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Nel romanzo di Jules Verne “L’invasione del mare”, un tal Roudaire, arrivato di fronte al lago prosciugato di Chott el Jerid, in Tunisia, immagina di trasformarlo in un enorme mare nel bel mezzo del deserto. Come? Scavando un canale che lo colleghi al Mediterraneo. Dopo aver intuito anni prima che l’uomo avrebbe raggiunto la Luna (oltreché girato il mondo in meno di 80 giorni) lo scrittore francese potrebbe aver previsto anche quello che sembra, a prima vista, solo un progetto visionario. A esserne fautore, però, è un italiano: Antonio de Martini, figlio del pluridecorato generale, Francesco. Per offrire un’occupazione ai moltissimi disoccupati prodotti dalla crisi economica tunisina, de Martini, intervistato dal Corriere della Sera, ripropone questo progetto in modo che a scavare siano “pale e picconi, così lavorano in molti”, mettendo nel progetto solo la tecnologia che serve. Antonio de Martini, 75 anni, non parla improvvisando: in Tunisia fu responsabile amministrativo per la realizzazione di un villaggio turistico a Gadés a fine anni Sessanta, mentre in tempi più recenti aveva lavorato al ministero dell’Agricoltura come capo ufficio relazioni internazionali e responsabile dei rapporti con l’Onu in materia alimentare e agricola. Il canale di collegamento col mare dovrebbe essere lungo 25 chilometri e profondo dieci metri, una volta che acqua avrà raggiunto l’alveo del bacino lacustre essa si estenderà per oltre 6mila e 700 chilometri quadrati. Lo Chott el Jerid, che al momento è un’impressionante distesa di sale cristallizzato sopra un letto di sabbia, secondo de Martini va scavato “fino a una profondità di 6 metri” mentre “la terra rimossa servirà a formare due isole utili per la sosta degli uccelli migratori che sono molto numerosi nella zona. I benefici” prosegue de Martini “saranno enormi e duraturi per l’occupazione, si svilupperanno attività marinare, pesca, imbarcazioni, stabilimenti turistici, saline”. Quello che più è importante, però, è che il governo tunisino si è detto molto interessato a realizzare questo progetto; l’unico aspetto ancora da definire, prima del via libera, è il finanziamento, che dovrebbe partire da alcune banche svizzere.

Fonte: https://www.wallstreetitalia.com

 



Cos'è il mare del Sahara?
Il mare del Sahara si riferisce a un progetto proposto per inondare i bacini di drenaggio del deserto del Sahara con acqua proveniente dall'Oceano Atlantico e dal Mar Mediterraneo. L'idea alla base di questo progetto era che questo mare artificiale avrebbe reso il clima circostante più ospitale agli sforzi agricoli. I sostenitori di questo mare interno credevano che avrebbe aumentato l'umidità dell'aria circostante e causato la pioggia. Il progetto del Sahara Sea era una nozione popolare tra il tardo 19esimo secolo e l'inizio del 20esimo secolo.

Evoluzione del concetto.
Donald Mackenzie, un ingegnere britannico, propose per la prima volta il progetto del Sahara Sea in 1877. Voleva trasformare il bacino di El Djouf nel mare del Sahara. Questo bacino si estende attraverso la Mauritania nordorientale e il nord-ovest del Mali e si trova a 200 piedi sotto il livello del mare. Il piano di Mackenzie prevedeva di scavare un canale per dirigere l'acqua da Cape Juby in Marocco nel bacino, creando un mare interno con un'area di miglia quadrate 60,000. Questo piano originale del Sahara Sea includeva anche un canale aggiuntivo, che scorreva dal mare interno al fiume Niger. I geologi credono che il bacino di El Djouf fosse una volta collegato all'Oceano Atlantico. L'anno seguente, Francois Elie Roudaire e Ferdinand de Lesseps suggerirono un'idea simile per Chott el Fejej nel sud della Tunisia. In questo piano, il bacino verrebbe riempito di acqua proveniente dal Mar Mediterraneo attraverso un canale proveniente dal Golfo di Gabes. Il costo di questo progetto è stato stimato in $ 30 milioni. Gli oppositori del progetto Chott el Fejej sostenevano che un mare interno avrebbe fatto ben poco per il clima circostante e, invece, avrebbe creato un ambiente paludoso per ospitare insetti e malattie. Il governo francese ha inviato ispettori nell'area e ha scoperto che il bacino non era completamente sotto il livello del mare. Il suo finanziamento è stato negato. Il fervore per creare un mare del Sahara si spense fino a quando intorno a 1910, quando Etchegoyen, un professore di Francia, suggerì nuovamente di creare un mare interno. Il canale in questo piano è stato progettato per essere più profondo e più lungo. Etchegoyen ha suggerito che sarebbe vantaggioso per gli sforzi di colonizzazione. Il governo francese ha nuovamente rifiutato di finanziare un progetto del genere. L'operazione Plowshare, un'iniziativa statunitense per l'uso di bombe nucleari per scopi di sviluppo pacifico, suggerì l'uso di bombe nucleari per inondare la depressione di Qattara in Egitto. Ha anche suggerito di inondare i canali della Tunisia con l'acqua del Mar Mediterraneo. Prima che il progetto potesse essere realizzato, tuttavia, furono messi in atto diversi trattati internazionali per vietare l'uso di detonazioni nucleari pacifiche.

Progetti simili nel deserto del mare.
Il Sahara non è l'unico deserto al mondo che ingegneri e geologi hanno considerato le inondazioni. Nello stesso periodo in cui fu proposto il Sahara Sea, scienziati e ingegneri stavano pianificando di inondare il deserto del Sud Australia collegando il Lago Eyre all'oceano attraverso un lungo canale. Inoltre, il Salton Sea nella zona sud dello stato americano della California è stato creato in 1905. Questo mare, tuttavia, fu creato per caso quando un canale di irrigazione inondò inaspettatamente un bacino asciutto con acqua proveniente dal fiume Colorado. Il Salton Sea, un lago salino, continua ad essere il più grande lago dello stato.

Fonte: https://it.ripleybelieves.com




Nel 1874 il capitano Elie Roudaire, ufficiale dell’esercito francese, facendo rilevamenti geografici in Tunisia e Algeria e notando l’esistenza di grandi depressioni, ebbe un’idea: frenare il deserto avanzante con la creazione di un canale che dal golfo di Gabes, percorrendo pochi chilometri giungesse a creare un mare interno grande come l’Umbria. L’idea di base era di far fare alla natura quel che l’uomo non riusciva a fare che con sforzi titanici: il Mediterraneo si sarebbe incaricato di mitigare i rigori del clima desertico, facilitare la possibilità di trasportare merci in nave e non più a dorso di cammello e consentire una logistica semplificata in zone suscettibili di uso agricolo e pastorizio. Il libro di Roudaire “La mer interieure algerienne” sconvolse le società geografiche dell’epoca dando vita a un vivace dibattito, cui partecipò anche la neonata Società Geografica Italiana che organizzò la prima “spedizione scientifica” della sua esistenza guidata dal marchese Antinori. A giudicare dal servizio fotografico – una primizia per l’epoca – la spedizione si arenò sull’isola di Gerba dedicandosi più alla dolce vita che allo studio di fattibilità. Lo Stato Maggiore francese vide l’idea come un cavallo di Troia della Marina alla ricerca di un ruolo coloniale; i geografi come un’idea da osteggiare e lo stesso Bey di Tunisi come un piano diabolico. A far pendere la bilancia delle polemiche verso l’idea, Ferdinand de Lesseps, il realizzatore del canale di Suez, che però morì poco dopo lasciando orfana l’iniziativa. Da allora l’idea fu ripresa più volte ma seppellita definitivamente nel 1905 quando si decise che la spesa non valeva l’impresa. Ora che i centri di profitto di una simile iniziativa si sono moltiplicati grazie alla nascita del turismo di massa (540 km di coste in più nella sola Tunisia), alla nascita della itticoltura e all’incremento delle necessità delle saline per rifornire l’Europa, il progetto è stato ripreso. Dalla CO. RO. un’associazione no profit di professionisti italiani, tunisini e canadesi, ma aperta a tutti. L’Associazione ha aperto un ufficio a Tunisi e presentato una lettera di intenti al Governo in carica che l’ha debitamente protocollata  e aperto una antenna a Washington per la World Bank. A giorni un sito pentalingue sarà on line. L’Associazione immagina di applicare tecniche costruttive tradizionali e quel tanto di tecnologia che non impedisca di impiegare molta mano d’opera. Il sud della Tunisia  ha una densità di popolazione di due abitanti per chilometro quadrato, ma l’intero paese è devastato dalla piaga della disoccupazione. Gli organizzatori intendono impiegare sessantamila manovali, ripartiti in cento cooperative di seicento persone cadauna, che avranno in appalto i lavori di  scavo e il movimento terra di circa  21 miliardi di metri cubi di terreno per modellare l’alveo del nuovo mare. Il mare interno avrà la profondità media di sei metri (il Mar Caspio è mediamente profondo sette) e la trovata logistica consiste nell’effettuare il movimento terra verso il centro dello chott con un percorso medio di nove chilometri, che consentirà la creazione di due isole: la maggiore delle due sarà grande il doppio dell’isola d’Elba (960 kmq). Il canale di accesso avrà una profondità idonea alla navigazione ed all’installazione di turbine che sfruttino la forza delle correnti. L’isola “maggiore“ e la minore (125 kmq) verranno adibite a punto di sosta per gli uccelli migratori che stagionalmente fanno la spola tra l’Europa e l’Africa, creando la più grande oasi ornitologica del mondo. Il piano prevede la cessione a tutti gli operai di un ettaro di terra e una dotazione di mattoni (fatti all’antica con fango, paglia e sole) perché si costruiscano una casa di 100 mq. Per questo i promotori del progetto contano di interessare la  Banca Islamica. Il sistema di condizionamento sarà mutuato dal sud Irak: un panno umido intelaiato su un bambù e piazzato alla sommità del tetto fatto a forma di Trullo. Sembra incredibile, ma climatizza le case perfettamente. Questi insediamenti, diventeranno le aree abitate suscettibili di fornire ortaggi e mano d’opera ai grandi alberghi che sfrutteranno una stagione “estiva” di dodici mesi all’anno. Il modello di cooperazione con le comunità locali è quello adottato in Sud Africa dalle “guest House” del parco Kruger. Finito il canale di accesso e i lavori di preparazione dell’alveo, inizierà la più grande operazione di marketing territoriale mai fatta nel Mediterraneo che interesserà tutte le catene alberghiere del mondo, le aziende interessate alla itticoltura e alle saline, oltre alla raccolta dei carbon credit previsti dal trattato di Kyoto per le zone irrigate non previamente utilizzate per scopi agricoli. L’arma segreta è anche la creazione di cantieri di lavoro per oltre centomila persone che avrebbero un effetto risolutivo nel mitigare la spinta migratoria dall’Africa. Un dato interessante è fornito dalla DAP (Amministrazione penitenziaria italiana): un maghrebino ristretto in carcere costa all’erario 125 euro al giorno. Con la stessa cifra si possono mantenere, a tariffa sindacale, sei manovali al lavoro a casa loro. Il progetto di valorizzazione delle depressioni nord africane è replicabile ovunque esista uno chott (in arabo “spiaggia”). Il più grande – 400 km- è Al Quattara in Egitto. Ottimo per un cantiere nello stile delle Piramidi. Il segreto di questa concezione è sostituire il termine “sostenibilità” col più realistico e rispettoso “compatibilità” con le tradizioni e gli uomini e le esigenze.

Guarda il sito dell’iniziativa.
Leggi un interessante articolo sul progetto.

Fonte: https://www.lalampadina.net




 

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