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Tutti sanno che l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche era costituita da quindici repubbliche. Oggi ognuna di queste si presenta come stato autonomo e sovrano. La schiera dei mass media contemporanei si ingegna a presentare l’URSS come un aggressore, il cui governo costringeva all’annessione forzata anche chi non la volesse. Ma gli storici hanno documenti che confermano il fatto che non fosse tutto poi così terribile. Alcuni stati sostenevano che solo tra le fila dell’Unione Sovietica avrebbero potuto prosperare felicemente ed essere protetti.




Agostinho Neto, presidente dell’Angola dal 1975 al 1979.



Angola.
Questo paese africano ha vissuto per molto tempo una guerra civile, iniziata nel 1961 come lotta per l’indipendenza. In seguito al riconoscimento della sovranità portoghese in Angola si scatenò la guerra civile. Oggi nessuno, probabilmente, riuscirebbe a comprendere per cosa si stesse combattendo. Inoltre agenti speciali sovietici presero parte attivamente al movimento di liberazione dell’Angola e del suo leader Agostinho Neto. Per l’URSS questo era un “partito” conveniente. In quel periodo nel paese furono aperte ricche miniere di uranio, giacimenti di petrolio e diamanti. Per di più fu l’amministrazione sovietica a ristabilire l’ordine territoriale dell’Angola. Collocando a Luanda una base per le navi militari di superficie, l’Unione Sovietica poté tenere sotto controllo le rotte navali dall’Africa al continente americano, dall’Oceano Indiano all’Atlantico. Alla fine degli anni ’70 del secolo scorso, il leader dell’Angola rivolse al governo dell’URSS una richiesta di annessione. Ovviamente seguì un rifiuto. L’accordo di annessione dell’Angola tra le fila dell’Unione Sovietica avrebbe potuto provocare un conflitto militare tra gli Stati Uniti d’America e l’URSS, i cui rapporti non erano facili. Sui rapporti tra il paese dei soviet e l’Angola si sa poco, visto che molti documenti sono rimasti secretati fino ad oggi.




Leonid Brežnev e Todor Živkov.


Bulgaria.
L’unico paese dell’Europa orientale che fece ripetutamente richiesta di entrare a far parte dell’Unione Sovietica fu la Bulgaria. Per iniziativa di Todor Živkov, all’epoca leader del paese, il governo portò avanti negoziazioni per convincere in tutti i modi il leader sovietico del fatto che la Bulgaria sarebbe stata molto utile ad un paese grande e potente. Ma Nikita Chruščëv, con una battuta, rispose che non si sarebbe messo a pagare ai greci le indennità di guerra della Bulgaria. Si trattava del risarcimento per i danni materiali accumulati nella Seconda Guerra Mondiale, quando la Bulgaria era alleata degli eserciti fascisti. Poco tempo dopo, quando andò al potere Leonid Il’ič Brežnev, il leader bulgaro replicò il tentativo di negoziazione per l’annessione all’URSS. Solo che fu nuovamente respinto.




Carri armati mongoli a supporto dell’esercito sovietico durante la Seconda Guerra Mondiale.



Mongolia.
La Mongolia divenne il secondo stato che intraprese la costruzione di una società socialista dopo la Russia sovietica. All’epoca in cui esisteva il paese dei soviet, tutti reputavano la Mongolia la sedicesima repubblica dell’URSS, mancava solo l’ufficialità. Quindi il paese non divenne mai formalmente parte dell’Unione.
Principalmente per due motivi:
1. Negli anni ’20 il governo dell’URSS propose di lasciare la Mongolia come stato cuscinetto in caso di guerra tra Cina e Giappone.
2. Dopo la fine della guerra (1941-45) la Mongolia non entrò a far parte dell’URSS perché il governo decise che non fosse conveniente entrare in competizione con la Repubblica Popolare Cinese.
All’inizio degli anni ’90 molti capirono che la conformazione dello stato sovietico degli ultimi 30-40 anni non poteva avere futuro. A questo punto il governo della Mongolia annunciò la fine della costruzione del socialismo nel paese. Ad oggi i rapporti tra Mongolia e Russia, legittima erede dell’URSS, restano amichevoli: in Mongolia molta gente conosce la lingua russa e le relazioni commerciali procedono con successo. La Mongolia è un partner strategico della Russia.




Bela Kun, capo della rivoluzione comunista ungherese del 1919.



Ungheria.
Seguendo il modello della Rivoluzione d’Ottobre in Russia, i cittadini di una serie di paesi europei, scontenti del governo dei propri stati, intrapresero rivolte militari. Alla resa dei conti, alcuni stati autoproclamati nascevano molto rapidamente e quasi altrettanto rapidamente sparivano. L’Ungheria, che si distinse per aver resistito più a lungo, 133 giorni, si chiamava in quel periodo Repubblica Sovietica Ungherese. I comunisti di Ungheria speravano nel fatto che la Russia sovietica avrebbe offerto loro un aiuto dopo la conquista del potere. Ma la Russia era impegnata nella guerra civile, che non le permetteva di assumere il ruolo di “fratello maggiore”. L’esistenza della Repubblica Sovietica Ungherese ha visto la sua fine in seguito all’aggressione dell’esercito rumeno, che ha interrotto l’esperimento dei comunisti ungheresi.




Mao Tse-tung e Josif Stalin.



Cina.
Il 1 ottobre 1949 Mao Tse-tung proclamò la Repubblica Popolare Cinese, con capitale Pechino. Già nel dicembre di quell’anno a Mosca ebbero luogo delle negoziazioni tra Stalin e Mao Tse-tung. Di cosa trattassero nello specifico le negoziazioni non è noto con certezza, ma il fatto che Mao voleva unirsi all’URSS era risaputo. È probabile che l’ambizioso e autoritario politico cinese del movimento comunista sperasse di divenire in seguito capo dell’URSS dopo Stalin. Stalin comprendeva bene tutto ciò, e in modo diplomatico rifiutò la richiesta del suo “fratello minore”, facendo riferimento al fatto che la Cina sarebbe dovuta diventare una forza politica autonoma in Oriente. Mao Tse-tung formulò altre volte la stessa richiesta al compagno Stalin, tuttavia ottenne un gentile ma tassativo rifiuto. E poi, quando salì al potere Nikita Sergeevič Chruščëv e venne sfatato il culto della personalità di Stalin, Mao rimase deluso e voltò lui stesso le spalle all’Unione Sovietica.

Tradotto da Francesco Iovenitti

Fonte estera: https://moiarussia.ru

Fonte italiana: http://russiaintranslation.com

 


 

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