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È cominciata l’era digitale. Evoluzione tecnologica nei diversi campi dello sciibile, dalla scienza, alla medicina, ma anche in agricoltura e nell’industria. Era digitale significa però anche nuove competenze nel mondo del lavoro, che si adatterà naturalmente all’evoluzione tecnologica. Ecco dunque che le competenze che oggi appaiono sufficienti per trovare un’occupazione, domani non serviranno più, anzi potrebbero diventare del tutto inutili.

Lo studio che dimostra l’incredibile impennata del digitale.
É da leggere in quest’ottica lo studio pubblicato dal “The Brookings Institution”, organizzazione nonprofit con sede a Washington. La ricerca s’intitola “Digitalization and the American workforce” ed è stata redatta dagli studiosi Mark Muro, Sifan Liu, Jacob Whiton e Siddharth Kulkami. Questo team di ricercatori ha cercato di dare un quadro piuttosto dettagliato su come si sta evolvendo il mercato del lavoro, in questo caso americano, durante il processo di “digitalizzazione”. In particolare sono state analizzate 545 occupazioni che coprono il 90% del mercato del lavoro negli Stati Uniti dal 2001 fino ad oggi. Una delle prime scoperte fatte da questo studio è il netto contrasto tra l’andamento occupazionale nei settori digitali e quello nei settori non digitali. Negli ultimi quindici anni infatti l’impiego in posti di lavoro che richiedono alte competenze “digital” è quasi quintuplicato, passando da un modesto 4.8% del 2002 ad un 23% nel 2016. D’altra parte c’è stato un trend altrettanto rapido, ma inverso, per quei posti di lavoro ove le competenze digitali non sono richieste. In questi settori l’occupazione è letteralmente crollata dal 55.7% al 29.5%. In termini assoluti il numero di impiegati in settori “digital” sta per raggiungere gli occupati nei settori “non digital”, 32 milioni per il primo contro i 41 milioni del secondo.

Storici e linguisti costretti a fare cuochi e manovali.
È chiaro che se il trend continua a viaggiare su questi ritmi forsennati, nel giro di nemmeno dieci anni il settore “digital” surclasserà tutti quei posti di lavoro che non richiedono tali competenze. Quali le conseguenze di questo mutamento radicale? Innanzitutto occorre stabilire il destino verso cui vanno incontro coloro che hanno avuto la “sfortuna” di conseguire una preparazione orientata su materie umanistiche. Nello studio, infatti, tra i lavori contemplati come a “bassa competenza digitale”, e quindi eseguibili da chi non ha intrapreso un percorso accademico nel “digital”, vi è spazio solo per “Cuochi, personale di ristorazione, guardie del corpo e manovali”. Filosofi, storici e linguisti del futuro dovranno dunque completare la loro preparazione con intensivi corsi di informatica, code-making e software, altrimenti la loro unica aspettativa occupazionale potrebbe essere l’“umile lavapiatti”. Lo studio evidenzia poi altri cambiamenti posti in atto da quest’ondata digitale. Se infatti i posti di lavoro e i salari aumentano in maniera direttamente proporzionale all’aumento delle competenze digitali richieste, allo stesso modo non aumentano uguaglianza di genere e di razza per l’accesso a questo nuovo mercato del lavoro.

L’era digitale produrrà ancor più discriminazione e conflitti sociali.
“Gli uomini continuano a dominare le posizioni più alte nel settore digitale”, uomini “bianchi che continuano a essere sovrarappresentati tra le più alte cariche nel settore digitale”. C’è il rischio dunque di un’ulteriore frammentazione della società in senso verticale, dove chi è già ricco beneficerà di questa digitalizzazione, mentre ne saranno esclusi poveri e minoranze. La “discriminazione digitale” avviene poi anche su un piano territoriale.  Ad osservare la distribuzione geografica di questo sviluppo digitale, salta all’occhio come centri ultra sviluppati, in particolare quelli urbani della costa est degli Stati Uniti, si alternino con veri e propri “deserti digitali” dell’area centrale del Paese. E se l’occupazione seguirà l’ondata “digital”, ciò significa che l’area centrale degli Stati Uniti sarà snodo di disoccupazione. Da questo studio emerge dunque un nuovo mondo ancor più polarizzato verso l’alto, dove sì stipendi e lavoro aumenteranno, ma solo per chi si adatta al nuovo mercato. Sembra poi che questo progressivo aumento di richiesta di competenze nel “digital” sia solo un antipasto per la futura ondata di robotizzazione del lavoro. A quel punto anche le competenze informatiche e cibernetiche diventeranno inutili di fronte ad una macchina che esegue il doppio dei calcoli nella metà del tempo.

 

Fonte: http://www.occhidellaguerra.it

 


 

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