Un esercito moderno, equipaggiato con tecnologie di ultima generazione ma soprattutto funzionale alle nuove sfide geopolitiche che si presenteranno sul cammino della Cina. Prosegue la trasformazione dell’Esercito Popolare di Liberazione cinese (Epl), il braccio armato del Partito comunista cinese ridimensionato, non solo dal punto di vista numerico ma anche nell’intera struttura di comando. Se fino a qualche anno fa tutto ruotava attorno alle forze di terra, recentemente Marina e Aeronautica si sono ritagliate importanti spazi, prima con operazioni coordinate poi con le cosiddette operazioni congiunte integrate. La prima tappa fondamentale risale al 2015, anche se la riorganizzazione e la specializzazione interna dell’esercito vanno avanti dagli anni ’80 e ’90. In ogni caso il grande passo è avvenuto con la nuova dottrina militare abbracciata da Pechino. La cosiddetta Power Projection del Dragone è passata dal presidiare il territorio nazionale, le istituzioni e l’area più o meno coincidente con il Mar della Cina al guardare oltre i confini nazionali. D’altronde gli interessi politico-economici del governo cinese non possono più essere localizzati soltanto in un’area circoscritta o nel continente asiatico, quanto nell’intero globo. Giusto per fare un esempio, la Belt and Road Initiative – un po’ ammaccata dalla pandemia di Covid-19 ma niente affatto tramontata – si basa su una complessa rete infrastrutturale che si snoda in aree critiche, come l’Asia centrale, il Medio Oriente e l’Africa. Per evitare intromissioni indesiderate e garantire la sicurezza delle stesse infrastrutture (e dei Paesi strategici alleati di Pechino), la Cina ha dovuto necessariamente addestrare il proprio esercito a nuove mansioni. Il tutto, ci tiene a sottolineare il governo cinese, seguendo il principio di non interferenza negli affari interni di altri Stati. Anche la base militare cinese a Djibouti, fin qui l’unica oltre la Grande Muraglia, deve essere letta come un chiaro tentativo di globalizzazione dell’Epl. Detto altrimenti, il Dragone intende farsi trovare pronto qualora dovessero scoppiare crisi politiche in aree strategiche che possano mettere in pericolo gli interessi cinesi.
L’influenza del modello russo.
Un interessante rapporto pubblicato dal think tank Mercator Institute for China Studies ha evidenziato come una buona parte delle riforme militari cinesi, necessarie per tenere il passo degli Stati Uniti, siano state influenzate dal modello militare seguito dalla Russia. L’Epl ha assorbito la dottrina militare di Mosca tanto per ristrutturare le forze armate quanto per modernizzare l’equipaggiamento. Non solo: da quando è salito al potere, Xi Jinping ha usato le citate riforme militari per stabilire un fermo controllo sulle forze armate, allo stesso modo di come Vladimir Putin aveva esercitato il suo ruolo di Commander-in-Chief dopo le pessime prestazioni dei militari russi in Cecenia e Georgia. Gli ufficiali militari e gli strateghi cinesi continuano a essere istruiti nel pensiero russo della cosiddetta New Generation Warfare, cioè nella sfumata guerra di nuova generazione. A suggellare il patto d’acciaio tra russi e cinesi non mancano esercitazioni terrestri, aeree e marittime congiunte e altre operazioni inerenti a campi sensibili come l’informazione e la tecnologia antimissile. Per prevedere le future riforme dell’EPL può quindi essere utile approfondire le dottrine militari russe, dal momento che esiste una forte convergenza di pensiero tra i modelli sposati da Mosca e Pechino.
Un’alleanza che viene da lontano.
Se facciamo un tuffo nella storia notiamo come, fin dalla sua nascita, l’Epl cinese sia stato addestrato, equipaggiato e perfino strutturato dall’esercito sovietico di Stalin. Come se non bastasse, la leadership militare cinese era solita farsi le ossa in Russia e adottare i concetti militari teorizzati da Mosca. E la convergenza è andata avanti anche quando tra i due Paesi non sono mancate tensioni politiche e ideologiche. Oggi le relazioni sino-russe si rifanno spesso al Trattato di buon vicinato, amicizia e cooperazione firmato nel 2001 da Putin e l’allora presidente cinese Jiang Zemin. Quell’intesa ha letteralmente fornito il quadro guida per la cooperazione trai due Paesi ed elevato il rapporto tra i governi a un livello strategico, oltre che geopolitico. Le parti in causa, infatti, hanno affermato di consultarsi in caso di minaccia o aggressione. Xi Jinping ha più volte ribadito come questo “rapporto speciale” debba essere considerato un esempio di “nuovo tipo di relazione bilaterale”. Tornando ai due eserciti, le armi moderne della Cina, incluse le armi prodotte internamente, sono di fatto le stesse della Russia. Le forze armate sino-russe, inoltre, sono state partorite da sistemi politici pressoché identici e, tutt’ora, adottano la medesima dottrina militare di base (difesa strategica, anche definita difesa attiva). Cina e Russia, infine, identificano le loro minacce in tre aspetti che si sovrappongono: separatismo, terrorismo ed estremismo religioso.
Fonte: https://it.insideover.com