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Verso la metà degli anni ’90 dello scorso secolo l’Esercito Italiano, allo scopo di affiancare i semoventi americani M-109L con pezzo da 155/39 mm, modificò l’autocarro Astra 8x8 installandovi il cannone/obice FH-70 da 155/39 mm.

L’esigenza espressa era quella di incrementare la mobilità dei pezzi a traino meccanico. Per rispondere a questa esigenza, l’Arsenale dell’Esercito di Piacenza, su richiesta del IV Reparto dello SME realizzò un autocannone, partendo dal telaio dell’autocarro pesante tattico 8x8 Astra BM 88.37 SM. La massa brandeggiabile dell’obice/cannone FH-70 da 155/39 mm venne ancorata sul telaio dell’autocarro, in posizione arretrata.

L’innovazione principale consisté nello sviluppo di una piastra posteriore, azionata da martinetti oleodinamici: questa, non solo permetteva di scaricare a terra la forza di rinculo, ma facilitava il caricamento dei colpi da parte dei serventi.

Rispetto all’FH-70, l’unica limitazione dell’autocannone era quella relativa al brandeggio, limitato a 18° (sia in positivo che in negativo) rispetto all’asse centrale del mezzo. Per quanto riguardava il peso, esso si collocava intorno alle 18 tonnellate, permettendo così il trasporto a bordo del C-130H (allora in dotazione alla 46ᵃ Aerobrigata di Pisa).

Inoltre, l’autocannone aveva i suoi punti di forza in un’elevata rapidità di messa in batteria (meno di un minuto), nonché in una elevata velocità nei cambi di schieramento, onde annullare il fuoco di controbatteria.

Nonostante queste caratteristiche non secondarie e i bassi oneri finanziari, lo SME non diede seguito alla sperimentazione dell’autocannone (il prototipo effettuò alcune prove di tiro nel poligono di Nettuno con risultati soddisfacenti), preferendo convogliare le risorse sull’acquisizione del semovente tedesco PzH-2000 (consegnanti dieci anni dopo - foto). Forse, tra i vertici dell’Esercito, aveva avuto la meglio una vecchia concezione strategica da Guerra Fredda.

A nostro avviso, il progetto dell’autocannone dovrebbe essere riconsiderato. Grazie al munizionamento VULCANO, la gittata massima dei proiettili da 155 mm, sparati dall’FH-70, è raddoppiata, quindi non sarebbe necessario installare una canna da 52 calibri (come per il CAESAR francese - foto apertura), limitando così gli ingombri.

Per aumentare la cadenza di tiro si potrebbe adottare un sistema di caricamento automatico, noto come flick rammer e sviluppato in passato proprio per l’FH-70.

I destinatari degli autocannone sarebbero le brigate Medie e la Forza di Proiezione dal mare (reggimento artiglieria a cavallo Voloire della brigata Pozzuolo del Friuli), in forza di 18 unità per reggimento.

L’elevata massa dei semoventi PzH-2000 (55 tonnellate in ordine di combattimento) non consente certo un rapido dispiegamento in un eventuale teatro di crisi, mentre l’autocannone potrebbe essere facilmente imbarcato sui C-130J (si spera in futuro in un trasporto aereo più capace) e/o sugli LCM23 della Marina Militare.

di Tiziano Ciocchetti

Fonte: https://www.difesaonline.it


 

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