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I nemici esistono, certamente. Ma molto spesso essi servono, nel senso che giustificano una certa politica. Non è complottismo, ma è semplice constatazione di alcuni dati che ci consegna la realtà dei nostri giorni. Tutto parte da un dato di fatto: è necessario far accettare l’aumento della spesa militare nell’opinione pubblica nazionale. Nella maggior parte dei casi, gli elettori ne sono indifferenti. Pochi sono quelli che considerano utile l’aumento delle spese militari mentre, al contrario, sono molti a considerare questi budget assolutamente inutili o dannosi. Il problema è che queste spese servono, sia per la Difesa nazionale sia per alimentare un circuito industriale particolarmente significativo per gli Stati, ma anche per le relazioni internazionali. Inutile negare che l’apparato bellico rappresenta da sempre uno dei capisaldi della politica estera di molti Paesi e certamente uno dei perni su cui ruotano gran parte delle alleanze militari e degli accordi multilaterali fra Difese di diversi Paesi. Ma questi continui aumenti di fondi necessitano di un approvazione popolare. Non perché sia necessario da un punto di vista tecnico, ma perché i partiti che compongono i governi devono in qualche modo sentirsi rassicurati, a livello elettorale, dal fatto che le loro decisioni in tal senso vengano comprese oppure, nella migliore delle ipotesi, condivise.

L’esempio spagnolo.
L’approvazione arriva attraverso un lento lavoro dello Stato che aumenti la “percezione del rischio”. E cioè far capire alle persone quanto sia utile aumentare le spese militari, convincendole che sia necessario. In sostanza, serve convincere che esista un nemico per cui è opportuno che la sicurezza sia garantita con un aumento del budget predisposto. Un esempio, particolarmente interessante, ci arriva dalla Spagna. Il primo a parlarne fu la testata El Confidencial Digital, particolarmente vicino agli organi di intelligence e della Difesa di Madrid. In particolare, quello che interessa un documento redatto ancora sotto il governo di Mariano Rajoy e voluto dal ministero della Difesa. Il governo spagnolo utilizza periodicamente un istituto, il Centro de Investigaciones Sociológicas, per promuovere sondaggi riguardo alcune politiche statali o per comprendere, a fondo, quanto abbiano effetto alcune politiche. È una sorta di termometro della società spagnola. Tra questi, c’è anche un sondaggio sviluppato dalla Difesa, La Defensa Nacional y las Fuerzas Armadas. La domanda centrale, che a noi interessa, è “Secondo lei, il bilancio assegnato annualmente in Spagna alla difesa nazionale e alle forze armate è eccessivo, adeguato o insufficiente?”.  Come spiega la testata spagnola, “nel 2015, il 25,3% degli intervistati dalla Csi ha risposto di considerarlo ‘eccessivo’ e solo il 12,9% come ‘insufficiente’. Iniziare a invertire l’opinione dei cittadini su diversi aspetti relativi alla difesa militare è uno degli obiettivi del Plan Estratégico de Subvenciones del Ministerio de Defensa per il periodo 2018-2020“. La Difesa ha perciò l’obiettivo di fare in modo che le persone siano più convinte che serva un aumento del bilancio. Al punto 8 sul bilancio per le spese militari si legge: “Vogliamo ottenere un aumento di 0,5 punti nella risposta ‘insufficiente’, rispetto al punteggio raggiunto nel 2015, di 14,8 punti”. Il piano strategico punta al fatto che nel giro di pochi anni determinate percentuali aumentino di qualche punto. E per fare in modo che questo aumento riguardo l’utilità del budget, nello stesso documento si affermi che “si desidera ottenere un aumento del livello di percezione del rischio in tutti gli indicatori di minaccia”. I cittadini devono dire da 0 a 10 quanto ritengano una minaccia pericolosa per il Paese. Ebbene, come si legge nel documento a pagina 15, la Difesa di Spagna si aspetta che la percezione del rischio aumenti di almeno 0,3 punti in tutti gli indicatori.

Convincere la popolazione sulla Nato e missioni all’estero.
Leggere questo documento aiutare a capire anche altri elementi degli obiettivi delle Difese degli Stati. L’esempio spagnolo sotto questo profilo è un caso di scuola. Perché è un tema che può interessare qualsiasi Paese. Ad esempio, è interessante osservare che l’obiettivo di Madrid sia anche quello di aumentare la percezione della necessità di partecipare alla Nato e alle missioni internazionali. Al punto 9 possiamo leggere “Parere sull’appartenenza della Spagna alla Nato. Si vuole ottenere un aumento di 1,5 punti nelle risposte raggruppate di ‘molto positivo/ abbastanza positivo’, rispetto al punteggio raggiunto nel 2015, di 46.6 punti”. Mentre al punto 10, sul “Parere sulla partecipazione della Spagna alle missioni internazionali di pace, la Difesa vuole un aumento di un punto sull’essere d’accordo con le missioni”. Temi fondamentali, specialmente in un periodo storico come il nostro in cui l’Alleanza atlantica e la spesa militare ad essa connesse sono di stretta attualità. Pensiamo infatti al rapporto che può legare questo tipo di inchiesta e questa volontà di aumentare il convincimento sull’utilità dei fondi per la sicurezza e partecipazione alla Nato con la richiesta da parte di Donald Trump di aumentare i fondi destinati all’Alleanza. È chiaro che per arrivare al tetto del 2%, gli Stati coinvolti devono anche far accettare questa strada.

L’Italia e le spese per la Difesa.
L’Italia non è affatto immune da tutto questo. Come Paese membro della Nato, che partecipa alle missioni all’estero e che è fortemente interessato ad aumentare il proprio peso nel Mediterraneo, il nostro è uno Stato che ha bisogno di crescenti risorse per la Difesa. E lo stiamo vedendo. Come riportava Il Fatto Quotidiano, la spesa militare per il 2018 “ammonta a 25 miliardi di euro[…], l’1,4 per cento del Pil, con un aumento del 4 per cento rispetto al 2017. Si tratta ormai di una tendenza di crescita avviata dal governo Renzi (con un 8,6 per cento in più rispetto al 2015)”. Come è scritto nel rapporto Mil€x 2018 dell’Osservatorio sulle spese militari italiane, “i dati contenuti negli Stati di Previsione allegati alla Legge di Bilancio 2018 approvata dal Parlamento il 23 dicembre 2017, mostrano un incremento annuo del 3,4% (circa 700 milioni) del budget previsionale del Ministero della Difesa, che passa dai 20,3 miliardi del 2017 ai quasi 21 miliardi del 2018″. Un settore che non conosce piani di austerità e che riguarda la nostra sicurezza. Ma che è anche importante per capire i nostri legami con molti Stati e all’interno delle alleanze entro cui viviamo. L’ex ministro della Difesa Roberta Pinotti dichiarò a Repubblica: “ritengo che oggi ci si sia resi conto che non si possa più tagliare perché minacce e rischi che stiamo vivendo sono evidenti a tutti. E perché stiamo assumendo degli impegni nella Ue e nella Nato che richiedono responsabilità”. Tagli, almeno dai dati, non sembra ci siano mai stati. Ma aumenti sì. E l’uso di quel “minacce e rischi” suona molto simile a quanto chiesto nei documenti della Difesa di Madrid.

Fonte: http://www.occhidellaguerra.it


 

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