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[…] Non a caso l’ignoranza americana è qualcosa di intrinseco, di congenito, di viscerale. È un fatto ormai aperto e risaputo che negli Stati Uniti l’istruzione pubblica è entrata in una fase totalmente fallimentare (1): chi può manda i suoi figli a scuole private; chi non può concedersi quel lusso, si deve accontentare dell’analfabetismo per la sua famiglia. Questo stato di cose è stato attribuito, anche da autori americani bene intenzionati e discretamente istruiti (2), al fatto che dal 1963, sotto il presidente John Fitzgerald Kennedy, si forzò negli Stati Uniti l’integrazione scolastica fra Bianchi e Negri, con la conseguenza che perchè questi ultimi potessero superare gli esami (e così non sentirsi discriminati) gli standard di istruzione dovettero essere drasticamente abbassati.

Non può esserci alcun dubbio che ciò è parte della verità; ma sarebbe sbagliato voler scorgere in questo fatto l’unica causa del fallimento scolastico e universitario americano. Ugualmente importante, al riguardo, è la mentalità economicistica che pervade e ha sempre pervaso la società statunitense. La legge dello shakespeariano Shylock, da sempre re senza corona degli Stati Uniti, è perentoria: l’unica ‘cultura’ valida è quella che può essere tradotta direttamente e immediatamente in denaro; il resto non conta. (Questo tipo di mentalità non ha mancato di avere in Europa chi la raccomandasse fra gli spiriti servili e gli analfabeti dello spirito, che non hanno perso occasione di irridere chi sosteneva che “la vera cultura è quella che non serve a niente”).

Ci fu un tempo in cui l’americano identificava tout court la ‘cultura’ con il sapere tecnico, ma anche quel tempo è passato. In una società in cui il commerciante di successo, quello che “knows how to make the kill” (20) è additato come l’eroe nazionale e l’esempio da seguire, anche il lato tecnico della vita economica era destinato a passare in seconda categoria.

Per debito di completezza si daranno qui alcuni esempi, tratti dalla cronaca, di ignoranza esibita dagli Americani. La loro sconoscenza linguistica è proverbiale: quasi nessuno parla altro che l’inglese – o magari il black English. 24 milioni di adulti non sanno indicare gli Stati Uniti su un mappamondo; il 50% non sa citare un solo paese dell’Europa orientale; il 68% non sa quando sia stata combattuta la guerra di Secessione; il 32% crede che l’America sia stata scoperta dopo il 1750; il 40% pensa che l’Israele sia un paese arabo; il 21% non sa se gli Stati Uniti erano dalla parte del Nord o del Sud Vietnam; il 44% non sa che gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica erano alleati durante l’ultimo conflitto mondiale; nel 1988 il 20% dei liceali non sapevano leggere il proprio diploma; ci sono negli Stati Uniti 27 milioni di analfabeti totali adulti (dei quali ben il 16% sono bianchi: sono cifre da Terzo Mondo) (3).

Sta di fatto che la deculturizzazione radicale dell’americano – causata sia dalla mentalità economicistica che dalla terzomondializzazione del paese, sulla quale torneremo più avanti – ha finito per renderlo inetto anche a mandare avanti la propria economia (o ciò che ne rimane). (Tutt’altro che degli sprovveduti, gli autori giapponesi Morita e Ishihara, hanno chiamato l’economia americana una economia fantasma [4].)

L’ingegnere americano (sempre più scarso, fra l’altro [5]) non può competere né con quello europeo né con quello est-asiatico, per cui l’America è ridotta a importare, sotto condizioni sempre più svantaggiose, quadri tecnici europei e asiatici (coreani, taivanesi) per tentare di tenere a galla i residui della sua struttura industriale. Né c’è la speranza di risalire: per ‘rigenerarsi’ l’America, è già stato notato, dovrebbe cessare di essere sé stessa, cosa che ormai è da escludersi. Si calcola che entro il primo decennio del Duemila solo il 30% degli Americani sapranno leggere e scrivere: perchè l’Americano non legge, guarda la televisione (alla quale sacrifica anche il sonno: il già citato Alain de Benoist ci informa che qualcosa come 100 milioni di Americani soffrono di mancanza cronica di sonno perché invece di dormire stanno a vedere la televisione). Diffusissima è anche la mentalità secondo la quale siccome tutte le decisioni possono essere prese dal calcolatore elettronico, non vale la pena di pensare.



Annotazioni:
(1) Cfr., per esempio, l’interessante opuscolo di Robert Steuckers: L’ennemi américain, Synergies Européennes, Bruxelles, 1996.
(2) Per esempio, Stanley Burnham, Black intelligence in white society, Social Science Press, Athens (Georgia, Stati Uniti), 1985.
(3) Frase difficile da rendere in italiano (o in qulsiasi lingua ‘civile’). Presa dal gergo dei cacciatori, alla lettera significherebbe “quello che sa uccidere la selvaggina”. In argot commerciale è qualcosa come “quello che riesce a rifilare le mercanzie a un cliente”.
(4) Nel corso di una sua recentissima (1997) visita all’America ‘Latina’, il presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton, ebbe a dichiarare che gli dispiaceva moltissimo il non avere studiato il latino a scuola, perché altrimenti avrebbe potuto parlare loro (ai suoi interlocutori ‘latinoamericani’) nella loro propria lingua.
(5) Citati da Alain de Bénoist su “Diorama letterario” (Firenze), febbraio 1991.

Questo brano è stato tratto dal primo capitolo del libro di Silvio Waldner "Stati Uniti, Iberoamerica, Sudafrica. Tre messe a punto."

Fonte: https://www.centrostudilaruna.it

 

 

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