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Più che la corsa al nucleare, a preoccupare gli analisti è la corsa ai missili. Secondo Ian Williams, direttore associato del Csis (Center for Strategic and International Studies) che ha stilato un rapporto sui programmi missilistici di diversi Paesi ripreso da un recente articolo del Nyt, stiamo entrando in un “rinascimento dei missili”. Sempre secondo lo studioso il proliferare di nazioni dotate di arsenali missilistici di medio/lungo raggio aumenterebbe le tensioni regionali e quindi la possibilità che si scateni un conflitto dato che queste sarebbero più inclini a colpire per prime se ritengono che il proprio arsenale sia in qualche modo minacciato. Una sorta quindi di rovesciamento dell’equilibrio del terrore – il Mad (Mutual Assured Destruction) di lontana memoria da Guerra Fredda – che metterebbe a rischio la situazione geopolitica globale. Inoltre, Williams riferisce come la scarsa precisione di queste armi – se confrontate con quelle americane, russe o cinesi ad esempio – sarebbe un fattore che aggrava la situazione per la popolazione civile: un missile poco o scarsamente preciso ha più possibilità di colpire un’aerea densamente abitata piuttosto che un obiettivo militare puntiforme come un bunker o una base aerea. Nell’articolo del Nyt viene poi espressa tutta la preoccupazione per l’arsenale missilistico nordcoreano e si punta l’attenzione in particolare alla sua “rapida” evoluzione, che ha portato collateralmente alla proliferazione missilistica di altre nazioni che hanno, nel corso degli anni, intrattenuto rapporti con Pyongyang, come ad esempio l’Iran ed il Pakistan. Viene infatti sottolineato l’incredibile balzo in avanti della gittata dei vettori della Corea del Nord, passati da una portata massima di poco più di un migliaio di km nel 1990 ai 13 mila odierni, grazie al successo dell’ultimo nato della ricerca missilistica nordcoreana: lo Hwasong-15, in grado di colpire la totalità del territorio degli Stati Uniti continentali.

Quali sono le potenze missilistiche globali?
Al momento sono solo cinque: Usa, Russia, Francia, Uk e Cina, ovvero le nazioni che hanno in servizio sommergibili lanciamissili balistici che forniscono la reale copertura globale. Tra queste la Francia ha dismesso una parte della sua “triade nucleare” rappresentata dalla Force de Frappe, ovvero i missili Irbm basati nella zona del Plateau d’Albion: nel 1996 infatti, grazie ai progressi compiuti nel campo degli Slbm e dei missili da crociera, Parigi decise di eliminare la componente missilistica basata a terra dai suoi arsenali (anche per una questione di bilancio). Il Regno Unito invece, dopo aver ritirato dal servizio i bombardieri strategici a lungo raggio serie V (Valiant, Victor e Vulcan) e qualche studio – che non è mai andato oltre – sulla possibilità di lanciare un Icbm in volo, ha da sempre affidato la propria deterrenza principalmente alla sua flotta sottomarina. Oggi quindi gli unici Paesi ad avere a disposizione la “triade” sono Usa, Russia e Cina che stanno compiendo notevoli sforzi di miglioramento del proprio arsenale non solo missilistico: l’Rs-28 “Sarmat” russo è solo uno degli ultimi nuovi vettori balzato agli onori delle cronache più per l’abile propaganda del Cremlino che per reali meriti “rivoluzionari” nel campo della missilistica. Più interesse destano gli Hgv – Hypersonic Glide Vehicle – che andranno ad armare i missili del futuro e offriranno una nuova sfida ai sistemi di difesa Abm.

Una corsa ai missili diffusa?
Gli analisti ritengono che presto oltre a queste 5 nazioni almeno altre 2 saranno in grado di avere una copertura globale: l’India ed in particolar modo la Corea del Nord. Nuova Delhi al momento ha in servizio un solo Irbm dalla gittata massima di 5 mila km – l’Agni 3 – e sta sviluppando un nuovo missile intercontinentale, l’Agni 5, recentemente testato. Parimenti l’ingresso in servizio di una classe di sottomarini lanciamissili, il cui primo esemplare, l’Arihant è entrato in linea ad agosto del 2016, ne farà – se non l’ha già fatto – a tutti gli effetti una potenza globale. L’India infatti sta sviluppando un proprio vettore atto allo scopo: il programma Sagarika/Shauria per un Slbm è iniziato nel 1990 è sta conducendo ad un missile in grado di avere una gittata massima di 3000/3500 km il cui primo test di lancio sottomarino è stato condotto nel 2014. I dettagli tecnici sul nuovo missile sono coperti dal più assoluto segreto e tutto quello che sappiamo, oltre alla gittata stimata, è che è più grande del suo predecessore – 12 metri di lunghezza a fronte dei 10,8 del Sagarika (o K-15) – e si ritiene sia a due stadi con propellente solido. Alcune fonti non confermate riportano che sia in grado di portare sino a due tonnellate di carico utile, facendone quindi un missile dalla possibilità Mrv (Multiple Reentry Vehicle) e sembrerebbe che sia già stato testato con un lancio dal nuovo sottomarino “Arihant”. Pyongyang è forse quella che più di tutti ha avuto un incremento notevole della qualità del proprio arsenale missilistico, sebbene le ultime creazioni – ovvero gli Icbm tipo Hwasong-14 e 15 – siano ancora lungi dal poter essere dichiarate pienamente operative. Dal punto di vista della capacità globale è però ancora in ritardo in quanto il suo vettore Slbm – il missile Kn-11 o “Pukkuksong-1”-  ha subito qualche intoppo nello sviluppo evidenziato dall’insuccesso di ben 3 dei 5 test a cui è stato sottoposto e che hanno portato ad una revisione della scelta del propellente del vettore che è passata da quello liquido a quello solido contribuendo quindi ad allungarne i tempi. La versione del motore a propellente solido è stata testata per la prima volta il 23 aprile del 2016 mentre il primo lancio è avvenuto il 24 agosto dello stesso anno quando il missile ha volato per circa 500 km ma dall’inviluppo di volo è stato possibile stimare una gittata massima operativa di 1200 km. Gli analisti occidentali ritengono che il Kn-11 possa diventare operativo entro la fine del 2020 ma non ci stupiremmo se lo si vedesse entrare in servizio prima di quella data, visti i balzi da gigante compiuti da Pyongyang nel campo dei missili. Il missile andrebbe ad armare la nuova classe di sommergibili lanciamissili Sinpo-C a propulsione diesel-elettrica derivati dalla classe Korae (o Gorae) il cui unico esemplare è entrato in servizio a metà del 2014. Si ritiene che entrambe le classi – costituite da un solo esemplare – siano state influenzate dalle costruzioni russe come i Kilo o i Golf. Con un dislocamento di più di 2000 tonnellate in immersione e una larghezza di 11 metri il vascello è tra i più grandi costruiti dalla Corea del Nord. Non vanno dimenticate altre due potenze con velleità di egemonia regionale come Iran e Pakistan. L’Iran, benché non sia dotato di armamento atomico sta continuamente implementando la propria capacità missilistica: l’ultimo arrivato nell’arsenale di Teheran – il missile Korramshahr – è un Mrbm con una gittata di più di 2000 km e, secondo le fonti iraniane, il primo ad avere tecnologia Mirv. Il vettore dalla gittata più lunga resta, finché il Korramshahr non diventerà pienamente operativo, il missile da crociera Soumar (basato a terra) rivelato al pubblico nel 2015 e capace di colpire bersagli sino ad una distanza di 3000 km e che sembra essere una variante del missile russo Kh-55, lo stesso missile da crociera che arma – tra l’altro – il Tupolev Tu-160 “Blackjack”. Il Pakistan ha in corso di sviluppo due Mrbm – l’Ababeel e il Shaheen 3 – dotati rispettivamente di una gittata di 2200 e 2750 km quindi sufficienti per coprire il territorio del suo rivale regionale: l’India. Entrambe le potenze devono molto dei loro programmi missilistici ai rapporti con la Corea del Nord e ai contatti con l’industria missilistica russa e cinese. Queste ultime, infatti, oltre ad aver fornito i primi vettori ed il know how alla Corea del Nord, hanno continuato a fornire assistenza ai programmi missilistici di Teheran e Islamabad sebbene spesso e volentieri non ufficialmente: la Cina soprattutto si sarebbe occupata di fornire a Islamabad e Teheran i sistemi di guida moderni per i propri vettori, gli stessi che avrebbe contribuito a costruire per Pyongyang. La proliferazione missilistica dei vari Paesi ha un denominatore comune che è quello di coprire il territorio dei rispettivi avversari regionali/globali: i casi della Corea del Nord e dell’India sono emblematici da questo punto di vista. Pyongyang per garantire la stabilità e durata del regime ha intrapreso programmi atti a colpire il territorio degli Stati Uniti mentre l’India mira a raggiungere la copertura dell’intero territorio cinese – quello del Pakistan già ci rientrava – e sta guardando anche oltre dotandosi di una flotta di sottomarini lanciamissili balistici evidenziando quindi la volontà di Nuova Delhi di diventare una potenza globale per fare da contraltare alla pari capacità cinese. L’analisi che vede una minaccia alla stabilità regionale data da questa proliferazione missilistica potrebbe rivelarsi corretta non tanto per la capacità nucleare di alcuni attori sin qui descritti, quanto per la presenza negli arsenali di armi chimiche e batteriologiche che rappresentano una minaccia più grave e “spendibile” rispetto a quella atomica.

Fonte: https://it.insideover.com

 

 

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