Vedete l’immagine qui sopra? Bene, è estratta da un articolo comparso su un sito norvegese dedicato al mondo digitale, in un’articolo che – testualmente – ha come titolo “Internet è un’arma militare”. Gli inviati della testata giornalistica sono andati ad analizzare sul campo lo svolgimento di una “cyberoperation”, ossia di una sorta di battaglia che si svolge completamente attraverso Internet (in questo caso il rischio non è la vita, ma una cospicua fuga di dati). E’ già noto che, a causa delle licenze assolutamente convenienti e di larghe vedute e per la loro flessibilità intrinseca, il software opensource sia entrato di diritto già da un bel po’ nell’ambiente militare. Ma guardate ancora meglio la foto: sbaglio, o sul primo monitor “sospeso” è chiaramente visibile un launcher – segno inconfutabile della presenza di Unity su quella macchina – ed un bel terminale in “tonalità Ubuntu” a tutto schermo? Scettici? Guardate l’immagine ingrandita!
Utilizzare Ubuntu in un’operazione informatica militare significa automaticamente dover tenere il sistema invulnerabile a qualsiasi tipo di attacco. E adesso voglio porre a voi un quesito: quella di utilizzare il sistema operativo di Canonical in un ambito del genere è una scelta oculata (e dettata dalla natura opensource del sistema abbinata alla sua semplicità di utilizzo), oppure è un suicidio (considerando che qualcuno ha definito Ubuntu come uno spyware opensource)? Ditecelo!
Fonte estera: http://www.omgubuntu.co.uk
Fonte italiana: https://www.chimerarevo.com