mio padre ha raccontato in “Joan Padan alla descoverta delle Americhe”.

La resistenza di questi indiani della Florida tiene testa a tutte le spedizioni successive, fino a quando il re di Spagna, stanco di perdere navi e soldati in quelle imprese disastrose vieta la colonizzazione della Florida perché abitata da mostri. E per più di 150 anni i bianchi rinunciano a conquistare i territori restati indiani. Un fatto incredibile, unico. Che sarebbe degno di comparire sui libri di storia e che invece è quasi completamente sconosciuto.



4 guerre.

I tentativi di togliere a questi nativi i loro territori riprendono con veemenza intorno al 1780. I nordamericani schiavisti non sopportano più che centinaia di neri possano scappare dalle piantagioni e trovare rifugio presso i Seminole, dove costruiscono villaggi di Marrones (schiavi fuggiti). Ordinano quindi che gli schiavi vengano restituiti e i Seminole rispondono: “Veniteveli a prendere!”.

I Seminole che non sono una vera e propria tribù ma una fusione tra i gruppi di indiani che resistono in Florida fin dal 1500 e altri che sono giunti lì fuggendo da altri territori invasi dagli europei, non hanno né re né capi, scelgono democraticamente ogni volta chi li comanderà in guerra. Hanno quindi Capi di Battaglia che discendono da antiche famiglie Calusa o Creek e leader meticci, mulatti, neri e ci sono con loro alcuni bianchi rinnegati.

Tra questi William Augustus Bowles un ex soldato anglodanese che prima diventa attore e poi capo indiano che guida la resistenza contro gli spagnoli. Nel 1790 proclama l’indipendenza della nazione Muskogee nella quale raccoglie decine di tribù indiane, alcune migliaia di schiavi ribelli, e parecchi europei convertiti. Con un esercito incredibile e 3 navi sbaraglia gli spagnoli e poi dichiara guerra agli Usa e resiste 3 anni prima di venire catturato a causa di un tradimento.

E c’è la storia di una specie di Arlecchino nero, che nel 1800 diventa famoso perché con la sua parlantina riesce a truffare i bianchi, vendendo a un generale per 30 volte le stesse 2 tartarughe che poi ogni sera gli rubava. Questo nero, John Horse, è un pazzo scatenato che organizza comizi-spettacolo clandestini dentro le piantagioni per convincere gli schiavi a ribellarsi, raccoglie così un battaglione di 300 neri e attacca gli europei, ma siccome i suoi soldati sono terrorizzati si mette a fare il buffone saltando e ballando e mostrando il deretano ai soldati bianchi che incredibilmente continuano a sparare senza colpirlo. E lui insulta i nemici e insulta i suoi fratelli neri: “Siete dei vigliacchi! Meritate la schiavitù!” fino a quando questi non escono dai ripari e si buttano nella battaglia vincendola.

Vengono combattute tre Guerre Seminole, piene di massacri, tradimenti, deportazioni di massa. Un Vietnam che dura in vario modo dal 1780 al 1860 quando ancora poche centinaia di indiani e marrones resistono asserragliati nelle immense paludi della Florida. Un’impresa militare che costa agli Stati Uniti più di 40 milioni di dollari, una cifra enorme a quei tempi, e migliaia di morti. In assoluto la guerra indiana più costosa in termini di denaro e caduti.

Alla fine i bianchi riescono a deportare una parte notevole dei Seminole negli stati dell’Ovest, ma nelle paludi ancora resistono alcune centinaia di irriducibili. Seguono decenni di relativa calma, disseminati di omicidi e piccoli scontri a fuoco. Poi agli inizi del 1900 si arriva a un complesso processo di pace. E alla firma di un trattato di pace che riconosce ai Seminole lo status di nazione che non si è mai arresa.

Seguono anni di miseria e crisi per i pochi superstiti abbandonai a sé stessi in una condizione di totale emarginazione, senza scuole, senza assistenza medica, senza infrastrutture di nessun tipo.

Poi, intorno al 1950, inizia la rinascita guidata da una donna, Mae Tiger, una meticcia con padre bianco. E’ un’adolescente quando un’amichetta nera le mostra un fumetto e lei scopre che è possibile scrivere i suoni che emette la voce. Affascinata da questa idea vuole andare a scuola, vuole imparare a leggere e scrivere. Convince la madre, una sciamana, che la porta nella scuola per neri. Ma lì non accettano i Seminole.

Allora lei lascia la famiglia e va a studiare in un altro stato americano, in una delle poche scuole per indiani. E torna dopo anni con il diploma di infermiera. Lancia una sorta di rivoluzione culturale ed economica e diventa Presidente dell’autocostituito governo della Nazione Seminole.

Negli anni ’70 un altro meticcio, figlioccio della Tiger, James Billie, torna dal Vietnam dove ha fatto parte delle forze speciali, militando in una compagnia tutta di Seminole che combatteva nelle paludi, dietro le linee Vietcong.

Billie al suo ritorno dalla guerra trova una situazione disastrosa: i trafficanti di droga hanno iniziato a usare le terre seminole come base dei loro commerci: arrivano aerei dal Messico atterrano su piste clandestine, trasbordano la merce su motoscafi e furgoni blindati, le truppe del narcotraffico bivaccano sulle terre sacre degli antenati e vendono droga ai giovani indiani.

Allora Billie riorganizza la compagnia di marines con la quale ha combattuto in Vietnam, arruola qualche cacciatore esperto e una notte attaccano in massa i narcotrafficanti, li cacciano e sequestrano loro armi aerei, motoscafi, auto e blindati.

E creano la Polizia Seminole. Lo Stato della Florida non è d’accordo.

Billie mostra il trattato di pace stipulato 70 anni prima dove c’è scritto che i Seminole non sono soggetti alle leggi statali perché sono una nazione indipendente.

Vincono una causa legale e il giorno dopo hanno l’idea di aprire una serie di sale di Bingo che negli Stati dove hanno i loro territori sono vietati. Poi si mettono anche a produrre sigarette. Poi diventano proprietari di un terzo di Las Vegas e della catena degli Hard Rock Caffè.

Sono 3.000 e sono molto ricchi. E pagano a tutti i bambini gli studi fino all’università.

E’ o non è una storia che va raccontata?

Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it

 

 

 

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