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La Cina è il più grande cantiere navale del mondo, superando Giappone e Corea del Sud. I cantieri navali del gruppo Cosco, i più grandi della Cina, hanno aumentato la capacità di produzione. A Dalian è stato costruito il più grande bacino di carenaggio del mondo, per le Large Crude Carriers (VLCC), le superpetroliere. Sempre nel 2005, il Ministero dei Trasporti della Cina dichiarava che il Paese aveva bisogno di una flotta di VLCC per trasportare oltre il 50% del fabbisogno energetico nazionale, comportando il raddoppio della flotta di VLCC cinesi entro la metà di questo decennio. La Marina dell’EPL dispone di 876 imbarcazioni di cui 78 grandi navi di superficie, 55 navi d’assalto anfibio e 71 sottomarini. La modernizzazione navale prevede la costruzione di piattaforme, sistemi d’arma, infrastrutture e dei software per gestirli.

 

 

Dalla metà degli anni ’90, la Marina cinese ha acquisito 12 sottomarini d’attacco SSK Proekt 877E classe Kilo dalla Russia, oltre ad aver costruito 23 sottomarini delle classi Song e Yuan tra il 1995 e il 2007. Negli ultimi dieci anni sono stati acquisiti 4 cacciatorpediniere russi della classe Sovremennij, cinque classi di cacciatorpediniere e quattro di fregate nazionali, oltre a grandi navi d’assalto anfibio e a rifornitori di squadra, e sviluppato le capacità C4ISR (comando, controllo, comunicazioni, computer, intelligence, sorveglianza e ricognizione) della Marina. Secondo il Contrammiraglio dell’US Navy Michael McDevitt, entro il 2020 la Marina dell’EPL disporrà di 2 portaerei, 20-22 cacciatorpediniere AEGIS e 6-7 sottomarini d’attacco nucleari. Sebbene la Cina sia ancora notevolmente indietro rispetto l’US Navy, le sue capacità cominciano ad avere conseguenze significative per gli Stati Uniti, sempre secondo McDevitt. Entro il 2020, la presenza di navi da guerra cinese nell’oceano indiano e nel Mediterraneo sarà sistematica, e gli Stati Uniti diventeranno sempre più nervosi. Tanto più che che entrera' in servizio il nuovo aereo anti-sommergibile cinese Y-8Q, dotato del rilevatore di anomalie magnetiche (MAD) più grande del mondo, facendone un temibile cacciatore di sottomarini. L’aereo anti-som Y-8Q è un quadriturbina equipaggiato con missili antinave aerolanciati, mine, siluri e boe sonora. L’aereo ha un’autonomia di 5.000 km e può trasportare oltre dieci tonnellate di armamenti. L’aereo potrebbe servire come centro di comando per i sottomarini senza equipaggio (UUV), dotato del robot sottomarino Haiyan che può immergersi fino a 1.500 metri di profondità ed operare fino a 1.000 chilometri di distanza, ma la caratteristica distintiva dell’Y-8Q è il rilevatore di anomalie magnetiche (MAD) di sette metri di lunghezza, che rileva la firma magnetica degli scafi metallici dei sottomarini nemici; forse il più grande del suo genere. Con tale velivolo la Marina dell’EPL ha un’arma assai efficace contro i sottomarini nemici. Ed inoltre, la Cina assembla l’AG600 Jiaolong, l’aereo anfibio più grande del mondo, presso Zhuhai, nella provincia del Guangdong. Il velivolo è quadriturbina dotato di motori WJ-6, dal peso al decollo di 60 tonnellate, capace di trasportare 50 persone e con un’autonomia di 5.500 km. L’AG600 verrebbe utilizzato per operare sulle nuove isole artificiali che i cinesi costruiscono nel Mar cinese meridionale. Queste isole sarebbero le basi per i pattugliamenti marittimi dell’AG600 sui territori reclamati. La Cina crea la sua Blue Water Navy per operare oltre la “prima catena di isole”, ovvero Curili, Giappone, Ryukyu, Taiwan, Filippine e Indonesia. La “seconda catena di isole” va dalle Aleutine a Bonin, Marianne, Caroline ed Indonesia. Le due linee si estendono a 1.800 miglia nautiche dalle coste della Cina. Liberare dal dominio statunitense queste aree è l’obiettivo ultimo della strategia marittima cinese. Una strategia che emula quella dell’URSS delle linee difensive marittime parallele, situate a varie distanze dalle coste, e volte a negare l’accesso marittimo agli Stati Uniti. La prima linea è costituita da navi, aerei e satelliti di sorveglianza, la seconda dai bombardieri a lungo raggio e la terza dai sottomarini. L’ammiraglio cinese Liu propose l’approccio “delle tre catene di isole” nel 1988, secondo cui la Cina doveva stabilire una presenza permanente sulla prima “catena di isole”, compreso il Mare Cinese Meridionale. Per il 2025 dovrebbe stabilire una presenza simile sulla seconda “catena di isole”, dalle Aleutine alle isole Marianne, Papua Nuova Guinea e sullo Stretto di Malacca, dove passa oltre il 75 per cento del petrolio che riceve. Entro il 2050 la portata si estenderebbe sulla terza “catena di isole”, dalle Aleutine all’Antartide. E nel quadro di questa strategia i cinesi si preparano a schierare sottomarini lanciamissili balistici (SSBN) classe Jin nel nord dell’Oceano Pacifico. Gli SSBN Tipo 094 Classe Jin sono dotati di missili balistici intercontinentali JL-2, dalla gittata di 14.000 km e dotati di una o più testate nucleari. “Con il missile balistico sublanciato (SLBM) JL-2, i Jin possono colpire Hawaii, Alaska, Guam e le regioni occidentali degli USA dalle acque dell’Asia orientale“, affermava l’ufficiale dell’Office of Naval Intelligence Jesse Karotkin. I sottomarini a propulsione nucleare Tipo 094 Classe Jin dislocano 11000 tonnellate ed attualmente ce ne sono 3 in servizio nella Marina dell’EPL. Secondo Karotkin: “All’alba del 21.mo secolo, la Marina dell’EPL era una forza litoranea. Sebbene gli interessi marittimi della Cina siano rapidamente cambiati, la stragrande maggioranza delle piattaforme navali hanno molto limitate capacità e resistenza, soprattutto negli oceani. Negli ultimi 15 anni la Marina cinese realizza un ambizioso piano di modernizzazione per una forza tecnologicamente più avanzata e flessibile. Questa trasformazione è evidente non solo con la presenza della Marina cinese nel golfo di Aden per combattere la pirateria, giunta ala sesta missione, ma anche nelle operazioni regionali più avanzate e nelle esercitazioni della Marina. In contrasto alla ristretta potenza di fuoco di una decina di anni fa, la Marina cinese evolve per soddisfare un’ampia gamma di missioni tra cui il conflitto con Taiwan, rafforzamento delle pretese marittime, tutela degli interessi economici, e missioni anti-pirateria e umanitarie. Il passaggio della Cina sugli oceani è ostacolato da due catene di isole. La postura geostrategica marittima della Cina è stretta in una condizione di semi-chiusura. Da una prospettiva geostrategica, il cuore della Cina si affaccia sul mare, i benefici dello sviluppo economico sono sempre più dipendenti dal mare, da cui proviene anche la sicurezza“. La soluzione è sviluppare la potenza navale oceanica “rafforzando la difesa strategica oceanica e sviluppando le capacità di operazioni d’attacco sulle linee esterne“. Quindi, la Cina si volge a proteggere le rotte commerciali e le comunicazioni marittime lungo le proprie coste, come il Mar Cinese Meridionale. La Cina dichiarò la volontà di usare la forza per sostenere i propri interessi marittimi e nel 1976 le sue forze navali occuparono le isole Paracel, e nel 1988 si scontrarono con i vietnamiti per le isole Spratly. Nel 1995 presero Mischief Reef e la fortificarono nel 1998. La Cina quindi segue le teorie dell’ammiraglio A. T. Mahan, stabilendo basi avanzate, estendendo il perimetro difensivo marittimo esterno e rafforzando il controllo su rotte commerciali e Stretto di Malacca. Per la Cina, i Mari cinesi Orientale e Meridionale sono d’importanza strategica, vedendoli contigui agli oceani. Per dominarli, la Marina cinese deve operarvi liberamente. Così la Cina vi dedica risorse. Ciò impone alla Cina l’obbligo di concentrarsi sul contesto regionale, dato che le rotte passano relativamente vicine a Vietnam, Giappone, Taiwan, Filippine, per lo Stretto di Malacca e presso Taiwan, la cui posizione geografica permette di contrastare la proiezione di potenza marittima della Madrepatria. L’analista cinese Lin Zhibo riassunse nel 1996 la situazione: “Militarmente, Taiwan è una risorsa che gli Stati Uniti potrebbero utilizzare nel Pacifico occidentale. L’uso di Taiwan potrebbe consentire un controllo efficace delle linee marittime tra Asia nord-orientale e sud-orientale e Medio Oriente…. Così gli USA vedono in Taiwan “una portaerei inaffondabile”, dandogli il massimo controllo sui Mari Cinesi Orientale e Meridionale”. Per superare tale stallo, la Cina deve avere una flotta oceanica, spiegandone il massiccio programma navale. Inoltre, Pechino rivolgere l’attenzione all’Oceano Indiano, poiché vi transitano le principali rotte energetiche e commerciali per la Cina. La costruzione della base per le portaerei della Marina dell’Esercito Popolare di Liberazione della Cina sull’isola di Hainan, che non a caso si affaccia sul cruciale Mar Cinese Meridionale, è stata completata nel novembre 2014. La base può ospitare due portaerei, essendo larga 120 metri e lunga 700 metri. La base dell’US Navy a Yokosuka in Giappone, è lunga solo 400 metri. La costruzione della base iniziò nel 2011, ed è contigua con la base di Yulin che ospita i sottomarini a propulsione nucleare cinesi. Assieme le due basi costituiscono il più grande centro multiruolo della Marina dell’EPL. Nell’ottobre 2012, il Terzo Direttorato dello Stato Maggiore dell’EPL, responsabile per la scienza, la tecnologia e l’intelligence, costruì tre cupole blu di una stazione di sorveglianza elettronica sulla collina che domina la base. Ad ovest della collina, a circa 8 km dalla base, vi sono altre due grandi cupole azzurre per la sorveglianza elettronica. Nell’ottobre 2013 iniziò la costruzione del molo per le due portaerei. Un altro molo, per far attraccare altre due portaerei, è in costruzione da metà 2014. Al centro del molo per le portaerei vi è un edificio con 6 antenne, probabilmente per coordinare i movimenti delle navi. La prima portaerei di costruzione nazionale della Cina è stata impostata nel cantiere navale di Dalian due anni fa. Quando la base sarà completata, disporrà anche di una rete da difesa aerea regionale. Secondo Konstantin Sivkov, analista della difesa russo, la Cina ha integrato a bordo della portaerei Liaoning, prima portaerei cinese, sistemi nazionali come il radar di ricerca Tipo 382 A Sea Eagle S/C che permette d’inseguire 10 bersagli aerei simultaneamente fino a 400 km di distanza. Inoltre la nave è dotata di quattro radar a scansione elettronica attiva dalla portata di 500-600 km, che conferiscono alla Liaoning una capacità di difesa aerea simile a quella dei caccia AEGIS statunitensi classe Arleigh Burke. Le difese antiaeree attive della nave comprendono quattro sistemi d’arma Tipo 1130 e quattro sistemi antiaerei FL-3000N (4 lanciatori a 18 cellule in grado di sparare 72 missili). Il sistema di guida dei missili di questi ultimi combina al puntamento a radiofrequenza e ad infrarossi passivo (IMIR) del tipo "lancia e dimentica". La portaerei può seguire bersagli subacquei fino a 80 km. La portaerei cinese può trasportare 40 caccia J-15 Flying Shark (versione cinese del Sukhoj Su-33) e 20 elicotteri Ka-27/28. Può far decollare 16 velivoli in sequenza. Il 1.mo gruppo portaerei della Cina è dotato di 4/5 cacciatorpediniere Tpo 051C, Tipo 052D o Classe Sovremennij, e di diverse fregate Tipo 054A. I sistemi d’arma della Liaoning comprendono anche il missile antinave YJ-83K. La seconda portaerei, che sarà completata nel 2018, è in costruzione nei cantieri di Dalian, dove sono stati costruiti anche 2 avanzati cacciatorpediniere Tipo 052D. La Cina dovrebbe costruire quattro portaerei entro il 2030. Nel frattempo la Marina cinese riceve le nuove corvette Tipo 056 Classe Jiangdao, costruite presso il cantiere navale di Hudong a Shanghai. Le corvette Tipo 056 sono navi stealth dotate di sensori e sistemi d’arma moderni, tra cui un cannone da 76mm, 6 tubi lanciasiluri e 4 lanciamissili antinave. La nave è anche dotata di un hangar per le operazioni antisom con un elicottero Z-9C. Progettate e costruite dalla China State Shipbuilding Corporation (CSSC), le corvette Tipo 056 saranno la spina dorsale della Marina dell’EPL, con una classe composta da oltre 30 esemplari. Un nuovo veicolo Transporter Erector Launcher (TEL) cinese, il più grande veicolo cinese per il trasporto e il lancio di missili superficie-aria, da crociera e balistici, è stato recentemente avvistato. Il veicolo appare simile ai TEL precedenti tranne che è “molto, molto più grande”, secondo Popular Science. “C’è una sezione estesa dal primo al secondo asse che probabilmente contiene mezzi supplementari per lancio e correzioni in volo di missili. Inoltre, ha una cupola di comunicazioni via satellite suggerendo una maggiore larghezza di banda per i collegamenti dati necessari per guidare il missile“. Mentre il veicolo standard trasporta tre missili, il nuovo TEL ne trasporta solo due, suggerendo un missile molto più grande e lungo. Il nuovo TEL trasporterebbe il missile antinave YJ-18, versione cinese del missile da crociera russo Klub, dalla gittata di 540 km e che raggiunge una velocità di Mach 3 negli ultimi 50 chilometri di volo, oppure il nuovo missile superficie-aria antibalistico HQ-26 o ancora un altro grande missile da crociera supersonico. Il nuovo missile supersonico cinese YJ-18 fa parte dei missili di nuova generazione cinesi. Il YJ-18 può essere lanciato verticalmente da navi di superficie o da sottomarini. Un altro missile da crociera supersonico, YJ-12, compare nell’arsenale della Cina. Il dipartimento della Difesa USA definisce il YJ-18 un “passo significativo” e “miglioramento drammatico” dell’attuale arsenale della Cina, dato che la gittata del YJ-18, come detto di 540km, quadruplica la gittata dei missili a bordo di navi e sottomarini della Marina dell’EPL. La Cina ebbe accesso immediato al sistema missilistico russo Klub quanto importò i sottomarini convenzionali (SSK) Proekt 636 Classe Kilo un decennio fa. Il Klub vola alla velocità subsonica di 0,8 Mach per circa 180 km, ma a 20 km dal bersaglio passa alla velocità supersonica di Mach 2,5 o Mach 3. La “doppia velocità” permette al sistema d’arma di avere sia la gittata dei missili da crociera subsonica, relativamente lunga, e un peso ridotto, ma anche il vantaggio di comprimere drasticamente i tempi di reazione del nemico, passando in modalità supersonica. Il YJ-18 quindi è la versione “digitalizzata, automatizzata e con avanzati sistemi di controllo del volo e di navigazione” del missile Klub. I missili YJ-18, sostituendo i precedenti missili YJ-82 presso la flotta della Marina dell’EPL e congiuntamente allo sviluppo dei missili antinave ed antiaerei delle navi di superficie, e di quelli aerolanciati, contribuirà a “creare un sistema di attacco completo e di maggiore potenza”. Per la Cina, il missile YJ-18 può svolgere un ruolo simile a quello che simili armi russe svolgono imponendo la netta superiorità militare russa sul Mar Nero. La Cina lavora, inoltre, sul missile subsonico da crociera a lungo raggio YJ-100 e su quello supersonico Chaoxun-1 (CX-1). Il missile supersonico YJ-12 raggiunge la velocità di Mach 3 ed ha una gittata di 300 km. Il missile subsonico YJ-100 invece ha una gittata di 800 km. Infine, il CX-1 è un missile a due stadi dalla gittata di 280 chilometri e con una testata di 260 kg. Il missile ha anche una probabilità di errore circolare di 20 metri e una velocità di Mach 2,8/Mach 3. Saranno prodotte due varianti: il CX-1A navale e il CX-1B lanciato da autoveicoli a terra. I cantieri navali cinesi hanno completato almeno 6 sottomarini a propulsione nucleare dotati di missili antinave a lancio verticale. Si tratta dei sottomarini Type 093G, progettati per lanciare il missile YJ-18. Un nuovo sottomarino Tipo 095 è attualmente in fase di sviluppo. Il viceammiraglio dell’US Navy Joseph Mulloy aveva detto che la Cina aveva superato gli Stati Uniti per numero di sottomarini. “Non sono dello stesso livello, ma le loro forze sottomarine crescono ad un ritmo tremendo. Ora hanno più sottomarini d’attacco diesel e nucleari di noi. Producono sottomarini abbastanza sorprendenti che impiegano operativamente“. Gli USA sono preoccupati dalla “Cina che persegue progettazione e produzione congiunta di 4-6 sottomarini d’attacco diesel-elettrici avanzati dotati delle più recenti tecnologie sonar, propulsione e silenziosità russe. L’accordo dovrebbe migliorare le capacità della Marina dell’EPL e sostenerne lo sviluppo di sottomarini silenziosi, complicando i futuri sforzi degli Stati Uniti per monitorare e contrastare i sottomarini della Marina dell’EPL“. Inoltre, la capacità di attacco aeronavale della Cina è aumentata negli ultimi anni di dieci volte, “La costruzione della forza d’attacco aerea marittima di seconda generazione permetterà alla Cina di controllare efficacemente le vicine zone marittime e le rotte commerciali…” Inoltre, la Seconda Artiglieria cinese acquisisce sempre più la capacità di distruggere le basi aeree statunitensi, come Kadena in Giappone, con un’ondata di missili di teatro nella prima fase del conflitto, e ciò lascerebbe alle forze aeree della Cina mano libera nell’imporre la superiorità aerea regionale, potendo eliminare dalle zone marittime prossime i gruppi di portaerei degli Stati Uniti e altri gruppi navali di superficie nemici.

Fonte: https://aurorasito.wordpress.com

 

 

La politica estera della Cina, in particolare verso Medio Oriente e Africa, era plasmata dalle crescenti esigenze in petrolio e altre risorse naturali, portando ad una situazione che si può riassumere così: maggiore è la domanda, più è politicamente impegnata nel Medio Oriente e Paesi da cui importa petrolio. Nel giro di una sola generazione, grazie a una crescita economica senza precedenti, la Cina è passata dall’autosufficienza nel greggio (produzione di ciò che consuma) a quasi sostituire gli Stati Uniti come primo importatore di carburante.

Nel 2014, la Cina ha importato circa 6,2 milioni di barili al giorno in media e, più che semplice coincidenza, la maggior parte delle importazioni cinesi di petrolio proviene da una delle regioni più instabili del mondo: il Medio Oriente. Anche in questo caso, non si tratta solo di mera coincidenza che il principale competitore strategico degli Stati Uniti, la Cina, sia la forza preponderante. Pertanto, la Cina prevede una ‘nuova’ politica estera dettata non solo dall’economia politica, ma anche da considerazioni geostrategiche mondiali. Tale maggiore ricorso a Paesi instabili ha spinto la Cina ad intraprendere il primo dispiegamento all’estero di forze da combattimento per il mantenimento della pace in Africa, poi seguita da un ruolo maggiore nella risoluzione dei conflitti in Afghanistan. Anche se la Cina non importa petrolio dall’Afghanistan, il Paese ha risorse sufficienti che la Cina può sfruttare in futuro. Sull’Africa, nel 2013, Pechino ha inviato 170 truppe in Mali per impedire che i tumulti si riversassero nei vicini ricchi di petrolio, come Algeria e Libia. Un anno dopo, con un altro ‘pugno da diplomazia aggressiva’, la Cina risaltò nei colloqui di pace tra fazioni in guerra nel Sud Sudan. Nel Medio Oriente, nel dicembre 2014 la Cina offrì sostegno militare all’Iraq tramite attacchi aerei contro lo Stato islamico. Nuovi impegni alimentati dal petrolio della Cina hanno visto un passo definitivo verso il Medio Oriente quando, nel novembre 2014, Pechino offrì a Washington denaro (circa 10 milioni di dollari) per aiutare gli sfollati in Iraq. Venendo da un Paese che ha visto a lungo negli interventi militari degli Stati Uniti la punta dei nefasti complotti occidentali, tali offerte erano assolutamente sorprendenti per molti che vedono nella Cina uno Stato politicamente ‘disinteressato’. Tuttavia, poiché la domanda cinese di petrolio e altre risorse è aumentata in modo esponenziale negli ultimi anni, e le regioni che riforniscono Cina di adeguate risorse diventano instabili e preda del caos, anche la Cina è costretta ad adeguamenti politici necessari per garantirsi le forniture di risorse in modo da mantenere attiva l’industria. Il caso cinese, in altre parole, è un classico esempio di ‘superpotenza’ che cade nella ‘trappola’, come alcuni amano chiamarlo, tesa da un’altra superpotenza, gli Stati Uniti; nulla aiuterebbe gli Stati Uniti più della Cina impegnata militarmente in Medio Oriente, mandandone in frantumi l’immagine di Stato che non interferisce.

 

 

Tuttavia, sarebbe una semplificazione eccessiva affermare che la Cina cade nella trappola degli Stati Uniti. La decisione della Cina d’inviare truppe è una mossa molto calcolata e risultato di alcuni dibattiti politici seri nei circoli dominanti degli ultimi anni. Tale importante cambio nella diplomazia e politica estera è, in quanto tale, in perfetta linea con le discussioni aperte di alti funzionari, tra cui in particolare il Ministro degli Esteri Wang Yi, sul ruolo cinese sempre più importante nelle regioni suddette. Anche se la Cina opera o si offre di operare nella regione senza alleanze o trattati formali di difesa o sicurezza, il fatto che sia disposta ad operarvi è uno sviluppo che va considerato, senza tralasciare una domanda molto importante: la Cina sostituisce gli Stati Uniti in Medio Oriente? Non possiamo avere una risposta categorica, tuttavia, vi sono segnali abbastanza chiari che la Cina lentamente e in maniera molto calcolata, entra nell’arena politica; se non lo facesse, non poterebbe così facilmente trarre la quantità di petrolio necessaria per mantenere la sua economia ‘funzionale’. Ma garantire la produzione di petrolio non è l’unica preoccupazione della Cina. Il trasporto, naturalmente, è anche una delle principali preoccupazioni. Più dell’80 per cento delle importazioni di petrolio di Pechino attraversa un collo di bottiglia, lo Stretto di Malacca nei pressi di Singapore, che si riduce a meno di due miglia di larghezza attraversate da oltre 15 milioni di barili di petrolio al giorno. In un discorso del 2003, Hu Jintao, allora presidente della Cina, articolò il “dilemma di Malacca”: il timore che “alcune grandi potenze”, gli Stati Uniti, potessero ridurre l’ancora di salvezza energetica della Cina in questo stretto passaggio, rispecchiando ciò che gli USA fecero al Giappone durante la seconda guerra mondiale. A sua volta, Hu accelerò il programma di ammodernamento della marina, continuato dal Presidente Xi Jinping con il varo della prima portaerei della Cina, l’introduzione del suo primo missile balistico antinave e triplicando cacciatorpediniere, fregate e sottomarini d’attacco. Alcuni di questi progressi furono indicati nel 2008, quando la Cina schierò in modo permanente pattuglie anti-pirateria sulle rotte al largo delle coste della Somalia e nel Golfo di Aden, prima missione navale all’estero negli ultimi 600 anni. In un passo destinato a eliminare le vulnerabilità marittime, la Cina ha aperto un oleogasdotto attraverso il Myanmar alla fine del gennaio 2015. Il cambiamento nella politica estera della Cina arriva proprio mentre gli Stati Uniti cercano di districarsi da un decennio di guerre difficoltose. Un ritiro completo dal Medio Oriente sarà impossibile, data l’eruzione dello Stato islamico e la vecchia promessa di proteggere l’approvvigionamento energetico degli alleati. Di conseguenza, gli Stati Uniti dovranno capire come lavorare con la Cina, non solo nel perno di Washington in Asia, ma nel perno di Pechino a ovest. Un punto cardine del “pivot” della Cina verso l’Occidente è il vasto programma di modernizzazione volto a bloccare il perno degli Stati Uniti in Asia. La relazione del 18° Congresso del Partito afferma che nel prossimo futuro la Cina deve “aumentare lo sfruttamento delle risorse idriche, sviluppare un’economia marittima, proteggere l’ecosistema oceanico, persistere nella tutela degli interessi marittimi nazionali, costruire il potere marittimo“. In altre parole, la nuova leadership include formalmente l’istituzione della potere marittima nella strategia nazionale. Questo obiettivo comprende generalmente tre aspetti: a) gestione efficace, controllo e protezione dello spazio marittimo in precedenza trascurato (per esempio, Mar Cinese Meridionale e Mar Cinese orientale); b) uso assertivo della diplomazia marittima esercitando influenza notevole su normative e prassi marittime regionali e internazionali; c) uso efficace e razionale delle risorse marittime, dentro e fuori lo spazio sovrano della Cina, divenendo uno delle più potenti economie marittime del mondo. Guidati da questi principi, governo e forze armate cinesi hanno recentemente emanato una serie di misure concrete per proteggere gli interessi aerei, spaziali e marittimi della Cina. D’altra parte, questi sviluppi hanno lo scopo di rafforzare la capacità cinese di agire oltre i confini, soprattutto in Africa e Medio Oriente.

 

 

Questi sviluppi degli aspetti del potere marittimo vanno soppesati nella rigorosa, ma calcolata, applicazione in Medio Oriente e in altre regioni. L’approccio politico della Cina al Medio Oriente è rafforzato dalla conclusione sulla situazione degli Stati Uniti nella regione, secondo cui alcuna potenza da sola può ripristinare la stabilità nella regione e intraprendervi uno sviluppo equo e sostenibile. In un certo senso, Washington l’ha interpellata su ciò. I funzionari degli Stati Uniti hanno a lungo spinto la Cina a pesare internazionalmente. Il presidente Barack Obama si lamenta che la Cina sia un “libero battitore” da decenni, beneficiando immensamente del commercio mondiale e dei flussi energetici resi possibili dall’US Navy. In questo senso, le forze di pace cinesi in Africa e i pattugliamenti anti-pirateria sono stati accolti come un segno che Pechino, secondo l’ex-vicesegretario di Stato Robert Zoellick, diviene “azionista responsabile” del sistema internazionale. Tuttavia, la Cina è pienamente consapevole delle conseguenze che potrebbero seguire tale cambiamento, o forse ha già cambiato la politica estera e sua applicazione. “Sostituire gli Stati Uniti è una trappola in cui la Cina non dovrebbe cadere“, ha detto Wang Jian. Allo stesso tempo, ha giustificato la non interferenza cinese con la convinzione del governo che il caos nella regione ha fatto sì che non sia il momento d’intervenire; un approccio che molti nella comunità politica cinese credono permettere alla Cina di lasciare gli Stati Uniti cuocere nel proprio brodo.

Salman Rafi Sheikh New Eastern Outlook del 07/06/2015

Salman Rafi Sheikh, analista di relazioni internazionali e affari esteri e nazionali del Pakistan, in esclusiva per la rivista online New Eastern Outlook.

Traduzione di Alessandro Lattanzio – SitoAurora

Fonte: https://aurorasito.wordpress.com

 

 

Mentre sembra calare il silenzio sui problemi internazionali quali la crisi Ucraina, la conseguente guerra fredda innescatasi tra Russia da una parte e UE-USA-NATO dall’altra ed il silenzio cinese in tal contesto, sulle faccende di ISIS, su Ebola, e tanto altro ancora, diventa sempre più evidente agli addetti ai lavori, la preoccupazione crescente degli Stati Uniti d’America nello scenario globale, in cui si delinea sempre più la potenza anche militare della Cina, soprattutto per quanto riguarda le armi innovative e segrete.

Vogliamo fare in tal senso un breve resoconto strategico per illustrare la reale potenza militare cinese, almeno dal punto di vista dell’innovazione, attraverso canali non ufficiali ma legati in qualche modo alle Forze Armate statunitensi e soprattutto che citano e mostrano direttamente i documenti governativi.

Il sito “USNI” (US Naval Information) per esempio, è un sito d’informazione legato alla Marina militare americana, nel quale troviamo costantemente notizie di prima mano, tutte inerenti l’informazione globale che coinvolge direttamente o indirettamente le unità aeree, sottomarine e naturalmente navali degli USA. Ultimamente, soprattutto per quanto riguarda lo scenario dell’Oceano Pacifico e la modernizzazione delle forze armate cinesi in contrapposizione a quelle degli Stati Uniti, troviamo parecchi post. Nell’articolo “Document China’s Naval Modernization” (del 3 febbraio 2015) per esempio, si parla dell’incredibile numero crescente di unità lancia missili stealth (invisibili ai radar) cinesi. Nell’articolo si stima che al 30 gennaio 2015, la PLA (Marina Militare della Repubblica Popolare cinese) possieda 88 unità navali di superficie (da combattimento) di cui una portaerei (almeno due in costruzione), 60 sottomarini, 55 navi anfibie a medio raggio ed 85 unità navali lancia missili di piccole dimensioni. In pratica ha superato la flotta USA per numero di unità navali totali nel Pacifico, e con l’attuale ritmo di introduzione di nuove unità, nel 2020 potrebbe superare di un terzo le unità americane dell’area e contrapporvi tre o quattro portaerei alle cinque dell’US Navy, il tutto, non considerando il fatto che la Cina ha costruito un efficiente sistema anti-portaerei, capace di annientarle in caso esse si avvicinino a meno di 3.000 km dalla costa, mentre il raggio d’azione dei velivoli imbarcati delle più moderne portaerei USA, non arriva a 2.000 km, cosa che di fatto, annullerebbe comunque il vantaggio strategico dell’US Navy.

In questa pagina si possono trovare anche i documenti che ne parlano.

In quest’altro documento si trovano invece notizie sulla storia dei rapporti tra Marina Militare cinese e statunitense, i rischi attuali, le collaborazioni nel contesto anti pirateria, le valutazioni del congresso USA sull’esponenziale aumento delle forze armate cinesi e sulla presenza della PLA negli oceani Pacifico e Indiano, di armi offensive ed innovative, di ammodernamento, di nuove tattiche, ecc.; si evidenzia quindi parecchia preoccupazione e si parla delle esercitazioni congiunte con gli alleati, quali la RIMPAC (la più grande esercitazione aeronavale USA che viene effettuata ogni anno nel Pacifico) e naturalmente degli alleati della NATO.

 

 

In un altro articolo dal titolo “New Chinese Nuclear Sub Design Includes Special Operations Mini-Sub” si parla di una nuova generazione di sottomarini speciali Shang-class; oltre ad essere un sommergibile d’attacco con capacità lancia missili, ha una peculiarità quasi unica: progettato anche per le operazioni sottomarine speciali, ad esso si aggancerà (o ne farà addirittura parte integrante) un altro sottomarino più piccolo, che avrà l’unico scopo di trasportare unità speciali subacquee e forze speciali della marina, esattamente come fanno quelli della classe Los Angeles statunitensi per l’uso dei Navy Seal’s. Allo stato attuale il programma in parte ancora segreto, prevede l’ammodernamento di 17 unità sottomarine della classe Type-93T che saranno predisposte per le operazioni speciali, quindi trasformate nella nuova classe Shang, in tal senso i sottomarini saranno attrezzati anche per l’appontaggio di elicotteri. Questa tipologia di attrezzatura militare della marina lascia trapelare l’intento della flotta Popolare cinese, di divenire uno strumento sempre più efficiente, elastico, capace ed offensivo.

Queste ed altre notizie americane di dominio pubblico, rilasciate da enti governativi e non, fanno seguito ad altre notizie altrettanto allarmanti, di nuovi progetti militari conseguenti alla modernizzazione della flotta cinese e di quella russa. Sempre da fonti ufficiali sembra che il Congresso degli Stati Uniti abbia approvato in bilancio l’acquisto e quindi la creazione di nuove unità navali di superficie, con capacità stealth, quali corvette e fregate, incrociatori e cacciatorpediniere AEGIS (sistema di difesa missilistico navale) di seconda generazione, la creazione della Classe Virginia di sottomarini nucleari di nuova generazione, e la progettazione di una nuova generazione di velivoli imbarcati, che in futuro dovranno sostituire i caccia F/A-18 Super Hornet, attualmente in servizio sulle portaerei (forse al posto degli F-35), ed altri velivoli da combattimento.

Una cosa da non sottovalutare è l’allarme per la forza anfibia cinese; al momento sono già in servizio parecchie unità navali con tale scopo, 6 delle quali sono vere e proprie navi d’assalto anfibie, con capacità di trasporto ed appontaggio di velivoli VTOL (aerei a volo verticale). La PLA possiede inoltre molte unità navali veloci, aliscafi, hovercraft ed altro ancora; mostra anche ottime capacità di sbarco di massa, cosa che desta molta preoccupazione in Paesi come Giappone, Filippine e Corea del Sud, ma anche negli stessi USA che giorno dopo giorno vedono diminuire il proprio potere militare in questo scenario Asiatico. Non dimentichiamo inoltre che lo scorso anno la Cina ha effettuato diverse anomale esercitazioni con mezzi di terra imbarcati su navi da carico e petroliere civili, dimostrando di poter usare qualsiasi nave per la difesa aerea, l’attacco ed il cannoneggiamento della costa con artiglierie e missili, gli sbarchi di massa improvvisi e quasi clandestini e così via, creando in tempi record teste di ponte che ampliano il raggio d’azione delle difese cinesi di migliaia di km, sfruttando le piccole isole dell’Oceano.

Fonte: http://www.seven-network.it

 

 

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