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“La riposta americana per contrastare il nuovo corso russo (supportato da sistemi di ultimi generazione) ci sarà: il problema è che si sta valutando ancora il da farsi tra tagli di bilancio e burocrazia”. Nell’ultima relazione del Dipartimento della Difesa al Congresso, i militari hanno chiesto un budget superiore per il 2017 “finalizzato a garantire quel significativo vantaggio militare che ancora possediamo sulla Russia”. Divario che si sta assottigliando, ma ancora presente.

 

 

Tra i problemi principali, la violazione dei trattati di non proliferazione nucleare che, secondo gli USA, sarebbero ormai evidenti e che rappresentano una “seria minaccia”. Gli USA, tra le altre cose, temono l’entrata in servizio dei nuovi sistemi russi: dal siluro atomico “Status-6” ai missili balistici intercontinentali Bulava, Topol-M e Yars.

Ciò che spaventa più la NATO è che i russi possiedono missili a raggio intermedio su imbarcazioni da guerra, così come dimostrato a più riprese durante gli attacchi contro le postazioni dello Stato islamico in Siria. Tradotto significa che dal Mar Caspio, i paesi della NATO potrebbero essere colpiti in caso di escalation militare direttamente dal mare con testate convenzionali e non.

Sarebbe opportuno rilevare che gli Stati Uniti hanno annunciato lo scorso anno che la Russia sarebbe in violazione del Trattato “Intermediate-Range Nuclear Forces (INF)” siglato nel 1987, che vietava ad Unione Sovietica e Stati Uniti di schierare missili balistici a raggio intermedio e da crociera nucleari e convenzionali lanciati da terra. Nonostante la questione con Mosca sia stata sollevata nel 2013, la non conformità risalirebbe al 2008. Gli Stati Uniti hanno investito un miliardo di dollari nel 2015 per sostenere le forze di rotazione nei Paesi Baltici e nell'Europa centrale con carri armati, artiglieria, fanteria, veicoli da combattimento ed altre attrezzature dislocate negli Stati baltici ed in Bulgaria, Romania e Polonia.

In attesa della modernizzazione dell’intero arsenale nucleare (già in atto), e di tutti i programmi in via di sviluppo, la risposta a breve termine ha già un nome: la bomba nucleare B61-12 trasportata dall’F-35. Le 180 testate B61 dislocate nelle sei basi in Europa, saranno riconvertite alla versione Mod-12 entro i prossimi tre anni (fondi già stanziati). La B61-12 con una precisione di 30 metri dall’obiettivo richiede solo una testata da 50 kilotoni (una potenza più accettabile e con minori effetti collaterali). Ciò significa maggiore accuratezza ed un nuovo impiego sul campo di battaglia. Il rendimento detonante di una testata da 50 kilotoni, in un raggio di 30-68 metri, è assolutamente necessario per polverizzare ogni tipo di bunker fortificato. La tecnologia della B61 è anche nota come "Dial-a-yield". Ciò significa che ogni bomba ha una potenza regolabile: da un massimo equivalente di 50.000 tonnellate di TNT ad un minimo di 300. L’impiego sul campo di battaglia, quindi, può essere personalizzato a seconda dell’effetto desiderato e dell’obiettivo.

Gli upgrade, nonostante i rinvii ed i tagli, saranno completati entro la fine del 2018, pena il deterioramento delle testate più obsolete (quelle cioè dislocate in Europa) per un totale di 500 testate Mod-3, 4, 7 e 10 da riconvertire. Con le nuove modifiche, le bombe potranno essere utilizzate con maggiore “facilità” dai comandanti sul campo. Pur non essendo tecnicamente una nuova arma, l’aggiornamento del Pentagono trasforma l’attuale inventario nucleare “stupido” (cioè a caduta libera) in “intelligente”, in sistema d’arma, cioè, a guida di precisione. Da rilevare che proprio in Europa, la B-61-12, potrà essere trasportata esclusivamente dagli F-35. F-16 e Tornado, infatti, a causa di alcune incompatibilità tra i sistemi, non potrebbero lanciare le nuove Mod-12.

L’aggiornamento delle 500 testate nucleari andrebbe visto anche sotto un profilo tattico. A partire dal 2020, la NATO potrebbe disporre di un caccia di quinta generazione a bassa osservabilità (l’F-35) dotato di armamento nucleare intelligente con potenza scalabile. Il vero game-changer che potrebbe stabilizzare l’asset europeo è quindi la bomba B61-12. Il costo dell’aggiornamento del primo stock da 500 bombe B61, considerato vero e proprio programma di life-extension del sistema, costerà ai contribuenti americani dagli 8 ai 12 miliardi di dollari. Resteranno in servizio fino al 2040. Le B-61 rappresentano un deterrente nucleare ritenuto in grado di dissuadere anche gli stessi alleati dallo sviluppare armi nucleari “fatte in casa”. Ma gli americani prevedono l’integrazione della B61-12 anche sulle portaerei, rispolverando il concetto della “doppia capacità”.

Il governo americano, ad oggi, prevede la possibilità di dotare gli F-35A basati a terra di armi nucleari, ma anche l'F-35C potrebbe ricevere le medesime capacità come una "manifestazione visibile dell'impegno degli Stati Uniti nel proteggere i propri alleati”.

Secondo ‘Il Progetto Atom’ “l'America ha bisogno di svariati ordigni nucleari: da quelli a basso rendimento alle armi nucleari tattiche fino ad arrivare alle armi di distruzione di massa”.

di Franco Iacch - 03/12/15

Fonte: http://www.difesaonline.it

 


 

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