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Quando si parla di campi di concentramento la maggior parte delle persone giustamente ricorda la seconda guerra mondiale e il nazismo; ma il duro lavoro, la costante minaccia di morte, e le barbarie di questi inferni microcosmici presentati non erano solo adoperati da Adolf Hitler, sono stati utilizzati ovunque anche qui in Italia durante il Risorgimento presso la fortezza di Fenestrelle o a San Maurizio Canavese. E anche negli Stati Uniti d’America: in un solo anno, circa 20.000 schiavi liberati perirono nel Devil’s Punchbowl a Natchez, Mississippi.

Dopo la guerra civile, ci fu un massiccio esodo di ex schiavi provenienti dalle piantagioni del sud verso il nord, nella speranza di raggiungere una posizione di vera libertà, ma i soldati amareggiati, pieni di risentimento per le persone considerate ora libere, avevano altri piani.

Dopo la liberazione gli ex schiavi, ormai uomini liberi, dalle piantagioni invasero le città a nord, tra le tante la cittadina di Natchez dove la popolazione passò da circa 10.000 a 120.000 abitanti in una sola notte.

Incapace di confrontarsi con un evento di tale portata, la città si rivolse alle truppe dell’Unione ancora persistenti dopo la guerra, per ideare una soluzione spietata.

Così decisero di costruire un accampamento al Devil’s Punchbowl, posto così chiamato per un cavernoso burrone a forma di ciotola, murato da scogliere, un’area involontariamente perfetta per una prigione. I soldati dell’Unione catturarono quegli schiavi ormai liberati e li misero in condizioni peggiori di quelle che avevano sopportato in precedenza come schiavi nelle piantagioni.

 



Durante questa prigionia gli uomini afroamericani faticavano duro nei boschi attorno, mentre donne e bambini non ritenuti una forza lavoro valida, venivano lasciati senza cibo né acqua dietro i muri del campo a morire di fame. Il maltrattamento non finiva nemmeno dopo morti, infatti non era concesso rimuovere i corpi dal campo, si seppellivano la, nel campo, quasi dove cadevano senza vita.

Le condizioni degli uomini di colore erano pessime, bloccati dentro le mura del campo, costretti a lavorare fino allo sfinimento o peggio alla morte. Tutto questo ha portato la diffusione di malattie, un problema insidioso per gli ex schiavi, infatti queste uccisero un milione di persone in seguito.

La malattia principale era il vaiolo, la prima causa di migliaia e migliaia di morti. Alcuni ex schiavi pregavano per uscire da quel campo, erano anche disposti a ritornare nelle piantagioni pur di uscirne vivi.

Tuttavia, di questa storia si parla poco e di solito non viene ricordata sui libri di storia. Gli storici non negano l’esistenza di questo campo e dei crimini compiuti, ma sono divisi sulla cifra esatta delle vittime. Senza metodica tenuta dai registri, la cifra è impossibile da quantificare con certezza. In entrambi i casi, questa è una paginanera della storia americana, “tra le tante”.

Fonte: http://www.complottisti.info

Fonte iniziale: http://lamiaparteintollerante.altervista.org

 

 

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