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Un gelido vento spazza le pendici di una collina innevata, mentre una fila di soldati in mimetica invernale arranca con le ciaspole ai piedi per raggiungere una piccola abitazione isolata. I loro movimenti sono lenti e appesantiti a causa dello zaino caricato sulla schiena, insieme all’arma e ad altre attrezzature utili per affrontare le rigide temperature invernali. Non appena il drappello si ferma sotto un riparo protetto dal vento, alcuni iniziano a levarsi i passamontagna termici e gli elmetti dai quali escono lunghe chiome bionde o brune: non sono infatt, uomini nerboruti imprecanti per lo sforzo, bensì donne appartenenti all’unico reparto di forze speciali femminili, le norvegesi Jegertroppen.

 

Carattere norvegese.

La Norvegia, insieme ad Israele, è una delle poche nazioni al mondo a mantenere una componente femminile tra le truppe destinate al combattimento, anche se solo una minima percentuale presta realmente servizio nelle unità di prima linea. I test ai quali sono sottoposti i militari di leva norvegesi non sono agevoli e nel reclutamento femminile sono state riscontrare alcune difficoltà “fisiche” a prima vista insuperabili. Lo stesso discorso vale per l’arruolamento nelle unità speciali dove l’eventuale ingresso delle donne – vedi il caso del SAS britannico – ha posto seri interrogativi su come modellare il processo formativo rispetto le loro particolari esigenze. Malgrado i norvegesi abbiano una forma mentis molto aperta alle novità, le differenze tra i due sessi permangono, ma non per questo devono precludere alle donne d’intraprendere strade più impegnative nelle forze armate. Elisabeth Braw, giornalista di Foreign Affairs, ha mostrato l’impaccio di molti operatori norvegesi in Afghanistan quando erano obbligati ad interagire con delle donne. “In Afghanistan, one of our big challenges was that we would enter houses and not be able to speak to the women,” racconta il capitano Ole Vidar Krogsaeter, ufficiale del Forsvarets Spesialkommand e responsabile del progetto, “In urban warfare, you have to be able to interact with women as well. Adding female soldiers was an operational need” (1). Gli scenari operativi sono cambiati e il ruolo delle donne nelle Forze Speciali potrebbe trovare una collocazione più sensata con nuovi compiti, dato che il loro impiego in azioni più rischiose è ancora tabù nella maggioranza degli eserciti dell’Alleanza Atlantica. Le prove di selezione per accedere nelle Jegertroppen, nate nel 2014, non hanno nulla da invidiare ai test attitudinali ai quali vengono sottoposti gli uomini e solo una bassa percentuale di candidate riesce a fregiarsi del brevetto di “Cacciatrice”. Su 713 aspiranti che si sono presentate al cancello del centro di reclutamento, appena 88 hanno raggiunto l’obiettivo finale. Ovviamente gli standard valutativi sono diversi, sebbene la percentuale di attrito tra le reclute donne sia simile a quella dei reparti maschili. Si tratta comunque di agevolazioni che, se viste con attenzione, presentano discrepanze minime rispetto i programmi ufficiali: le ragazze devono superare una corsa di 4 miglia con un carico di circa 28 kg (rispetto i 40 kg previsti) in 52 minuti, appena tre minuti in meno dei 49 prescritti ai maschi. Il direttore del progetto Jegertroppen ha infine notato come, lungo il percorso, la compagine femminile sviluppi un senso di solidarietà superiore a quello degli uomini e che proprio questo sia l’elemento utile a far superare tutte le difficoltà. Le ragazze norvegesi (tutte tra i 19 e i 27 anni) si addestrano in piccoli team di due operatrici; esse eccellono nelle sessioni di tiro e – specifica il capitano Vidar – dimostrano particolari attitudini nella raccolta di informazioni e ricognizione. Il colonello Frode Kristoffersen, comandante delle Forze Speciali norvegesi, ha sottolineato come il ruolo delle Jegertroppen sia destinato a crescere in relazione alle nuove esigenze operative sorte in Afghanistan o in Iraq. Riprendendo per un attimo il discorso iniziale, il mutamento dei teatri bellici e le politiche di “Counterinsurgency” hanno amplificato il tradizionale ruolo delle Forze Speciali quali primi fattori interagenti con le popolazioni locali, e questo assume una particolare importanza soprattutto in Paesi dove la presenza di donne è rilevante. In quest’ottica la formazione delle “Cacciatrici Norvegesi” offre un valore aggiunto per le donne desiderose di appartenere alle Forze Speciali. Una volta appagato il desiderio di acquisizione di capacità di combattimento simili a quelle degli uomini, si abbinerebbe così una competenza dove le donne rappresenterebbero un sicuro valore aggiunto. La Norvegia, insieme ad altri Paesi del nord Europa, si è schierata contro lo Stato Islamico e attualmente le unità del Forsvarets Spesialkommando collaborano attivamente alla sua sconfitta. Le Jegertroppen non sono state schierate, ma il comandante Kristoffersen ritiene utile che l’unità rimanga in patria per affinare l’addestramento in vista di futuri possibili interventi.

 

 

(1) Elisabeth Braw, Norway’s “Hunter Troop”, in Foreign Affairs, February 8, 2016, URL: https://www.foreignaffairs.com

 

Fonte: http://www.difesaonline.it

 

 

 

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