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Il carbonio radioattivo rilasciato nell’atmosfera a seguito dei test atomici condotti nel ventesimo secolo sono ancora rilevabili nelle profondità oceaniche. E’ quanto sostiene un team di ricercatori appartenenti all’American Geophysical Union secondo cui una moltitudine di crostacei, che popolano le profondità marine, hanno incorporato gli isotopi nei propri corpi. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulle pagine della Geophysical Research Letters. "Anche se le correnti oceaniche impiegano centinaia di anni per portare l’acqua contaminata nelle zone più profonde - evidenzia Ning Wang, geochimico presso l'Accademia cinese delle scienze di Guangzhou e responsabile dello studio - la catena alimentare è riuscita a colonizzare l’area molto più rapidamente”.

Cosa hanno scoperto a 11mila metri di profondità.
"In termini di sistemi biologici - ha aggiunto il collega Weidong Sun - c'è un'interazione molto forte tra la superficie e il fondo. Le attività umane possono influenzare i biosistemi anche fino a 11mila metri di profondità: dobbiamo stare attenti ai nostri comportamenti futuri". I test sulle armi termonucleari condotti negli anni '50 e '60 raddoppiarono la quantità di carbonio-14 nell'atmosfera quando i neutroni rilasciati dalle bombe reagirono con l'azoto nell'aria. I livelli di questo "carbonio da bomba" raggiunsero il picco a metà degli anni '60, e poi crollarono quando i test nucleari in superficie si fermarono. Negli anni '90, i livelli di carbonio-14 nell'atmosfera erano scesi di circa il 20 per cento rispetto ai livelli pre-test. Wang e colleghi hanno analizzato degli anfipodi prelevati nella fossa delle Marianne, altri dalle acque profonde che circondano l’isola Mussau e altri ancora negli abissi del mare della Nuova Britannia, l'isola più grande dell'Arcipelago di Bismarck, appartenente alla Papua Nuova Guinea.

Isotopi nei tessuti muscolari.
In tutti i campioni, pescati a diverse profondità - fino a 11 chilometri sotto il livello del mare - sono state rilevate tracce dell’isotopo nei tessuti muscolari. Analizzando il contenuto del loro intestino sono stati rilevati gli stessi livelli radioattivi presenti nella superficie dell'Oceano Pacifico. Questo, hanno spiegato i ricercatori, suggerisce che i crostacei si nutrono selettivamente di detriti che, dalla superficie marina, precipitano sul fondale. Lo studio, conclude Rose Cory, professoressa associata di scienze della terra e dell'ambiente presso l'Università del Michigan, “dimostra chiaramente che nessun luogo del nostro pianeta, benché remoto, può esser considerato immune dalle conseguenze derivanti dalle azioni sconsiderate dell’uomo. Tutto ciò che facciamo, anche a distanza di tantissimi anni, può avere causare problemi ai delicati ecosistemi”, mettendo a rischio ogni uomo e donna sulla Terra, perché - non dobbiamo dimenticarlo - pesci e crostacei, in qualche modo, finiscono anche nei nostri piatti.

Fonte: https://notizie.tiscali.it

Di R.Z.


 

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