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Intervista di M. Quadri a Viktor SUVOROV, al secolo Vladimir Rezun, agente del Servizio Segreto Militare (GRU) dell’Unione Sovietica.

Tratta da: "La Nuova Europa", n. 1,  2001.

 

Nel giugno di quest'anno si compiranno sessant'anni da quel drammatico 22 giugno 1941 in cui le truppe tedesche invasero l'Unione Sovietica, dando alla guerra una svolta fatale per il nazismo, e creando involontariamente il cliché della "lotta antifascista" guidata dal socialismo.

Su questa guerra non è stato ancora scritto tutto: troppe reputazioni da difendere, da una parte e dall'altra, hanno contribuito a tenere nascosti molti fatti anche essenziali. L'interpretazione della guerra di cui disponiamo è quella manichea dei vincitori; per questo, a sessant'anni di distanza, siamo ancora intenti a scavare negli avvenimenti nascosti, grazie al fatto che poco alla volta cadono alcuni divieti. Un contributo originale in questo senso è stato dato da uno scrittore russo, Viktor Suvorov, ex funzionario dei servizi segreti militari sovietici e storico autodidatta, è uscito anche in Italia il suo primo libro su Stalin e la seconda guerra mondiale, "Stalin, Hitler. La rivoluzione bolscevica mondiale".

Il libro sostiene una tesi a dir poco rivoluzionaria: l'attacco a sorpresa di Hitler all'Unione Sovietica nel 1941 fu in realtà un'estrema reazione per prevenire l'attacco di Stalin. Una simile tesi comporta un vero ribaltamento della storiografia del '900, che normalmente considera l'opposizione antifascista dell'URSS socialista (e la lotta antifascista della sinistra in genere) come il nodo cruciale del XX secolo. Se veramente Stalin si preparava a invadere l'Europa, significa che la sua opposizione a Hitler era solo strumentale, in vista del più ampio scontro con le democrazie dell'Europa occidentale. La tesi di Suvorov è dunque di quelle che suscitano polemiche infuocate. Viktor Suvorov è lo pseudonimo di Vladimir Bogdanovich Rezun, nato nel 1947, figlio di un ufficiale dell'Armata Rossa. Ha compiuto studi militari all'Accademia Suvorov e alla Scuola militare superiore di Kiev. Dopo aver partecipato all'invasione della Cecoslovacchia nel '68, nel 1970 è entrato nel GRU (i servizi segreti militari) e in questa veste ha risieduto a Ginevra dal 1974 al 1978. Quello stesso anno ha chiesto asilo politico in Inghilterra ed è stato condannato a morte in Unione Sovietica. Ha scritto diversi libri sulla vita nell'esercito e sull'intelligence sovietica. Ma ha raggiunto la fama con la serie di libri (già cinque) sul problema della guerra fra Hitler e Stalin. In Russia i suoi libri hanno venduto 4 milioni di copie; grande successo hanno avuto anche in Germania, Polonia, Bulgaria, Inghilterra e Francia. In Italia è appena uscito il primo volume della serie, che in russo s'intitola "La rompighiaccio". Per cercare di ricostruire la vicenda delle sue ricerche, ci dica quando ha visto la luce per la prima volta il libro. Nel 1981 il libro era già pronto per la stampa, ma allora non trovai un editore, erano ancora i tempi di Brezhnev. Con l'inizio della perestrojka capii che era venuto il mio momento e incominciai a pubblicare degli stralci su varie riviste. Ad esempio il settimanale "Russkaja mysl'" di Parigi ne pubblicò alcuni capitoli nel 1985. Ma il libro completo è uscito solo nel 1989 in Germania; in Russia è stato pubblicato nel 1992. La prima tiratura era molto limitata (320.000 copie) ma la seconda ha raggiunto i due milioni. E poi ci sono state altre edizioni.


Il libro ha provocato molte reazioni in Russia?
Tantissime. A casa ho 16 metri cubi di lettere da parte dei lettori. Sono molto orgoglioso del fatto che mi scrivano per confermare la mia tesi; moltissime lettere, oltre che dalla Russia, provenivano anche dalla Germania. In questo modo mi sono trovato in possesso del più grosso fondo di manoscritti sulla seconda guerra mondiale esistente oggi; sono testimonianze di ex militari o dei loro figli, che hanno affidato le proprie memorie a me e non ai centri di ricerca. La reazione in Russia è stata enorme; il libro ha avuto più di tremila recensioni, da quelle osannanti a quelle assolutamente negative. Alcuni dicevano che ho completamente ragione e che non c'è niente da discutere. Altri dicevano che copro di fango la mia patria, che è inutile rivangare cose così spiacevoli. Ma io penso che quando si scrive di storia non ha alcuna importanza che sia piacevole o spiacevole; se teniamo conto di quello che piace o non piace, di quel che serve o non serve, immediatamente usciamo dall'ambito della storia ed entriamo in quello della propaganda. Non mi considero uno storico, io semplicemente cerco di fare chiarezza su ciò che è successo. Il mio unico criterio è quello di scoprire se una cosa è vera oppure no, se si tratta di un fatto o di un'invenzione. Io ho usato solo fonti accessibili; l'ho dichiarato sin dalla prima pagina: tutto quello che dico può essere verificato da chiunque sui giornali "Pravda" e "Krasnaja zvezda", negli scritti di Lenin e Marx, nei discorsi di Stalin e dei nostri marescialli, Zhukov, Konev, Rokossovskij. E' tutto scritto nero su bianco. Io per principio non uso documenti segreti. Alcuni giornalisti, proprio qui in Italia, hanno scritto che Suvorov ha accesso a materiali segretissimi, ma non possiamo essere sicuri che questi materiali esistano veramente. In realtà io ho detto esplicitamente sin dalla prima pagina che non ho nessun documento segreto; chiunque può verificare tutto di persona.



Può dirci in breve da cosa è nato il suo interesse per questo argomento?
Il mio interesse è iniziato da alcune considerazioni molto semplici. 1941, inizia la guerra. Hitler attacca e sbaraglia l'esercito regolare sovietico, 5 milioni di uomini. Il nostro esercito si sbanda immediatamente. Noi sovietici abbiamo 24mila carri armati, Hitler ne ha solo 3.000. In più i carri sovietici sono molto migliori di quelli tedeschi. Eppure Hitler sgomina tutte queste forze in pochissimi giorni. E la nostra propaganda dice che siamo stati degli idioti, che non abbiamo saputo combattere, eccetera. La cosa strana è che poi tutti questi idioti sono tornati capaci e hanno sconfitto Hitler, hanno vinto la guerra e hanno occupato Berlino, metà Europa e un pezzo di Asia. Ma un idiota non può diventare intelligente. Il maresciallo Zhukov nel '41 è un incompetente e nel '42 è il grande generale di Stalingrado. Il fatto è che non si tratta di idiozia ma di qualcos'altro. Un altro elemento ancora. La nostra propaganda aveva un ritornello costante: "tutto va per il meglio". La nostra agricoltura prosperava, il nostro esercito era il più forte, il nostro balletto era il migliore; persino i cataclismi naturali erano un segreto di Stato. Questa regola ha una sola eccezione: sul 22 giugno del 1941 la nostra propaganda ha detto di tutto, che i nostri carri armati erano pessimi, che il nostro esercito era stato decapitato e non c'erano comandanti in capo competenti né buoni ufficiali; che i nostri aerei erano delle carrette e che insomma eravamo stati degli incapaci. Quand'ero all'Accademia militare mi fu detto che non si doveva parlare né occuparsi della grande sconfitta sovietica subita nell'ottobre del 1941 nella regione di Kiev. Nel 1942 c'era stato un altro rovescio militare presso Char'kov, e poi ancora in Crimea; inoltre nella primavera dello stesso '42 il generale Vlasov con la II armata d'assalto fu preso in una sacca mentre cercava di liberare Leningrado e venne fatto prigioniero. Su tutti questi episodi da noi non si è mai fatta parola. Invece, della sconfitta del 1941 si davano anche i particolari: quanti aerei avevamo perso, quanti carri armati, eccetera. Era su tutti i giornali. Prendiamo ad esempio la battaglia di Stalingrado che pure ci ha visti vincitori: dove mai si è detto quante perdite abbiamo avuto? Era un segreto. Invece le perdite del giungo 1941 non erano un segreto. Come mai i fatti dell'ottobre '41 erano stati nascosti, mentre quelli del giugno '41 erano sbandierati in tutti i modi? Tutto questo mi incuriosiva. E finalmente ho intuito che il fatto di ripetere pubblicamente quanto eravamo stati stupidi era il classico atteggiamento di chi cerca di nascondere la propria responsabilità. La nostra propaganda ha insistito sull'incompetenza di Stalin, dei generali e della truppa, sulla pessima qualità dei carri armati e degli aerei, per nascondere il progetto d'aggressione. Per questo ho incominciato a interessarmi del problema e ho trovato diversi dati documentari. Quando studiavo all'Accademia militare, ciascuno di noi doveva scrivere una tesina su qualche argomento riservato, perché gli insegnanti potessero giudicare se era adatto al lavoro di ricerca, all'insegnamento o a qualche altro impiego. Io per distrarre l'attenzione ho trattato vari argomenti, ma poi mi sono scelto in particolare il tema dell'anno 1941. Le informazioni le ho poi raccolte in una serie di libri (cinque in tutto), di cui quello uscito ora in italiano è solo il primo. Per fare qualche esempio: ho trovato una carta militare tedesca della zona di confine, tracciata nel giugno 1941; dalla carta si può capire la distribuzione delle forze alla vigilia dell'invasione tedesca: a destra e a sinistra della linea di confine si osservano forti concentramenti di truppe, rispettivamente dell'Armata Rossa e della Wehrmacht. Il concentramento delle truppe tedesche è comprensibile, visto che stanno per attaccare; ma quello delle truppe sovietiche? Parecchi chilometri più a est del confine, dietro la linea di fortificazione sovietica, che si chiamava «linea Stalin», non ci sono truppe. Nessuno difende queste fortificazioni, mentre tutto il nostro esercito sta sul confine. Qui le fortificazioni senza esercito, dall'altra parte l'esercito senza fortificazioni. Non sembra molto strategico. I nostri aeroporti si trovano a ridosso del confine, a volte a 8-10 chilometri di distanza, il che vuol dire che basta un puntatore scelto tedesco per distruggere a cannonate gli aeroporti e il nostro stato maggiore. In più negli aeroporti gli aerei stanno uno vicino all'altro, basta colpirne uno con una granata per farli saltare tutti (come di fatto è avvenuto). Anche l'esercito è disposto in modo strategicamente illogico: ci sono concentrazioni di truppe in due zone avanzate in territorio nemico, così da avere i tedeschi su tre lati, basta che questi sfondino da una parte per creare immediatamente una sacca (come di fatto è avvenuto). Inoltre il mar Nero, con i suoi porti e l'accesso al bacino carbonifero del Donbass, non hanno nessuno che li difenda. Allora mi sono reso conto che dal punto di vista difensivo siamo all'assurdo, ma guardando la situazione dal punto di vista offensivo ci troviamo una certa logica. Ad esempio a sud, dov'è concentrata una grossa parte dell'Armata Rossa, passa l'oleodotto che porta il petrolio dalla Romania alla Germania. Allora non si tratta di un macroscopico errore, ma dei preparativi per invadere l'Europa. Del resto consideriamo la situazione nella prima metà del '41: il nostro continente è dilaniato da una guerra intestina, l'America è neutrale, anzi aiuta l'Unione Sovietica sul piano militare. Per Stalin si presenta l'occasione ideale per cercare di prendersi l'Europa. Nessuno ha ancora le armi atomiche, quindi nessuno potrebbe fermare l'Armata Rossa in quel modo; Stalin aspetta solo il momento giusto per farsi avanti. Ecco perché l'Armata Rossa è uscita oltre la linea di difesa e si è portata sul confine; ecco perché è concentrata verso sud: si prepara a tagliare la via del petrolio romeno. Nei mesi precedenti all'entrata in guerra, in URSS viene pubblicato un libretto dal titolo "Breve manuale di conversazione militare russo-tedesco per soldati e sottufficiali", Mosca, 29 maggio 1941 (ne ho trovata casualmente una copia in un mercatino a New York). Ce ne sono anche altre edizioni fatte a Leningrado il 5 giugno; a Kiev il 7 giugno, a Odessa, a Minsk. In tutto 5 milioni di copie. Ho visto per la prima volta questo libriccino quando studiavo all'Istituto superiore. Avevamo un'enorme biblioteca, con un'intera sezione di vocabolari in tutte le lingue del mondo. Io studiavo inglese e tedesco, ed ero andato a cercare qualcosa di piccolo da leggere per rinfrescare il mio tedesco. Così scoprii questo manuale e la sua lettura mi lasciò esterrefatto. Tra le frasi suggerite ai soldati sovietici (frasi che figurano prima in russo, poi tradotte in tedesco ma traslitterate in cirillico, e infine in tedesco vero e proprio), troviamo ad esempio: "Come si chiama questa città?", "Come si chiama questa stazione?", frasi che suonano ben strane in bocca a dei soldati che si preparano alla difesa del suolo nazionale. Più avanti troviamo anche questa frase: "Non avete niente da temere, presto arriverà l'Armata Rossa". Ancora un altro elemento. Quando incominciò la guerra, venne fatto prigioniero il figlio di Stalin, Jakov Dzhugashvili, che era comandante di una batteria d'artiglieria. Abbiamo il verbale degli interrogatori che gli fecero i nazisti. Gli fu chiesto come mai l'artiglieria sovietica, che era la migliore al mondo, combattesse così male. E lui rispose che mancavano le carte per fare i puntamenti; senza le carte non si poteva combattere, neanche l'aviazione poteva farne a meno. In realtà ho trovato i documenti a comprova che sul confine l'Armata Rossa abbandonò 4 milioni di carte. Non però quelle del territorio sovietico dove si stava combattendo, ma carte militari molto precise della Prussia orientale, della Cecoslovacchia, della Polonia; tutte stampate nel marzo 1941. Quando i tedeschi invasero, i nostri non erano in grado di difendersi sul proprio territorio. La propaganda insisteva nel dire che non eravamo pronti alla guerra, invece lo eravamo, solo non a una guerra difensiva, ma a una offensiva. Alcuni lettori mi hanno inviato alcune di queste carte militari, ritrovate fra i ricordi di guerra del padre, o del nonno. Ad esempio una carta della Prussia orientale mi è stata mandata recentemente da un tenente colonnello della polizia ucraina; suo padre aveva fatto la guerra e l'aveva conservata. Queste carte sono una specie di paradosso: ma come, ci prepariamo alla difesa e abbiamo una carta del territorio nemico? Molti, che hanno letto i miei libri, mi mandano documenti che hanno in casa e che confermano in modo circostanziato la verità delle mie asserzioni. E un altro fatto ancora: Hitler aveva preparato 4.000 paracadutisti, Stalin ne aveva preparati un milione, che non usò mai. Era una cosa fatta alla luce del sole, se ne scriveva apertamente sui giornali, negli anni '30, sulla "Pravda", su "Krasnaja zvezda"; era una psicosi nazionale, tutti si lanciavano col paracadute. Ma perché prepararne così tanti? Nel paese si faceva la fame, ma Stalin aveva comprato dall'America la seta per i paracadute. Poi iniziò la guerra e non li usarono mai più. Perché allora li avevano preparati? Per attaccare alle spalle l'Europa. Hitler aveva conquistato tutta l'Europa, Cecoslovacchia, Belgio, Olanda, Polonia, Francia. Stalin aveva aiutato Hitler a distruggere tutta l'Europa, usandolo come una rompighiaccio. Lo stesso aveva fatto all'interno del paese, ordinando a Ezhov di distruggere tutti i nemici, e questi lo aveva fatto. Poi Stalin aveva ammazzato Ezhov, dicendo che la repressione era tutta colpa sua. Hitler era per Stalin uno strumento uguale riguardo all'Europa. Voleva fargli distruggere tutto: combattere contro i partigiani jugoslavi, probabilmente contro l'America, combattere in Africa contro gli inglesi; doveva sbarcare in Inghilterra. Ma alle spalle di Hitler, l'Armata Rossa sarebbe uscita dai suoi confini. Per questo erano pronti gli aeroporti sul confine; avevamo persino dei carri armati aviotrasportati. Nessuno aveva questi mezzi negli anni '40. Ma quando Hitler sferrò l'attacco Stalin non li poté usare, come non usò mai i paracadutisti, o i carri armati veloci, perché tutto questo sul territorio sovietico era inutile. La data prevista per l'invasione era stata fissata al 6 luglio del 1941. Hitler riuscì a precederla di un paio di settimane.

 

Tutti questi fatti verificabili dovrebbero però trovare delle conferme anche nei documenti segreti conservati negli archivi...
Sì. Dopo la pubblicazione del mio primo libro in Russia c'è stata una forte reazione, e molti storici che hanno accesso agli archivi hanno cercato e trovato conferme alla mia tesi, conferme di cui si è parlato anche sulla stampa. Ad esempio, nel giugno del 2000, quando avevo appena finito di scrivere "Il suicidio", il mio ultimo libro su Hitler, dagli archivi del presidente della Federazione Russa è stato riesumato un documento super-segreto (in copia unica, manoscritta) in cui è esposto il piano del maresciallo Zhukov per l'attacco alla Germania, datato 15 maggio 1941. Un'altra storica, Tat'jana Semënovna Bushueva, ha trovato dei documenti importantissimi. Attualmente gli archivi sono accessibili con più libertà, diversi storici ci lavorano e poi mi comunicano i frutti delle loro ricerche.



La decisione di Stalin di invadere l'Europa fu una sua idea o aveva radici più profonde?
Karl Marx riteneva che la rivoluzione socialista dovesse essere solo mondiale, ha sempre parlato solo di rivoluzione mondiale; anche Lenin pensava che la rivoluzione dovesse essere mondiale. Lenin creò la Terza internazionale come stato maggiore della rivoluzione mondiale, e diceva sempre che doveva vincere o l'uno o l'altro fronte, e aveva ragione. L'Unione Sovietica era una società che non poteva esistere accanto a un'altra normale, che avrebbe costituito l'esempio di una vita diversa. Per questo anche Stalin riteneva che bisognasse diffondere questo regime a tutto il mondo, altrimenti l'Unione Sovietica si sarebbe disintegrata e non avrebbe potuto sopravvivere. E aveva perfettamente ragione. Quando Hitler lo attaccò, Stalin era convinto che la guerra fosse persa e nel 1945 era ancora convinto di aver perso; nel '45 si rifiutò di assistere alla parata della vittoria. E a chi gli chiedeva perché, rispose: "Voi non lo capite ma noi abbiamo perso la guerra, prima o poi l'Unione Sovietica si disintegrerà perché non siamo riusciti a conquistare non dico il mondo, ma neanche l'Europa". Quindi alla sua domanda rispondo che Stalin non aveva vie d'uscita; qui non c'entra l'imperialismo russo. Non è questo. La differenza è che l'impero russo poteva fermarsi nella sua espansione (tant'è vero che hanno rivenduto l'Alaska), mentre l'Unione Sovietica non si poteva fermare, doveva diffondersi a tutto il mondo o morire.

Fonte: http://www.storialibera.it

 

 

Quando Hitler lanciò l’“Operazione Barbarossa” contro l’Unione Sovietica il 22 Giugno 1941, i dirigenti tedeschi giustificarono l’attacco definendolo preventivo al fine di contrastare un imminente invasione della Germania e del resto dell’Europa da parte dei sovietici.

Dopo la guerra i responsabili politici e militari più importanti, ancora in vita, furono condannati a morte a Norimberga con l’accusa di avere, tra le altre cose, progettato e condotto una “guerra aggressiva” contro l’Unione Sovietica.

Il Tribunale di Norimberga rifiutò di accettare le tesi della difesa che definiva “Barbarossa” un attacco preventivo.

Nei decenni successivi, storici, uomini di governo e opere scritte sull’argomento negli Stati Uniti, in Europa e in Urss, hanno mantenuto la versione che fu Hitler a venire a meno agli accordi con i sovietici lanciando il suo attacco traditore a sorpresa, motivato dalla bramosia per le risorse naturali russe e ucraine, dalla ricerca dello “spazio vitale” e da quel pazzesco piano che mirava alla “conquista del mondo”.

In questo studio dettagliato, ben argomentato e documentato, uno specialista russo ha presentato abbondanti prove che, in sostanza, confermano la tesi tedesca.

L’autore, il cui vero nome è Vladimir Bogdanovich Rezun, fu addestrato come ufficiale dell’esercito sovietico a Kalinin e a Kiev. Più tardi, dopo l’espletamento di servizi nel personale da ufficio e dopo aver completato gli studi all’Accademia Diplomatica Militare nel 1974, prestò servizio come ufficiale del controspionaggio militare sovietico (Gru), lavorando per quattro anni a Ginevra sotto copertura diplomatica. Disertò nel 1978 e gli fu concesso asilo politico in Gran Bretagna.

Il suo primo libro sull’argomento, “Il Rompighiaccio”, fu inizialmente pubblicato in lingua russa (in Francia) nel 1988, poi seguirono edizioni in altre lingue, incluso l’inglese.

Fece scalpore negli ambienti del controspionaggio e militari, specialmente in Europa, perché documenta attentamente la natura offensiva del massiccio ammassamento militare sovietico alla frontiera tedesca nel 1941.

Nel libro “Il Giorno M” Suvorov aggiunge sostanzialmente prove e argomenti presentati ne “Il Rompighiaccio”.

Sviluppando l’argomento, Suvorov evidenzia l’importanza centrale riguardante il piano di Stalin dello stratega militare Boris Shaposhnikov, Maresciallo e Capo di Stato Maggiore. La sua opera più importante, “Mozg Armii” (Il Cervello dell’Esercito), fu per decenni una lettura obbligatoria per ogni ufficiale sovietico.

Stalin non solo rispettava l’acume militare di Shaposhnikov ma, insolitamente, gli era simpatico.

Fu il solo uomo al quale Stalin si indirizzava pubblicamente usando il suo nome patronimico (Boris Mikhailovich), in Russia una personale forma di riferimento, meno che formale ma sicuramente rispettosa. Stalin chiamava chiunque altro col suo cognome preceduto dalla parola “compagno” (esempio: Compagno Zhdanov). L’ammirazione di Stalin derivava dal fatto che sul suo tavolo teneva sempre una copia del libro di Shaposhnikov (Mozg Armii).

Il piano di mobilitazione di Shaposhnikov, fedelmente perfezionato da Stalin, evidenziava un chiaro e logico programma di due anni (Agosto 1939 – Estate 1941) che sarebbe inesorabilmente e volutamente culminato in una guerra.

Secondo Suvorov, Stalin annunciò la sua decisione di perfezionare questo piano ad una riunione del Politburo il 19 Agosto 1939, quattro giorni prima della firma del patto di non aggressione germano-sovietico, (fu a questa riunione del Politburo, dopo che Stalin ebbe concluso le sue draconiane purghe di militari e politici “inaffidabili”, che il leader sovietico ordinò al Generale Georgi Zhukov di attaccare e sconfiggere, col sistema classico della guerra lampo, la Sesta Armata giapponese a Khalkhin-Gol in Mongolia).

Tredici giorni dopo il discorso di Stalin, le truppe tedesche lanciano l’attacco alla Polonia e, due giorni dopo il 3 settembre 1939, la Gran Bretagna e la Francia dichiarano guerra alla Germania.

Come parte del loro programma di mobilitazione di due anni, Stalin e Shaposhnikov arrivarono a più che raddoppiare il numero di uomini sotto le armi, arrivando a oltre cinque milioni.

Durante questo periodo, Agosto 1939 – Giugno 1941, Stalin mise in campo 125 nuove divisioni di fanteria, 30 nuove divisioni motorizzate, 61 nuove divisioni corazzate e 79 nuove divisioni aeree, un totale di 295 divisioni organizzate in 16 armate. Il piano Stalin-Shaposhnikov prevedeva anche una mobilitazione di ulteriori sei milioni di uomini nell’estate del 1941 da distribuirsi in ulteriori divisioni di fanteria, motorizzate, corazzate e aeree.

Fra il Luglio del 1939 e il Giugno del 1941, Stalin aumentò il numero delle divisioni corazzate sovietiche da zero a 61, con altre dozzine in allestimento. Per il mese di Giugno 1941 la “neutrale” Unione Sovietica aveva allestito più divisioni corazzate di tutti gli altri paesi del mondo messi insieme, una possente forza che poteva effettivamente essere impiegata solamente in operazioni offensive.

Nel Giugno del 1941 Hitler gettò all’attacco dieci divisioni meccanizzate, delle quali, ognuna, aveva più di 340 carri medi e leggeri. Sull’altro versante, Stalin aveva 29 divisioni meccanizzate, ognuna con 1031 carri leggeri, medi e pesanti. Mentre è vero che non tutte le divisioni sovietiche erano a pieno regime, va fatto notare che una singola divisione meccanizzata sovietica era militarmente più forte di due divisioni tedesche messe insieme.

Quando Hitler attaccò la Polonia il I settembre 1939, la Germania aveva un totale di sei divisioni corazzate.

Se questa forza tutto sommato leggera può considerarsi una prova determinante della volontà di conquista del mondo (o almeno dell’Europa) da parte di Hitler, che cosa possiamo dedurre, chiede Suvorov, dal riarmo di Stalin che portò alla creazione di 61 divisioni corazzate fra la fine del 1939 e la metà del 1941, con altre dozzine in allestimento?

Alla metà del 1941, l’Armata Rossa era la sola forza militare al mondo dotata di carri anfibi.

Stalin, di questi mezzi bellici offensivi, ne aveva ben 4.000. La Germania nessuno.

Nel Giugno del 1941 i sovietici avevano aumentato il numero delle loro divisioni paracadutiste da zero a cinque ed il numero dei loro reggimenti da artiglieria campale da 144 a 341, in ogni singolo caso molto di più di tutti gli eserciti del mondo messi assieme.

Allo scoppio della guerra nel Settembre del 1939, la Germania aveva una flotta di 57 sottomarini, anche questo un fatto che viene spesso citato come prova delle intenzioni aggressive di Hitler.

Nel contempo però, afferma Suvorov, l’Unione Sovietica ne possedeva più di 165.

Questi sottomarini non erano dei mezzi mediocri, ma di buona qualità. Nel Giugno 1941 la marina sovietica aveva più di 218 sottomarini in servizio e altri 91 in costruzione. Stalin comandava la flotta sottomarina più grande al mondo, una forza creata per una guerra aggressiva.

Come fa notare Suvorov, all’epoca dell’attacco di Hitler del 1939 contro la Polonia, nessuno in Germania o nell’Europa Occidentale considerava questo come lo scoppio di una “guerra mondiale”.

Perfino la dichiarazione di guerra contro la Germania da parte dell’Inghilterra e della Francia due giorni dopo, il 3 settembre 1939, non portava alla considerazione di una “guerra mondiale”.

Fu solo molto più tardi, guardando a ritroso, che la campagna tedesco-polacca venne considerata l’inizio della Seconda Guerra Mondiale. Solo a Mosca, scrive Suvorov, fu ben chiaro fin dall’inizio che era scoppiata una guerra mondiale.

Riprendendo le conclusioni di storici del calibro di A.J.P. Taylor e David Hoggan, Suvorov precisa che Hitler non volle e non pianificò un conflitto su scala europea nel 1939.

Furono le dichiarazioni di guerra britanniche e francesi contro la Germania che trasformarono un conflitto locale fra Germania e Polonia in un conflitto esteso all’Europa.

Inoltre Hitler non autorizzò la conversione dell’economia della sua nazione in una economia di guerra. Il capo del GRU sovietico Ivan Proskurov informò dettagliatamente Stalin che l’industria tedesca non era improntata ad una guerra su ampia scala. In effetti la Germania non trasformò la sua industria a vocazione bellica fino al 1942, due anni dopo l’Unione Sovietica. Ma mentre la produzione di armi e mezzi militari sovietici raggiunse il suo picco nell’estate del 1941, la Germania ci arrivò soltanto nel 1944, tre anni più tardi. Troppo.

Suvorov presenta un enorme quantità di prove a dimostrazione che Stalin stava preparando una massiccio attacco a sorpresa contro la Germania da lanciarsi nell’estate del 1941. (Suvorov ritiene che l’attacco fosse previsto per il 6 Luglio 1941). A preparazione di ciò, i sovietici avevano dispiegato enormi forze proprio sulla frontiera tedesca, incluso paracadutisti, campi di volo, una vasta serie di armamenti, munizioni, carburante e altri rifornimenti.

Nell’aprile del 1941 l’Armata Rossa ordinò un massiccio spiegamento di pezzi d’artiglieria e di munizioni alla frontiera, il tutto ammassato all’aperto. Solo questo prova, scrive Suvorov, prova l’intenzione di Stalin di attaccare perché questo armamento andava usato prima dell’autunno quando le piogge annuali sarebbero cominciate.

Ammassare le munizioni all’aperto nel 1941 significava che un attacco si sarebbe dovuto avverare nello stesso anno. “una diversa interpretazione di questo fatto non sarebbe plausibile“, scrive.

Suvorov riassume: “Studiando la documentazione d’archivio e le pubblicazioni ufficialmente disponibili, arrivai alla conclusione che il trasporto (nel 1941) verso la frontiera di milioni di stivali, munizioni, pezzi di ricambio e lo spiegamento di milioni di soldati, migliaia di carri armati e di aerei, non poteva essere una svista o un errore di calcolo, ma piuttosto doveva essere il risultato di una politica ben meditata. Tutto questo aveva come scopo di preparare l’industria, il sistema dei trasporti, l’agricoltura, il territorio dello stato, la popolazione sovietica e l’Armata Rossa ad intraprendere la guerra di “liberazione” nell’Europa centrale e occidentale. In poche parole questo modo di procedere viene chiamato mobilitazione. Fu una mobilitazione segreta. La dirigenza sovietica preparava l’Armata Rossa e l’intero paese per la conquista della Germania e dell’Europa occidentale. La conquista dell’Europa occidentale fu la ragione principale per la quale l’Unione Sovietica scatenò la Seconda Guerra Mondiale."

La decisione finale di iniziare la guerra fu presa da Stalin il 19 Agosto 1939. Il piano sovietico, spiega Suvorov, prevedeva un attacco su due fronti importanti: il primo, ovest e nord-ovest, esattamente verso la Germania, ed un secondo, anch’esso potente, verso sud-ovest in Romania per impossessarsi velocemente dei pozzi di petrolio.

L’invasione si sarebbe composta di tre fasi strategiche principali. La prima fase consisteva di 16 armate d’invasione e diverse dozzine di corpi e divisioni per incursioni ausiliarie composte da professionisti dell’Armata Rossa addestrati ad irrompere nelle linee tedesche.

La seconda fase strategica, costituita da sette armate di truppe di inferiore addestramento (inclusi molti prigionieri dei gulag), avrebbe assicurato e allargato gli sfondamenti della prima fase.

La terza fase, costituita da tre armate principalmente composte da truppe dell’NKVD, avrebbe garantito l’occupazione sovietica. Essa avrebbe colpito qualsiasi potenziale resistenza, circondando e uccidendo l’elite militare, politica e sociale tedesca come era già stato ampiamente messo in atto negli stati Baltici e nella Polonia orientale (vedi massacro di Katyn).

Come principale aereo da attacco Stalin scelse il modello “Ivanov” (uno dei sopranomi di Stalin), più tardi denominato Su-2, un bombardiere da attacco molto efficiente che fu prodotto e utilizzato in grande quantità. Stalin ordinò la costruzione di oltre 100.000 Su-2 e l’addestramento di 150.000 piloti. Dal peso di 4 tonnellate, l’Su2 aveva una velocità massima di 486 Km/h, un raggio d’azione di 1200 Km. ed una capacità di carico di 400-600 Kg. di bombe.

Simile ma superiore al bombardiere da picchiata tedesco JU-87 “Stuka”, assomigliava molto al giapponese Nakajima B-5N2 che fu il principale aereo da guerra usato nell’attacco a Pearl Harbor.

Per decenni gli storici di regime hanno mantenuto la versione che Stalin si fidava di Hitler.

Quest’immagine di uno Stalin fiducioso e di un Hitler traditore viene largamente e ufficialmente accettata negli Stati Uniti e in gran parte dell’Europa.

Suvorov sfida questa versione e, anzi, afferma che fu Hitler a sottovalutare fatalmente l’astuzia di Stalin durante almeno 15 mesi, finché fu troppo tardi.

Mentre Hitler riuscì a sventare il grande piano di invasione di Stalin, il leader tedesco sottovalutò drammaticamente la magnitudo e l’aggressività della minaccia sovietica.

Suvorov scrive: “Hitler comprese che Stalin stava preparando un invasione ma non riuscì a stimare l’entità dei preparativi di Stalin. A Hitler non era chiaro quanto grande e quanto vicino fosse il pericolo”.

Gli storici, puntualizza Suvorov, non spiegano in modo adeguato perché Hitler decise di attaccare l’Unione Sovietica in un momento in cui la Gran Bretagna non era ancora soggiogata, impegnando quindi la Germania in una pericolosa guerra su due fronti.

Spesso danno come spiegazione la bramosia di Hitler pe il cosiddetto Lebensraum (spazio vitale). Addirittura, l’autore russo scrive: “Stalin non diede altra alternativa a Hitler. La mobilitazione segreta sovietica era di così enormi dimensioni che sarebbe stato difficile ignorarla. Essa si estese ad un punto tale che non sarebbe stato più possibile mascherarla. Per Hitler l’unica possibilità rimastagli era un attacco preventivo. Hitler batté Stalin in due settimane”.

Stalin non aveva bisogno che di avvisare dell’attacco Churchill, Roosevelt o la spia sovietica Richard Sorge. Egli aveva già predisposto i suoi preparativi per sistemare la Germania. Ma avendo preparato le sue forze per una guerra offensiva, Stalin non fece niente per un’eventuale azione difensiva.

I tedeschi, scrive Suvorov, ebbero il temporaneo vantaggio della sorpresa perché furono in grado di posizionare e lanciare le loro forze d’attacco due settimane prima del previsto sfondamento dell’Armata Rossa, cogliendoli così completamente impreparati. La sorpresa fu più che grande perché Stalin non credeva che i tedeschi avrebbero aperto un secondo fronte a Est mentre si trovavano ancora impegnati contro gli inglesi. Ciò che contribuì anche allo spettacolare ed iniziale successo germanico fu il coraggio e la professionalità del soldato tedesco. Suvorov scrive: “La sconfitta sovietica all’inizio della guerra (Giugno-Settembre 1941) era dovuta al fatto che la Wehrmacht tedesca lanciò il suo attacco a sorpresa proprio nel momento in cui l’artiglieria sovietica stava per essere spostata sul confine. L’artiglieria non era preparata ad affrontare una guerra difensiva e alla data del 22 Giugno essa non era ancora in grado di andare all’offensiva”.

Siccome la Germania mancava delle risorse naturali per sostenere una guerra di lunga durata, Hitler poteva avere la meglio solo se fosse riuscito a soggiogare la Russia completamente nel giro di quattro mesi, cioè, prima dell’arrivo dell’inverno.

In questo egli sbagliò. Durante l’estate e l’autunno del 1941 Hitler spaccò ma non distrusse la macchina militare sovietica. Fra l’altro, i tedeschi riuscirono ad ottenere uno stupefacente iniziale successo utilizzando i magazzini di rifornimento sovietici, catturati durante quei primi mesi.

Nell’Operazione Barbarossa, Hitler impiegò 17 divisioni corazzate contro i russi. Dopo tre mesi di combattimenti, di questi carri armati ne rimase solo un quarto, mentre le fabbriche di Stalin non solo producevano molti più carri ma anche di migliore qualità.

Durante i primi quattro mesi dell’Operazione Barbarossa, le forze dell’Asse distrussero forse il 75% della capacità bellica di Stalin, eliminando così l’immediata minaccia all’Europa. Tra il Luglio e il Novembre del 1941, le forze tedesche catturarono o misero fuori uso 303 stabilimenti di munizioni, granate, polvere da sparo che producevano annualmente l’85% dell’intera produzione sovietica di munizionamenti. […]

Dalla pubblicazione del libro “Il Giorno M”, gli studiosi russi hanno ricercato ulteriori prove dagli ex archivi sovietici che confermino le tesi di Suvorov ed obblighi ad una radicale riscrittura della storia della Seconda Guerra Mondiale.

Mentre è probabile che molti documenti siano stati rimossi o distrutti, sono state ritrovate alcune carte rivelatrici. Uno dei più importanti documenti, nascosto per lungo tempo, è il testo completo del discorso segreto di Stalin del 19 Agosto 1939. Per decenni i principali esponenti sovietici negarono che Stalin avesse rilasciato queste dichiarazioni, insistendo addirittura che in quella data non si tenne alcuna riunione del Politburo. Altri hanno affermato che il discorso era una falsificazione.

La storica russa T.S. Bushuyeva trovò una versione del testo fra i documenti segreti degli Archivi Speciali dell’Urss e la pubblicò insieme ad un commento, sull’importante giornale russo Novy Mir (N. 12, 1994). Lo scrittore tedesco Wolfgang Strass parla di questo, e di altre recenti scoperte da parte di storici russi, nell’edizione dell’aprile 1996 del mensile tedesco Nation und Europa.

In base alle conoscenze di questo critico, nessun storico americano ha mai divulgato pubblicamente il testo del discorso.

Va tenuto in considerazione che il discorso fu rilasciato proprio mentre i dirigenti sovietici stavano negoziando con i rappresentanti francesi e britannici circa una possibile alleanza militare con la Gran Bretagna e la Francia, e mentre i dirigenti sovietici e tedeschi stavano discutendo di un possibile patto di non aggressione fra i loro paesi. Quattro giorni dopo questo discorso, il ministro degli esteri tedesco Von Ribbentrop si incontrò con Stalin al Cremino per firmare il patto di non aggressione russo-tedesco.

In quel discorso Stalin dichiarava: “La questione della guerra o della pace per noi è entrata in una fase critica. Se concludiamo un patto di mutua assistenza con Francia e Gran Bretagna, la Germania si ritirerà dalla Polonia e cercherà un modus vivendi con le potenze occidentali. La guerra verrebbe evitata ma su questa strada le cose potrebbero diventare pericolose per l’Urss. Se accettiamo la proposta tedesca e concludiamo un patto di non aggressione fra di noi, la Germania invaderà la Polonia e l’intervento armato della Francia e dell’Inghilterra sarà inevitabile. L’Europa occidentale sarebbe soggetta a seri sconvolgimenti e disordini. A queste condizioni sarebbe per noi una grande opportunità restarcene fuori dal conflitto e potremmo programmare il momento opportuno per entrarvici. L’esperienza degli ultimi 20 anni ha dimostrato che in tempo di pace il movimento comunista non è sufficientemente forte da prendere il potere. La dittatura di questo partito potrà diventare possibile solo come risultato di un conflitto esteso. La nostra scelta è chiara. Dobbiamo accettare la proposta tedesca e mandare a casa cortesemente la delegazione francese e inglese. Il nostro immediato vantaggio sarà quello di prenderci la Polonia fino alle porte di Varsavia, nonché la Galizia ucraina”.

Nel suo articolo su Novy Mir la Bushuyeva scrive del dolore che i russi dovranno ora patire apprendendo che gran parte di ciò che per decenni cedettero fosse la “Grande Guerra Patriotica” è falso. Essa fa notare che i giovani nati dal 1922 al 1925, che furono mandati in guerra da Stalin, solo il 3% sopravvisse al conflitto. Scrive la Busheyava: “la gravità della tragedia che investì il nostro esercito di cinque milioni di uomini nel Giugno del 1941 deve essere investigata a fondo. Il male che i dirigenti sovietici avevano programmato su altri, improvvisamente, per via di un destino imperscrutabile, ha colpito il nostro proprio paese”.

Sarebbe facile, continua la Bushuyeva, maledire coloro che “riscrivono” la storia e continuare a credere ai miti ed ai simboli che richiamano al nostro orgoglio nazionale, al patriottismo del popolo russo: “sì, si potrebbe continuare come prima”, scrive la storica, “se non fosse per una circostanza particolare. L’uomo è fatto in modo che, la verità, per quanto dolorosa, alla fine è più importante della falsa gioia di vivere nella menzogna e nell’ignoranza”.

Suvorov afferma altresì che molti russi lo disprezzano per le sue rivelazioni. Egli scrive: “Ho sfidato la sola cosa sacra alla quale il popolo russo è ancora attaccato: il loro ricordo della ‘Grande Guerra Patriotica’. Ho sacrificato ogni cosa a me cara per scrivere questi libri. Sarebbe stato intollerabile morire senza aver rivelato al mio popolo ciò che avevo scoperto. Disprezzate i libri! Disprezzate me! Ma cercate almeno di capire”.

Un altro studioso che partecipava, V.L. Doroshenko, disse che nuove prove evidenziano che “Stalin provocò e scatenò la Seconda Guerra Mondiale”.

Affermando che Stalin ed il suo regime avrebbero dovuto essere processati a Norimberga, Doroshenko spiega: “non tanto perché Stalin aiuto Hitler ma perché era nell’interesse di Stalin che la guerra iniziasse. Primo per via del suo obiettivo generale di conquistare il potere in Europa e, secondo, per via dell’immediato vantaggio acquisito distruggendo la Polonia e impossessandosi della Galizia. Ma il motivo più importante per Stalin era la guerra stessa. Il collasso dell’ordine europeo gli avrebbe reso possibile instaurare la sua dittatura su tutta l’Europa. Per questo, Stalin volle momentaneamente starsene fuori dalla guerra, con l’intenzione di entrarvi solo al momento opportuno. In altre parole, il patto di non aggressione liberò le mani a Hitler ed incoraggiò la Germania a scatenare una guerra in Polonia. Come Stalin firmò il patto, era già determinato a infrangerlo. Fin dall’inizio, quindi, egli non intendeva affatto evitare il conflitto ma, al contrario, tuffarvisi nel momento più adatto”.

Fa meravigliare il coraggio mostrato da questi storici russi nella loro determinazione nel venire a patti con questo capitolo di storia carico di emozioni. Essi dimostrano un maggiore franchezza e apertura mentale nel confrontarsi con i tabù della storia del XX secolo, di quanto faccia la loro controparte in Europa occidentale e negli Stati Uniti. […]

Secondo Wolfgang Strass, le nuove rivelazioni circa il discorso di Stalin per lungo tempo tenuto nascosto e la reazione all’argomento da parte di storici russi più giovani, costituiscono una vittoria per il revisionismo europeo e rappresentano un importante passo vanti nella ricerca storica.
Gian Franco Spotti

Fonte: Insitute of Historical Review (Usa)
Fonte: http://www.rinascita.info

Il "Giorno M” è un libro scritto da Vladimir B. Rezun (alias Viktor Suvorov), tradotto dal russo in tedesco da Hans Jaeger. Stoccarda. Ed. Klett-Cotta, 1995, 356 pagine.

 

 

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