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L’espansione conosciuta negli ultimi anni dalle forze armate cinesi, principalmente nella loro componente marittima rappresentata dalla People’s Libération Army Navy, ha garantito un repentino e vistoso sviluppo all’industria degli armamenti della Repubblica Popolare, certificato dall’incremento delle forniture militari offerte ad altri Paesi: il 19 aprile 2016, ad esempio, la Cina ha siglato con il Pakistan il più ampio accordo di questo genere della sua storia, concludendo la trattativa per la vendita di otto sottomarini alla marina di Islamabad, dal valore complessivo di 5 miliardi di dollari. Un accordo in tono minore, ma altrettanto significativo, è stato siglato il 25 aprile con la Thailandia: il Paese del Sud-Est Asiatico, storico alleato degli Stati Uniti, ha infatti negoziato l’acquisto di un sottomarino dal valore di 393 milioni di dollari. Il sistema di produzione militare cinese è articolato attorno a un conglomerato di imprese controllate dal governo di Pechino, che operano in stretta connessione con la Commissione Militare Centrale (uno degli organismi più importanti dell’architrave del potere nazionale) facente riferimento al Presidente Xi Jinping. Questi, puntando fortemente sul sostegno degli apparati militari in vista del decisivo congresso autunnale del Partito Comunista Cinese destinato a riconfermare la sua leadership, appare intenzionato a operare una profonda riforma nel sistema di approvvigionamento di armamenti per le forze armate, e a trasformare la Repubblica Popolare in un punto di riferimento internazionale per lo sviluppo e la produzione di tecnologie belliche. Anno dopo anno, la Cina incrementa gli stanziamenti destinati alle forze armate: come riportato da ChinaPower, il 4 marzo 2017 Fu Ying, viceministro degli Esteri di Pechino, ha annunciato un incremento del 7% della spesa dello Stato in questo settore, sino alla ragguardevole cifra di 148,1 miliardi di dollari. Un volume tanto significativo di investimenti mette in movimento una serie di importanti accordi tra vertici militari e dirigenti industriali, finalizzati al completamento delle operazioni d’acquisto dei sistemi d’arma e alla produzione di unità come la Liaoning, prima portaerei interamente costruita dalla Repubblica Popolare.

La principale limitazione del compound degli armamenti cinese è rappresentata dall’elevata corruzione dei suoi vertici, dalla carenza di investimenti in innovazione e dalla scarsa trasparenza interna, come segnalato da Zi Yang su The Diplomat. Per ovviare a queste carenze sistemiche, Xi ha recentemente varato un’importante riforma che dovrebbe rappresentare il primo passo verso la creazione di un “complesso militare-industriale” cinese capace di collaborare col governo, ma al tempo stesso di non dipendere completamente dai sovvenzionamenti e dal controllo statale per gli investimenti necessari al suo sviluppo. La Mixed-Ownership Reform (MOR, in cinese Hungai) si svilupperà attraverso la parziale privatizzazione delle imprese attive nel settore della Difesa, da compiersi con la quotazione in Borsa o, sul versante opposto, l’implementazione di forme di devoluzione volte a concedere ai dipendenti la possibilità di procedere all’acquisto di quote delle società.

Affinché la Cina possa sviluppare un’industria degli armamenti capace di esportare i suoi prodotti in tutto il mondo, è necessaria la ricerca di una maggiore efficienza e di modalità di finanziamento più efficaci e meno ombrose di quelle tradizionali, focalizzate sui rapporti clientelari leganti i membri del governo, i comandanti delle Forze Armate e i dirigenti industriali. Pechino punta a rendere profittevoli compagnie come la China Shipbuilding Industry Group Power Co., colosso della produzione navale, e a potenziare le capacità di sviluppo tecnologico dei principali gruppi industriali; l’aumento dell’efficienza dell’esercito, al tempo stesso, è parte fondamentale della strategia politica di Xi Jinping, che oltre a puntare fortemente sullo sviluppo della “Nuova Via della Seta” mira a fare delle forze armate cinesi uno strumento per garantire alla Repubblica Popolare un’elevata proiezione geopolitica. Lo sviluppo del “complesso militar-industriale” cinese è solo alle prime armi, ma Xi Jinping deve tenere in considerazione un elemento importante: il passaggio da un settore della Difesa totalmente controllato dallo Stato a un apparato privatizzato in grado di portare avanti interessi autonomi pone dei rischi non indifferenti di condizionamento delle politiche governative. Il caso statunitense, ad esempio, testimonia quanto possa influire sulla geopolitica planetaria il peso della convergenza tra gli apparati militari e i grandi potentati industriali di una grande potenza.

 

Fonte: http://www.occhidellaguerra.it

 


 

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