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Gli attuali teatri operativi, con le differenti minacce che li caratterizzano, hanno comportato l’evoluzione dell’impiego di reparti Pluriarma (Combined Arms). In particolare, attraverso le esperienze apprese sul campo, si è evidenziata la sempre maggiore necessità di preparare le unità ad integrare diversi assetti e agire autonomamente, anche a livelli minori. Gli scenari operativi attuali, contraddistinti da particolari complessità e in continua evoluzione, nell’ambito del quale il nemico tende a sparpagliare le proprie forze e utilizzare tecniche asimmetriche, non permettono soluzioni Single Arm alle sfide tattiche che i Comandanti delle minori unità si troveranno di fronte. La Dottrina della NATO definisce il concetto di Combined Arms quale l’utilizzo simultaneo e sincronizzato di diversi assetti e capacità, integrati nell’ambito di unità strutturate in funzione della missione assegnata e ottimizzate per i compiti che devono svolgere. Tale concetto ha radici antiche, in quanto già l’Esercito macedone di Alessandro conquistò l’Impero persiano anche grazie alla combinazione sinergica della cavalleria pesante, cavalleria leggera, fanteria pesante (dispiegata in compatte falangi, armate con una lancia lunga chiamata sarissa), fanteria leggera, arcieri e macchine d’assedio (assimilabili all’odierna artiglieria). Analogamente, le Legioni Romane (vere e proprie unità pluriarma ante litteram) furono praticamente invincibili per circa cinquecento anni in quanto utilizzavano tecniche di combattimento basate sulla combinazione di diverse armi. In età contemporanea, la Prima Guerra Mondiale ha rappresentato il primo laboratorio del concetto Combined Arms dove, a prezzo di immani perdite, si comprese l’importanza dell’integrazione degli effetti dei diversi sistemi d’arma ed ebbe inizio la sperimentazione di un diverso impiego tattico dell’artiglieria, il cui obiettivo divenne l’annientamento delle capacità di combattimento del nemico nonché il supporto delle azioni offensive della fanteria, accompagnate da elementi del Genio. L’importanza dell’impiego di Combined Arms Team in grado di operare in modo indipendente è stata enfatizzata dalle esperienze maturate nelle più recenti missioni, in cui il diradamento della manovra, dovuto alla necessità di mantenere il controllo di vaste aree di responsabilità, ha imposto il decentramento di capacità specialistiche fino ai livelli ordinativi più bassi. Il principale fattore di successo della manovra Combined Arms risiede nel fatto che forme multiple e simultanee di contatto, provenienti da direzioni inaspettate, generano una pressione operativa tale da costringere il nemico a una reazione, facendogli svelare la propria natura, le proprie intenzioni e le proprie vulnerabilità e privandolo così dell’iniziativa tattica. La suddetta manovra si basa su principi di agilità, flessibilità e adattabilità, e comporta il decentramento delle risorse e l’iniziativa da parte dei Comandanti a tutti i livelli, così da garantire la condotta di attività tattiche autonome, ma sempre coordinate. Attualmente, l’approccio Combined Arms, a livello tattico è costituito dalla Brigata Pluriarma, strutturato per esprimere in piena autonomia una vasta gamma di capacità: dalla condotta di azioni di combattimento alla gestione delle relazioni interculturali. Nel corso della guerra dello Yom Kippur, le IDF avevano basato la loro tattica essenzialmente sulle unità corazzate. Questa dottrina si basava sul concetto secondo il quale il combattimento terrestre era principalmente devoluto alla manovra della componente corazzata, derivante dal fatto che lo Shirion (il Corpo Corazzato israeliano) aveva conseguito un eclatante successo nella guerra del 1967. La guerra del 1973, invece, ha dimostrato la debolezza tattica dell’impiego di unità corazzate contrapposte a un nemico strutturato secondo un rudimentale ma efficace concetto di Combined Arms. Infatti le Forze egiziane basavano la propria azione sull’impiego coordinato di:
- Reparti corazzati e meccanizzati, equipaggiati prevalentemente con BRDM di provenienza sovietica.
- Reparti di fanteria leggera, equipaggiati con sistemi controcarro AT-3 Sagger, lanciarazzi RPG-7, cannoni senza rinculo da 82 mm.
- Reparti di artiglieria con obici/cannoni da 122 e 130 mm.
- Reparti del Genio.

 


Le numerose perdite che subirono le unità corazzate israeliane, impiegate autonomamente e senza alcun coordinamento con la fanteria leggera, meccanizzata e di artiglieria, obbligarono i vertici delle IDF a elaborare un radicale cambio di tattica che consentisse di ribaltare la situazione sul campo. Tale mutamento si basò essenzialmente sulla riarticolazioni delle Divisioni e su un maggiore sostegno della fanteria alle unità corazzate. Nel 2006, con l’operazione Pioggia d’Estate, contro i miliziani di Hezbollah in Libano, si assistette a un ulteriore cambio di rotta nell’impiego delle unità corazzate che, nonostante fossero equipaggiate con mezzi altamente tecnologici (MBT MERKAVA Mk III Baz e Mk IV), subirono molte perdite nel momento in cui furono impiegate all’interno di centri abitati, soprattutto per via dello scarso coordinamento con le unità di fanteria meccanizzata. È altresì vero che, nel decennio precedente, gli israeliani avevano combattuto contro piccole squadre di miliziani con scarso addestramento tattico, generando tra gli addetti ai lavori la falsa convinzione che il carro non fosse più utile nei conflitti di bassa intensità. Conseguentemente si verificò un progressivo decadimento del livello di addestramento del Corpo Corazzato e un notevole abbassamento dell’integrazione di questi con le altre Forze Armate. Con il prorogarsi delle operazioni in Afghanistan si è assistito ad un profondo cambiamento al concetto di manovra da parte dei Paesi aderenti all’Alleanza antiterrorismo. Infatti, i comandanti, anche di unità minori, sono diventati responsabili di vaste aree e, di conseguenza, si è reso necessario decentrare gli assetti operativi a disposizione nonché incentivare l’iniziativa a tutti i livelli, in modo tale da garantire la condotta di attività coordinate ma comunque autonome. Allo scopo di contrastare efficacemente le minacce si è arrivati a costituire unità estremamente versatili e che fossero in grado di:
- Operare e sostenersi autonomamente;
- Dotati di assetti per l’esplorazione e la ricognizione;
- Relazionarsi con la popolazione locale;
- Attuare le procedure d’impiego pluriarma.

 


Nel corso dell’esercitazione Venier 2018, presso il poligono di Cellina Meduna, si è potuto assistere ad una messa in pratica, in ambito nazionale, del concetto di Combined Arms. L’esercitazione ha visto impiegati assetti della Brigata Pozzuolo del Friuli, con un complesso minore del 1° rgt lagunari Serenissima, integrato da un plotone di blindo pesanti Centauro del 4° rgt Genova Cavalleria, da unità del 3° rgt genio guastatori e dal reggimento artiglieria a cavallo, impegnati in una intensa attività a fuoco pluriarma. L’attività addestrativa ha visto impiegate le blindo, nuclei di osservazione del fuoco di artiglieria e squadre del genio che, operando in prolungate azioni dinamiche, hanno messo in evidenza una notevole capacità di cooperazione, anche grazie al comune addestramento sviluppato nella Capacità Nazionale di Proiezione dal Mare. A testimonianza del fatto che la capacità di interoperare, di integrare diversi assetti capacitativi e di concepire e condurre azioni indipendenti e complesse va costruita e mantenuta con l’addestramento, la formazione e la standardizzazione delle procedure e degli equipaggiamenti.

di Tiziano Ciocchetti

Fonte: http://www.difesaonline.it

 

 

 

 

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