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La Cina aumenterà le dimensioni della sua fanteria anfibia di Marina, per una forza di sei brigate formate da centomila unità. E’ quanto riportano dal South China Morning Post. Il PLA Marine Corps della Marina dell'Esercito Popolare di Liberazione, sarà strutturato per assumere molteplici ruoli come la difesa degli interessi nazionali nelle isole contese nel Mar Cinese Meridionale e la proiezione internazionale, come nel Corno d'Africa. Il primo graduale aumento si è già concluso fa con l’integrazione di due brigate nel PLA Marine Corps, che ha portato il numero degli effettivi da dodicimila e ventimila unità.

 

 

Ogni brigata è formata da un reggimento corazzato e due battaglioni di marine, equipaggiati con cingolati da combattimento ed assalto anfibio ZBD05 e ZLT05. Il PLA Marine Corps è stato formato nel 1950 a seguito della guerra civile cinese. Fino ad oggi, la Cina ha utilizzato i propri marine nelle zone costiere in ruoli fortemente limitati dalle dimensioni del corpo. Nell’ambito del programma di modernizzazione, la Marina dell'Esercito Popolare di Liberazione, attualmente formata da 235 mila unità, sarà incrementata del 15%. L’esercito, invece, subirà un taglio di 300 mila unità, nell’ambito della nuova strategia “volta a rifocalizzare il più grande esercito del mondo su unità altamente specializzate”. Secondo una stima della RAND Corporation, punto debole del PLA Marine Corps è la capacità di trasporto anfibio. Entro il 2017, la Cina dovrebbe essere in grado di schierare 89 navi da sbarco anfibio, comprese cinque unità della classe Yuzhao e due della classe Xisha. Considerando il carico utile complessivo, la Cina dovrebbe raggiungere entro l’anno una capacità di proiezione anfibia di 40 mila soldati, pari a 2,7 divisioni perfettamente equipaggiate. La proiezione della RAND Corporation si basa su uno scenario di invasione su Taiwan, e non si applica per una proiezione a livello mondiale. Tuttavia, la stima di proiezione è certamente applicabile per tutte le isole del Mar Cinese Meridionale nelle operazioni anfibie, ed in veste di expeditionary force nella regione.

La riduzione dell’esercito cinese.
Il Presidente della Cina Xi Jinping, due anni fa, durante le manifestazioni per il 70° anniversario della fine della seconda guerra mondiale, annunciò una riduzione di 300 mila unità, nell’ambito del programma di modernizzazione dell'Esercito Popolare di Liberazione. Si tratta della più grande riduzione dal 1997, quando venne annunciato un taglio di 500 mila unità. Dopo la fondazione della Repubblica Popolare Cinese nel 1949, l'Esercito di Liberazione del Popolo venne concepito come un potente strumento di terra a protezione delle minacce esterne, schierato in tutto il paese. Il governo cinese non fornisce statistiche aggiornate sulle sue forze armate, ma si stima una forza terrestre di 1,6 milioni di soldati, una Marina formata da 235 mila unità ed un’aviazione militare di 400 mila effettivi. La Cina possiede l’esercito più numeroso al mondo, pari a 2,3 milioni di uomini e donne, ma secondo la stima occidentale tali numeri non garantirebbero la vittoria contro gli Stati Uniti a causa del divario tecnologico e formativo con gli Usa. Ancora oggi non è chiaro il procedimento utilizzato da Pechino per la riduzione delle truppe, ma i tagli, complice anche il rallentamento della crescita economica, potrebbero aumentare le pressioni sulla leadership cinese.

I marine cinesi nel Corno d’Africa.
La Cina ha completato i lavori della sua prima base militare all'estero, sulla costa settentrionale del Corno d'Africa, nei pressi della piccola città portuale di Obock, a quattro miglia di distanza dalla struttura di Camp Lemonnier. Quest’ultima è una delle più importanti installazioni estere del Pentagono che ospita circa quattromila unita assegnate al Combined Joint Task Force - Horn of Africa. Camp Lemonnier è anche sede del comando dello Special Operations Command (Forward) – East Africa, che ha effettuato operazioni contro i militanti di Al Shabab in Somalia ed al Qaeda nello Yemen. Fondata dopo gli attacchi terroristici dell'11 settembre del 2001, Camp Lemonnier ospita circa 4.000 unità statunitensi tra militari e civili e coordina diverse missioni classificate, comprese le operazioni hunter killer e targeting leader in Medio Oriente e nel Corno d'Africa. La base, gestita dalla Marina degli Stati Uniti, confina con l'aeroporto internazionale di Gibuti ed è l'unica installazione militare americana permanente in Africa. La base cinese nei pressi di Obock, nell’ex-colonia francese si estende su 90 acri e sarà operativa entro l’estate. La struttura, adiacente ad un nuovo porto commerciale di proprietà cinese, è stata progettata per ospitare diverse migliaia di soldati e comprende strutture di stoccaggio per armi, eliporti, cinque ormeggi per le navi commerciali ed uno per quelle militari. Nella Repubblica di Gibuti, il Merchants Group cinese (l’ultimo in ordine di tempo), un conglomerato di Hong Kong, ha investito 400 milioni di dollari per costruire un porto commerciale e sviluppare una zona di libero scambio nella regione. Oltre a rafforzare la presenza navale della Cina nel Mar Rosso, nel Golfo di Aden e nel Mar Arabico, la base servirà come quartier generale per i 2.400 soldati di stanza in Africa, nell'ambito delle operazioni per il mantenimento della pace. La base cinese è un chiaro esempio delle ambizioni globali di Pechino, a protezione degli interessi regionali nel Corno D’Africa e con potenziali implicazioni per il dominio militare degli Stati Uniti. I funzionari cinesi minimizzano la portata della base, definendola come “una struttura logistica ad esclusivo supporto delle operazioni anti-pirateria”. Secondo il Ministero della Difesa, “la base servirà come supporto logistico per le forze armate cinesi impegnate in missioni di scorta nel Golfo di Aden e nelle acque al largo della Somalia, in operazioni Onu e soccorso umanitario. Ad oggi, la Cina ha utilizzato le sue navi per scortare più di 6.000 imbarcazioni provenienti da molti paesi attraverso il Golfo di Aden. Nei periodi di crisi, ha evacuato i propri cittadini come avvenuto nel 2011 in Libia e nel 2015 nello Yemen”. Un quarto delle importazioni di petrolio della Cina navigano attraverso lo stretto Stretto di Bab al Mandeb, mentre le imprese statali di Pechino stanno investendo decine di miliardi di dollari in ferrovie, fabbriche ed aziende. Gibuti rappresenta quindi un punto osservazione per le ambizioni internazionali della Cina, sia in termini di logistica navale che di immagine in patria ed all’estero. La base cinese di Gibuti, si incastra nella strategia del “Filo di perle”, una rete di porti navali di scalo, prevalentemente lungo l'Oceano Indiano, per garantire rotte marittime di transito dalla Cina continentale al Sudan. La maggior parte delle esportazioni giornaliere per l'Europa, pari ad un miliardo di dollari, attraversano il Golfo di Aden ed il Canale di Suez. La strategia del filo di perle va intesa come presenza di strutture a duplice scopo, commerciale e militare. I rapporti riguardanti l'interesse della Cina per una base costiera nella Repubblica di Gibuti sono emersi per la prima volta all'inizio dell’estate del 2015, quando il presidente del paese africano, Ismail Omar Guelleh, confermò i colloqui con Pechino per una nuova struttura navale nella città portuale di Obock. Pochi mesi dopo, la Cina confermò pubblicamente l’inizio dei lavori.

Camp Lemonnier.
La Repubblica di Gibuti, nel Corno d'Africa, si estende su 14.300 miglia quadrate con una popolazione di 875.000 persone ed è strategicamente situata all'ingresso meridionale del Mar Rosso. Si trova tra l’Etiopia, l’Eritrea e la Somalia. Testa di ponte per le principali operazioni militari statunitensi nella Regione per la sua vicinanza con lo Stretto di Bab al Mandeb ed il Canale di Suez, Gibuti è in posizione strategica per il commercio globale e l’energia. Dal novembre del 2002, il paese ospita il Camp Lemonnier, l’unica base degli Stati Uniti nel continente. Da rilevare che Washington mantiene numerosi avamposti ed aeroporti in Africa, ma considera ufficialmente Lemonnier come la sua unica base militare nel continente. Come unica base americana in Africa, Camp Lemonnier svolge una funzione vitale per AFRICOM. Camp Lemonnier coordina almeno sei delle principali stazioni di lancio per le operazioni hunter killer ad opera dei droni statunitensi delle diverse agenzie statunitensi contro obiettivi Al-Shabab in Somalia, Boko Haram in Nigeria ed al Qaeda nello Yemen. La base americana, infine, è anche un trampolino di lancio per le operazioni della Task Force 48-4, unità antiterrorismo attiva in Africa orientale e Yemen. Nel 2014, gli Stati Uniti hanno firmato con il governo di Gibuti un nuovo contratto di locazione per 20 anni (70 milioni di dollari all’anno) con investimento complessivo pari ad 1,4 miliardi di dollari per modernizzare costantemente la base. Nel Gibuti anche una base permanente della Francia e due avamposti: uno italiane ed uno giapponese.

Fonte: http://www.ilgiornale.it

 


 

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