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Albero caduto su un’auto a Roma.

 

Non è stato solo il vento forte che ha spazzato l’Italia negli ultimi giorni di ottobre 2018 a fare cadere tanti alberi. I giganti vegetali che popolano la terra da milioni di anni sono abituati alle forti tempeste e si sono evoluti in modo da resistere anche alle avversità climatiche più estreme. Si dice “mi piego, ma non mi spezzo” proprio pensando al comportamento degli alberi che, quando grandi masse d’aria si spostano rapidamente da un luogo all’altro, ne assecondano l’andamento, mantenendosi ben ancorati al suolo. Nei luoghi dove il vento forte è quasi una costante, la vegetazione assume forme e strutture specifiche che le consentono di sopravvivere. Eppure gli alberi cadono proprio quando il vento tira forte, nelle nostre città e anche in ambienti naturali, ma a farli cadere sono le loro condizioni di salute, lo stato delle radici, la forma della chioma, l’età, le malattie e la nostra ignoranza. Il vento è solo la goccia che fa traboccare il vaso. I cambiamenti climatici stanno accelerando un processo innescato dall’uomo del quale dobbiamo renderci consapevoli al più presto.



L’adattamento degli alberi all’ambiente.
Pensiamo alla vegetazione bassa delle coste, con le sue forme piegate  che assecondano i movimenti dell’aria. O alle foreste dove gli alberi si radunano e si aiutano a vicenda per ammortizzare i colpi del vento. Anche ammirando le specifiche  strutture di ciascun essenza possiamo notare come siano perfettamente adatte a gestire le minacce che arrivano dal cielo, con le loro ramificazioni, le radici e persino le foglie. Vivere in una foresta o vivere in città fa una grande differenza per un albero, che nelle aree urbanizzate è costretto ad adattarsi a condizioni completamente diverse da quelle naturali. In mezzo ad una foresta le piante, crescendo, lasciano cadere presto i loro rami più bassi in favore della conquista della luce e in armonia con gli altri. In città, dove le piante sono prevalentemente isolate, le ramificazioni più basse possono restare per tutta la vita e gli alberi assumono dimensioni maggiori. Ma con noi la loro esistenza sarà generalmente più corta. Scrive Alex Shigo, riconosciuto come il padre della moderna arboricoltura: “Gli alberi che crescono nelle foreste si sono adattati a vivere in tale situazione da un lungo periodo di tempo. Quando si mette a dimora un albero in condizioni diversissime da quelle naturali, lo si espone a numerosi futuri problemi”.  Questi problemi riguardano gli alberi e riguardano noi esseri umani, che ce la prendiamo con la natura, quando osserviamo condizioni innaturali create da noi stessi. Un albero che cade ci da un feedback, ci offre informazioni importanti sulle ragioni che lo hanno portato alla morte. Accogliamo la lezioni e impariamo forme migliori di convivenza.



Di cosa ha bisogno un albero per vivere.
Gli alberi non sono tutti uguali e hanno bisogno di condizioni differenti per vivere. C’è chi ama il pieno sole e chi l’ombra, chi un terreno acido e chi alcalino, chi la pianura e chi l’alta quota, chi la prossimità dell’acqua e chi il clima secco. L’elenco della variabilità degli ambienti è infinito. Se non è l’albero a scegliere dove crescere, ma siamo noi a deciderlo per lui, dovremmo cercare di rispettare, per quanto possibile, le sue esigenze. La prima cosa da fare è, quindi, fornire alla pianta un habitat in linea con le sue necessità. Per vivere le piante hanno bisogno di sole, da cui ricavano il nutrimento grazie alla fotosintesi clorofilliana, di acqua e di un terreno e cui ancorarsi e che fornisce con l’acqua altri elementi nutritivi. È importante anche l’aria, da cui estraggono anidride carbonica, ma anche ossigeno e con la quale scambiano umidità. Occorre loro una comunità di esseri viventi con cui condividere la vita. Dai microrganismi del suolo, alle micorrize con cui creano una simbiosi sotterranea, da altre specie vegetali ai compagni della stessa specie, dagli insetti agli animali. Hanno, poi, bisogno di spazio per svilupparsi, sia aereo che sotterraneo. Nell’aria distendono i rami con le foglie come tanti piccoli pannelli solari.  Nel suolo fanno muovere le radici, esperti minatori alla conquista di minerali preziosi e acqua. La terra serve anche da appiglio per mantenersi stabili e lo sviluppo sotterraneo è spesso superiore alla parte che vediamo sopra al suolo. Quando invitiamo gli alberi a vivere con noi spesso non teniamo conto dei loro bisogni. Li piantiamo dove ci fa più comodo, li potiamo e arriviamo persino a capitozzarli, una mutilazione che li indebolisce e li porta alla morte rapidamente. Tagliamo persino le radici per costruire un marciapiede. Oppure pavimentiamo sotto di loro come se uno strato di cemento o bitume, sopra le radici e sotto le fronde, potesse essere equivalente ad un suolo vivo e poroso.



Abbattere, una scelta amara.
Un albero è un essere vivente e decidere di abbatterlo significa impartire una condanna a morte. In realtà la prima scelta contraria all’interesse dell’albero l’abbiamo probabilmente compiuta quando lo abbiamo piantato nel nostro giardino o lungo una strada, in condizioni diverse da quelle in cui si è evoluto e alle quali è abituato. Spesso totalmente inadatte alla sua sopravvivenza. Alcune piante sono più capaci ad adattarsi, sono più facili da addomesticare, altre, che non lo sono, cresceranno deboli, sempre bisognose di cure e esposte agli agenti esterni che non sanno affrontare. Cito ancora Shigo: “È importante riconoscere quando è giunto il tempo di sostituire un albero: questa soluzione, molte volte, è il miglior trattamento da praticare su alberi malati o in presenza di alberi giovani con evidenti difetti. È più economico sostituire un albero malato e ricominciare con uno più giovane, piuttosto che mantenere un albero malato in condizioni poco dignitose”. La scelta migliore da compiere, però, è progettare nel miglior modo possibile la nostra convivenza con gli alberi, che ci sono necessari e che migliorano la qualità della nostra vita standoci vicini. Per farlo bisogna conoscere molte cose, serve cultura. Informiamoci, prima di piantare una albero: da quale ambiente proviene, di cosa ha bisogno, quanto e come è programmato a crescere? Se non possiamo conoscere tutto da soli, affidiamoci a esperti, ma che siano veramente tali. Se continueremo a scegliere alberi come pezzi di arredamento e ad affidarne la cura a tecnici nella gestione di “macchinari da taglio”, vedremo sempre più alberi cadere con il vento, arrivato a liberarli da una vita di stenti.



Alberi e città una convivenza possibile.
Gli alberi che rendono belle e abitabili le nostre città devono continuare a vivere con noi. È una affermazione egoista, perché il vantaggio è soprattutto degli esseri umani. Ma sarebbe folle pensare di rinunciarvi, come folle è continuare a maltrattarli, cosa che accade in gran parte d’Italia. Agli alberi in città deve essere lasciato il giusto spazio di sviluppo, è dalla progettazione urbanistica che parte il lavoro. Non possono vivere in un marciapiede completamente pavimentato, né in un risicato spartitraffico. Va lasciato loro uno spazio adeguato di sviluppo per la sicurezza di tutti. Quando l’albero non sta bene, bisogna avere il coraggio di sostituirlo. Serve una gestione dei rami destinati naturalmente a cadere, che vanno  eliminati prima che accada, ma evitando le potature sbagliate e le capitozzature. Vanno piantati alberi giusti al posto giusto e per la loro gestione scelte persone giuste al posto giusto. Senza una cultura sugli alberi ci ritroveremo presto tutti molto più poveri.

Francesca Della Giovampaola

Fonte: http://www.boscodiogigia.it

 

 

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