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Sono sempre di più i ragazzi che si barricano in camera per non affrontare il mondo esterno. Nella Penisola nel 2009 erano qualche decina. Oggi sono circa 30 mila.

La depressione assume forme continuamente diverse e a cui è sempre più difficile dare una risposta.

Dal Giappone sono ormai anni che si sta diffondendo una nuova tipologia della malattia, che affligge soprattutto i giovani.

Vengono chiamati Hikikomori, ragazzi che decidono di tagliare i ponti con il mondo esterno, verso il quale sviluppano fobia ed odio, rinchiudendosi letteralmente nella propria stanza o casa per mesi o anni, avendo come unico collegamento col mondo la Rete.

Spesso i sintomi si confondono con quelli della dipendenza da Internet, ma le due patologie non sono perfettamente sovrapponibili.

In Giappone, dal 2000 ad oggi, i casi noti sfiorano il milione, ma anche in Italia il fenomeno è in allarmante crescita: i giovani Hikikomori nel nostro Paese, secondo stime recenti, sarebbero tra i 20 ed i 30mila, ma i numeri potrebbero essere più alti.

A Milano esiste una cooperativa, il Centro Studi Hikikomori , che studia la nuova patologia e aiuta le persone che si rivolgono ad esso in cerca di aiuto, e in tutto il Paese sono sempre di più i giovani che chiedono aiuto.

Un articolo del Corriere della Sera segnalava il fenomeno nel Paese 2009, mettendo in luce il problema e citando una decina di casi in tutta Italia. Negli anni il fenomeno si è allargando esponenzialmente, in misura proporzionale con la diffusione di Internet e dei social network.

L’aumento degli Hikikomori è legato anche al bullismo, cui gli adolescenti sfuggono rinchiudendosi in casa.

 

 

«Tra i sintomi presentati dagli Hikikomori», spiegava nel giugno 2015 lo psicoterapeuta Antonio Piotti all’Espresso, «c’è una forte avversione per tutti i tipi di attività sociali, dall’uscire con i coetanei alla pratica di sport di gruppo, e, soprattutto, un’accentuata fobia scolare, non necessariamente motivata da brutti voti. Il problema a scuola non riguarda né le materie, né lo studio, né gli insegnanti, ma la socialità complessiva, l’incontro con membri dell’altro sesso e, quindi, il rischio del rifiuto, e la competizione, non sempre vincente e felice, con quelli del proprio».

Secondo molte stime, tra cui quella dell’Organizzazione mondiale della Sanità, la depressione è ormai la malattia più diffusa al mondo, e il suo manifestarsi in forme non tradizionali rende ancor più complicato individuarla e guarirla.

In generale, avvertono gli esperti in occasione della Conferenza Internazionale “Depression: State of the Art 2016”, organizzata all’interno della Città del Vaticano, rappresenta una vera e propria emergenza: solo nel 2015 la depressione ha interessato 350 milioni di persone, più dell’intera popolazione degli Stati Uniti (che conta 321 milioni di abitanti).

«Il disagio psicologico tra i ragazzi è in aumento», afferma lo psichiatra Alfredo Carlo Altamura dell’Università degli Studi di Milano, «e le cause sono varie, da quelle familiari alla scuola. Le forme di depressione giovanile vengono oggi riconosciute prima, ma quello che preoccupa è anche l’aumento negli ultimi anni dei giovani che abusano di sostanze ed alcol sviluppando patologie psicologiche correlate».

Fonte: http://www.lettera43.it

 

 

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